winners - Max Verstappen

aleclerc16

"Baby, let the games begin, let the games begin,
let the games begin,

I see how this is gon' go,
touch me and you'll never be alone, Island breeze and lights down low, no one has to know"

...Ready for it? - Taylor Swift

L'essere umano nasce in pace ma, tendenzialmente, non c'è cosa alcuna che possa, in qualche modo, allontanarlo dalla

guerra.

Eppure, proprio perché esiste per la pace, si pone inconsciamente e mai accettando la possibilità che l'impresa possa non dirsi riuscita, il compimento della tregua col nemico come obiettivo ultimo, anche se, per l'orgoglio maledetto che sempre gli vive in petto, mai potrebbe ammetterlo.

Immaginare una guerra che si combatte affinché la stessa termini in pace è una terribile contraddizione da non dirsi però impossibile.

Un interrogativo esistenziale rispetto a una tale condizione nasce però spontaneo quando nessuno dei due contrapposti, soldati in guerra e quindi nemici, è consapevole di essere disposto a togliersi persino il respiro, a ferirsi e perdersi nel mentre, a privarsi della vita pur di riconciliarsi con l'altro.

Max e t/n potrebbero direttamente farsi la pace se sapessero innanzitutto di bramarla ma, in ogni caso, togliersi le armi e con esse lasciar cadere ogni difesa significherebbe smettere di lasciarsi guidare dall'orgoglio e per quanto facile possa sembrare a dirsi, è invece un'impresa grande più della guerra stessa che quindi, poste queste condizioni,

varebbe la pena combattere ugualmente.

A costo di perdere se stessi.

A costo di negarsi.

Sotto lo sguardo scottante di chi non perde occasione per far proprio cos'è di altri, i media, gli spettatori, Max e t/n sono piloti e la loro guerra prende forma tra le pieghe sinuose dei tracciati di Formula Uno più famosi al mondo.

La vittoria in pista, che non coincide, nel loro caso, col trionfo, col raggiungimento della pace assoluta, è comunque oggetto di discordia perché, per quanti contendenti ci siano, il trofeo sarà stretto ed elevato al cielo soltanto da un paio di mani.

In Formula Uno, l'obiettivo ultimo è il conseguimento matematico per somma di

punti accumulati nel corso della stagione agonistica del titolo di campione mondiale.

La corsa al grande traguardo finale è tutta una selezione naturale, una scrematura spontanea, non c'è pilota che non si sia adattato ad ogni condizione e situazione che tenga, all'imminente giungere del preziosissimo momento finale e decisivo, sono in pochi a giocarsela o, per meglio dire, a potersi definire tali da poter tentare.

Pochi punti di distacco determinano una rottura mai del tutto colmabile tra i

contendenti ultimi che si acuisce,

incredibilmente e spesso in segreto, sempre

рій.

Max e t/n stanno per correre per il definitivo trionfo, ciascuno brama al titolo con foga e, per poterlo strappare all'altro accetterebbero qualsiasi condizione dovesse porsi in atto.

I loro caschi pesano su teste e spalle come l'orgoglio macigno che si portano in petto.

Max prende un consistente sorso d'acqua dalla sua borraccia, trattenendosi la cannuccia doppia tra le labbra secche per qualche secondo di troppo, vagheggiando, distraendosi guardando al frenetico muoversi di uomini e donne, membri di squadre nemiche di piloti rivali.

Sentendosi chiamare per nome dai suoi, fa per avvicinarsi alla sua vettura e vi si cala, stretto tra le fattezze della macchina, ha lo spazio appena necessario per potersi limitatamente rigirare il volante tra le mani, coperte dai guanti che indossa non appena gli vengono passati.

T/n, intanto, esegue per pura abitudine pressoché gli stessi gesti, propri di ogni

pilota. La tuta, morbida, le avvolge il corpo comodamente, e lei fa per aggiustarne il tessuto ripiegato sulle maniche. Si accorge, guardandosi, cercando perfezione nel suo modo di apparire, che i lacci della scarpa destra sono sciolti e rimedia, chinandosi e legandoli in un piccolo fiocco stretto. Nel ridestarsi, entra in macchina e indossa, proprio come Max, i guanti da corsa.

La posizione di partenza di t/n è la prima, la pole position, davanti a tutti gli altri. Max la seguirà vicinissimo scattando dalla seconda casella.

All'inesorabile avvicinarsi dell'inizio della gara decisiva, i numerosissimi membri di ogni squadra lasciano i piloti soli ai loro pensieri scomodi, alla loro strana frenesia, alla paura maledetta che magistralmente celano.

Eroi umani.

A costo di perdere se stessi.

Dal primo piazzamento, t/n ha la visiera del casco ancora sollevata e si volta con la testa un poco indietro, come può, a cercare gli occhi del suo nemico e lo sorprende quasi intento a sollevare appena la mano per chiudersi la stessa visiera sugli occhi.

Max, dal canto suo, si arresta e annulla il movimento che avrebbe compiuto senza nemmeno soffermarvisi più del dovuto se non fosse stato per quello sguardo.

Sono iridi dipinte di sfida le sue e, Max ne è certo, di rimando giungono a lei le stesse fiamme quando la guarda.

Interminabili secondi sembrano trascorrere dal primissimo accenno di incastro delle loro traiettorie visive.

C'è molto di più.

Si chiudono le visiere.

A costo di perdere se stessi.

Allo spegnersi dei semafori, t/n scatta di fretta e senza alcun perdita di tempo, guadagna subito i millesimi di secondo necessari a consentirle almeno un minimo

vantaggio sul rivale che la segue, in modo da poter eseguire la prima curva del tracciato al meglio delle sue possibilità e privare Max dello spazio necessario a consentirgli il

sorpasso.

Max accelera per rendere concreta l'idea di strappare a t/n la prima posizione al

prossimo rettilineo della pista, sentendosi velocissimo allo spalancarsi dell'ala mobile posteriore che gli fornisce una grinta

maggiore.

I primi tentativi di Max falliscono, troncati dalle mosse che t/n compie in difesa che però non si mostrano essere sufficienti in seguito, quando Max le toglie, in piena curva, il momentaneo primato in gara.

Grazie alla strategia gomme, alla rapidità di ragazzi e ragazze ai box durante i pit stop e al suo talento innato, t/n giunge nuovamente in testa e si mette a dettare il passo.

Corre per la gloria contro un nemico abilissimo quanto lei e che proprio come lei non ci sta a vedersi tolta la vittoria assoluta.

Ed è proprio lui a primeggiare.

Un duello gomma a gomma vede t/n esausta, sconfitta.

Max sfreccia per l'ultima volta sul traguardo ponendo fine a una gara tremendamente frenetica e faticosa, appropriarsi del titolo di campione del mondo di Formula Uno.

Le labbra sotto il casco gli si increspano in un sorriso grande quanto la felicità che prova in sé. Le lacrime susseguendosi gli bagnano il volto di una commozione bella e sincera. La squadra si congratula e gioisce con lui in radio e sotto il podio, dove Max è avvolto dalle braccia e dalla fierezza dei suoi.

Si volta poi, ancora provvisto del casco sulla testa, cerca uno sguardo, lo stesso che lo ha sfidato sulla griglia di partenza prima che la gara avesse inizio, lo stesso che adesso quasi teme, lo stesso a cui avrebbe

comunicato falsa sfrontatezza e finto vanto

se soltanto avesse voluto.

C'è molto di più.

Non prova, contrariamente a quanto avrebbe mai potuto affermare di aspettarsi, nessun sentimento simile e non ha alcuna intenzione di riempirsi ancora il petto dello stesso

orgoglio che lo frena e lo allontana dalla pace al cospetto di lei.

Max non è così e non lo è neanche t/n.

A costo di perdere se stessi ma non l'altro.

Lei, al concludersi dall'affronto in pista, esce a fatica dalla sua vettura, posizionata dietro al cartello che ne indica l'ordine d'arrivo.

Numero due.

È assolutamente distrutta e delusa, i suoi occhi sono pozze di tristezza e rabbia insieme in cui Max si perde appena ne incrocia finalmente la traiettoria.

T/n abbassa poi lo sguardo, privandolo della possibilità di lasciarsi scrutare oltre, fa per avvicinarsi a lui che cerca intanto disperatamente di pensare a un modo per porre fine alla morsa terribile che gli attanaglia lo stomaco e che sembra quasi allontanarlo per qualche istante dalla gioia del trionfo.

Lei gli stringe la mano in segno di profondo rispetto agonistico, riconoscendo nel rivale una straordinaria abilità, e si complimenta infatti col fil di voce che le resta in gola.

Max è del tutto scosso e le pronuncia i suoi ringraziamenti con l'intenzione di aggiungere qualche parola di troppo che basterebbe a consolarne, seppur in minimissima parte, il dispiacere, ma non riesce a proferire oltre e si arresta sul posto quando lei, affranta, fa per dirigersi verso i membri della sua squadra.

Dopo la celebrazione sul podio, Max è invaso dal tumulto generale.

Sorride perché sente di essere felice, gioisce perché sa quanto cuore e quanta mente, contemporaneamente, ci abbia messo nel suo correre veloce.

Istinti e pensieri insieme sono tutto ciò che lo guida anche adesso, quando, stanco e soddisfatto, non sceglie di festeggiare il suo trionfo con chi ne ha sostenuto la causa e le fatiche sin dal primo istante ma con la migliore tra i suoi rivali, col nemico assoluto.

La vittoria è la gloria di uno e uno solo tra i contendenti eppure Max sente in sé che il suo primeggiare non sarebbe tale davvero se non portasse prima a compimento una gara che non si combatte in pista e che non vede ancora un vincitore perché potrebbero

essercene due.

C'è molto di più.

Max giunge di fretta all'albergo dove alloggia, consapevole che la camera di t/n si trova nelle vicinanze della sua, ne ha osservato le mosse, come sempre, come in tracciato.

Il vincitore cerca, brama il perdente. Il trionfo è amore per la sconfitta. Numero uno e numero due. Fierezza e delusione. Gioia e sconforto. La contraddizione che primeggia.

La mano di Max, ora libera dal guanto da corsa, batte, chiusa in un pugno, sulla porta della stanza di t/n.

Lo sente, lo fiuta, lo sa che è qui.

Una serie di piccoli rumori confusi che provengono dall'interno gli confermano l'idea

che lei sia presente giugendogli in risposta alle orecchie e piecchietta ancora sull'uscio chiamando il suo nome, sperando in sé che lo lasci entrare, nonostante immagini di essere l'ultimo che lei vorrebbe incontrare al

momento.

Max attende davanti alla porta, smettendo di bussare, per qualche secondo, per un piccolissimo intervallo di tempo che gli sembra tremendamente interminabile e, quasi arrendendosi come mai è solito fare, si volta per incamminarsi e far ritorno alla sua

camera.

Sente però che proprio ora l'entrata gli è stata spalancata e si gira di nuovo tornando indietro, quasi correndo verso t/n che è ferma intanto sulla soglia come bloccata, appoggiata allo stipite, abbandonandovisi di

peso.

Lei ne squadra la figura con lo stesso

sguardo di sempre, il vinto non riesce, forse masochisticamente, a privarsi della vista del

vincitore.

Max affronta in un solo colpo quelle iridi che lo tentano e lo sfidano a prendere parte a una gara che non potrebbe terminare in nessuno modo, ora ne hanno preso atto entrambi, se non con la pace, se non con due vincitori a primeggiare.

Le mani di lui corrono al suo volto, stringendone delicato i lineamenti tra le dita, quelle di t/n sono subito sul suo petto, in un gesto velocissimo.

Si chiudono la porta alle spalle.

Max bacia t/n in una mossa prevedibilmente bella che toglie il fiato ad entrambi in un solo

momento.

Le loro labbra si muovono insieme in una danza che termina e ricomincia tra un respiro e l'altro e i baci di lui giungono poi a sfiorarle anche la pelle del collo che lei lascia del tutto libero al suo tatto chinando il capo all'indietro.

Le mani di Max stringono i fianchi di t/n che intanto gli accarezza e gli tira, in modo del tutto appena accennato, le ciocche morbide dei capelli biondi.

Questo suo gesto non fa che aumentare ulteriormente la foga in lui che la bacia ancora senza accennare a fermarsi.

A costo di perdere se stessi.

"Cosa ti impedisce ora di opporre resistenza al tuo nemico?" Chiede Max a t/n quando sono ormai distesi vicino sul suo letto, a contatto, con le dita delle mani di lei che si

muovono lente sul braccio di Max, tracciando linee immaginarie che sulla pelle gli

provocano una strana sensazione di quiete. Il volto di t/n è verso Max quando parla ma subito si gira per un tempo brevissimo a guardare il soffitto bianco della sua camera per pensare alla risposta da dargli.

Lui attende paziente, anche se le sue parole sono sempre sfida, tentazione.

"Semplicemente non voglio perdere ancora contro di te, non ne varrebbe la pena" Dice t/n convintissima. La voce non le trema per niente mentre parla e torna a guardare Max non appena si chiude di nuovo nel suo silenzio. Max pensa a sua volta ad una risposta che possa essere adeguata e quindi studiata, che possa rispecchiare al meglio ciò che sente in sé.

"Perché non dovrebbe valerne la pena? Ne è

sempre valsa la pena, ci siamo sempre battuti per la vittoria" Max vuole sentirsi dire, ad ogni costo, qualcosa da t/n e sta

cercando di farglielo proferire. Sa benissimo anche lui che sono ormai lontani, che forse lo sono sempre stati, dal farsi la guerra ma vuole realizzarlo insieme a lei.

"Perché farti la guerra ancora significherebbe privarmi ulteriormente della possibilità di fare ciò che ho sempre voluto e quindi perdere, Max" T/n parla quasi animandosi di una strana adrenalina, la stessa che l'ha sempre caratterizzata. Punta le pupille in quelle di chi le sta affianco e che ha baciato fino a togliersi momentaneamente il respiro.

"Mi stai dicendo che hai un obiettivo diverso?" Max si alza leggermente, restando disteso ma sollevandosi col busto e appoggiandosi ai gomiti. I suoi occhi sono sulle labbra di t/n, poi incrociano ancora la

sua traiettoria visiva, in attesa che lei risponda.

"È lo stesso obiettivo che hai tu, non hai più strategie che tengano con me, Verstappen" Sorride furba lei, che si mette a sedere restando accanto a Max, quasi imitandolo nella sua posizione.

"Dovrei quindi dirti qual è il mio nuovo obiettivo per verificare che sia lo stesso che hai tu o ti basta guardarmi per capirlo, dato che non ho più difese o strategie, come dicevi?" I ruoli si invertono. È Max adesso a dover esplicitare ciò a cui t/n pensa. È tutto un gioco di divertite provocazioni che entrambi amano condurre e che per indole vorrebbero dominare.

"Mh mi piacerebbe me lo dicessi, Max" Sussura quasi lei, non peccando però in nessun modo di insicurezza nella voce,in

modo quasi accattivante e magnetico.

"Abbiamo dovuto smettere di farci la guerra per capire che c'è sempre stato di più" Max parla d'un fiato e fa poi una pausa in cui cala un silenzio normalissimo dalla breve durata che non comunica disagio o incertezza ma riflessione, realizzazione, consapevolezza.

"Penso di amarti, t/n" Aggiunge subito dopo, pronunciando le stesse parole di troppo che avrebbe dovuto dire prima della celebrazione sul podio. Si è messo a nudo per lei che lo guarda adesso intenerita e comprensiva.

"Abbiamo sempre avuto lo stesso obiettivo, un'altra vittoria" Dice t/n "Penso di amarti anch'io" Conclude prima che lui le baci ancora le labbra. 

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