Aurora
Sono di fronte al ristorante.
I vigili del fuoco stanno facendo di tutto per sedare la situazione ma ci sono fiamme ovunque, Damiano ha incendiato tutto.
Edoardo ed Elia sono con me, hanno insistito per seguirmi.
I miei occhi pieni di lacrime fanno sembrare questo fuoco lava liquida, i miei sogni cadono a pezzi ancora e ancora e ancora. Tutto per le mie scelte di merda.
Sono riuscita ad avvisare solo Monica, che evidentemente è andata a prendere anche Sara e Domenico perché li vedo correre nella mia direzione.
Monica mi stringe forte, mi dice che andrà tutto bene, ma io penso di essere sotto shock.
Quando si stacca vedo il viso di Elia.
"Avevi ragione, ora vedremo quanto sola sono davvero"
Sussulta, so che ricorda le sue parole cariche di odio e rancore. Ora davvero vedrò a serranda abbassata chi rimarrà al mio fianco, se anche la mia famiglia immaginaria si sgretolerà come le fondamenta del locale.
Mi ricordo improvvisamente di una cosa, sguscio via da tutti loro e mi fiondo nel ristorante che ancora arde con fiamme altissime. Sento la voce di Elia, ma continuo a correre.
Qui dentro puzza di benzina, i miei polmoni si riempiono immediatamente di fumo, facendomi tossire.
Cerco di divincolarmi tra le macerie, fa un caldo infernale.
Qualcuno mi strattona per un braccio.
"Che cazzo stai facendo?"
Elia, perché mi hai seguita nel mio inferno? Tu mi odi, ricordi?
"Mia madre, devo prendere la foto con mia madre" Dirlo ad alta voce lo fa sembrare così stupido, ma ho solo due foto di lei e una è qui dentro.
"Cristo, proprio qui dovevi metterla"
Già. Perché questo era il mio posto sicuro e volevo che lo vedesse, in qualche modo.
"Dove sta?"
Gli indico un posto dietro il bancone, lui ci salta sopra e comincia a cercare.
Tossiamo come due fumatori ventennali, qualcuno dall'esterno ci sta chiamando.
È stato un colpo di testa, un gesto dettato dall'istinto, non avrei mai voluto coinvolgerti, te lo giuro Elia.
Per colpa mia non riesci a riavere il tuo amore e ora stai rischiando la vita insieme a me per una foto.
Quanto speciale puoi essere?
Esce da dietro al bancone, è tutto sporco di detriti. Mi corre incontro e mi mette in mano la foto, poi mi prende in braccio per correre verso l'uscita.
Quando siamo fuori la luce del sole mi acceca per qualche secondo, i pompieri accorrono tutti intorno a noi.
Penso siano arrabbiati con me, ma non me ne frega un cazzo.
Scortano me ed Elia verso un'ambulanza accorsa sul posto, ci sediamo sul retro del mezzo, i paramedici ci controllano le funzioni vitali.
Elia sta ancora tossendo molto, ma vedo che sta bene, io non riesco ancora a realizzare.
Apro le mani, guardo la foto di una me bambina, felice, tra le braccia di mamma. Ricordo la mia vita di allora e guardo quella di adesso, vorrei poter tornare indietro.
La faccia di mia madre è in parte bruciata, le lacrime scorrono come fiumi sul mio viso, ho perso tutto.
In questa vita, tutto ciò che potevo perdere l'ho perso.
Un agente in divisa si avvicina a noi, mi chiede informazioni sull'incendio. Prendo il cellulare dalla tasca dei jeans e gli mostro la chat con Damiano, c'è solo la foto.
"Il mio ex. Ha già una denuncia per violenza e un ordine restrittivo"
Spiego brevemente, ma ci sarebbe così tanto da dire su quel bastardo.
Quando l'ho conosciuto avevo solo diciannove anni, mi è sembrato un tipo a posto.
Ci eravamo incontrati a scuola e mai più lasciati, era sempre stato geloso e possessivo ma le mie amiche dell'epoca la reputavano una cosa romantica, tanto che mi ero convinta che il mio fastidio in merito era dettato solo dal mio carattere freddo.
Con il tempo Damiano era riuscito a entrare in ogni parte della mia mente, facendomi diventare una persona che detestavo.
Il mio corpo sembrava modellarsi sotto le sue parole di scherno. Non andavo bene, non ero abbastanza.
Abbastanza bella.
Abbastanza magra.
Abbastanza accondiscendente.
Non potevo uscire senza il suo consenso, non potevo vestirmi come volevo se prima non gli mandavo una foto. Ricordo i pomeriggi passati a cambiarmi e mandargli foto solo per poter andare a mangiare un gelato con le mie amiche.
Non era amore, ora lo so, ma non è stato facile uscirne. I manipolatori ti entrano in testa, ti fanno sentire sbagliata, inadatta, incapace di formulare un pensiero che valga qualcosa.
Pazza, stupida, ignorante, ecco come mi faceva sentire.
Trovarlo a letto con un altra era stata quasi una liberazione, un conforto, era come vederlo per la prima volta, senza quel piedistallo sul quale la mia mente l'aveva messo.
Quel giorno gli avevo chiesto semplicemente spiegazioni, anche in modo calmo a dirla tutta. Pensavo si scusasse, pensavo che mi avrebbe lasciata libera, ma non è mai successo.
Le botte che ho preso quel giorno le ricorderò sempre come il gradino più basso che sono riuscita a raggiungere nella mia vita.
Quando sono arrivata in ospedale i medici erano sconvolti, ero diventata irriconoscibile.
Vedere il mio viso allo specchio qualche giorno dopo mi ha portato con la testa nella tazza del cesso, ho vomitato e pianto per giorni.
Pensavo di non tornare mai più quella di prima, i lividi, gli occhi gonfi, un dente saltato... Ma più di tutto, il dolore dell'impotenza, del non riuscire nemmeno a difendermi sotto quella scarica di calci e pugni.
Mi sono vergognata, mi sono odiata, per così tanto tempo...
Quando sono tornata a casa ho sperato solo che mio padre mi abbracciasse, che mi dicesse che mi voleva bene ed era felice di rivedermi, tuttavia nemmeno quello è mai successo.
Dopo giorni in ospedale tutto quello che ho ottenuto da lui è stata un occhiata e un grugnito, più una richiesta di preparargli gli spaghetti al sugo.
Per tanto tempo ho avuto il terrore degli uomini, non uscivo mai dopo le diciannove, perché il tempo si scuriva e tornare a casa diventava pericoloso. Solo in estate mi azzardavo a tornare per le venti, ma mai oltre.
Dicono che il tempo riesca a ricucire le ferite, ma le mie non so se guariranno mai, me ne sono resa conto quella sera in hotel con Edoardo.
Lo desideravo, ma il mio corpo ha reagito da solo, scansandosi.
"Ehy, ci sei?" È proprio lui che vedo davanti a me, che mi riporta alla realtà.
Sono ancora seduta nell'ambulanza, il fuoco è stato domato. Elia è poco distante, sta parlando con un pompiere, mi sento in colpa per averlo messo in pericolo.
Riporto lo sguardo su Edoardo, sembra tremendamente preoccupato.
"Sì, come sta Elia?" Mi mette una mano sulla testa e sorride.
"Chi lo ammazza quello" Sorrido anche io, di rimando. È talmente bello che mi toglie il fiato.
Mi stringo contro di lui, che è in piedi. Affondo il viso nella sua pancia.
Quanto è difficile amarti, ma mai un giorno mi sono pentita del mio sentimento.
"Aurora, la mia risposta" Faccio no con la testa, la sua risposta la conosco già.
Francesca mi ha raccontato di quanto si senta inadatto in questa società, di quanto terrore provi a esporsi. Non voglio che lo faccia per dovere, voglio che me lo dica perché lo sente davvero.
"Perché non vuoi saperlo?" Sembra triste, ma non capisce che non è un rifiuto il mio, sto provando solo a dargli tempo, del resto ci conosciamo da un mese.
"So già tutto, ti amo anch'io" Mi bacia davanti a tutti, forse la paura di perderci l'ha in qualche modo risvegliato, perché è sempre stato parecchio riservato nella sua sfera intima. Verosimilmente crede che il problema sia Elia, che essendo uomini non possano amarsi alla luce del giorno, tuttavia questi atteggiamenti reticenti in pubblico li ha anche con me, probabilmente non se ne rende nemmeno conto.
"Ti aiuterò a ricostruire tutto" Mi dice, e so che è così perché da quando è entrato nella mia vita il mio cuore ha ricominciato a battere, la mia voglia di combattere i miei fantasmi è tornata.
"Anch'io" Sussurro, ma non mi ha sentito.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top