capitolo 8
Mentre attorciglio un riccio intorno al dito, cerco svogliatamente di seguire la lezione di diritto privato, anche se faccio davvero una grande fatica a tenere gli occhi aperti.
Di solito mi piace seguire le lezioni, sono sempre una tra le più brave, e fortunatamente non studio per dimostrare a Joseph quanto io sia capace, ma studio per me, perché voglio andarmene da questo posto e crearmi un futuro da sola. Odio dipendere dalle persone, e stare in quella casa mi sento quasi l'ottanta per cento del tempo soffocata e manipolata.
A volte sono convinta che Joseph pensi che sia la sua marionetta, che mi comandi a suo piacimento e che io non abbia diritto alla parola. Forse non sa ancora che io faccio sul serio e che appena avrò la possibilità, me ne andrò molto lontana da lui, a costo di mettere a repentaglio la mia vita.
Non voglio che qualcuno mi rubi la libertà; non lui.
Al pensiero che io rimanga ancorata a lui a vita, mi si stringe lo stomaco. Riduco gli occhi a due fessure e stringo con forza i denti e i pugni, cercando di calmarmi. Sembra strano, ma è passata quasi una settimana dall'accaduto con Dark. Reed non ne vuole nemmeno parlare, si sente tremendamente in colpa per avermi lasciata da sola e per non avermi dato ascolto.
America non ha fatto alcun accenno alla sua uscita di quel sabato sera, anzi, sembra molto più sorridente e con la testa tra le nuvole. Che si stia frequentando con uno di quei ragazzi strani?
Sì, so che forse sbaglio a definirli così, ma di certo non sono normali. Sembra una maledetta setta, e alle persone normali come me queste cose risultano un pochino inquietanti. Eppure... se ci ripenso, mi sembra di sentire una scarica elettrica in tutto il corpo. Per quanto sia stata una situazione imbarazzante e strana, mi sembra di aver provato un po' di adrenalina.
Non ho mai fatto qualcosa di folle; non ho mai seguito una persona e non ho fatto la spia. Ma, in qualche modo, questa situazione ora la trovo quasi divertente. Ciò, però, non ha fatto altro che far crescere in me la curiosità. Cosa nasconde America?
«Sai cosa, io mi sono rotta proprio le palle di seguire. Non so se oggi il professore sia di malumore o altro, ma sono parecchio distratta.» dice Sophie, picchiettando la matita sul banco. Getta la testa all'indietro e sbuffa, restando con lo sguardo puntato sul soffitto per una manciata di secondi.
«Sono nella stessa situazione. Non riesco a concentrarmi.» le dico, piegando la testa di lato per guardarla meglio. Lei solleva le sopracciglia, fa una smorfia e all'improvviso sorride raggiante.
«Senti» esclama, ghignando, «ti va di venire da me a studiare?» sgrano gli occhi, guardandola confusa.
Da quando Sophie, l'amica totalmente disinteressata al mondo e al voler passare ore seduta davanti alla scrivania, sembra eccitata per lo studio? Capisco che magari le sia venuta voglia così all'improvviso, ma da parte sua mi sembra un po'... incredibile.
Forse me lo sarei aspettata da Beatrice, la nostra altra amica. Insomma, nonostante la differenza tra le due sia abissale, Sophie non è scema, ma è quella che ama da impazzire il divertimento. Dico davvero, non si lascia sfuggire nemmeno una festa. Lei è sempre presente, ovunque. La cosa sembra un po' preoccupante a volte, perché se decidi di uscire senza gli amici e andare ad una festa a caso, tu te la ritroverai davanti lo stesso.
«Studiare?» le chiedo quasi sbigottita.
Lei fa spallucce e si morde il labbro, senza togliersi dal viso quel sorriso strano.
«Sì, perché no? Studiare stimola la fame, e ultimamente non ho appetito. Devo mettere su qualche chilo, forse.» perché ad ogni parola che dice io mi sento sempre più confusa e presa in giro?
«Sophie, ma sei seria?» le domando, avvicinandomi di più a lei per guardarla negli occhi.
«Magari è colpa del sesso? Ne faccio troppo? Brucio troppe calorie?» chiede inarcando un sopracciglio.
«Diamine, se è così allora dopo ogni abbuffata farò sesso. Chi ha bisogno della palestra, no?» dico in tono sarcastico.
«Sì, beh... ti serve comunque un ragazzo per farlo, a meno che tu non usi altri metodi per-» qualcuno si schiarisce la gola ed entrambe ci giriamo a rallentatore verso il professore, che ha smesso di spiegare.
«Soph, dimmi che non hanno sentito il nostro discorso...» le dico, facendo poi un sorriso tirato al professore.
Lei sporge il labbro inferiore, arriccia il naso e dice: «È stato un discorso interessante.» mi copro la faccia con una mano e poi sbircio di poco verso alcuni dei nostri compagni di corso. Stanno tutti fissando noi. Dubito che abbiano sentito tutti ciò di cui stavamo discutendo, ma quelli vicino a noi probabilmente sono rimasti un po' scossi.
«Lewis, Moore, volete per caso essere sbattute fuori?» chiede e sento il battito del mio cuore accelerare. O mio Dio, questa cosa è umiliante. Io non sono mai stata richiamata da un professore, e soprattutto non per un discorso così idiota.
«Per me può fare come vuole, tanto dovrei comunque sgranchirmi un po' le gambe.» ribatte Sophie, sbadigliando.
Cerco di tapparle la bocca, ma mi lecca il palmo della mano e mi scappa un verso di disgusto. «Che schifo!»
«Fuori, entrambe!» ordina il professore e spalanco la bocca.
E se Joseph lo scoprirà? Mi renderà la vita ancora più brutta? Fino a prova contraria non si è mai interessato davvero allo studio, perché sa che sono brava e quindi non ha bisogno di controllarmi; sa che non mollo.
Prendo le mie cose e, a testa bassa, esco dall'aula, sentendo ancora i loro sguardi su di me.
«Poteva andarci peggio.» cerca di consolarmi la mia amica ma le scocco un'occhiata omicida.
«Va bene, taccio.» alza le mani in segno di resa. Iniziamo a girovagare un po' per il corridoio, non sapendo cos'altro fare.
«L'hai detto anche a Bea di venire da te?» le chiedo. Sophie corruga la fronte come se non capisse nemmeno a cosa mi stia riferendo. «Per studiare...» cerco di ricordarle le sue parole.
Poi apre la bocca, sorpresa. «No, non gliel'ho detto. Forse ha da fare.» scrolla le spalle incurante.
«A che ora vuoi che venga da te pomeriggio?» le chiedo mentre frugo dentro la borsa alla ricerca di un pacco di crackers, che stamattina ho preso alle macchinette.
«Stasera alle sette e mezza? Per le dieci sarai a casa.» mi dice, facendomi l'occhiolino.
«Va bene, vuoi studiare di sera? Non ti verrà un po' difficile a concentrarti? Sai che ti distrai pure se una mosca vola davanti a te.» le faccio presente.
«Ma no, tranquilla. Ora, però, se vuoi scusarmi, ho un appuntamento.» dice, mostrandomi la schermata del cellulare sul quale spunta il messaggio di un ragazzo.
«Hai appuntamento in palestra?» le chiedo. Ormai non dovrei essere sorpresa. Sophie va anche nei posti più assurdi, non si crea problemi.
«Beh, tesoro, se Maometto non va dalla montagna, la montagna va da Maometto.» strizza l'occhio, anche se io mi rifiuto di riflettere sulle sue parole. Mi dice che ci vedremo alle sette e mezza e io annuisco, rimanendo da sola e aspettando l'inizio della prossima lezione.
***
Dopo aver pranzato insieme a Reed, a casa sua, ho trascorso l'intero pomeriggio a giocare con lui alla play. A quanto pare il mio migliore amico non sapeva come ammazzare il tempo, quindi gli ho tenuto un po' di compagnia.
Appena gli ho riferito ciò che ha in mente Sophie, ha messo la partita in pausa e mi ha guardato per circa venti secondi senza battere ciglio. In effetti, è una cosa piuttosto strana e sono felice di non essere l'unica a trovarla fuori dal mondo. È una cosa normale, sì, ma non per la nostra amica.
Sono le sette di sera e mi sto preparando per andare da lei. Metto tutto ciò di cui ho bisogno dentro lo zaino, poi mi infilo le scarpe e scendo al piano di sotto.
America è stravaccata sul divano, con un ciotola di popcorn sulle gambe. Sì sta guardando un film d'azione, che sicuramente ha già visto.
«Dove vai?» mi chiede senza distogliere l'attenzione dalla TV. Perché me lo sta chiedendo? Io non faccio le domande a lei.
«Da un'amica.» rispondo, indifferente.
«Buon divertimento.» ghigna, continuando a riempirsi la bocca di popcorn, ignorandomi. Alzo gli occhi al cielo ed esco fuori, dirigendomi verso la mia moto.
Ho una strana sensazione... ma forse mi sto facendo soltanto delle stupide paranoie e basta.
Mentre sono in sella alla moto, pronta ad andare via, vedo la macchina di Joseph avanzare verso il garage e deglutisco.
Ultimamente tra me e lui c'è stato soltanto un piccolo scambio di battute, che sono durate meno di due minuti. E, se devo essere sincera, sono felice così. Odio parlare con lui, a parte il fatto che mi incute timore a volte, non lo sopporto più.
Non posso semplicemente partire senza nemmeno salutarlo, quindi da brava figlia aspetto che lui parcheggi ed esca fuori.
«Ciao, Anemoon.» dice in tono piatto.
«Ciao.» vorrei aggiungere "papà", ma non ci riesco. Lui mi scruta dalla testa ai piedi e dice: «Stai andando da qualche parte?» il suo sguardo si fa sempre più curioso.
«A studiare a casa di una mia amica.» rispondo. Almeno non sto mentendo.
«A studiare...» dice tra sé e sé. Stringo i denti e poi aggiunge: «Divertiti... a studiare.» fa un sorriso tirato e si dirige verso la porta. Impreco mentalmente e lo scimmiotto anche, poi decido di partire anche io.
Dieci minuti più tardi fermo la moto davanti al palazzo dove abita Sophie. Non so se essere felice perché non abita nel dormitorio femminile, o se essere contenta perché a casa sua mi sento più al sicuro. Ovviamente ha due coinquilini, ma ha detto che spesso sono per i fatti loro.
Suono il citofono e Sophie mi apre. Man mano che salgo le scale sento uno schiamazzo. Spero non provenga da lei.
Quando arrivo davanti alla porta del suo appartamento, alzo la mano per bussate ma la porta si spalanca di colpo e una ragazza minuta con i capelli blu e viola e il rossetto nero, mi sorride e mi fa segno di entrare.
E io rimango perplessa, o meglio dire scioccata. Ammazzo Sophie.
Avanzo verso il salotto, mi stringo il naso tra indice e pollice dato che la puzza di fumo è immensa. Ci sono alcune persone che non conosco, e io mi chiedo cosa cazzo ci faccio qui.
«Ciao, tu chi sei?» mi chiede un ragazzo, sorridendomi come un ebete.
«La vera domanda è: chi sei tu?» ribatto, guardandoli uno ad uno. Sono tentata di fare marcia indietro non appena vedo Dark seduto su una poltrona, in disparte, con lo sguardo puntato su di me.
Da quando è amico di Sophie? Anzi, da quando Sophie è amica di questa gente?
Deglutisco e faccio un passo indietro, ma sento la mia amica gridare dietro di me: «Moony, sei venuta!» ignoro il modo in cui mi ha chiamata e mi giro per fulminarla con lo sguardo.
«Cosa significa?» le chiedo, sconvolta.
«Avevi bisogno di rilassarti un po', devi lasciarti andare. Vieni!» strilla, correndo verso un ragazzo. Gli si siede in braccio e iniziano a baciarsi davanti a tutti.
E soltanto ora capisco... non ha invitato Beatrice, perché sa che non ama le feste. Fottutamente fantastico.
«Beh? Rimarrai lì imbambolata o ti unirai a noi?» chiede Dark, sollevando l'angolo destro della bocca.
È brutto pensare che, secondo me, lui fosse stato già al corrente che sarei venuta qui? L'ha fatto apposta? Come fa Sophie a conoscerlo?
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