capitolo 4
Vorrei davvero aprire gli occhi ed essere piena di vita come lo sono ogni mattina, ma mi è davvero impossibile. Non so quanto ho bevuto esattamente ieri sera e non so nemmeno cosa è successo dopo.
In questo momento so soltanto che il continuo russare di Reed mi sta stordendo. Rotolo su un fianco e gli do le spalle. Sento il suo profumo perfino tra le lenzuola, nonostante non abbiamo dormito insieme. C’è odore maschile qui dentro, e anche di alcool. Odio il dopo sbornia. Mi sento più stordita che mai.
Sono abituata a dormire a volte a casa di Reed, solitamente mi fa dormire sul suo letto e lui dorme o per terra o sul divano.
Gli ho detto un sacco di volte che può benissimo dormire nel suo letto, con me, ma a quanto pare non ne vuole sentire, perché ci tiene a farmi dormire in santa pace, visto che la notte si muove nel sonno e, odio ammetterlo, ma so che ha il brutto vizio di tirare qualche calcio o tirarmi qualche manata sulla pancia, facendomi perdere mille battiti per lo spavento.
Mi è bastata una volta sola per capire che dormire con lui non è una fra le cose più belle del mondo. Il suo braccio si era posato con una tale forza sulla mia pancia che mi ha fatto svegliare di colpo, in preda quasi ad un attacco d'ansia. Ecco perché ora preferisce stare lontano da me.
A volte mi capita anche di sentirlo borbottare frasi senza senso nel sonno e mi fa ridere. Ha sempre dato la colpa allo stress, ma è una cosa di cui non riesce a sbarazzarsi sin da quando era piccolo.
Mi porto i palmi delle mani sugli occhi e me li stropiccio piano. Sento i grumi del mascara sulle palpebre e sospiro. So già che faccio schifo. Succede questo quando vai a dormire senza esserti prima struccata. Ma di certo non avrei potuto chiedere a Reed di farmi questo favore!
Mi passo una mano tra i ricci indomabili, poi mi metto a sedere e cerco di focalizzare la mia attenzione in un unico punto della stanza. Batto un paio di volte le palpebre e poi metto i piedi sul pavimento, pronta ad alzarmi. Vedo Reed dormire sul divano, la gamba e il braccio che penzolano giù. Ha la bocca socchiusa, il respiro pesante e il ciuffo ricade sulla fronte, nascondendo l'occhio sinistro.
Indosso una sua maglietta, ovviamente. Niente di nuovo per me. Non ricordo nemmeno se ieri sera io abbia vomitato o meno. Anzi, non ricordo nemmeno come diamine io sia arrivata nel suo letto. Cerco il mio cellulare nella tasca dei jeans, che giacciono sul pavimento, e guardo l'orario: sono le undici del mattino. Sono nella merda. Inizio a raccogliere la mia roba, trotterellando per la stanza, cercando disperatamente di mettermi i jeans.
Mi avvicino a Reed e inizio a scuoterlo per la spalla nuda, ma lui allunga una mano per spingermi via. «Reed, sono le undici.» gli dico in tono disperato.
Apre di colpo gli occhi e si mette a sedere, con espressione esageratamente assonnata. Sembra che stia per addormentarsi di nuovo. «Dai, sveglia!» gli afferro le braccia e lo attiro verso di me, cercando di alzarlo.
«Sono sveglio, piantala», borbotta con voce impastata dal sonno. Si alza in piedi, si stiracchia e io osservo inebetita i suoi muscoli che si tendono. «Che guardi?» dice a bruciapelo.
«La palestra ti fa bene.» rispondo, cercando di mascherare il leggero imbarazzo dietro ad una patetica risata.
«Lo so, guarda qui!» contrae i muscoli degli addominali e mi fa segno di dare un'occhiata.
«Oh, smettila di pavoneggiarti!» gli do una spinta e lui sorride compiaciuto. Afferra la maglietta che ha lasciato sulla sedia e se la infila.
«Andiamo a mangiare?» chiede, sbadigliando di nuovo. Come sempre non aspetta una mia risposta, perché si sta già avviando verso la porta. Mi metto le scarpe e lo seguo.
Lui, a differenza mia, si è addormentato con i jeans di ieri sera ed è anche a piedi nudi. Spero soltanto che sua madre non si faccia strane idee su noi due. Non è la prima volta, ma non ci potrebbe essere mai niente tra di noi. La nostra amicizia è fantastica così.
Scendiamo al piano terra, ma sento già un buon profumino provenire dalla cucina. Guardo furtivamente Reed, il quale mi fa segno di fare finta di niente e di seguirlo. Sua madre probabilmente è sveglia. Appena entriamo in cucina, Reed saluta Lizbeth Murphy.
«Buongiorno, ragazzi! Siete andati ad una festa ieri sera?» chiede, mentre continua a tagliare la cipolla.
«Sì.» risponde Reed, dirigendosi pigramente verso il frigo.
«Ane, tesoro, mangi con noi?» chiede gentilmente lei.
«Se non è un problema...» rispondo in modo impacciato. Più che colazione, questo è un brunch. Sbadiglio e mi siedo sullo sgabello. Reed beve una grande sorsata di succo d'arancia, poi mi passa la bottiglia. «La devi smettere di bere dalla bottiglia.» lo rimprovero, guardandolo male.
«Non è la prima volta che lo faccio.» me lo ricorda, accigliandosi e quasi mettendo il broncio.
«Appunto, per questo!» rispondo. Prendo un bicchiere e me ne verso un po'.
«Moon!» il mio nome esce dalla sua bocca come una specie di lamento.
Nascondo il sorriso dietro il bicchiere, ma lui lo nota e scuote la testa. Sua madre prende due piatti e poi ci mette davanti l'omelette con il bacon.
«Come sta Joseph?» chiede Lizbeth e per poco non rischio di strozzarmi. Reed fa scattare lo sguardo su di me, come se fosse all'erta. «Oh, be', lui...», inizio a dire «penso stia bene.» Lizbeth alza un sopracciglio, confusa. «Pensi?» Bevo un altro sorso della bevanda ricca di vitamine e sorrido tristemente.
«Sì, i soliti problemi...» dico, smuovendo una mano davanti al viso, sperando che lasci perdere. Non mi piace portare avanti una discussione che ha lui come protagonista principale.
«Oh... E ti tratta male?» continua a chiedere, ma vedo Reed stringere i pugni.
«Basta!», ruggisce. « Mangia, Moon.» mi intima, indicando il mio piatto con la forchetta. In cucina cala il silenzio. Reed odia sentire parlare di Joseph. Dice che gli fa venire l'istinto omicida, e non lo biasimo.
«Se hai bisogno di un posto dove stare...» inizia Lizbeth, ma Reed sbuffa.
«Grazie.» mi affretto a dire. Taglio il bacon a pezzettini, ma la mia mente ormai è altrove. Mangio lentamente, quasi come se mi fosse passata la fame. Cerco di rimettere insieme i frammenti dei ricordi, che appaiono quasi sfocati, che ho di ieri sera. Finché, ovviamente, non mi viene la cosa più importante per me.
«Devo andare a prendere la moto!» esclamo, ma la voce mi esce quasi come se fosse uno strillo.
«Tra poco ti ci porto.» mi informa Reed. Tornare conciata così a casa non è una buona idea, non lo è stata mai. Non mi sono nemmeno lavata e sto ancora morendo di sonno. L'ambiente a casa dei Murphy mi è molto più familiare rispetto a quello nel quale ho vissuto nell'ultimo anno.
Sono venuta spesso qui, anche con Clara. Lizbeth ci ha sempre accolte con gentilezza e io non potrei essere più felice di così, dato che in questo modo io e Reed siamo rimasti ancora amici. È difficile mantenere un rapporto d'amicizia dopo così tanti anni. È stata davvero una coincidenza che siamo stati adottati da due famiglie che, tra le altre cose, si conoscevano già, e a quanto pare Clara ed Lizbeth erano buone amiche.
Da quando c'è Joseph a rovinarmi l'esistenza, quasi ogni giorno, quel posto è diventato come la casa degli orrori. Da una parte invidio America, perché lei non ha i problemi che ho io.
«Aspettami sul pianerottolo, torno subito.» sussurra Reed al mio orecchio. Lizbeth ci sorride, ma sembra che sia in attesa che il mio amico vada via e ci lasci da sole.
Reed fa alcuni passi in avanti, si ferma di colpo e si gira di poco per guardarmi di traverso. È come se fosse indeciso se proseguire o no. Mi dà nuovamente la schiena ed esce velocemente dalla cucina.
«Siete cresciuti davvero tantissimo.» dice all'improvviso Lizbeth, mentre strofina vigorosamente un panno sul marmo del bancone della cucina. Sposta la fruttiera, facendo cadere una mela. Osservo i suoi movimenti quasi frenetici e un cipiglio, segno della mia confusione, spunta sul mio viso.
«Sì, è così.» affermo, facendo un passo indietro. Lizbeth alza lentamente la testa, punta i suoi occhi verdi su di me, stringendo le labbra in un sorriso quasi forzato. Che cosa sta succedendo?
«Già. E siete diventati abbastanza belli.» sorride in modo allusivo, lasciandomi di stucco.
«Non c'è niente tra me e Reed a parte una profonda amicizia. Siamo come fratelli.» ci tengo a metterlo in chiaro, probabilmente per la millesima volta.
«Ma questo lo so, tesoro! Nessuno dice il contrario. È stato Reed stesso a dirmi che non ti vede come una possibile ragazza», alza gli occhi al cielo, lancia lo strofinaccio sul lavandino e si pulisce le mani sul grembiule. «A scuola come andate? Spero tutto bene.» dice, con fare inquisitorio.
«Abbastanza bene! Prendiamo il massimo dei voti, o almeno, per me è così.» non mi sto di certo vantando, ma vorrei che fosse orgogliosa di me, così come lo sarebbe Clara.
«È una bellissima notizia! Anche Reed se la cava?» domanda, buttando nel tritarifiuti il cibo rimasto nei piatti.
«Sì. A volte è un po' svogliato, ma per il resto è davvero bravo. Non ha nemmeno bisogno di impegnarsi così tanto.» dico con orgoglio.
«Perfetto!» fa un ampio sorriso, gli occhi emanano una strana luce. Non capisco se sia felicità oppure perfidia.
Sto per ribattere, ma Reed fa il mio nome nell'atrio. Accidenti, sarei dovuta essere già fuori!
«Devo andare! Spero di rivederla presto!» la saluto con un timido sorriso, poi esco fuori. Reed fa girare impazientemente le chiavi intorno all'indice e appena mi vede inclina il capo.
«Ti avevo detto-» prende l'iniziativa, ma gli faccio segno di stare zitto.
«Mi ero fermata a parlare un attimo con tua madre.»
«Mmh.»
«Dai, andiamo. Mi manca la mia moto.» lo spingo verso la macchina, lui scoppia a ridere. Si abbassa e prende uno zaino da terra, lanciandolo verso di me.
«La tua roba. E ricordati di cambiarti la maglietta, è mia quella che hai addosso.» me la indica, alzando le sopracciglia, ma il suo sguardo è pieno di rimprovero.
«Sì, te la restituisco. Non fare così.»
«Non è questo, Moon. Non voglio che Joseph ti veda con addosso la maglietta di un ragazzo.» dice, poi saliamo in macchina. Tecnicamente non ha tutti i torti. Non posso tornare a casa in questo modo, so le occhiate fulminanti che mi beccherei da tutti in quella casa. Sanno che io e Reed ci conosciamo da una vita. Sanno, soprattutto, che passo la maggior parte del tempo con lui. Joseph a volte non dice niente, mentre altre volte impazzisce.
Dopo un paio di minuti arriviamo nel posto dove si è tenuta la festa, e guardo attentamente la mia moto, che è come l'ho lasciata.
«Grazie, Reed. Ti chiamo appena arrivo a casa, va bene?» annuisce con poca sicurezza.
Ci salutiamo ed esco dalla macchina, dirigendomi subito verso la moto. Reed fa inversione a U e mi saluta un'altra volta, prima di sparire. Salgo sulla moto, prendo la mia felpa dallo zaino e la indosso, dopodiché prendo le chiavi e mi preparo per partire. Ciò che mi ferma dal dare gas e tornare a casa, è un pezzetto di foglio attaccato con lo scotch sullo specchietto.
“Regola numero uno: non sfidarmi mai.
Regola numero due: non salire mai sulla moto ubriaca.
Regola numero tre: rispettare sempre la regola numero uno.”
Un miscuglio di emozioni diverse mi esplode dentro il petto. Principalmente, penso di provare ansia. E anche paura. Chiudo gli occhi e cerco di ricordare. Il ragazzo vestito di nero sulla moto! Deve essere stato lui! Mi guardo intorno, controllando che non ci sia nessuno, e metto il biglietto nella tasca dei jeans.
Non so se questo sia un suo modo per intimidirmi o semplicemente un consiglio, ma so che in questo momento ha scatenato una curiosità enorme in me.
Ehilà, come state? Come avete passato le feste?:) Che regali avete ricevuto?
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