capitolo 17

Sono una codarda a volte, lo ammetto. Non sarei dovuta andare via in quel modo e lasciare Reed solo ad aspettarmi.

Questo fa di me una pessima amica? Sentivo solo il bisogno di andare via e so che Reed probabilmente non mi avrebbe permesso di gironzolare da sola per strada e sarebbe rimasto con me, a tentare di scoprire cosa avessi. Come faccio a spiegargli che non tutte le cose sembrano normali e che sicuramente verrei presa per una pazzoide?

Giro la cannuccia nel mio milkshake e sfoglio il libro poggiato sul piccolo tavolo bianco. Sono seduta qui, nel bar del college, a passarmi il tempo da sola, tra un sorso di milkshake e un breve ripasso di arte. È un corso che ho scelto di seguire più che volentieri, perché mi piace ampliare le mie conoscenze.
Non ho ancora incontrato Reed e non penso di avere il coraggio di guardarlo in faccia. Non so nemmeno che scusa inventarmi.

Non vorrei mentirgli, è l'unica persona di cui mi fido davvero. Ma già ieri pensava che fossi un po' anormale, quindi se gli dicessi il resto probabilmente deciderebbe di starmi lontano per un po'.

Stamattina io e America ci siamo rivolte uno sguardo inesplicabile. Come se lei sapesse qualcosa su di me e io no.
Come se avesse, addirittura, notato qualcosa di strano. Mi ha chiesto perfino se stessi bene e le ho detto di sì.
Ho fatto colazione a casa, perché Joseph ha insistito di sederci a tavola con lui. Inutile dire che per tutto il tempo mi ha osservato in un modo inquietante. Ero a tanto così dal chiedergli se avessi qualcosa che non andasse in faccia, ma avrei scatenato ancora di più la curiosità di America.

Ho capito soltanto che Joseph mi tiene sotto controllo. Non aveva nessun graffio. Era davvero come se non fosse successo nulla, nessun incidente.

Eppure so per certo che qualcuno si è fermato in mezzo alla strada; non me lo sono immaginata.
America sembra quasi inesistente in quella casa, nostro padre adottivo non le chiede nemmeno dove va o con chi esce. È completamente libera. Potrebbe benissimo cercarsi una casa per conto proprio e trasferirsi. Quello che voglio fare io ma non posso, non me lo permette. Un po' la invidio per questo.
Prima di uscire di casa Joseph mi ha fermato sull'uscio, sorridendomi in modo  falso e ipocrita, chiedendomi se qualcosa di male mi stesse succedendo ultimamente, perché secondo lui mi comporto in modo ambiguo.

Bel tentativo di farmi sembrare pazza! Ma non lo sono. O per lo meno, ora sono sicura di non esserlo, ma chissà tra un po'... Se tutto ciò che vedo e sento è soltanto frutto della mia fantasia, sono seriamente nei guai. Joseph non la vuole una figlia problematica, pazza o anormale. Non terrebbe con lui una che non sarà in grado di prendere il suo posto in futuro.

E poi, me lo ricordo quel nome... Royal. E ricordo benissimo gli occhi verdi, di un colore quasi insolito; erano bellissimi.
Un libro pesante viene lanciato quasi con forza sul tavolo, facendo traballare il mio bicchiere. Alzo la testa e vedo Sophie sedersi davanti a me, posa la borsa sull'altra sedia accanto a lei, e mi rivolge un sorriso a trentadue denti.

«Ciao anche a te, mia cara amica scomparsa.» ouch, sento odore di frecciatina. Ultimamente non mi sono fatta più sentire né vedere, semplicemente perché a quanto pare sono stata alle prese con cose che per gli altri non esistono. Ora non posso nemmeno dirle "Ehi, lo sai che ho quasi arrostito una persona, ho avuto un incidente – dal quale sono uscita totalmente illesa –, e sento parole in una lingua che non conosco?". Sì, suona decisamente male detto così.

«Scusami, Soph» inizio a dire, sospirando. «Sono stata molto impegnata con lo studio, ho un esame importante e-»

Sophie alza una mano per farmi zittire. «Hai deciso di dare l'esame ora?»
Annuisco e chiudo il libro di arte. Lei alza le sopracciglia perfette e disegnate, e sulla sua fronte spuntano delle pieghe che indicano il suo chiaro sospetto nei miei confronti.

«Dico davvero. Sono stata impegnata, ho avuto la testa altrove.» continuo a dire, sperando mi creda. Sentiamo il campanellino della porta e vediamo Bea venire verso di noi, con la borsa a tracolla che sbatte contro il suo fianco. Appena ci vede ci regala uno dei suoi sorrisi raggianti e mette a terra la borsa di Sophie, sedendosi sulla sedia.

«Come va, ragazze?» chiede, con le dita intrecciate sul tavolo. «Ane, è da tanto che non ci vediamo. Sei stata occupata?»

Fingo un sorriso e annuisco.
«Studiamo insieme da me?» chiede Sophie e le mie sopracciglia schizzano verso l'alto. Spero stia scherzando.

«Ti ricordi cos'è successo l'ultima volta?» le chiedo, incrociando le braccia al petto.

Bea indugia con lo sguardo su di lei e poi su di me e dice: «Cos'è successo l'ultima volta?»

Sophie, annoiata, alza gli occhi al cielo. Io la guardo e aspetto che dica la verità.
Sbuffa e poi risponde: «Senti, non l'avevo fatto apposta. Mi ero dimenticata di aver organizzato anche una festa.»

Bea sembra colpita. «E tu ci sei andata alla festa?» chiede a me.

«Non sapevo ci fosse una festa. Mi aveva detto che avremmo studiato.»

«Dai, non è successo niente.» Sophie cerca di chiudere il discorso perché è chiaro che Bea ci sia rimasta male.

«E non hai invitato me.» le dice, guardando fuori dalla finestra.

«Come conosci quella gente?» chiedo io, cambiando discorso.

Sophie gira un anello sul dito e fa spallucce. «Amici di amici e così via.»
Sì, certo. Che amici ha allora?

«Conosci quel ragazzo che si fa chiamare Dark?» le chiedo e i suoi occhi iniziano a brillare di eccitazione.

«Certo, ci sono andata a letto. È molto conteso, sai?» si lecca le labbra tinte di rosso e, non so perché, ma ci rimango leggermente male. Non mi interessa chi si porta a letto Dark, ma perché proprio una delle mie amiche? E so che magari non dovrebbe darmi fastidio, ma non penso di riuscire a guardarlo ancora negli occhi sapendo che si è fatto la mia amica. Ci sono tante ragazze nel mondo, perché proprio lei?

Bea allunga la mano verso il mio bicchiere e me lo frega, mettendosi in bocca subito la cannuccia, facendo finta di niente. Vorrei ribattere, ma non ne vale la pena. Inoltre, è già a metà. Il sole che filtra dalla finestra illumina la chioma rossa di Sophie, rendendo i suoi capelli molto più lucenti del solito. Bea si è fatta da poco il caschetto e appena me ne accorgo del suo cambiamento, spalanco la bocca.

«Ti sei tagliata i capelli.» le dico e lei sfoggia un sorriso allegro, felice che lo abbia notato.

«Eh già, ti piace?» si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio e i suoi occhi nocciola si illuminano, in attesa che io dia la mia risposta affermativa. Si vede che muore dalla voglia che le dica che questo taglio la rende ancora più bella.

«Sì, ti sta benissimo!» sposto lo sguardo verso Sophie, che è intenta a messaggiare con qualcuno sotto il tavolo.

Bea ruota gli occhi al cielo e poi si alza. «Hai lezione ora?» mi chiede e do uno sguardo veloce all'orologio che ho al polso.

«Oh, sì. Lezione di letteratura alla quale non posso proprio mancare.» rispondo, ridacchiando.

«Quindi...» inizia a dire Sophie, titubante. «Niente studio?»

Mi alzo, infilo il mio libro nella borsa e poi mi giro verso di lei, guardandola in faccia. Sophie si morde il labbro, ansiosa. «No, Sophie. Ti tocca studiare da sola, come hai sempre fatto.» forse la frase mi è uscita su un tono troppo freddo e quasi aggressivo, infatti Bea mi scocca un'occhiata come se volesse chiedermi se va tutto bene.

Decido di non rispondere e mi avvio verso la porta, con Bea alle mie spalle e Sophie che è rimasta seduta al tavolo da sola. Va bene, forse sto diventando un po' stronza. Non riesco proprio a digerire il fatto che lei mi abbia mentito. A me le feste non dispiacciono, ma non c'è bisogno che venga mentita. Sophie sa che Joseph è severo con me, e sa anche che non posso rischiare così tanto. Eppure ha fatto comunque come ha desiderato lei. Se n'è fregata delle conseguenze.
Se ci fosse Reed con me, probabilmente mi direbbe "Belle amiche che ti sei scelta". Beh, Reed non è stato nemmeno invitato, il che potrebbe infastidirlo ancora di più. Ma perché diavolo Joseph è venuto a prendermi, quella volta? E ora mi torna in mente quello che è successo a casa di Sophie e il modo in cui lui mi stringeva il braccio.

Lui sa qualcosa, io ne sono sicura. Con la testa piena di pensieri e paranoie, mi avvio verso l'aula e decido di provare a non pensarci più, altrimenti finirò per non riuscire a seguire la lezione.
Nel corridoio incontro proprio Reed e mi blocco. Mi ha vista, quindi non posso fare finta di niente e non posso nemmeno nascondermi. Appena il suo sguardo incrocia il mio mi vengono i brividi. Stringe i pugni e inizia a incamminarsi verso di me, la postura rigida e gli occhi pieni di rabbia.

Mi preparo già alla sua sfuriata, spero soltanto che non mi faccia fare una figuraccia davanti a tutta questa gente.
Quando arriva finalmente davanti a me, mi afferra il braccio e mi guarda negli.
«Eri sparita» è la prima cosa che dice. «E mi hai lasciato da solo come un coglione.» aggiunge.

Mi libero dalla sua presa e lo fulmino con lo sguardo.
«Lo so, ho sbagliato, ma ero un po' scossa e sentivo il bisogno di andare via.»
Lui scoppia in una risata sarcastica.

«Sentivi il bisogno» ripete. «Ma ti vedi? Stai diventando ridicola, Moon. E oserei dire anche pazza.»
Già, e io che temevo esattamente questo. Stringo le labbra e distolgo lo sguardo.

«E quindi? Non dirai niente?» chiede. Mi vergogno a guardarlo negli occhi, perciò mormoro soltanto: «Scusa. Ho lezione ora.»

«Sei una codarda!» mi grida alle spalle,ma io mi sono già allontanata da lui. Lo so che sono una codarda ora, ma non voglio sentirmi dire che sono pazza e che ho bisogno di riposarmi perché lo stress mi sta distruggendo psicologicamente o sentirmi chiedere se faccio uso di droga. So che è capace di farmi queste domande anche se è il mio migliore amico.


***


Quando torno a casa, ancora infastidita e irritata più che mai, lancio la borsa sulla poltrona e sto per andare di sopra, ma qualcuno si schiarisce la gola dietro di me.
«Pranzerai con me e tua sorella.» dice Joseph, come se fosse un automa. Mi fissa senza alcuna emozione.

«Non ho fame.» gli dico.
Lui fa un altro passo avanti e sorride.

«Non ti ho chiesto se hai fame o meno. Verrai a sederti al tavolo con noi, sono stato chiaro?» mi limito ad annuire sperando che duri poco.

Vado in bagno a lavarmi le mani e poi vado nella sala da pranzo. America è già al suo posto, con un'espressione annoiata da morire sul viso. Quando il suo sguardo incontra il mio, i suoi occhi sembrano quasi sollevati di vedermi, il che mi rende confusa. Joseph è andato chissà dove e io devo sorbirmi le occhiate di America.

Mi siedo davanti a lei, guardo il tovagliolo piegato a ventaglio sul mio piatto e sospiro.
«Dobbiamo parlare.» mi informa. Alzo un sopracciglio e lei sorride come fa sempre, in quel suo modo malizioso che mi fa innervosire.

«Non abbiamo niente da dirci.» rispondo.

«Oh, sì invece. E vedi di non fare la piccola stronza come fai sempre, altrimenti prendo questa dannata forchetta e te la ficco negli-»

«Wow, wow! Ti vuoi dare una calmata? Non ti sembra di esagerare, ora?» le dico, preoccupata. Non l'ho mai vista così nervosa. Afferra davvero una forchetta e la stringe tra le dita, poi si solleva di poco dalla sedia e si protende verso di me.

«Sono molto seria. Mi dovrai ascoltare.»

«Non devo fare sempre quello che dici tu!» protesto, pronta ad alzarmi e andare via.

America è più strana del solito, un minuto prima sembrava normale e ora sembra mi voglia fare a pezzi, senza motivo. Non parlo molto con lei proprio perché abbiamo opinioni e gusti molto diversi, e ci ritroviamo sempre a litigare per ogni cosa.

«Cosa devi dirmi?» le chiedo.
Come un serpente si allunga ancora verso di me, i suoi occhi sono più neri del solito.

«Devi dirmi la verità.» per quanto il suo sussurro sembri delicato, è freddo. Un bisbiglio che mi fa accapponare la pelle. Di quale verità sta parlando? Sta dando di matto anche lei? Mi sposto di qualche centimetro all'indietro, la sedia striscia sulle piastrelle e riecheggia nell'ampia sala. America sorride soddisfatta e poi prende un cucchiaino, colpendo piano il bicchiere di cristallo, facente parte della collezione di Clara. Il semplice tintinnio si trasforma infine in qualcosa che si rompe e cade a pezzi.

«Ops.» si porta davanti al viso, facendo finta di niente.

«Papà, Anemoon ha rotto il bicchiere di Clara!» grida, sfoggiando un sorriso perfino.

Mi alzo di colpo e batto il palmo della mano con forza sul tavolo, facendo traballare gli altri bicchieri e posate.
«Sei una maledetta bugiarda.» ringhio verso il suo viso.

«Ti sfido a sfiorarmi.» con il dito mi fa segno di avvicinarmi a lei. Mi sta provocando, ma io non sono così stupida.

«So cosa stai cercando di fare.» le dico, tirandomi indietro e assumendo una postura nuovamente tranquilla. Lei inclina la testa, il suo sguardo tagliente dice tutto: le dà fastidio.

«Sarà un peccato... Quando anche Reed sparirà come quell'altro povero scemo.» dice, mettendo il broncio e guardandomi con aria innocente. Stringo i denti e cerco di mantenere la calma.

«Lo sai che quell'altro è probabilmente in decomposizione da anni?» continua a dire senza smettere di sorridere. La guardo negli occhi e appoggio i palmi sul tavolo, avvicinando di qualche centimetro il mio viso al suo.

Manteniamo il contatto visivo senza fare o dire niente. Ci fissiamo negli occhi e basta. Le posate iniziano a tremare lentamente, il battito del mio cuore accelera, ma cerco di non darle la soddisfazione di vedermi impazzire. So che non è normale ciò che sta succedendo.

«Ucciderò Reed così come ho ucciso Clara.» sussurra senza battere ciglio, e basta questo per farmi rilasciare un grido di rabbia e sentire tutti i bicchieri rompersi in mille pezzi. Piccoli frammenti di vetro aleggiano nell'aria; seguono la traiettoria che porta ad America.

«Patetica.» scoppia a ridere e nel momento in cui sollevo il palmo in aria, sento un pizzicotto al lato del collo, nella vena, e grido dal dolore. I frammenti si schiantano a terra, America continua a ridere come una psicopatica e mi porto la mano al collo, cadendo in ginocchio.

«Finalmente ti sei mostrata, mostro.» sibila dietro di me Joseph. Sollevo di poco la testa e inizio a gattonare verso l'uscita, ma la mia vista è sfocata.

«Non riuscirai andare via da questa casa, Anemoon.» tuona Joseph alle mie spalle. Sento il panico distruggermi dentro, non so cosa fare, non so cosa sta succedendo.

Le mie braccia non reggono più il mio peso, quindi mi sdraio e cerco di strisciare verso le scale. Tutto intorno a me inizia a vorticare e sono costretta a fermarmi. È come se tutte le mie forze siano state risucchiate via. La mano grande di Joseph mi afferra da dietro il collo e mi tira leggermente la testa all'indietro.

«Ora tu verrai con me.» mette le sue mani sotto le mie ascelle e mi tira su, tenendomi poi ferma dal fianco. Non riesco a camminare bene, quindi mi trascina con lui verso una piccola porta in fondo al corridoio; quella che da piccole non ci ha mai lasciato aprire.

«Avanti, cammina!» infila la mano nella mia chioma e tira leggermente, facendomi gemere dal dolore. Sento un paio di tacchi dietro di me e deduco che sia America.

«A-aiuto...» dico in un bisbiglio facendo ridere Joseph. Appena apre la porta batto un paio di volte le palpebre, cercando di mettere a fuoco ciò che ho davanti. Sembrano delle scale che portano giù, in qualche seminterrato. Ma noi non abbiamo niente del genere.

La sua presa si fa sempre più ferrea perché ha capito che non ho più la forza di proseguire. Chiudo gli occhi e sento soltanto il mio corpo che viene trascinato giù per le scale con rudezza e indifferenza e il freddo che è molto più accentuato qui sotto.

«Avanti, apri gli occhi, questo devi vederlo.» sussurra Joseph al mio orecchio, strattonandomi i capelli.
Mi stringe il collo, costringendomi a guardare ciò che ho davanti a me: una cella. Questa è davvero una cella, e non una normale.

La apre e mi dà una spinta in avanti, buttandomi a terra, sulle mattonelle. Rimango sdraiata di schiena, con lo sguardo puntato sul soffitto.

«I mostri devono stare in gabbia.» sputa con rabbia, chiudendo la cella. La lingua sembra si sia attorcigliata su se stessa, non riesco a parlare. Dalla bocca mi esce soltanto una serie di suoni incomprensibili. Sento ancora una risata che si infrange tra le pareti fredde di questo posto e rimango così, a terra, finché il buio non mi avvolge del tutto.

Hello, you beautiful people ❤️❤️ come state? Vi sta piacendo come sta andando la storia? :) Non vedo l'ora di farvi venire l'ansia sempre di più 😂❤️

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