capitolo 13

«Mi hai portato davvero a casa tua?» domando, ancora ferma all'ingresso. Dark ha aperto la porta ma non ha osato entrare per primo. È ancora accanto a me e probabilmente aspetta che io faccia il primo passo.

«E quindi? Cosa c'è di strano?» chiede, incrociando le braccia al petto, squadrandomi e mettendomi a disagio.

«Beh, fino a prova contraria non ci conosciamo abbastanza, non abbiamo molta confidenza e l'ultima volta che mi sono svegliata in questo posto non è finita davvero bene, o ti sei già dimenticato della tua immensa e gentile ospitalità?» chiedo, inarcando un sopracciglio.

Dark alza gli occhi al cielo e allunga un braccio, facendomi segno di entrare. Questo ragazzo non accetta un rifiuto?
Decido di non ribattere e mi addentro nella sua umile dimora. Che di umile non so cos'ha, dato che è così spoglia... Nel salotto ci sono addirittura ancora degli scatoloni che nemmeno ha aperto. Si è trasferito qui da poco? Le pareti sono chiare, ma vuote: non c'è nemmeno un quadro a dare un po' di allegria, di colore.

L'ultima volta che sono stata qui non ho avuto tempo nemmeno di osservare il suo appartamento, non che sia una cosa necessaria, ma dato che è la prima volta che mi soffermo di più su ciò che c'è dentro, e sull'arredamento, tutto messo un po' a caso, non mi sembra il suo genere... Dark è misterioso, sembra riservato, pieno di segreti, mi aspettavo qualcosa più... a caso suo.

«La smetti di fissare così il mio salotto?» la sua voce mi distoglie dai miei pensieri.

«Seriamente? Hai ancora degli scatoloni da svuotare?» gli dico, lui si acciglia, offeso.

«E quindi? Non sono spesso a casa, e poi non è importante, sono solo delle cose...» forse è la prima volta che lo vedo a disagio. Sorrido e scuoto la testa, andando poi a sedermi sul divano.

«Quindi...ti sei trasferito qui da solo e da poco?» domando, senza smettere di analizzare ogni minimo dettaglio della stanza.

«Sì e sì.»

Una stupida idea mi balena nella mente.
«Quel sorriso non mi piace.» mi dice, guardandomi preoccupato.

«Che sorriso?» chiedo ingenuamente.

«Quello lì... Come se stessi per fare qualcosa che a me non piacerà.» rimane a circa due metri lontano da me e mi scruta con diffidenza.

«Beh, dato che non abbiamo niente da fare, che ne dici se ti do una mano a finire?» chiedo, alzandomi in fretta in piedi. Dark apre la bocca per dire qualcosa ma la richiude subito; sembra parecchio perplesso.

«È questa la tua idea? Mettermi l'appartamento in ordine?» domanda sbattendo piano le palpebre, come se ci stentasse a crederci.

«Mi hai portata qui a fare cosa?» chiedo, alzando il mento, fingendo di essere arrabbiata. «Per passarci il tempo, potremmo mettere in ordine.»

Dark fa un passo avanti e sbarra gli occhi. «Moon, ci sono centinaia di modi per divertirci e fare altro-»

«Tipo scopare? Non andrò a letto con te, se è questo ciò che pensi.» taglio corto.

Dark diventa cupo in viso. «No, ma in realtà volevo farti quei maledetti pancakes. Che ne sai, magari li faccio meglio di quel locale lì, dove ci vai col tuo amico.» mi getta un'occhiata quasi piena di fastidio, ma il suo essere flemmatico gli impedisce di dire o fare qualsiasi altra cosa che sarebbe stupida o folle. Dark si controlla, lo vedo dalla sua postura, dal modo in cui irrigidisce i muscoli e cerca di rimanere composto.
La mia risposta gli ha dato fastidio, ciò significa che forse non ha cattive intenzioni con me. O almeno, non penso mi voglia portare a letto proprio ora. La cosa stupida che pensano quasi tutte le ragazze quando vedono un ragazzo bello e tenebroso che ci rivolge la parola: vuole portarle a letto. Eppure, penso proprio che Dark sia pronto a rompere questo stereotipo di ragazzo.

«Va bene, facciamo questa cosa.» fa spallucce, poi fa un bel respiro e avanza verso di me. Gli sorrido in modo complice e gli dico da dove iniziare.
Nonostante io non abbia la sua forza, e nonostante lui non voglia il mio aiuto a spostare i mobili, io mi impunto ad aiutarlo, non importa se non ho la forza di un ragazzo. Almeno cerco di rendermi utile lo stesso.

Dark non dice niente, sorride quasi come se fosse divertito dalla mia caparbietà, e continua a spostare i mobili nella direzione nella quale gli indico io.
Chi l'avrebbe mai detto che avrei fatto questa cosa con lui. È divertente, comunque. A me piace arredare, infatti nella mia stanza sposto sempre le mie cose almeno due volte all'anno.

«La stai arredando secondi i tuoi gusti e non ti prendi nemmeno la briga di chiedermi se va bene.» il suo tono ammonitore mi mette a disagio, quindi automaticamente ci rimango male.

Davvero non ho ascoltato il suo parere?
«Oh, giusto, scusami. Questa è casa tua, quindi sì, hai ragione, dove vorresti spostarli?» parlo velocemente quasi senza nemmeno respirare.

Dark trattiene a stento un sorriso. «Stavo scherzando, Moon. Ti ho visto troppo concentrata.» finalmente sorride. Prendo un cuscinetto dal divano e glielo lancio addosso, borbottando a bassa voce "idiota".

«Ti ho sentito, eh.» afferma, cercando di restare serio.

«Infatti volevo che tu mi sentissi.» gli faccio l'occhiolino e lui scuote la testa, continuando poi a spostare i mobili.

Quando finiamo, ci sediamo entrambi sul divano e tiriamo un sospiro di sollievo.
«È perfetto, non pensi?» gli dico, emozionata come se fosse casa mia.

Lui si limita a guardarmi in un modo che mi mette a disagio, vorrebbe dire qualcosa ma si trattiene. Non sapendo come rompere questo silenzio imbarazzante, mi alzo dal divano e vado ad aprire le scatole.

«Ehm... Ma le hai comprate tu queste cose?» chiedo, guardandolo con sospetto.

«No, diciamo che qualche amica... mi ha dato una mano.» si sente a disagio.

«Lavori? Vai al college?» Dark si alza dal divano e viene verso di me, guardandomi dritto negli occhi. Si avvicina sempre di più, finché non siamo a pochi centimetri di distanza, poi si abbassa leggermente, mi mette due dita sotto il mento e dice: «Sei un po' troppo ficcanaso, uh?»

Alzo gli occhi al cielo. «O magari voglio semplicemente conoscerti meglio? Da quanto tempo vivi qui?»

Dark non distoglie lo sguardo dal mio. «Da un mesetto.»

«E non hai spacchettato da un mese?» chiedo, sgranando gli occhi.

«Non è roba che fa per me, mi basta avere un letto. Poi ho avuto altre cose per la testa.» fa un passo indietro e già mi sembra di sentire la sua mancanza.

Vorrei dirgli di avvicinarsi di più. Mi prenderei a schiaffi da sola, non è possibile che lui mi faccia quest'effetto. Mi schiarisco la gola e tiro fuori i quadri dalla scatola e altri oggetti decorativi.

Dark va in un'altra stanza e io rimango da sola a finire di mettere in ordine. Sì, le cose a volte diventano estremamente imbarazzanti tra noi due.

Dopo circa un quarto d'ora sento un buon profumino nell'aria quindi vado in cucina, scoppiando subito a ridere non appena lo vedo con il grembiule rosa addosso.
«Va bene, non ridere. È l'unico che ho trovato.» dice in tono serio e alzo le mani in segno di resa. Mi siedo sullo sgabello e lo guardo mentre fa i pancakes. Sorrido perché pensavo non dicesse sul serio prima. Mi sta davvero facendo i pancakes?

«Ti piace cucinare?» gli domando, cercando di fare conversazione.

«Me la cavo. Tu?»

«Noi abbiamo la cuoca.» ammetto, imbarazzata. A me piacerebbe cucinare, ma Joseph non ci permette di avvicinarci ai fornelli.

«Cos'è quel tono dispiaciuto?» chiede, guardandomi di traverso.

«Mi sarebbe piaciuto imparare a cucinare qualcosa di più, senza limitarmi ad un'omelette, ad un'insalata o qualche altra cosa banale.» vorrei sotterrarmi dall'imbarazzo.

«Che rapporto hai con tuo... padre?» sentirlo chiamare così mi fa storcere il naso.

«Potrebbe andare meglio.» sdrammatizzo con un sorriso.

«Quindi va male?» piega la testa guardandomi con gli occhi ridotti a due fessure.

«E tu con i tuoi?» cambio discorso. Lui lo nota, ma non sembra importargli nulla.

«Sono solo. Quindi, ti tratta male?» cerco di guardare altrove e mentire, ma faccio schifo a dire le bugie e non riesco a non guardarlo negli occhi; mi sento incatenata a lui, come se ci fosse qualcosa a dirmi che posso fidarmi.

Ma io sono diffidente, non mi ha ancora detto niente sul suo conto, mentre lui sa perfino che sono stata adottata.
Mi mette un piatto con tre pancakes davanti e mi passa lo sciroppo d'acero e la Nutella. Mi mordo il labbro e mi prendo la testa tra le mani, opponendo forza quasi ai miei stessi pensieri, alla mia mente che mi dice di guardarlo in faccia. Come una calamita mi attira a sé, mi dice di sollevare lo sguardo e non posso, non voglio.

«Cristo, basta!» esclamo, massaggiandomi le tempie.

«Uhm?» mormora confuso.

C'è un maledetto tornado nella mia testa. Niente è al suo posto. I pensieri si mischiano tra di loro, quindi alzo lo sguardo e lo fisso dritto negli occhi, sentendo poi i brividi lungo la schiena. Si piega sul bancone della cucina verso di me, mi guarda anche lui, senza nemmeno battere ciglio.

Più ci fissiamo, più sembra combattuto. Stringe i denti, ma non distoglie lo sguardo.

«Non farlo, Anemoon.» mi ammonisce, chiudendo gli occhi con forza.

«Fare cosa?» gli chiedo, confusa.
Stringe il bordo del bancone in modo così forte che ho paura lo possa rompere. Poi si dà una spinta all'indietro, come se si dovesse staccare contro la sua volontà e, senza nemmeno guardarmi, esce dalla cucina e sento soltanto una porta sbattere.

Poso la testa sul bancone, con la guancia che preme contro il marmo freddo, e sento la mia mente svuotarsi nuovamente. Mi sento consumata.
Chiudo e apro lentamente gli occhi, come quando sono stanca e voglio dormire. Il mio respiro si fa sempre più lento.

Sospiro e mi alzo, andando a cercare Dark. Sento un colpo in una delle stanze e penso davvero che sia un po' arrabbiato al momento. Non so cosa ho fatto di male, ma mi avvicino alla porta della stanza dalla quale proviene il suono. Appoggio l'orecchio e inizio a bussare. Faccio un passo indietro, ma Dark non mi risponde.

«Mi dispiace se ti ho fatto incazzare. Non so nemmeno cosa ho fatto di male. Ti sei arrabbiato perché non ho voluto guardarti in faccia? Scusa, non sono abituata a guardare a lungo la gente negli occhi e mi metti a disagio. Scusami, ora la smetto di blaterare come una scema e vado a casa. È stato un piacere passare del tempo con te...» aspetto un altro po', ma non dà alcun segno di vita. «Ciao, Dark...» dico, facendo dei passi indietro, arrivando così fino in salotto. Prendo la mia giacca e vedo verso la porta d'ingresso. Sento un altro suono provenire dalla sua stanza; almeno so che è vivo.

Esco fuori e scendo velocemente le scale, andando poi verso la mia moto. Questo posto sembra inquietante di notte. Mi metto il casco e parto, senza nemmeno guardarmi indietro.

Quando arrivo a casa, stanca morta, sbircio nel salotto e vedo Joseph sul divano con un bicchiere di whisky in mano.
«Sono tornata...» dico a bassa voce.
Lui alza la testa verso di me, mi scocca un'occhiata strana e poi torna a guardare la TV.

«Mangia e vai a dormire.» dice e non me lo faccio ripetere due volte. Vado in cucina, a quest'ora la cuoca non c'è, ma dato che non ho davvero così tanta fame, prendo una mela e poi vado dritto nella mia stanza, chiudendomi a chiave. Mi butto direttamente sul mio letto, sentendomi finalmente al sicuro. Penso a ciò che è successo a casa di Dark e trovo la situazione un po' inquietante.

Controllo le notifiche, ma non c'è nessun messaggio da parte di Reed.
Indosso il pigiama e poi mi metto a letto, con le cuffiette nelle orecchie, mentre vado su YouTube a guardare vari video.

Dopo circa mezz'ora sento un suono strano, quindi mi tolgo una cuffietta per controllare, ma non si sente più niente. Mi metto a sedere e guardo nella mia stanza, finché l'occhio non mi cade sulla finestra. Mi avvicino e la apro, trovando sul davanzale un piatto con sopra la carta d'alluminio e un biglietto attaccato ad essa.

"Scusa, sono stato un cretino. Non pensarci troppo e mangia i tuoi pancakes. "

Non si è firmato, ma so chi è. Sorrido ampiamente e prendo il piatto tra le mani, posandolo sulla scrivania. Chiudo la finestra e mi siedo sulla sedia, togliendo poi la carta e trovando anche una forchetta di plastica all'interno. E solo ora penso ad una cosa... Come ha fatto a posarlo sul davanzale? Non ho nessun albero davanti... A meno che non abbia preso qualche scala dal garage. Ma abbiamo le telecamere, come ha fatto a superarle?

Prendo subito il cellulare e cerco il suo numero.

"Come hai fatto?" gli chiedo, senza troppi giri di parole.

"Questo è un segreto, Moon. Un giorno lo saprai. Notte.
P.s. mangia quei pancakes, ti renderanno felice."

Scoppio a ridere e blocco la schermata del cellulare, iniziando a mangiare. E sono davvero buoni...

Cosa mi nascondi, Dark?

Tan tan taaaan. Nei prossimi capitoli finalmente inizierete a capire di più, o almeno spero 😍❤️

Fino ad ora abbiamo capito tutto che Dark nasconde qualcosa e che Reed si comporta in modo strano.

E come mai Joseph sembra più sulle sue? E Americaaaa?

*Sì schiarisce la gola*: Lo scoprirete nelle prossime puntate 🌈❤️

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