Capitolo 11
Seduti sulla panca accanto alla finestra, guardiamo il cielo, con una tazza di cioccolata calda tra le mani e il silenzio che incombe tra di noi. Nessuno dei due ha aperto bocca nell'ultima mezz'ora. Non mi ha chiesto cosa è successo, non ha nemmeno risposto alla mia domanda.
So che l'argomento turba anche lui quanto me, ma speravo mi desse una risposta, almeno per una volta, senza che la conversazione sfoci in una discussione senza senso, dove io mi rifiuto di pensare a lui e dove Reed cerca di non farci caso e lasciare il passato alle spalle.
Si porta la tazza alla bocca, i suoi occhi azzurri si soffermano nuovamente nei miei. Poi distoglie lo sguardo, incapace di dire qualcosa. Un lieve sospiro abbandona la mia bocca e stringo con più forza le dita intorno alla tazza, sentendo il calore penetrarmi nella pelle.
Appoggio la testa al vetro della finestra e chiudo gli occhi, cercando di ricordare, anche per pochi secondi, piccoli frammenti di lui.
«È sparito nel nulla, perché ti importa dopo tutti questi anni?» finalmente Reed decide di parlare, anche se non era questo ciò che volevo sentirmi dire.
«Perché era il nostro migliore amico e, guarda caso, penso di aver sognato ad occhi aperti il suo sguardo.»
Reed sbuffa una piccola risata e solleva le sopracciglia, poi dice: «È impossibile, lo sai. A malapena ti ricordi la sua faccia, avevi otto anni quando-»
Alzo gli occhi al cielo. «...lui è sparito, bla, bla, bla. Lo so già. È solo che è strano... Noi siamo stati adottati un anno dopo, ma lui ci teneva a noi, avrebbe fatto il possibile per farsi vivo, cosa non capisci? È impossibile che non sappiamo nulla su di lui. Non è davvero sparito nel nulla.»
Reed diventa sempre più nervoso, inizia a picchiettare le dita sulla tazza e deglutisce in fretta.
Stringo le labbra e assottiglio gli occhi. «Cosa mi nascondi?»
Sembra così sorpreso dalla mia domanda che salta subito in piedi. «Cosa vorresti dire? Io non ti nascondo mai niente, dovresti saperlo.» asserisce, stringendo i denti.
«Allora perché ti arrabbi con me?» gli chiedo.
Lui fa spallucce. «La mancanza di fiducia non mi piace.»
Faccio una smorfia, poi replico: «A volte è meglio essere diffidenti. Anche i migliori amici tradiscono alle spalle, a volte quando meno te lo aspetti.»
Reed scoppia in una risata sarcastica. «Ah, giusto. Quindi da oggi in poi dovresti guardarti le spalle, perché ti tradirò quando meno te lo aspetterai.»
Lo lascio parlare, perché non cambierò la mia idea a riguardo. Sono sempre stata prudente con le persone, anche se ha la mia completa fiducia, non significa che lui sia incapace di ferirmi o che sia davvero così sincero come sembra. Anche io potrei nascondergli delle cose.
Essere migliori amici, per me, non significa dovergli dire davvero tutto. Alcune cose ho bisogno di tenerle per me, come i miei dubbi, penso.
«Quindi non mi aiuti a cercarlo?» gli chiedo, lui sembra sempre più irritato.
«Siamo a New York, Anemoon» ahi, non mi ha chiamato Moon come fa di solito.
«Non sai nemmeno dove andare. E scommetto che ti metteresti soltanto nei guai.»
«Grazie, sei molto d'aiuto, Reed.» sbotto, incrociando le braccia al petto.
«Sai cosa? Io non vado alla ricerca di persone morte. Tu fai quello che vuoi.» posa con forza la tazza sul comodino e va verso la porta.
«Magari non è morto!» grido alle sue spalle, ma è già uscito dalla mia stanza.
Sospiro e mi siedo sul letto, guardando per terra e riflettendo sulle sue parole.
Non è detto che sia morto... Lui non può saperlo. A meno che non l'abbia cercato senza dirmelo e me l'abbia tenuto nascosto perché sapeva che mi avrebbe fatto male. Ma a questo punto preferisco scoprire io stessa la verità.
Non importa se Reed non vorrà darmi il suo sostegno e la sua disponibiltà anche questa volta, significa che farò tutto da sola.
E per prima cosa intendo andare all'orfanotrofio. È lì che è iniziato tutto, dovrò pur trovare qualcosa.
Mi alzo e prendo il mio cellulare e le chiavi della moto, poi in fretta dalla stanza e vado fuori, alzando lo sguardo verso la telecamera. Mi viene l'istinto di alzare il dito medio, ma mi trattengo.
Prima di recarmi in quel posto, decido di salire sulla mia moto e fermarmi nell'unico posto dove io e Reed di solito prendiamo i pancakes. Lo so che sembra stupido, ma quando litighiamo veniamo qui per rimettere le cose a posto.
Mi siedo vicino alla finestra e picchietta le unghie sul tavolo, guardando incessantemente la porta. No, Reed non si fa vedere.
Mi mordo il labbro e dopo aver aspettato mezz'ora, decido di alzarmi e andare via.
Mi avvicino alla mia moto, prendo il casco, quando all'improvviso qualcuno si schiarisce la gola dietro di me.
Mi giro, stringendo ancora il casco tra le mani, e rimango sorpresa nel vedere proprio lui. Una giacca di pelle nera che lo rende il tipico ragazzo bello e dannato, il ciuffo che gli ricade sulla fronte e quegli occhi azzurri che mi scrutano sempre con una certa diffidenza e al contempo curiosità.
«Chi si rivede, eh.» alza il mento in segno di saluto.
«Farò finta che si tratti soltanto di una misera coincidenza, di nuovo.» rispondo lasciando trapelare nella mia voce l'incredulità.
«Infatti, lo è.» con un cenno del capo mi indica poco più in là un gruppo di ragazzi che parlano e sorridono tra di loro. Ciò mi fa capire che lui è capitato casualmente qui con i suoi amici, e che non mi stava assolutamente spiando.
«Beh, ti serve qualcosa da me?» chiedo, portandomi la mano dietro la nuca, e sfregandola lentamente.
«Forse è la collana che ti dà fastidio.» constata.
Sollevo le sopracciglia. «Scusami?»
Lui sembra scocciato, ma fa un passo verso di me. «Le collane a volte danno fastidio.» rimango sbigottita a fissarlo e tolgo la mano da dietro il collo.
«Sì... Sì, lo sapevo. Ora devo andare.»
«Vuoi un po' di compagnia?» chiede, sorridendomi in modo sfacciato.
Non perdo tempo per ribattere: «No, grazie. Perché non vai a stalkerare qualcun altro?»
Dark si incupisce in volto, come se ciò che gli ho appena detto gli avesse fatto male. Di solito non sono così stronza e non mi comporto male con le persone che non conosco, ma so per certo che non lo voglio intorno a me: non mi piace ciò che mi ispira.
Odio essere così buona e lasciarmi ingannare da una faccia triste, mi fanno sentire in colpa.
«Ehi» esordisco, consapevole che ciò che sto per dire sarà la più grande stronzata del mondo «ti va di darmi una mano?» ecco che l'ho detto. Se Reed non vuole aiutarmi, magari uno sconosciuto sarà più carino di lui. Ho bisogno di qualcuno nel caso le cose dovessero andare male.
Dark mi osserva dalla testa ai piedi, con scetticismo. Incrocia le braccia al petto e risponde: «Perché uno stalker come me dovrebbe aiutare una come te?» chiede in tono ironico.
Trattengo un sorriso e ribatto con lo stesso tono: «Magari perché sono la tua vittima preferita?»
Mi osserva e poi sul suo viso spunta un cipiglio.
«Lo sai, vero, che se fossi sul serio uno stalker, la cosa che hai appena detto ti renderebbe davvero un po' idiota? Per fortuna so che scherzi.»
Va bene, forse ho sbagliato a chiedere il suo aiuto. Il suo tono arrogante non lo tollero e nemmeno il modo in cui mi fa sentire, ovvero una completa idiota; non mi va giù. Lo scimmiotto mentalmente, metto il casco e salgo sulla mia moto, dandogli le spalle e non calcolandolo più.
«Va bene, non volevo offenderti. Sei un po' permalosa, Moon.»
«Non chiamarmi così.» affermo in tono minaccioso, che di minaccioso non ha nulla in realtà. Non farei paura a nessuno, ne sono consapevole.
«Va bene, hai bisogno di me per fare cosa, quindi?» chiede e mi giro verso di lui, sorridendo sotto i baffi anche se non può vedermi.
«Seguimi e lo scoprirai. Sei venuto qui con la moto?» chiedo e mi indica il parcheggio.
«Ti aspetto.» e Dark mi lancia un'ultima occhiata colma di sospetto prima di allontanarsi. Deglutisco e spero con tutto il cuore che le cose vadano bene e che sia davvero d'aiuto la sua presenza.
Circa quindici minuti dopo spengo il motore davanti alla grande struttura dove ho vissuto per nove anni. Una strana emozione si espande dentro di me e deglutisco prima di togliermi il casco e girarmi verso Dark. Anche lui se l'è tolto e sta fissando l'orfanotrofio con perplessità.
«Cosa ci facciamo qui?» mi chiede, accigliandosi.
«Devo cercare delle informazioni.» rispondo, scendendo dalla moto.
«E, secondo te, te le daranno? Sono informazioni private?» continua a chiedere con curiosità.
Mi mordo il labbro e lo guardo dritto negli occhi, optando per la sincerità: «Onestamente penso che nessuno mi darà quello che cerco, quindi...» sussegue un silenzio imbarazzante finché non sento Dark ridacchiare e dire: «Vuoi frugare tra i documenti?»
Alzo le spalle. «Perché no?»
Dark scende dalla sua moto e fa dei passi verso di me, finché non ci troviamo faccia a faccia.
«Ti metterai nei guai.» afferma, convinto.
«Mi aiuterai.» lo supplico con lo sguardo.
«Dov'è il tuo migliore amico? Perché non è qui con te?» diamine, quanto odio le domande, anche se a volte sono io a farle.
«Abbiamo litigato. Il mio migliore amico è permaloso, non sempre, ma-» arriccio il naso e sul mio viso prende vita una smorfia spontanea, non appena noto lo sguardo pensieroso di Dark. Sembra immerso nei suoi pensieri, ma sta sorridendo.
Dark sta davvero sorridendo in modo genuino e non fa lo stronzo.
«Ok, quindi...» cerco di richiamare la sua attenzione.
I suoi occhi azzurri percorrono il mio fisico e sussurra: «Dimmi cosa vuoi cercare.»
«Ho bisogno di cercare qualcosa sul mio migliore amico.»
«Reed? Non è stato adottato?» chiede, guardandomi dubbioso.
«No, mi riferisco ad un altro ragazzo. Anche lui era il mio migliore amico. È stato adottato un anno prima, penso. Non so niente di lui.» sento un nodo alla gola.
«Lui era...» mi mordo il labbro «il migliore per me.»
Appare sorpreso dalla mia affermazione.
«Non lo era Reed?» domanda, i suoi occhi brillano di una luce strana.
«È una storia lunga» cerco di cambiare argomento.
«Ho tempo.» ribatte sorridendomi beffardo.
«Noi tre eravamo migliori amici, è così. Con Reed vado d'accordo, ma con l'altro mio amico...» sospiro, passandomi una mano tra i capelli. «Non si può spiegare a parole ciò che è lui per me. Perché sì, anche se non so più nulla di lui, e probabilmente è diventato un uomo adesso o magari è morto, non lo so, io lo penso ogni giorno. E fa male, Dark. Tu sai quanto si può stare male per una persona che non vedi da tipo... una decina di anni? Sai quanto fa male ricordare il viso di un bambino e non riuscire ad immaginartelo adulto?» la vista inizia ad appannarsi.
«E se non troverai niente?» domanda, puntando lo sguardo verso l'orfanotrofio.
«Continuerò a cercare.» rispondo, determinata. Dark scuote la testa, ma sotto sotto lo vedo sorridere.
«Bene, facciamolo allora.» con il braccio mi fa segno di andare per prima e sorrido, perché è davvero carino da parte sua volermi aiutare sul serio. In realtà pensavo che mi avrebbe lasciata qui. Non è poi così stronzo... O almeno, per ora.
Man mano che avanziamo verso il cancello, mi sembra di rivedere il mio passato. E ogni ricordo che mi sfiora la mente mi fa stare male e, no, non sto male fisicamente… ma i ricordi certe volte mi distruggono. E vorrei afferrare la sua mano per sentirmi più tranquilla, ma non lo faccio. Mi sarebbe piaciuto che ci fosse anche Reed con me… lui doveva esserci e basta. Si tratta del nostro amico.
Qualcuno mi afferra il braccio e mi giro di scatto verso di lui.
«Sembri tesa… tranquilla, uscirai da questo posto. Se è troppo per te, fammi un fischio e ti porterò fuori di qui in un secondo.» mi fa l’occhiolino, accompagnato da un sorriso smagliante.
«Sei strano, lo sai?» sorrido e guardo la sua mano che stringe dolcemente il mio braccio.
Lascia la presa e continua a camminare, dicendo a bassa voce: «Lo so, Moon.» e vorrei dirgli di non chiamarmi così, perché non ha il permesso, ma mi piace come suona detto da lui.
Però ora, in cosa diavolo mi sto cacciando…
Scusate il ritardo 😭❤️ ma sono stata impegnata con la pubblicazione di Fade to grey su Amazon, quindi non ho avuto tempo per dedicarmi a questa storia. ❤️ Vi voglio bene, vi ringrazio di leggermi sempre, vorrei abbracciarvi tanto.
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