Capitolo 14
Si portò le mani sul viso per poi tirarsi indietro i capelli in un gesto spazientito, possibile che non riuscissero a comunicare? Eppure con sua madre era tutto così semplice, a volte bastava un'occhiata e si capivano al volo, ma con Alex era tutto maledettamente complicato. Sbuffò stringendo tra le mani il bordo del tavolo, si dovette controllare per non fracassarlo contro la cucina, ma quella ragazzina con quello sguardo profondo e orgoglioso lo mandava davvero ai pazzi; che diavolo c'era in quello che aveva detto che l'aveva fatta scattare così? Dio, aveva vent'anni e una volta che era andata ad una festa lo aveva chiamato disperata! Per non parlare di come l'avesse trovata, stretta nella morsa di quell'idiota che se non avesse avuto un po' di lucidità, l'avrebbe mandato all'ospedale; come poteva pensare di lavorare in quel pub? Era frequentato da gente del posto, molti li conosceva da sempre, ma ci si poteva fidare? Solo Liz era schermata essendo la sorella di Mike, ma Alex era il volto nuovo di quel paese e qualcuno poteva benissimo metterle gli occhi addosso, come quel tipo che le aveva fatto avere quella distorsione al ginocchio, di cui non ricordava il nome per esempio, e la cosa lo mandava maledettamente in bestia.
Avrebbe dovuto lasciar perdere come ogni volta? Sbuffò sempre più furioso di quella situazione e decise che non avrebbe lasciato perdere per niente, così velocemente salì le scale ed entrò nella camera della ragazza spalancando la porta con un gesto secco che procurò un vero e proprio spavento ad Alex. La trovò con in mano alcuni abiti, gli occhi lucidi, la sua borsa aperta sul letto
–Che stai facendo?- chiese trattenendo a stento un ruggito di rabbia; lei dapprima spaventata per quell'irruzione, riprese a mettere i suoi abiti nella borsa senza rispondergli facendolo infuriare ancora di più –Che.Stai.Facendo?- scandì avvicinandosi al letto con il sangue che gli ribolliva nelle vene
–A te che sembra?- chiese la ragazza in tono adirato –Levo il disturbo!- sbottò mettendo un paio delle sue maglie nel borsone.
A quel punto Jason non ci vide davvero più dalla rabbia e le prese dalle mani gli altri abiti –AH SI'?-quasi gridò spaventandola
–VUOI ANDARTENE?- e buttò malamente quella roba nel borsone –VATTENE ALLORA!- disse rigirandosi poi verso di lei e regalandole uno di quegli sguardi che sapeva facevano paura –E' più facile scappare, non è vero?- le sputò in faccia cattivo, Alex sgranò gli occhi a quella reazione e non riuscì a non arginare il fiume di lacrime che ormai scesero a rigarle il volto
–E' QUELLO CHE VOLEVI SIN DALL'INIZIO!- gli rispose lei furente pur avendo la voce incrinata –Non mi hai mai voluto! Per te sono solo una grana che farebbe bene a sparire! Come lo hanno sempre pensato tutti!- disse asciugandosi con un gesto secco le lacrime, lui le stava di fronte, il viso contratto e furioso
–Poi decidi che possiamo provare, ma ogni volta è uguale alla precedente! Mi rinfacci il fatto di essere venuta qui!E ORA TI PERMETTI ANCHE DI DECIDERE COSA POSSO O NON POSSO FARE!- gridò, le lacrime avevano ricominciato a uscire copiose rigandole il volto –Tutti vogliono gestire la mia stramaledetta vita! Mia madre, Francesca, l'avvocato e ora tu!- a quell'accusa la collera di Jason improvvisamente si cristallizzò, rimase immobile a fissarla sconcertato –Chiunque ha a che fare con me, vuole controllare la mia vita!Da quando sono nata! – il suo tono era più basso, ma la rabbia che impresse in quelle parole era tangibile, così come era tangibile il fatto che fosse letteralmente sconvolta e i suoi occhi non smettevano di lacrimare, ma la cosa che ferì Jason fu il dolore che quegli occhi gli stavano trasmettendo, un dolore profondo, intimo, così radicato da essere parte di quella ragazza così giovane eppure dai sentimenti maturi
-Non voglio una vita così!Non voglio qualcuno che decida per me! Voglio fare le mie scelte!Maledizione!- iniziò a singhiozzare sempre più forte
–TU SEI COME TUTTI GLI ALTRI!- gli urlò in faccia spintonandolo con l'intento di andarsene superandolo prendendo il suo borsone, ma una mano le arpionò velocemente il braccio e lei si ritrovò ad essere sbattuta contro il corpo di Jason che l'aveva racchiusa in un abbraccio
–LASCIAMI!- gridò cercando di divincolarsi –LASCIAMI JASON!- gridò una seconda volta, ma quelle braccia la tenevano ben stretta come in una gabbia e lei iniziò a piangere sempre più forte e alla fine desistette dal liberarsi, abbandonandosi a quel profumo, a quel calore.
La sentì piangere tra le sue braccia, come mai l'aveva vista, tremava dai singhiozzi, non riusciva a calmarsi e lui la strinse forte al suo petto sentendo quel dolore attraversare la pelle di lei e trasferirsi come una polvere sottile e penetrare dentro la sua, una sofferenza che bruciava e marchiava ogni parte del suo corpo, fino a toccargli il cuore.
-Mi dispiace- disse infine con voce flebile, cercando di trovare il coraggio che lei aveva sempre dimostrato nel mostrarsi
–Mi dispiace- le ripetè –non volevo certo questo- ammise sospirando, cercando di darle un po' di quella forza che a lui era servita per nascondere bene le ferite di quel passato che lei gli aveva riportato a galla. Dopo pochi attimi la sentì affievolire quel pianto disperato, la sentì alzare le braccia che per tutto il tempo aveva tenuto rigide lungo i fianchi e stringere la sua maglia ormai bagnata, la strinse forte, Jason percepì le sue mani arpionarsi al suo petto, come a voler davvero un appoggio, un sostegno e quel gesto lo sorprese per l'intensità che aveva. Dopo diversi istanti in cui nessuno dei due si era mosso, Alex riuscì a calmarsi, lui allentò leggermente la presa, anche se gli costò fatica e ad Alex quelle parole erano sembrate come il vento che pulisce il cielo da nubi nere, proprio come aveva visto fare in quella cittadina da quando era arrivata, dove le giornate piovose erano spesso spazzate via da quel vento che improvvisamente si alzava ripulendo il cielo facendolo splendere
–Io, non voglio obbligarti a fare nulla- le disse piano osservando quel colore del mare reso ancora più intenso dal pianto – forse mi sono solo preoccupato eccessivamente- ammise e quelle parole costarono non poca fatica a lui che prima di chiedere scusa, ne doveva passare di acqua sotto i ponti, eppure vedendola così, sentendole dire quelle frasi, vedendola così sconvolta, chiederle scusa gli era risultato fin troppo semplice. Lei si staccò da lui rimanendo a testa bassa e asciugandosi gli occhi con un fazzolettino che aveva tirato fuori da una delle tasche dei pantaloni -Quando ho saputo di venire qui, mi è sembrato di impazzire- ammise, la voce ancora incrinata dal troppo pianto –non ho avuto neanche il tempo di piangerla, sai?- lui non parlò ascoltandola, ma quelle parole gli aprirono davanti uno scenario che mai si era immaginato. Cosa aveva passato Alex, prima di arrivare lì a lui?
-La mia vita è stata sempre controllata- ammise rispondendo senza saperlo a molte domande che affollarono la mente di Jason, la vide tirare su con il naso, ma continuò a guardare a terra –mia madre ha sempre scelto per noi, soprattutto per me e questo mi infastidiva, non potevo far niente senza che lei non controllasse, anche da grande. Quando riuscivo a farmi delle amiche in una scuola, lei decideva che era il momento di cambiare, così prendevamo le nostre cose e andavamo in un'altra città dove dovevo ricominciare tutto da capo, dove tutto era nuovo e sconosciuto. Quando le chiedevo spiegazioni lei mi diceva che per noi era meglio così- alzò la testa fissando lo sguardo del moro che si perse in quegli occhi del color del mare –ma non mi sono mai opposta, perché capivo che lo faceva per me, ha sacrificato tutto per me, ma le ho promesso prima che morisse che avrei vissuto come desideravo, che sarei stata forte e ce l'avrei fatta a farmi una vita come lei avrebbe voluto darmi- ammise fissandolo negli occhi, Jason sentì qualcosa che scivolava in tutto il suo corpo come lava, soprattutto all'altezza del cuore, un calore e tristezza che si mischiavano; si chiese ancora una volta cosa lei ed Emma avevano dovuto superare per andare avanti, si sentì impotente davanti all'evidenza che mai avrebbe saputo cosa davvero dovevano aver passato
–Credo tu abbia ragione- le concesse –ho sbagliato- le disse, poi con due dita le sollevò il capo per farsi guardare
-Per questo te ne vuoi andare?- le chiese e a quella domanda gli occhi di Alex si sgranarono leggermente
-Hai deciso di andartene come ha fatto tua madre? - la incalzò ancora lui indurendo lo sguardo Alex lo guardò turbata, quell'accusa le fece male, voleva distogliere lo sguardo, ma lui glielo impedì facendosi guardare posando le sue ampie mani a stringerle braccia –Rispondimi Alex, devo saperlo– le disse scuotendola appena e sembrò più una supplica, anche se il suo tono era severo
-No- rispose piano –non vorrei andarmene, vorrei provare a iniziare da qui- aggiunse sentendo il cuore diventare pesante, pieno di sentimenti ed emozioni a cui non sapeva dare nome, con quella leggera speranza che aveva sempre avuto smuoversi dentro di lei.
Quell'ammissione sciolse completamente il groviglio che Jason sentiva allo stomaco nel momento in cui l'aveva vista fare le valigie
–Se deciderai davvero di rimanere sappi che litigheremo- Alex trattenne il fiato per la schiettezza di quella frase –io non sono un tipo facile, oltre tutto mi sento in qualche modo responsabile per te- le disse serio in volto –ho deciso di accettare questa situazione in memoria dell'amicizia profonda che mi ha legato a tua madre, ma non voglio certo farti da padre- Alex respirò appena, aveva paura che anche un minimo movimento potesse interrompere quel momento –ma non voglio neanche che rischi di trovarti in situazioni spiacevoli, tipo la festa della settimana scorsa - Alex arrossì, se non fosse venuto ad aiutarla non osava immaginare cosa poteva accadere, sia a lei che alla povera Liz
–Hai ragione, non sono abituata a certe cose, sono vissuta come in una campana di vetro con mia madre- ammise sconsolata. Aveva sempre vissuto in maniera diversa rispetto alle ragazze della sua età, spesso era costretta a rinunciare ad andare a qualche festa per non farla preoccupare, sempre troppo apprensiva, mentre le sue amiche vivevano i loro 17-18 anni spensierate, lei era accanto alla madre allettata per la malattia
-Voglio davvero aiutarti Alex- le disse sincero e lei abbozzò un sorriso –Appena arrivata mi hai chiesto di voler sapere qualcosa di più su tua madre- la voce di Jason uscì bassa, poco più di un sussurro, Alex fece un cenno con il capo fissando lo sguardo dell'uomo che sembrava un turbine di emozioni sentendo ancora quella presa salda sulle sue braccia –Ti racconterò quello che vuoi, ma ad una condizione- disse –voglio che anche tu mi racconti di lei e di te- Alex si trovò a sgranare gli occhi, sorpresa, non si sarebbe mai aspettata una richiesta del genere da parte di Jason e la cosa la fece arrossire, ma continuò a tenere lo sguardo fisso in quello dell'uomo –Va bene- acconsentì e lui sembrò quasi sollevato dalla sua risposta
-Vuoi andare al pub?- le chiese tornando ad avere un tono più naturale e lasciandola, Alex si asciugò il viso ancora umido, sentendo freddo quando lo vide fare un passo indietro, ma lo guardò con un sorriso sulle labbra –Con questa faccia?- chiese ironica, ma Jason rimase un po' sorpreso da quella frase, iniziando ad osservare quel viso arrotondato, quegli occhi blu, ora arrossati, contornati da fitte ciglia scure, una frangia che le ricadeva scomposta sulla fronte, le guance rosse, il naso dritto arrossato e quelle labbra a ciliegia leggermente screpolate: era bella. Si rese conto di non aver risposto e che Alex continuava a scrutarlo, come a voler capire cosa stesse pensando, fu in quel momento che Jason si ridestò dalla sua analisi approfondita di quel viso, si allontanò ancora di più abbassando la testa
–Hai dieci minuti, ti aspetto giù- disse uscendo dalla camera velocemente richiudendosi la porta alle spalle. Alex guardò verso la porta ancora stordita per quello che era accaduto, per il pianto che l'aveva sconquassata e per quello sguardo di Jason che aveva indugiato sul suo viso come un laser; si sentiva come se quello che si erano detti aveva in qualche modo incrinato un muro invisibile che Jason aveva intorno, era come vedere un vetro con una piccola crepa e di questo si sentì responsabile, ma in senso positivo. Fece un profondo sospiro quasi a volersi levare di dosso la stanchezza che sentiva e per cercare di risollevare quella serata che l'aveva costretta a tirare giù le carte con lui per mostrarsi in tutta la sua fragilità, prese dalla tasca della borsa la foto di lei da piccola e sua madre che la stringeva sorridente –Ti prometto che sarò forte, mamma- disse in un sussurro –Grazie per avermi fatto conoscere Jason- scrutò quella foto che conosceva a memoria fino a quando decise di darsi una veloce sistemata per poi raggiungere Jason già al volante del suo pick-up, sembrava di nuovo esser tornato quello di sempre, serioso e cupo. Alex si sistemò al lato del passeggero e l'auto partì subito diretta Blu Line. Quando arrivarono il pub era già pieno di gente, chi in piedi a giocare intorno ai due biliardi sul lato più appartato del locale, chi a ridere e scherzare intorno ai vari tavoli e per le molte persone, alcuni si erano limitati a rimanere in piedi, tanto che entrando Alex e Jason dovettero divincolarsi per raggiungere il bancone, dove però uno sgabello era rimasto libero
–Finalmente siete venuti!- Mike li vide arrivare rivolgendo loro il solito sorriso beffardo mentre serviva un paio di birre a due ragazzi seduti al bancone, Jason si lasciò cadere sullo sgabello rivolgendo un'occhiataccia all'amico, al contrario di Alex che invece si appoggiò al bancone sorridente –Dì la verità Alex, questo caprone non ti voleva portare- fece Mike appoggiandosi al bancone davanti a loro –Ehi, fai il tuo lavoro e portami una birra!-intervenne un Jason seccato per quel modo di parlare dell'amico, Mike dal canto suo scoppiò in una risata per poi prendere un paio di bicchieri, uno più grande e uno più piccolo, che riempì di birra e servì ai nuovi arrivati –No dico, ma sei scemo?- chiese Jason indicando il bicchiere dato ad Alex che sospirò alzando gli occhi al cielo –Ma ti dai una calmata?!- fece Mike infastidito –Vorresti che le servissi una spremuta? Stiamo in un pub, Jas!- Jason sbuffò visibilmente innervosito mentre Alex sorridente bevve il suo sorso di birra fredda –Liz?- chiese subito dopo –E' in cucina, te la vado a chiamare- Mike sparì dietro una porta e subito dopo sentirono la voce di Liz –Oh Dio! Alex!- la moretta uscì da dietro al bancone e abbracciò Alex calorosamente –Finalmente! Come stai?- le chiese visibilmente felice di vederla
–Io bene tu piuttosto, come stai Liz?- la ragazza si staccò da Alex con un'alzata di spalle
– Adesso bene, ma ci sono voluti almeno tre giorni perché mi riprendessi, chissà che diavolo c'avevano messo in quello schifo!- disse stizzita facendo ridere Alex –Tu invece?- chiese curiosa –Mio fratello mi ha detto della proposta che ti ha fatto, allora che ne pensi?- chiese entusiasta
–Beh, penso che si possa fare, potrei dare una mano e magari fare qualche biscotto- rispose Alex ancora incredula della cosa, Liz l'abbracciò ancora una volta
–Sono davvero felice!- quando si staccò incrociò lo sguardo stranito di Jason –Che cos'è quell'espressione? Questo si chiama affetto, ne sai niente?- chiese sarcastica, Jason arricciò le labbra in un mezzo sorriso continuando a bere –Pensavo che sembrate due scolarette delle elementari- disse ironico, Alex sospirò mentre Liz lo fulminò con un'occhiataccia –E tu dovresti tornartene nelle caverne, che ne pensi?- poi si girò verso Alex –Senti, visto che qui c'è parecchia gente stasera, ti va di venire di là con me così inizi a vedere qualcosa- Alex acconsentì e subito dopo sparì dietro la porta delle cucine.
–Da divertito adesso sembri sconsolato- la voce di Mike riportò Jason alla realtà
–Sei un coglione- gli rispose sorridendo appena e facendo ridere anche l'amico
–Dai, vedrai che è la cosa migliore sia per te che per lei- disse Mike sistemando alcuni bicchieri –Alex è una brava ragazza, qui può fare qualcosa, ambientarsi e guadagnare qualche soldo, mentre tu saresti libero di lavorare e non dovresti preoccupati di lei- Jason sospirò appoggiandosi al bancone
–Mi preoccuperei comunque- disse ovvio
–Si, lo so, ma qui ci siamo io e Liz- rispose a sua volta Mike preparando un vassoio
–Questo non mi rassicura- ribattè Jason facendolo sorridere
–Non fare il difficile, Jas, lo so che in fondo la cosa ti piace, per cui smettila di avere quell'espressione- Jason sospirò ancora una volta bevendo dal suo bicchiere –Mi toccherà fare il taxi per lei- e Mike si appoggiò al bancone assottigliando lo sguardo
–Perché avevi intenzione di non mettere più piede da queste parti?- chiese caustico –Da anni passi qui la metà delle tue serate, per cui mentre scaldi lo sgabello e mi bevi litri di birra, potrai anche controllare Alex!- disse ovvio –Smettila di fare il guastafeste!- in quel momento tornò Liz con un paio di piatti –Tavolo 12- disse passando il vassoio pronto per poi guardare verso Jason –Spero per te che gli occhi rossi di Alex siano solo un caso e che tu non centri nulla- disse seria puntandogli il dito contro – ma se la farai piangere ancora una volta giuro che ti faccio ingoiare i tuoi gioielli- detto questo sparì di nuovo verso la cucina lasciando i due uomini completamente di stucco.
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