Capitolo 90

Aleksander

Non posso credere che tutto questo sia colpa del regalo che volevo farle. I suoi occhi dubbiosi e pieni di dispiacere mi fanno stringere i palmi. Come vorrei prenderla fra le mie braccia.
Accarezzo la sua figura minuta. I capelli biondi dietro le orecchie. Gli occhi arrossati per il pianto. Le labbra gonfie che stringe sofferente. Sembra scomparire in quei vestiti che credo essere di Maurizio.

Il suo amico era felice di vedermi sull'uscio di casa sua. Ha aperto il portone proprio mentre io alzavo il dito per suonare.

«Ottimo. Sapevo non mi avresti deluso.» Mi da una pacca sulla schiena dopo essersi spostato per farmi entrare.

«Lei è davvero qui?» mi scrollai le goccioline di acqua dal giaccone.

«Sì, forza va a riprendertela. La chiave di riserva è sotto la pianta a sinistra.» Annuii muovendo il primo passo nell'ingresso.

«Ah Aleksander... spegnete le luci prima di tornare a casa.» L'occhiolino fu il suo saluto prima di richiudersi la porta alle spalle. Quei piani fino al pianerottolo della casa li ho fatti di corsa e quando me la sono ritrovata lì davanti a me mi è sembrata più bella che mai.

Sono stato così ingenuo dovevo capire che il ricevere quelle chiamate a cui non rispondevo in sua presenza l'avrebbe fatta preoccupare. È ancora labile il nostro rapporto quando si tratta della fiducia proprio perché temiamo entrambi di esserci esposti troppo.

«Ti amo, Anastasya. Ti amo così tanto che volevo donarti il ricordo più bello che ho dei miei genitori. Io... mi dispiace.» Non resisto a trattenere quelle parole, le sto parlando con il cuore in mano. Farei e direi di tutto per riaverla. Un profumo floreale mi investe spingendomi sul divano alle mie spalle.

Le sue braccia intrecciate dietro il mio collo, il suo dolce peso su di me mi fanno sospirare di gioia. Come il sole dopo la pioggia rischiara il paesaggio rendendolo più luminoso così lei fra le mie braccia cancella tutta la paura di queste ore. La stringo chiudendo gli occhi e ispirando quella fragranza che per me è vita.

«Mi dispiace... mi dispiace...» Ripete guancia a guancia.

«Ti amo talmente tanto.» Mormoro sul suo viso scostandola per guardarla da vicino. Le tiro indietro i capelli prima che lei unisca le nostre bocche. È così morbida.

La pressione delle sue labbra carnose mi fa subito cedere e afferrandola per il viso apro la bocca in cerca della sua lingua. I fiati si mescolano mentre con ardore ci stringiamo e baciamo come se uno dei due dovesse andare via.

Entrambi increduli di essere nuovamente uniti mostriamo la nostra urgenza nel toccarci, averci. Non c'è bisogno di aggiungere altre parole ma è necessario quel contatto fisico così indispensabile a un cieco per essere certo di vedere bene. E noi abbiamo quel desiderio di vedere con chiarezza il nostro noi.

Con frenesia le sue mani si aggrappano alla mia nuca mentre le mie si intrufolano sotto quella felpa informe in cerca della sua pelle. Apro i palmi sulla sue schiena nuda e lei di riflesso spinge i suoi fianchi contro i miei.

Stringo quella pelle vellutata in cerca di un appiglio che non mi faccia crollare, vorrei già essere dentro di lei.

Un'altra spinta da parte sua è mi ritrovo a gemere sulle sue labbra, lei ne approfitta per scendere a mordermi il collo. Mi lascio cullare dalle sue attenzioni, surriscaldando il mio cuore che ha temuto di non farcela.

«Cazzo, Ana... andiamo via da qui.» Lei mormora qualcosa di incomprensibile e a fatica la stacco da me per legare i nostri occhi. «Torniamo a casa.» Bisbiglio prima di un ultimo bacio a stampo.

«Hmmm...» lei cerca di riprendere il controllo annusando il mio profumo sulla mascella. «Okay, andiamo.» Bisbiglia facendomi rabbrividire. Poi a fatica si alza tirandomi su con sé. Recuperiamo le sue cose e dopo aver spento le luci ci chiudiamo la porta e quella brutta storia alle spalle.

In auto le tengo la mano legata alla mia. «Non ti permetterò mai di scappare da me.» Le bacio il palmo mentre giro a sinistra verso l'appartamento.

«Giuramelo.» Sbircio i suoi occhi azzurri e li trovo concentrati sul mio profilo.

«Anastasya, ti inseguirei in capo al mondo perché mai più voglio vivere lontano da te.» Ancora il suo profumo su di me. Un tenero bacio sul mio collo mi fa sussultare e stringere quel palmo trepidante di condurla fino alla nostra stanza. «Ti prego amore... è già difficile così.» Sorrido in difficoltà.

Giunti a casa apro la porta e la voce di Hanna preoccupata rimbomba nel salotto. «L'hai trovata?» è seduta sul divano parla e si gira subito dopo aver pronunciato quelle parole.

«Mi dispiace.» Chiede scusa anche a lei mentre corre ad abbracciarla.

«Non farlo mai più.» Hanna trattiene le lacrime. «Ci hai fatto preoccupare.»

«Giuro che non succederà più.» Le due si stringono e io contento di quel chiarimento fra tutti mi spoglio della giacca per poi raggiungere la cucina per lasciare loro un po' di privacy.

Ho il tempo di aprire un birra e sedermi sullo sgabello della penisola prima che Anastasya mi raggiunga. Sto guardando fuori dalla porta finestra e sento il frigo aprirsi e il rumore di una bottiglia che viene stappata. A passo lento mi raggiunge e sotto il mio sguardo stanco ma rilassato mi fa girare verso di lei per intrufolarsi fra le mie gambe. Il vetro tintinna nella sera buia.

«Al nostro primo litigio e all'averlo superato.» Porta la bottiglia alle labbra.

«Ora siamo una coppia.» Le preciso prima di bere a mia volta.

«Già, non c'è più dubbio.» La sua mano sinistra si poggia sulla mia spalla.

«Bene...» Finisco in due sorsate la mia birra. «Allora passiamo alla parte in cui si è certi di aver fatto pace.» Poso la bottiglia sul ripiano e le cingo la vita fra le mani.

«E sarebbe?» Alza il sopracciglio in attesa.

«Fare l'amore, è la parte più interessante.» Mormoro malizioso per poi poggiare la labbra sulla clavicola lasciata nuda dalla felpa scivolata giù. Mordicchio e succhio quella pelle bollente e il sospiro che mi regala Anastasya mi fa aumentare la pressione su di lei.

Il rumore del vetro contro il marmo precede la sua presa sulle mie spalle. Risalgo lentamente fino alle sue labbra schiuse che lambisco con la punta della lingua giocando con il suo desiderio. Cerca di porre fine a quell'attesa ma io glielo concedo solo quando l'afferro con più sicurezza e con lei allacciata ai fianchi mi incammino verso la nostra stanza.

Non c'è romanticismo, né lunghi baci o esplorazioni lente in quella necessità di ristabilire il legame. Il fuoco brucia. Con un piede spingo la porta su cui poi la poggio baciandola con passione. Le bocche si aprono e chiudono fino a esaurire l'ossigeno, le mani si intrufolano fra i nostri corpi e mentre io le alzo la felpa per succhiarle il seno nudo, lei abbassa con fare deciso i miei pantaloni.

Il freddo della sera mi fa rabbrividire troppo surriscaldata è la mia pelle e a quella inattesa mossa gemo di piacere su di lei per poi mordere quella punta dura e rosea. Le sue mani tornate sulle mie spalle stringono il maglione mentre la sua testa si inclina indietro arresa.

«Ale...» Una supplica il mio nome. Adoro come scivoli via dalle sue labbra con un sospiro. Così lento e intimo raggiunge il mio inguine che si tende fino a fare male.

Ormai oltre il punto di lucidità con urgenza la denudo per poi afferrarla dai fianchi e sprofondare fra le sue calde e morbide pieghe.

«Cazzo sono in cielo!» È li che mi trovo, non c'è dubbio.

Le bocche si cercano per camuffare i gemiti. Il piacere di essere uniti ancora ci fa aggrappare l'uno all'altra alla ricerca di prendere e dare amore fino allo stordimento, fino alla perdita della ragione, fino alla pace dei sensi.

La pelle striscia con ruvidità amplificando quelle emozioni crude, di passione e frenesia. Le mani stringono la carne fino a fare male perché troppo è il bisogno di sentirci davvero. Siamo noi. Disperato affondo in lei voglioso di non tornare più indietro.

«Nessun'altra... mai... Anastasya.» Continuo a spingere perché non posso fermarmi ma nonostante questo voglio la sua attenzione. «Guardami, lo vedo chiaramente... ci sei solo tu, per me.» Le sue dita afferrano le mie guance quasi disperate, un lamento di desiderio. I suoi occhi legati ai miei e le sue labbra che si posano sulle mie.

«Ora ne sono certa. Sempre... e solo... tu e io.» Conclude sulla mia bocca prima di spingersi in cerca della mia lingua. Siamo ormai pronti alla condivisione finale. Sento il formicolio dell'orgasmo crescere in me e in lei che mi avvolge sempre più stretto. Stringo la presa prima di quell'ultima spinta che ci unisce definitivamente nel nostro luogo solitario di perdizione.

Travolti da questo fiume di lava ansimiamo stretti in cerca dell'equilibrio perduto. Respiro a fatica nell'incavo del suo collo con quel meraviglioso profumo di zagara che si confonde con il mio eccitandomi ancora.

Soddisfatto la prendo in braccio per deporla sul nostro letto. La libero degli ultimi indumenti come poi faccio con me stesso sotto il suo sguardo languido. Ansimo ancora vistosamente. Mi passo la mano avanti e indietro sul capo scendendo su di lei.

«E ora che ci siamo chiariti... ho tutta la notte per farti dimenticare la tua follia.» Lei arrossisce imbarazzata. La luce che entra dalla vetrata aperta è sufficiente per farmi vedere la sua espressione contrita. Mi adagio sul suo corpo cercando di non schiacciarla. «Mai...» Le bacio la fronte. «Mai...» le bacio le labbra. «Mai...» le bacio il seno nudo. «Mai potrei cercare questo in qualcun'altra perché non lo troverei. Io voglio solo e soltanto te Anastasya e quello che tu mi fai provare.» Le bacio il punto in cui sento battere con prepotenza il suo cuore.

Alzo il viso in cerca dei suoi occhi e non resisto alla tentazione delle sue labbra.

«Ti amo.» Mormora staccandosi appena prima di riunirci in una nuova e intensa ricerca del nostro paradiso personale che stavolta ho intenzione di raggiungere con calma e pazienza in una lenta e estenuante scoperta del suo corpo e del suo essere.

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