Cap 4
Siamo ormai sull' aereo, sto assaporando un succo di frutta e mi sto rilassando un po', ascoltando musica dalle cuffie incorporate nel sedile, mentre Cristina è assorta nella lettura.
Vedo un movimento alla mia destra e mi giro verso di lei.
Ha inserito un segnalibro colorato ed ha chiuso il suo libro, ora mi sta guardando e mi rivolge uno dei suoi splendidi sorrisi.
Spengo la radio e dedico tutta la mia attenzione a lei.
"Scusa se ti ho fatto aspettare, ma avevo bisogno di una pausa.
Quando racconto la storia di Giorgio mi emoziono e mi agito, quindi poi ho bisogno di recuperare le mie energie emotive.
"Non preoccuparti, capisco. "
"Ora però, mia cara, tocca a te!
Sarò felice di ascoltare tutta la tua storia, ammesso che tu abbia voglia di raccontarmela! Sono curiosa di scoprire cosa ti porta in Africa!"
Con un sorso svuoto il bicchiere, estraggo dalla tasca una scatola di caramelle alla menta e ne offro una anche a Cri che rifiuta con educazione.
Non so bene da dove iniziare, una volta era così facile parlare con lei, ma sono passati tanti anni e siamo cambiate entrambe ....
Mi sforzo di riepilogare brevemente gli episodi più significativi degli ultimi anni ma ho difficoltà a fare ordine nella mia mente.
Mi schiarisco un po' la voce ed inizio a parlare:
" Non c'è molto da dire sugli anni immediatamente successivi alla nostra partenza.
Papà continuava a trasferirsi da un luogo all' altro e io e mia madre lo seguivamo con tutti i disagi del caso.
Durante i cinque anni di scuola superiore ho cambiato sette istituti, non riuscivo a creare legami profondi perché ero molto timida e appena iniziavo ad ambientarmi era ora di ripartire.
Mi concentrai sempre di più sullo studio, sulla lettura e sui giochi di logica che erano diventati quasi un'ossessione."
"Non so perché ma la cosa non mi sorprende affatto! "e mi rivolge uno sguardo complice.
"Avvertivo un gran bisogno di stabilità, di conseguenza, quando iniziai l'università, presi un piccolo appartamento a Milano dove vivo tuttora."
Con tono sorpreso lei ribatte "A volte il destino è imprevedibile! Ci pensi? Abbiamo vissuto per anni nella stessa città senza incontrarci e ora ci ritroviamo in un aeroporto e in partenza per l'Africa!"
"E' vero Cri! "le rispondo
"Dopo la laurea, creai una società e mi dedicai alla consulenza industriale.
Sono una persona pratica ed organizzata ed ho iniziato a dare supporto per ottimizzare i tempi e i processi, offrendo professionalità ad un prezzo ridotto rispetto ai concorrenti. "
"Brava, ho sempre creduto nelle tue potenzialità!" mi incoraggia.
"Nel giro di poco tempo non riuscii più a gestire tutto da sola e dovetti assumere collaboratori, iniziai ad avere richieste anche dall'estero e ricominciai a viaggiare.
La vita scorreva tranquilla e serena; tanto lavoro, qualche piccolo svago, rare storie romantiche di poca importanza e un gatto coccolone che mi aspettava a casa al mio rientro."
Sento il bisogno di riprendere fiato prima di proseguire con la narrazione, e ne approfitto per cercare di fare un po' d'ordine mentale prima di affrontare la parte più delicata del discorso.
"Circa tre anni fa mio padre decise di lasciare il lavoro.
Aveva guadagnato bene e aveva fatto degli investimenti particolarmente fruttuosi quindi era più che benestante e voleva godersi un po' di tempo con mia madre, così acquistarono una villetta in toscana, a ridosso del mare, e vi si trasferirono. Spesso durante il fine settimana andavo a trovarli e facevamo lunghe passeggiate e grigliate sulla spiaggia.
Dopo poco più di sei mesi però papà iniziò ad essere insofferente e agitato."
" Se chiudo gli occhi posso immaginarmi la scena , ricordo tuo padre come una formica laboriosa , non lo immagino a condurre la vita del pensionato."
Non riesco trattenere una risatina sommessa.
"La mamma cercò di trovargli degli hobby ed iniziarono a dedicarsi al volontariato, in particolare conobbero dei volontari che si recavano una volta l'anno in Africa ed iniziarono a fare ricerche, a raccogliere testimonianze, a cercare fondi e a pianificare un viaggio in loco.
Dicevano che sarebbe stata una seconda luna di miele alternativa, volevano vedere il più possibile, dare il loro aiuto e conoscere a fondo una realtà così differente da tutte quelle che avevano avuto modo di vedere in precedenza."
Le si illumina lo sguardo "Sono sempre stati dei grandi! Dinamici e generosi!"
"Papà era al settimo cielo e ormai parlava solo di questa nuova avventura.
Si è documentato per mesi prima di decidere la meta, ha studiato a fondo le caratteristiche dei vari paesi per capire l'itinerario da percorrere, le tappe più interessanti, cercando però di non correre troppi rischi, sapendo bene che le guerriglie civili sono anche più pericolose dei felini della savana.
Nel percorso avrebbe voluto inserire anche qualche meta romantica, per ringraziare la mamma della pazienza e dell'amore che gli ha sempre dimostrato ma voleva farle una sorpresa, così mi chiamava spesso a Londra, dove mi trovavo per lavoro, per chiedermi opinioni e consigli."
Do uno sguardo alle nuvole che si stagliano accanto al velivolo, ho la gola un po' secca, forse a causa dell'aria condizionata o delle emozioni che mi pervadono, e sento la necessità di ingoiare qualcosa di liquido per allontanare il blocco che mi si sta formando nella faringe.
"Passavamo ore a chattare e a scambiarci foto e preventivi, oppure mi chiamava, nel cuore della notte, quando mamma dormiva, per raccontarmi quello che aveva letto o ascoltato, per descrivermi quanto sarebbe stato meraviglioso visitare luoghi selvaggi ed affascinanti con la sua anima gemella."
A questo punto però non riesco a proseguire. Avverto l'ormai noto nodo alla gola e la voce mi si spezza. Le prendo la mano in cerca di sicurezza, prendo aria e poi, guardandola negli occhi, trovo il coraggio.
"Una sera, con mio grande stupore ed affanno, non ricevetti nessuna chiamata e rimasi ore davanti allo schermo ad aspettare che papà si collegasse per darmi aggiornamenti.
Avevo uno strano presentimento e mi sentivo inquieta, non era da lui sparire nel nulla senza mandare nemmeno un messaggio.
Cercai di contattarli in tutti i modi ma senza successo, fino a quando ricevetti una terribile notizia."
Leggo ansia e preoccupazione nei suoi occhi e non riesco a sostenere il suo sguardo
"Tornando da una cena a casa di amici, papà aveva avuto un malore alla guida della sua auto sportiva, aveva perso il controllo della vettura ed era precipitato da un dirupo, mia madre era con lui."
Devo fermarmi e riprendere fiato, il cuore mi batte rapidamente e rischio di avere un attacco di panico. Cri mi accarezza lentamente il dorso della mano ed aspetta pazientemente che continui.
"Vuoi fare una pausa?" mi chiede premurosa ma io nego con il movimento del capo.
"In una sola notte avevo perso tutto, gli affetti più sinceri, i miei punti di riferimento, svaniti per sempre, di colpo, dalla mia vita, lasciando un enorme vuoto.
Tuttora non so esattamente come tornai in Italia, la mia mente si rifiuta di ricordare ciò che accadde da quel momento fino alla cerimonia funebre.
Gli amici e i colleghi si occuparono di tutte le faccende pratiche, cercarono di incoraggiarmi e di starmi vicino ma io ricordo solo buio ed un immenso dolore.
Per mesi finsi di essere molto più forte di quanto non fossi in realtà, mi gettai nel lavoro, l'unica cosa che mi faceva ancora sentire viva, utile ed apprezzata. Lavoravo anche dodici ore al giorno e prendevo impegni anche nel fine settimana.
I miei collaboratori e amici iniziarono a preoccuparsi seriamente per la mia salute, provarono a coinvolgermi in mille iniziative ma era come se fossi diventata impermeabile a tutto."
La mia voce è sempre meno ferma e le mani mi tremano leggermente mentre sento i battiti accelerare nel mio petto, ma voglio proseguire.
"Odiavo tornare a casa la sera e trovare solo silenzio.
Ero diventata ancora più solitaria e introversa, ed ogni giorno che passava anziché diminuire, il dolore cresceva esponenzialmente e mi sentivo sempre più stanca ed oppressa.
La sera prima di coricarmi leggevo di tutto o giravo a vuoto su facebook, leggendo solo le frasi o le battute generiche, per far passare il tempo, concentrata nello sforzo di sopravvivere.
Non pubblicavo nulla, anche perché non avevo nulla di interessante da raccontare sulla mia vita privata, non facevo nulla di divertente o elettrizzante, non avevo più legami importanti, parenti o affetti degni di questo nome."
"Oh cara, deve essere stata davvero dura per te!"
Annuisco per l'ennesima volta e sospiro sonoramente per ricacciare indietro le lacrime che sento premere nei miei occhi, impazienti di uscire.
"In una di quelle sere mi apparse una notifica, un certo Alexander Bruni mi aveva inviato una richiesta di amicizia.
Il nome non mi era nuovo ma non riuscivo a ricordarmi chi fosse, così prima di rispondere decisi di guardare il suo profilo, nella speranza di raccogliere informazioni in più, ma non trovai ciò che cercavo.
Le foto pubbliche del suo profilo, poche a dire il vero, immortalavano splendidi paesaggi africani e scorci di vegetazione lussureggiante, tipica della savana."
"Come vedi l'Africa è scritta nel tuo destino!" mi incoraggia Cri sorridendo con tenerezza.
"Provai una fitta al cuore, quando le vidi, ricordando le lunghissime conversazioni con papà e accettai istintivamente la richiesta poi mi dedicai ad altro.
Dopo pochi minuti la finestrella della chat si aprì e comparve un messaggio:
<Ciao, ti ricordi di me? Ero tuo compagno di banco in terza media, abbiamo fatto insieme la ricerca sulla prima guerra mondiale! Alex.>
Ti ricordi il mio compagno di classe per cui mi ero presa una sbandata colossale? Non tanto alto, capelli scuri e profondi occhi neri, acne e viso da bambino che a me sembrava un adone? "
Cristina sembra pensierosa, poi ricorda e il suo volto assume un'espressione sorpresa: " E come potrei dimenticarlo? Mi hai fatto vedere tutto il tuo guardaroba, in tutte le possibili combinazioni il giorno prima della vostra ricerca. Ho passato ore a cercare di consolarti, poi, al tuo ritorno! "
Scoppiamo insieme in una risata liberatoria, attirando gli sguardi infastiditi degli altri passeggeri.
Non posso fare a meno di allungare la mano, prendere quella di Cri e stringerla con fare affettuoso, sento che il nostro legame e la nostra sintonia sono come un tempo e ne sono profondamente felice.
Guardo, per un attimo, le nostre dita intrecciate e poi riprendo il racconto:
" Cercai di dare risposte educate ma un po' evasive ed iniziammo una lunga corrispondenza.
Così scoprii che era diventato un ingegnere civile particolarmente bravo e che aveva lavorato parecchio all'estero: Afghanistan, Sud America e più di recente in Africa centrale.
Mi descrisse in modo dettagliato i posti dove era stato e i vari progetti realizzati.
Non ti nascondo che rimasi piacevolmente colpita dal suo entusiasmo e dalla sua capacità di trasformare le difficoltà in risorse, in nuovi punti di partenza.
Era un vulcano di idee e il suo unico rammarico era di non poter realizzare tutto ciò che aveva in mente per mancanza di fondi o per impedimenti burocratici."
Le gote mi si imporporano e avverto un piacevole senso di calore.
"Da allora ripresi ad avere ritmi serrati ma umani e, ogni sera, mi collegavo nella speranza di riuscire a scambiare qualche parola con Alex.
Mi raccontava aneddoti e piccole avventure in modo pacato e schietto, sottolineando pregi e difetti dei luoghi che visitava e delle persone che incontrava.
Non ti nascondo che "vedere" l'Africa con occhi maschili mi faceva sentire meglio, era come se la visitassi un po' con gli occhi di mio padre.
Una sera Alex mi mandò un messaggio <Devo partire per un lavoro presso una missione nel cuore della giungla, nessuna connessione, quindi sarò irraggiungibile per dieci giorni circa. Al mio rientro ti racconterò tutto, promesso! Mi mancheranno le nostre conversazioni.>
Mi sentii improvvisamente svuotata, avvertii un senso di perdita immenso e tutte le lacrime, che avevo trattenuto per mesi, scesero silenziose e mi bagnarono le guance arrossate. Piansi per ore e finalmente riuscii ad esternare tutto ciò che mi stava lentamente consumando.
Iniziai ad uscire dal guscio che avevo costruito attorno a me ed iniziai a pensare ad un modo per tenere in vita il ricordo dei miei genitori.
Provai a riflettere nel modo più razionale possibile e, alla fine, compresi che la chiave poteva essere l'Africa.
Il loro sogno era di andare a visitarla ma anche di aiutare in qualche modo le persone. Decisi di conoscere i loro amici dell'associazione e scoprii realtà a me completamente ignote fino a quel momento.
Sono persone straordinarie, ricche di buona volontà e di altruismo che dedicano molto tempo ed energie per raccogliere fondi da inviare ad una missione gestita da frati comboniani e che, una volta l'anno passano o due o tre settimane presso la missione stessa collaborando come possono in relazione alle loro competenze.
Sono per lo più lavoratori autonomi, falegnami, elettricisti, idraulici, muratori, piastrellisti, persone vere, concrete. Molte delle loro mogli, casalinghe, li seguono e danno una mano come possono, in cucina o come assistenti sanitarie improvvisate.
Dovresti conoscerli!"
"In missione ho avuto modo di incontrare uomini e donne così, ammirevoli e misericordiosi. Splendidi esempi di umanità!" controbatte Cristina.
"Decisi di unire le mie capacità organizzative ed imprenditoriali ad uno scopo benefico fondando un'associazione, con sede nella villa di Follonica dove i miei hanno trascorso gli ultimi mesi della loro vita.
Volevo però realizzare qualcosa di completamente nuovo.
Studiare un progetto innovativo che avrebbe permesso, almeno ad un piccolo numero di africani, di vivere meglio ma senza stravolgere la loro cultura o le loro abitudini.
Non volevo solo donare qualcosa ma creare le fondamenta per un futuro migliore, ed iniziai ad interrogami sul da farsi.
Così nacque NEXT AFRICA "
Cri mi guarda estasiata,
"Hai sempre pensato in grande! Non conosci le mezze misure! Tra tutte le persone che conosco tu sei l'unica che potesse pensare ad un'iniziativa simile!"
In quel momento una giovane hostess dal trucco e la divisa impeccabili si avvicina a noi chiedendo cosa desideriamo mangiare e ci porge dei vassoi con il pranzo.
Non mi ero resa conto di aver parlato per tutto questo tempo, ed effettivamente inizio ad avere un po' fame.
Mi concentro per un po' sul cibo. Si tratta comunque di un pasto poco invitante servito su un vassoio usa e getta di plastica bianca ma lo assaporo con calma, bevo lentamente e mi sforzo di fare le cose con lentezza cercando di abituarmi ai nuovi ritmi.
Qui non c'è fretta, non sono più in Italia, a Milano dove si fa tutto di corsa, come se ci fosse una belva che ti insegue da quando esci di casa a quando ti corichi la sera. Siamo su un aereo diretti verso un paese dove tutto si svolge con una lentezza quasi esasperante, forse anche a causa del clima incredibilmente caldo e umido, anche se di belve ce ne sono molte.
Cri mangia in silenzio, sembra che fissi fuori dal finestrino assorta nei suoi pensieri, non capisco se sta riflettendo o pregando, in ogni caso non voglio disturbarla.
Ho le gambe intorpidite, sono stata seduta per troppo tempo nella stessa posizione e sento il bisogno di sgranchirle un po' facendo due passi.
Termino il mio pasto e mi alzo, prendo lo zaino da cui estraggo il mio necessaire e armata di dentifricio e spazzolino mi dirigo verso la toilette.
Al mio ritorno trovo Cri profondamente addormentata con la corona del rosario tra le mani.
Sistemo i miei oggetti, mi siedo, mi infilo le cuffie, accendo il monitor di fronte a me e scelgo un film.
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