Capitolo 9 -Nuove speranze-


Spazio autrice:

Salve a tutti! Sta volta metto subito lo spazio autrice per aggiornarvi sulle modifiche apportate con l'ultima revisione, quindi se non avevate letto nulla prima della revisione, ignorate questo messaggio.

Per quelli che invece ricordavano che Awryn avesse disertato in seguito alla morte del suo bufalo, sappiano che questo particolare è stato cambiato per rendere tutta la storia più coerente. Awryn ha disertato in seguito alla morte di un amico, vedrete poi meglio cosa le è successo. Spero la lettura vi piaccia, a presto

Wendy

Rhyg arrancava. Il fango gli arrivava alla cintola, rendendo impossibile correre. Il puzzo nauseabondo della palude investiva le sue narici e, ad ogni movimento, nuvole di moscerini si alzavano in volo, ronzando freneticamente davanti al suo viso.

Il colonnello aveva pensato che la cosa migliore da fare fosse approfittare di quel temporaneo momento di pausa per arretrare. Ben pochi di loro erano sopravvissuti all'attacco delle creature infernali e ora gli uomini imitavano i suoi gesti in silenzio, leggendosi negli occhi la paura.

I loro visi emaciati, con la barba arruffata e incrostata di sangue, erano un chiaro segno di quello che avevano subito. Notte e giorno avevano opposto una stoica resistenza agli esseri che li avevano attaccati. Non avevano mangiato, non avevano dormito, avevano solo combattuto. Erano riusciti a seminarle all'entrata dell'acquitrino, ma non dubitavano che ben presto li avrebbero raggiunti.

Rhyg gli fece segno di imitarlo: immerse le mani nel fango e strisciò il suo viso, rendendosi irriconoscibile. Si passò le mani tra i corti capelli scuri, confondendo il proprio odore con quello della melma, e si immerse, lasciando fuori solo la testa. La sentiva completamente vuota, ma sapeva che doveva andare avanti se voleva qualche chance di sopravvivere. Ogni movimento era lento ed esausto, ogni muscolo s'intorpidiva sempre più. Solo la fredda umidità del limo aiutava a tenerlo sveglio.

Dovevano arrivare nelle profondità della zona palustre e mandare un messaggio ad Uriel. Avevano bisogno di aiuto al più presto, ma la comunicazione tra lui e il comandante si era interrotta. Doveva concedere qualche ora di riposo ai suoi uomini, non poteva fare altro, e sperare che sarebbero bastate. Poi avrebbe mandato un messo fino a Musrr. Il capoluogo di Catyra ormai doveva essere vicino.

Musrr era un piccolo villaggio, più che una vera città, abitato da un migliaio di anime. Era il più popoloso dei borghi di Catyra, emblematico simbolo della povertà delle regioni meridionali. I suoi bambini coperti di cenci, con le ginocchia sbucciate e i denti neri, non avevano minimamente intenerito il cuore di pietra del colonnello. Per lui la fame che a causa della guerra stavano patendo era irrilevante.

Non era la pietà a muovere Rhyg, né l'amor di patria, né il senso di ingiustizia. Combatteva solo perché era l'unica cosa che sapeva fare. Gli avevano insegnato a disprezzare il diverso, ad annientarlo. La sua famiglia era di pura razza Tarkir e i Sunek per lui rappresentavano un parassita per Dror. Non riusciva altrettanto a disprezzare il loro leader, che d'altra parte era originario dell'Est. Anzi, pensando a Gorn, Rhyg provava una sorta di ammirazione, stimandone le intenzioni, piuttosto che le inesistenti doti militari.

Più volte aveva pensato che si erano trovati dal lato sbagliato della barricata, ma Rhyg non era uno abituato a porsi troppe domande. Faceva ciò che gli veniva meglio: uccidere. Lo divertiva alquanto quella sfida tra l'Est e l'Ovest. Avere un avversario che apprezzava era solo un incentivo in più.

Persino ora che era in difficoltà non si perdeva d'animo, continuava semplicemente a pensare alla mossa successiva. Odiava dover chiedere aiuto, ma non aveva altra scelta. Uriel gli sembrava intraprendente e si fidava di lui come comandante.

Qualcosa volò sulla sua testa, un'ombra nera sfrecciò rapida verso un albero vicino. Rhyg si arrestò, prese aria e s'immerse. Si chiese se gli altri avessero fatto lo stesso, più per curiosità che altro, in fondo non se ne curava più di tanto. Rimase qualche secondo in apnea, ma sapeva che doveva muoversi. Creature invisibili sfioravano le sue gambe, nascoste dall'opacità dell'acqua e dall'intrico di alghe.

Riemerse, facendo sporgere la testa fino al naso dal pantano, scrutò l'orizzonte. Non vi era traccia di anima viva, poteva avanzare.

***

L'acqua scorreva sulla finestra. Il cielo tuonava e riversava sulla rocca di Nihil un muro di pesanti gocce. Gorn aveva appena poggiato la fronte sul vetro freddo, appannandolo col suo respiro irregolare.

Si guardò attorno, prestando caso agli oggetti riversi sul ricco tappeto che adornava la sua stanza. Nella semioscurità poteva scorgere il riflesso del fuoco sui frammenti del vasellame, rotto poco prima in un momento di rabbia.

Perché dovevano rendergli le cose così dannatamente difficili? Perché semplicemente non si piegavano come tanti altri avevano fatto?

Cosa avrebbe smosso quelle truppe? L'avarizia non le aveva toccate, la superbia nemmeno, per non parlare della vanità. Cosa li rendeva così resistenti?

Ogni uomo ha un prezzo, Gorn.

Le parole di sua madre gli avevano riempito la mente, portandolo a chiedersi quale fosse il suo. Si era risposto che era la grandezza, ma non l'avrebbe mai pagato.

Lui era grande e gli altri avrebbero dovuto piegarsi e riconoscerlo. Non c'era nulla che avesse il suo stesso potere e nessuno che potesse metterglisi a confronto. Per questo la resistenza che mostravano gli uomini che avevano preso prima Nirel e poi Rileel, gli bruciava più di ogni altra cosa. Si chiese cos'avrebbe potuto fare per corrompere anche loro.

Non avrebbe voluto mostrare il peggio di sé, ma le loro debolezze sarebbero state la sua forza. Avrebbe plasmato i loro animi, insinuandosi nelle crepe della loro moralità. Si disse che se ciò che gli stava riserbando non avesse avuto successo, la sua influenza avrebbe dovuto essere superiore: sarebbe dovuto scendere in campo anche lui.

Doveva prendere in considerazione quest'ipotesi, anche se metteva a rischio l'idea di avere una folla adorante, tramutandola in un esercito di schiavi. Ma ancora era presto per pensarci, anche perché le Essen a Catyra stavano facendo un ottimo lavoro.

Che deliziose creature! Erano così... pulite. Non solo stavano decimando le truppe Tarkir, ma li mangiavano anche! Non lasciavano la minima traccia di quegli insulsi omuncoli. A quel pensiero la sua lingua schioccò soddisfatta sul palato, mentre il sorriso compiaciuto dell'artista che ammira il proprio capolavoro si tracciava sul suo viso. No, in realtà non erano le Essen la sua opera migliore, c'era ben altro che aveva intenzione di usare contro l'Est.

Ogni cosa a suo tempo. Gorn si staccò con pigrizia dalla finestra e si distese sul letto. Avrebbe fatto portare la sua concubina più bella da lui quella notte. Sì, c'era da festeggiare tutto sommato. Anche se aveva perso Rileel, in fondo si trattava di uno sciocco sogno d'infanzia averla. Un atto di vanità, piacevole di certo, ma superfluo.

Se la tenessero pure, se riuscissi a prendere Musrr potrei invadere Yeser. A quel punto avrei messo fine all'esistenza dell'Est e del loro stupido Consiglio.

***

Rhielorm stava cambiando le medicazioni ad Awryn. Avvolgeva il braccio che la ragazza le porgeva in bende impregnate di un unguento miracoloso. In poco più di una settimana la paziente aveva ripreso a camminare e la pelle stava pian piano riprendendo il suo candido pallore abituale.

Awryn si sentiva rigenerata, nel corpo e nello spirito. Aveva voglia di riprendere la spada in mano, sentiva il bisogno di dare il suo contributo, ma soprattutto di stare vicino a Uriel. Il cuore le martellava il petto ogni volta che pensava a lui.

Rhielorm impose le sue mani sulla fasciatura appena conclusa e mormorò parole incomprensibili. Dagli spazi tra le sue dita si diffuse una luce azzurrina, che illuminò il volto della mistica.

Si era creata da subito un'intesa tra loro, un legame intenso e solido, benché si conoscessero da poco tempo.

-Come fai?- chiese Awryn con curiosità.

-Oh è semplice, solo qualche lustro di studi e tentativi- ironizzò l'altra.

-Io e Verkela abbiamo abilità diverse, diciamo che in qualche modo ci completiamo- spiegò poi seria.
-Ognuna di noi però sfrutta la conoscenza che ha dell'universo, per incanalare la propria energia in quello che sta facendo. Ad esempio quando Verkela sposta un oggetto col pensiero, riesce a farlo in virtù della conoscenza che ha delle proprietà di quel manufatto, consumando parte della sua energia vitale per cambiare quelle caratteristiche. Allo stesso modo quando io guarisco qualcuno.-

-Ma così facendo consumi la tua forza- rispose Awryn annuendo.

-Solo temporaneamente.- Rhielorm le sorrise, poi proseguì -devo ringraziarti, mi hai involontariamente suggerito un'idea...-

Awryn la guardò con aria interrogativa, ma la mistica si limitò a far spallucce.

-Devo parlarne con Verkela- disse prima di richiudersi la porta alle spalle.

***

La corrispondenza tra i cittadini di Drungar, delle altre cittadine di Lydartan e Uriel era stata molto attiva in quei giorni. Uriel aveva avuto bisogno di ulteriori informazioni: quella richiesta di aiuto poteva essere un'ottima copertura per una trappola. L'istinto gli diceva di fidarsi, ma era meglio essere prudenti. L'ultimo messaggio però era piuttosto interessante.

Comandante Uriel, per dimostrarle la nostra buona fede e collaborazione abbiamo intrapreso un'azione rischiosa. Siamo riusciti a sequestrare e nascondere alcuni cannoni da guerra e uno di quei carri infernali che usano i Sunek. Tuttavia non riusciamo a capirne il funzionamento, non avendo familiarità con simili orrori.

Negli ultimi tempi i villaggi a nord-ovest hanno subito nuovi attacchi e nuove razzie. Speriamo che accoglierete la nostra richiesta di soccorso, siamo allo stremo delle forze e ci giungono notizie di folli distruzioni sul confine con Acasti. Non sappiamo più cosa fare, non abbiamo difese contro queste brutture. Autateci.

La calligrafia tremolante rivelava che chi scriveva doveva essere molto agitato. Uriel pensò che non c'era altro da fare se non accertarsi di persona delle informazioni ricevute. Qualcuno bussò.

-Avanti.-

-Comandante, il colonnello Rhyg ha mandato un messo. Non ha idea delle condizioni in cui era il poveretto. Tremava e farfugliava, a stento sono riuscito a decodificare il messaggio. Hanno delle difficoltà a sud, richiedono il nostro aiuto- gli disse Okksel facendo capolino dalla porta.

Uriel si accigliò, giunse le mani e le portò sotto al mento, riflettendo sul da farsi. Non poteva lasciare scoperta Rileel, ma qualcuno doveva andare a Lydartan e qualcun altro a Catyra.

Una mano si posò sulla spalla di Okksel che ancora stava impalato sulla soglia. Il giovane si voltò incontrando l'azzurro delle iridi di Verkela.

-Scusate l'intrusione, ma Rhielorm ha avuto un'idea e dobbiamo comunicarla a Uriel- gli disse lei. Le due ragazze entrarono nello studio, stringendosi per mano. Verkela tremava impercettibilmente, ma il suo sguardo era deciso e fermo.

Uriel gli fece cenno di parlare, rassegnato quasi alla difficoltà della decisione che lo aspettava.

-Vi abbiamo già detto che Ver è l'unica a poter vedere l'Errante e che Gorn ha un Cilyia dentro di sé. Ora credo che sia importante interpellare lo spirito dell'Incatenato- Rhielorm aveva poggiato le mani sul tavolo e guardava fisso Uriel, che le rispondeva con un'espressione sbigottita. -Egli è custode della verità sul mondo degli spiriti, è l'unico che può sapere come sconfiggere Gorn- proseguì la mistica.

-Potete farlo?- chiese Uriel.

-Sì, ma per riuscirci avrò bisogno di qualcuno che mi accompagni. Il rituale di evocazione non può essere eseguito ovunque, dev'essere condotto solo nel luogo dove il legame tra l'Erede e il Custode è stato stabilito- rispose Verkela.

-Erede? Custode? Di cosa stai parlando?- chiese Okksel. Verkela sospirò.

-Questa è una leggenda molto antica, tanto quanto i canti sull'Errante, in pochi la conoscono e non abbiamo prove che sia vera. Secondo questo mito l'Incatenato potrebbe avere un Erede, a cui trasferire la custodia delle sue chiavi, e quindi il suo compito, qualora sia necessario. Non è chiaro perché visto che l'Errante è immortale, ma è l'unica spiegazione plausibile per la mia esistenza. Ripeto non sappiamo se ciò corrisponde a verità, per questo fin ora abbiamo taciuto su quest'aspetto. Ma è la nostra unica speranza.-

Uriel rifletté alcuni istanti, poi chiese:

-quindi hai bisogno di qualcuno che ti accompagni a Taniarda visto che il legame è stato stabilito lì, nel momento della tua nascita.-

Verkela annuì, -non ne ho bisogno solo per supporto morale, il rituale lo richiede. Sono necessari un uomo e una donna, simboli dell'equilibrio dell'universo di cui l'invocato è garante. In più dovrò trarre energia da colui che mi accompagna, la mia non sarà sufficiente. Sarà un compito gravoso- disse.

-Verrò io con te! Cioè con voi...- s'intromise Okksel, -sempre che Uriel sia d'accordo.- Verkela gli scoccò un'occhiata implorante. Okksel sembrava la persona giusta, in più le era caro. L'idea di riaffrontare la sua terra natia con lui al suo fianco la terrorizzava meno.

-Non vedo perché no- convenne Uriel -state molto attenti. Rhielorm sarà dei vostri?-

-No comandante, siamo già decise su questo punto. È meglio che io resti qui con voi, avrete bisogno delle mie abilità- rispose la ragazza.

Uriel si concentrò, questa nuova speranza lo rincuorava da un lato. Rileel era chiusa, protetta dalle montagne e dalla frana che Syas aveva provocato al confine con Raleb. Abbisognava di pochi uomini, così che molti avrebbero potuto andare in soccorso a Rhyg. Decise in fretta sul da farsi.

-L'unità di Aner resterà qui a Rileel, quella di Syas andrà a Catyra. Io prenderò con me pochi uomini e verificheremo la situazione a Lydartan. Non abbiamo altra scelta per ora.-

***

Drungar era uno splendido enorme borgo: le sue strade acciottolate si diramavano come una rete, dalla quale sorgevano meravigliose case rettangolari coi tetti spioventi. I loro mattoni rossi stridevano con il verdeggiare degli abeti che la circondavano.

I carri si affrettavano sulle vie principali, diretti ad altri villaggi, ad altre terre, per commerciare quanto di meglio c'era sul mercato. Le sete più pregiate, i vini più ricercati, le carni più succulente venivano acquistate e poi trasportate verso tutto l'Ovest, in uno scambio che aveva arricchito moltissimo Lydartan.

I suoi abitanti, tuttavia, non si erano lasciati infangare da tutta quella ricchezza. Erano rimasti gente semplice e umile, dei gran lavoratori, pacifici e mansueti.

Awryn era guarita e seguì Uriel con Farkas, Barn, Nayif e Rhielorm nella città dell'arte mercantile, sotto le mentite spoglie di una compagnia di trafficanti di spezie. Dovevano incontrarsi col governatore della città a mezzo giorno in punto.

Il luogo designato per l'incontro era un vecchio pozzo, alla periferia sud-orientale della città. Awryn guardò il cielo sereno, l'aria era tiepida e un caldo tepore primaverile le scaldava la pelle. Un'aquila volteggiava alta nel sole allo zenit, ma ancora il loro contatto non si era fatto vedere.

Si accomodarono in una piccola taverna lì vicino, per non destare sospetti. La ragazza poteva osservare lo spiazzo dalla finestra vicina: alcuni bambini stavano riempiendo le brocche, probabilmente mandati da madri premurose. Dei vigilanti di Gorn si avvicinarono e li scacciarono malamente. La ragazza ebbe un fremito di rabbia.

Ricordava bene com'era quell'età, anche se la sua infanzia non era di certo stata semplice. Ricordava i giochi e le battaglie con Evandrus, e Moem troppo piccolo sempre tra i piedi. All'epoca quasi la scocciava, principalmente perché doveva stare appresso al fratellino, invece che divertirsi. Quel ricordo dolce le provocò un gran senso di malinconia.

Uriel le afferrò un braccio, richiamando la sua attenzione sulle guardie cittadine che erano appena entrate nel locale. Cercarono di avere un atteggiamento disinvolto, senza attirare eccessivamente l'attenzione. Nayif li teneva d'occhio mentre beveva dal suo boccale.

-Con questi qui in giro il Governatore non si farà vedere di certo- commentò sotto voce.

-Dobbiamo avere pazienza- gli rispose Uriel.

Il volto di Nayif era però distorto in una smorfia di disgusto e rabbia. Awryn non fece fatica a capire a cosa stava pensando. Il ragazzo ricordava il suo periodo di prigionia in quella regione: aveva coperto la spalla con il mantello, ma continuava a strofinare, in maniera ossessiva e incosciente, il punto in cui era stato marchiato. Awryn si rivolse a lui con tono dolce e materno:

-sta calmo e andrà tutto bene. Abbiamo una missione qui, ricordi?-

-Hai ragione- le rispose lui osservando la pattuglia che se ne andava senza aver pagato il conto. I minuti passavano, l'impazienza cresceva con l'aumentare del tamburellare di Uriel sul tavolo.

-Commercianti di spezie da Noume?- chiese una voce giovanissima alle spalle di Awryn. La ragazza si voltò, un ragazzino le dava le spalle, seduto al tavolo dietro di lei. Riusciva a scorgerne i capelli chiari e ricci, legati in un codino basso che cadeva su quello che sembrava essere uno strumento a corde, un mandolino forse, portato in una borsa sulla schiena. Aveva un fisico slanciato, ma morbido, come di chi non è avvezzo alla guerra.

-Esatto- rispose lei, ritornando a fissare il suo bicchiere.

-Forse allora abbiamo degli affari in comune, mi manda il governatore.-

Uriel, che aveva sentito, si chiese come a un ragazzo così giovane potesse essere stato affidato un compito tanto delicato.

-Dipende- replicò il comandante, -è disposto a pagare o vuole solo farci perdere tempo?- chiese con le parole che erano state concordate.

Il ragazzo si alzò e si unì al loro tavolo.

Awryn ebbe una fitta al cuore, non poteva essere... era così cresciuto, così uomo ora. Non aveva riconosciuto la sua voce, perché era cambiata crescendo, e lei l'aveva perso.

Gli occhi le si riempirono di lacrime istantaneamente e non fu in grado di dire nulla. Moem la guardò, la riconobbe e sorrise. Awryn pensò che aveva lo stesso sorriso del bimbo che era stato, coi denti un po' larghi e il viso lungo.
Lei gli si gettò al collo senza dare spiegazioni. Lo strinse forte a sé, incredula e sconcertata. Continuava a piangere, senza curarsi degli sguardi sorpresi degli altri, accarezzando il viso del fratello, portandosi le mani alla bocca, sfiorandogli le spalle.

Moem di rimando la cingeva con le braccia e le baciava la fronte. Ormai era ben più alto di lei, benché avesse solo sedici anni.

-Calmati sorella! O finirai per farti venire un infarto!- le disse ridendo.

-Sorella?- chiese Uriel -che sta succedendo?-

-Succede che io sono Moem Archlorves, il fratello di Awryn!- ribadì Moem.

-Cosa ci fai qui?- fu tutto quello che Awryn riuscì a dire, balbettando e asciugandosi le guance.

-È una storia piuttosto lunga- disse lui grattandosi il collo, nello stesso identico modo in cui lo faceva la sorella.

-Sono andato via di casa circa un anno fa, non ce la facevo più da solo, volevo trovarti. Non avevo notizie di nessun tipo su di te, ho girovagato parecchio, pagandomi da vivere con la mia musica- continuò, indicando lo strumento musicale.

-Quando sono arrivato qui a Lydartan non mi è più stato permesso di spostarmi, le ronde lo impediscono a meno che non si stia commerciando qualcosa e anche in quel caso però bisogna avere degli speciali permessi. Qui la repressione è fortissima, non è tollerato alcun dissenso.-

-Posso confermare- s'intromise Nayif, quasi mormorando.

-Gli abitanti sono allo stremo, non ce la fanno più. Sono stati spolpati fino all'osso, ci sono stati casi in cui hanno raso al suolo interi villaggi. Da quando sono qui, il governatore mi ha preso sotto la sua ala. È un uomo buono, ha perso il figlio a causa dei Sunek. In me ha rivisto in parte quel figlio e sono diventato la sua spalla- spiegò Moem. -Non speravo più di trovarti-

-Io... io credevo che tu non avresti più voluto vedermi!- gli rispose lei tra i singhiozzi.

-Ti sbagli, cara sorella, non desideravo altro- la confortò lui.

Uriel notò che stavano attirando troppo l'attenzione, quindi li invitò a sedersi e a contenere la gioia di quell'incontro. La guerra non consentiva nemmeno di godere appieno delle poche, belle emozioni.

Moem si concentrò nuovamente sul suo compito, la sua voce si fece concitata:

-Abbiamo tutto quello che serve comandante: schemi, orari delle ronde, comunicazione tra i villaggi. Possiamo darvi tutta la logistica e il supporto che vi occorre.- Moem contava sulle dita ciò che aveva appena elencato, un vezzo che aveva fin da bambino. Awryn sorrise a ricordare quel particolare, ma subito ella si rabbuiò. Rammentò tutti gli errori che aveva compiuto in quegli anni e si sentì profondamente in colpa. Si morse un labbro quasi fino a farlo sanguinare, mentre i suoi occhi si abbassavano.

Uriel che le sedeva a fianco le strinse la mano sotto al tavolo. Il comandante si chiese che pensieri tristi le stessero attraversando la mente, se solo lei si fosse fidata di lui e si fosse aperta di più, avrebbe forse potuto sollevarla di quella pena. L'uomo si rese conto in un istante che tutto ciò che voleva dalla vita era vederla sorridere e saperla felice.

-Due settimane fa siamo riusciti a scovare un'armeria. Sembra che non si siano accorti dei due cannoni che gli abbiamo sottratto. Li abbiamo visti all'opera: possono sparare un globo di fuoco nero, che deflagra al contatto col suolo, bruciando qualunque essere vivente nel raggio di qualche metro- continuò Moem.

-Sì, li conosciamo fin troppo bene. Awryn è sopravvissuta alle ustioni solo grazie alle cure della nostra mistica- rispose Uriel, rafforzando la presa sotto al tavolo.

Gli occhi di Moem si velarono di preoccupazione, fissò la sorella e deglutì. Sapeva che lei rischiava la vita ogni giorno, ma ora la certezza che fosse accaduto gli aggrovigliò qualcosa all'altezza dello stomaco.

-Stai bene ora?- le chiese sollevandole il viso.

-Sì, ora sì.-

Lui trasse un sospiro di sollievo, conscio del fatto che il rischio persisteva.

-Ad ogni modo pochi giorni fa alcuni di noi hanno sottratto un carro da guerra. Probabilmente è rotto, perché non è stato difficile appropriarsene, ma abbiamo pensato che poteva in qualche modo tornarvi utile. Se capissimo il funzionamento potremmo contrastarne gli effetti!-

-è qualcosa di molto promettente. Potrei vederlo io!- propose Rhielorm interessata.

-E io potrei aiutarti!- s'intromise Nayif, arrossendo poi all'occhiata interrogativa della ragazza.

-Sono appassionato di macchinari- si giustificò.

-Lui è Nayif e lei è Rhielorm, la nostra mistica. È un'esperta del Caos- spiegò Uriel. Moem alzò un sopracciglio in un'espressione incuriosita.

-Ti spiegheremo dopo- tagliò corto Uriel, notando gli sguardi di alcuni uomini che erano seduti al bancone.
-Forse sarà meglio levare le tende.-

***

Moem li accompagnò in un ostello poco distante, dove passarono la notte. Awryn rimase a lungo a chiacchierare col fratello, voleva sapere ogni cosa di lui: se avesse avuto un'istruzione adeguata, degli amici, se gli fosse stato consentito di vivere serenamente dopo che lei era partita.

Era tuttavia restia a parlare di sé e dei suoi trascorsi e Moem non mancò di notarlo. Ad un certo punto la ragazza si addormentò vicino al fuoco e il fratello ne approfittò per parlare col comandante.

-Ho visto le tue mani intrecciarsi con quelle di mia sorella, non so cosa vi leghi, ma dovrai proteggerla se tieni a lei. Ho paura di quello che potrebbe accaderle in battaglia, soprattutto dopo che mi hai raccontato che ha già rischiato la sua vita- gli disse guardandolo dritto negli occhi.

-Lo so, tengo a lei molto più di quanto immagini. La proteggerò ad ogni costo.-

Moem scosse la testa:

-non capisci, non la conosci a sufficienza. Lei vive con un perenne senso di colpa, da quando i nostri genitori sono morti, non c'è decisione che prenda che la liberi da quell'impotenza.-

-Come sono morti?-

-Fu nell'ultimo anno della guerra di Noume, prima che fosse stabilita la pace con Dror e la capitale venisse trasferita a Miorn. Erano entrambi dei prodi guerrieri... forse sarebbe meglio che fosse lei stessa a raccontarti ogni cosa.-

-D'accordo- disse lui.

Moem si congedò e la lasciò con lui, Uriel gli ispirava un senso di fratellanza e di fiducia, pregò di non sbagliarsi. Awryn in fondo aveva bisogno solo di un po' di serenità.

Uriel la avvolse in una coperta e osservò il ritmico abbassarsi del suo petto.

Lascerai che io prenda sulle mie spalle il peso del tuo dolore? Lascerai che io faccia fiorire sul tuo volto il sorriso?

Uriel si rannicchiò al suo fianco e si addormentò stringendole la mano.

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