Capitolo 7 -Origini-

Splendida e silenziosa si stendeva la valle ai piedi dei monti, col cielo tinto di porpora sullo sfondo e le lievi nubi, che lambivano languidamente i fianchi delle alture. I fiori sbocciavano dove la neve si era già sciolta, brillando coi loro colori nell'aura della prima sera, mentre gli abeti sembravano proteggerli dal soffio del vento. 

Rileel era molto diversa da Nirel. Gorn l'aveva tenuta come in uno scrigno, proteggendone la futile bellezza per capriccio. I suoi fiumi cristallini scavavano ancora tra le rocce, dissetando la terra della grande valle. I suoi villaggi ancora non devastati completamente dalla guerra, i suoi silenziosi abitanti, erano stati risparmiati. 

Due sorelle, due terre affini eppure distinte: una pianeggiante, assurdamente bella, l'altra montuosa, con una minuscola ma fertile pianura. Si rimaneva ammaliati di fronte ai paesaggi di Rileel, non c'era modo di scampare a quell'innamoramento malato. O almeno così era stato, prima che tutto avesse inizio. Ora era una terra quasi estranea.

Uriel distolse lo sguardo da quel panorama, rivolgendolo poi ai suoi uomini. Aveva chiesto espressamente che fossero presenti anche loro a quel concilio, dato che l'idea che aveva avuto li coinvolgeva direttamente.

-Colonnello Rhyg, ci è stato riferito che i Sunek sono avanzati ulteriormente a Catyra- disse asciutto.

-Quindi la loro non era una finta, si rende necessario che qualcuno vada a sud a dare direttive- completò Rhyg, annuendo -e avete pensato a me-.

-Certamente, mi fido del vostro giudizio e so che farete un buon lavoro- gli rispose Uriel stringendogli una spalla. I due avevano guadagnato un rispetto reciproco non indifferente, forse addirittura amicizia.

-E voi comandante?-

-Qui è necessario avanzare...- commentò quasi sottovoce Uriel. Aveva gli occhi bassi, persi in pensieri dai quali sembrò riscuotersi con un profondo respiro.

-È tempo di dividersi, la conquista di Rileel sarà lunga, ardua e necessiterà di tutta la fiducia di cui disponiamo tra di noi, per questo ho richiesto la vostra presenza. Voglio che alcuni di voi mi seguano, altri resteranno qui e seguiranno le mie direttive.-

-Corse, Nayif, Okksel, Rhielorm, Naraas, Syas e gli uomini che gli sono stati affidati rimarranno sul confine con Rileel.-

Uriel si aspettava quasi del rimprovero negli occhi dei suoi sottoposti, eppure non ve n'era traccia, eccetto forse che per un paio di espressioni corrucciate.

-Il vostro compito sarà quello di fingere delle incursioni dirette e rapide nel territorio di Rileel, sarete il nostro diversivo, distogliendo gli occhi rapaci delle sentinelle da noi, che agiremo nell'ombra. Pochi uomini verranno con me, cinquecento, non di più. Tra di loro voglio che ci siano Farkas, Barn, Aner, Awryn e Verkela- si rivolse poi alla mistica -abbiamo bisogno delle tue conoscenze delle vette di Taniarda, poiché passeremo da lì.-

Verkela strabuzzò gli occhi. Tornare nella sua terra? Non aveva previsto che sarebbe mai ripassata da quei luoghi, il solo pensiero le stringeva il cuore. Il ricordo di un infanzia solitaria e reclusa s'impossessò del ritmo del suo respiro, che divenne irregolare.

-Non... non potete! Siete matto! Siete tutti matti se pensate di passare indisturbati da Taniarda e Lydartan! Poiché immagino che sia questo quello che intendi fare Uriel, non è vero?- rispose nervosamente.

Il comandante assentì serio.

-Voi non avete idea di quello che affronterete... - rispose lei scuotendo la testa.

Rhielorm le prese una mano, costringendola a voltarsi verso di lei.

-Ver- le sussurrò affettuosamente -non preoccuparti, nessuno ti farà del male laggiù, avrai questi prodi guerrieri a difenderti. Ricorda perché siamo qui, Ver. Ricorda cosa abbiamo giurato di fare: annientare tutto ciò che ci ha fatto del male e che ancora ne fa a coloro che amiamo-.

A quelle parole la ragazza sembrò riprendere la calma e la decisione che la caratterizzavano. Abbassò lentamente il capo con un cenno di adesione, poi si rivolse ad Uriel:

-non aspettatevi una gita di piacere, avrete bisogno di tutta la resistenza e la caparbietà che la natura vi ha dato.-

Uriel si volse a coloro i quali lo avrebbero dovuto seguire nell'impresa, con aria interrogativa.

-Ci divertiremo ugualmente- disse Aner con sufficienza.

-Siamo con voi comandante!- fecero eco le voci di Awryn e Farkas.

***

Awryn non aveva mai sentito così freddo in vita sua, tremava e si stringeva in quella morsa glaciale, tenendosi le spalle nel vano tentativo di disperdere poco calore. Il fiato si cristallizzava in piccoli fiocchi non appena lasciava la bocca, il vento irrigidiva muscoli ed ossa fino a farli dolere.
Non sentivano più le dita dei piedi e delle mani, arrancavano da giorni con quel sapore metallico in bocca, arricciando il mantello attorno al collo. Fortunatamente i manti lajeeniani non erano cosa da poco e, se si stava fermi, riuscivano anche a far riprendere sensibilità agli arti. Ma non potevano perdere un istante, dovevano continuare a marciare, in quell'intrico tortuoso di sentieri che s'inerpicavano tra i denti affilatissimi della catena montuosa.

Taniarda era una sfida, cominciavano a capirlo, una sfida alla loro determinazione. Ogni passo era accompagnato da dolore e fatica, ogni respiro era un supplizio e ogni parola uno spreco di energie. Le vette innevate si lanciavano senza paura verso il cielo, altissime, correndo ripide verso le nuvole. La neve copriva ogni cosa e i fiori della veduta di Rileel sembravano già un ricordo. Non vi era suono se non l'ululare triste del vento. Solo Verkela non soffriva il freddo, ma tremava per paure ben peggiori di quella di un'indolore morte per assideramento.

Una sera accadde qualcosa, Awryn lo notò per prima. Drizzò le orecchie, pronta a cogliere quella nota differente nel vento. Un suono pulito e lugubre che la fece istantaneamente immobilizzare in preda al terrore. Lentamente volse la testa alle sue spalle. Si erano appena lasciati dietro un piccolo bosco e il suono veniva dai cespugli poco distanti. Un rantolo sommesso, un tramestio e poi un lamento, una nenia disperata e bramosa.

-Non si avvicineranno, state tranquilli- disse Verkela. Gli altri la guardarono senza capire, mentre Awryn faceva caso a centinaia di piccole fiammelle che si accendevano riflesse negli occhi dei lupi.

-Come fai a dirlo?- le chiese cortesemente.

-Perché ci sono io- rispose lei alzandosi dal focolare e percorrendo qualche passo verso le bestie. Verkela s'inginocchiò e posò una mano a terra. Bisbigliò qualche parola e le fiammelle si spensero, i lupi si erano dispersi.

-S'imparano molte cose tra questi monti- la voce della mistica era spezzata -d'altra parte, per quanto io possa negarlo, questa è la mia terra-.

Awryn colse quel segno di angoscia, ma preferì non chiederne spiegazione. Non avrebbe voluto far rivivere momenti spiacevoli a Verkela. La donna si risedette affianco a lei, perdendo lo sguardo tra le lingue di fuoco e stringendo le ginocchia al petto. Oscillava leggermente, con il ritmo di una melodia di cui pronunciava solo qualche nota.
Il lamento di un sentimento spezzato in giovane età, perso e mai più ritrovato. No, non era un cuore a produrre quella melodia, ma il vuoto che le era stato lasciato tra le costole.

Awryn la guardò nei profondi occhi azzurri e la rassicurò.

-Non è detto che sia la tua casa. Casa è dove ci sentiamo al sicuro, Verkela. E la tua casa è Rhielorm, non è così?- disse abbozzando un sorriso. L'altra sembrò dapprima colpita dalle sue parole, poi rispose allargando anche lei le labbra in un'espressione benevola.

Awryn tornò a guardare il focolare. La sua dimora era così lontana, il suo nome perso nel vento. Avrebbe dovuto camminare nell'oscurità ancora per quanto?

Verkela la salutò e si rifugiò nella propria tenda. Uriel le si avvicinò.

-E se qualcuno non ne avesse una?- chiese.

-Che intendete comandante?-

-Io non ho mai avuto una casa, Awryn. Mio padre era un alto ufficiale durante la guerra di Noume. Mi trovò sul campo di battaglia, o almeno questo mi disse. Mi crebbe lui. Fu un padre severo, ma giusto. La mia infanzia a Lajeen non è stata facile, sempre in allenamento per poterne seguire le orme. Un giorno scoprì la verità in alcune lettere... ero stato abbandonato sul campo di battaglia quando ancora non avevo emesso il primo vagito.- Uriel si strinse nel mantello, i suoi occhi si velarono di purezza e candore, come quelli di un ragazzino.

Awryn lo guardava e si chiedeva chi aveva davanti. Quella dolcezza melanconicamente infinita, che giaceva da qualche parte dentro di lui, ora emergeva a prendere un soffio d'aria, per poi tornare a fondo, sepolta dal fiero guerriero col cuore indomito.
Vivere in quel modo, sul filo di un rasoio tra la vita e la morte, evidentemente non lo disturbava, rendeva le scelte più semplici.
Awryn allungò la mano e prese la sua. Lo fece senza nemmeno rendersene conto, tanto che, realizzandolo, il suo viso avvampò. Ebbe quasi la tentazione di ritrarla, eppure qualcosa dentro di sé glielo impedì.

-Possiamo sempre trovarne una, Uriel- gli disse. Lui la fissò senza lasciare la presa. Quella stretta gli infondeva un calore da cui non voleva assolutamente staccarsi, era come una luce nell'oscurità.

Con la mano libera le sfiorò dolcemente il viso e le sorrise. Il cuore di Awryn sussultò, aveva paura di chiedersi cosa stesse provando, ma la risposta la conosceva già. Le sue labbra sfiorarono appena il palmo della mano di lui.

-Dovremmo andare a dormire- disse infine timidamente, senza averne realmente voglia.

-Dovremmo- rispose lui.

***

Finalmente il pendio roccioso scendeva scivolosamente verso Lydartan, ora sarebbe cominciata la parte più ardua della loro missione. La regione pullulava di villaggi, dato il suo carattere commerciale, e loro avrebbero dovuto mantenere un profilo basso. Nessuno si sarebbe accorto della loro presenza.

Scelsero un percorso a sud, a ridosso del confine con Rileel, mantenendosi sotto al sicuro riparo delle montagne. Tuttavia avevano fame, nei giorni di viaggio non avevano potuto mangiare molto, ora la necessità si faceva impellente.

Aner propose di saccheggiare un piccolo villaggio che non distava molto dalla loro postazione.

-Se lo facessimo ci sarebbero addosso in men che non si dica- commentò Awryn senza dar freno alla lingua. Uriel la guardò stupito.

-Ha ragione non possiamo agire così avventatamente.-

-Lasciate fare a me e a Barn, comandante- sorrise Farkas sprezzante.

-In due a procurare cibo per cinquecento uomini?- chiese Uriel a metà tra il divertito e il dubbioso.

-Se Farkas dice che può farlo, si fidi di lei- rispose Awryn dando una pacca sulla spalla dell'amica.

I due partirono non appena il sole si inabissò sotto all'orizzonte e fecero ben presto ritorno. Avevano un carro pieno di vettovaglie.

-Come diavolo...?- iniziò Uriel ma Farkas lo interruppe.

-Meglio che non lo sappia.-

Awryn notò che avevano i vestiti pieni di sangue, evidentemente non il loro. Si sentì sporca, ma la fame era troppa e mangiò avidamente quello che le era stato portato.

***

Rhyg aveva il fiato corto. Si reggeva un fianco con una mano, mentre con l'altra brandiva ancora la spada. Guardava le creature che si avventavano sul corpo dei caduti, senza rimorso alcuno, mentre cercava di tenerle lontano da sé.

-Recessus! Recessus!- continuava ad urlare, ma sapeva che non sarebbero stati in molti a salvarsi da quell'attacco.

Cosa fossero era impossibile a dirsi, forse donne, ma avevano perso le caratteristiche che le rendevano umane. La loro bocca si apriva, priva di labbra, in due paia di chele, che scoprivano denti affilatissimi coi quali dilaniavano le carni degli avversari. Gli occhi lattei erano vuoti e sgranati in un'espressione affamata e predatrice. Sembrava non esserci scampo a quella carneficina, Catyra stava perdendo.

***

Renrak finalmente gli apparve all'orizzonte, appena passato il confine a nord di Rileel. La cittadella fortificata si ergeva a ridosso di alcune basse montagne che le facevano da scudo. Come un ragno estendeva le sue esili zampe su ponti che la collegavano alle vette, sembrava fosse pronta a piombare sull'ignara farfalla notturna. Uriel pensò che sarebbero stati loro a piombare su di lei, bisognava solo agire con circospezione. Osservava attentamente il pullulare dei carri e dei rifornimenti pronti a partire per gli avamposti della regione. Renrak era un punto strategico e andava presa per intero.

-Voglio che venti di voi sta notte vengano con me, andremo in avanscoperta. Se ben ricordo, la roccaforte ha un sistema di cunicoli sotterranei che scendono nel cuore delle montagne alle sue spalle. Il nostro compito sarà trovare quei cunicoli, entrarvi ed esplorarli, per quello che possiamo. Dovremmo essere invisibili.-

Il comandante guardò attentamente coloro che erano davanti a lui. Farkas e Barn avevano dimostrato ampiamente la loro abilità, Aner era un suo fidatissimo. Non riusciva a lasciare Awryn indietro e sia lei sia Verkela avevano dato prova di avere un valore nascosto. Scelse così i suoi uomini, soppesandoli uno per uno.

Al tramonto erano già in cammino, sulle rocce scivolose e viscide, coperte di muschio. Man mano che scendevano l'aria si faceva sempre più irrespirabile e un tremendo odore di putrefazione e muffa non lasciava presagire nulla di buono.
Il fortilizio svettava verso l'alto, protraendosi al di là del cielo con le sue cuspidi. Tutto attorno a loro, man mano che procedevano, iniziavano a comparire ossa ormai sbiancate da tempo. Con orrore Awryn si rese conto che si trattava di ossa umane, nella gran parte dei casi difficilmente riconoscibili perché polverizzate. I corpi dovevano essere stati lasciati cadere dall'alto.

-Siamo sulla buona strada- commentò Aner indicando le orbite vuote di un cranio, mentre scostava appena il drappo che stava usando come camuffamento.

-Direi che in realtà abbiamo trovato quello che cercavamo- gli rispose Uriel abbattendo alcuni arbusti con la daga.

Un'apertura rettangolare comparve dietro alle sue spalle, oscura e tetra come la bocca dell'inferno. Accesero le torce e cominciarono ad avanzare in un corridoio piuttosto stretto.

Ogni gocciolio, ogni fruscio agitava i loro animi. Ben presto giunsero ad un bivio, ma non possedendo indicazioni di alcun tipo, optarono per la strada che gli sembrava più agevole e che quindi doveva essere più frequentata. Non avevano idea di quante ore avessero impiegato, ne di quanti vicoli avessero imboccato, pregarono solo di riuscire a tornare indietro.

Awryn aveva tenuto a mente ogni svolta, ma non poteva giurare che sarebbe riuscita a ripercorrere il percorso all'inverso.

Un silenzio spettrale calò tra di loro, mentre la consapevolezza del rischio che stavano correndo si faceva strada nei loro cuori.

Improvvisamente un soffio d'aria giunse sui loro visi. Uriel si fermò di botto, con le orecchie tese al suono più impercettibile. C'era effettivamente qualcosa, un movimento, il tremolare di un'ombra.

Il comandante fece cenno di far silenzio e di procedere con cautela. I cappucci furono calati sui loro volti, celando le espressioni allarmate dei combattenti. Uriel fece cenno ad Aner e Awryn di seguirlo, sarebbero avanzati a gruppi di tre al massimo cercando di raggiungere la superficie.

La ragazza salutò con un gesto della mano gli altri e procedette a fianco a Uriel nel più completo silenzio.

Qualcosa alle loro spalle cadde. Fu un istante e la mano di Awryn strinse quella del comandante. Ci volle qualche secondo perché lei realizzasse cos'era accaduto, riprendesse a respirare normalmente e tentasse di sottrarsi. Uriel non la lasciò andare e proseguì senza degnarla di uno sguardo, semplicemente stringendo ancor più la presa. Stava diventando naturale stringerle le mani in quel modo.

Alcune voci iniziarono a provenire da un punto sempre più luminoso davanti a loro. Infine una piccola scala li riportò all'aperto, in una viuzza laterale ad una piccola piazza. Il via vai di soldati era impressionante e i tre cercarono di confondersi tra la folla.

Uriel osservava attentamente la disposizione delle guardie, prendendone mentalmente nota. Quando poi fu soddisfatto, tornarono sui loro passi e con disinvoltura ridiscesero lungo le scalette.

Procedettero a ritroso guidati da Awryn, che sembrava ricordare la strada meglio degli altri.

Un tonfo, due, tre... il loro respiro si perse all'altezza della trachea. Non capivano da dove venisse quel suono.

-State fermi! È inutile scappare, faremmo solo rumore, dobbiamo combattere- sussurrò il comandante mentre sguainava la daga.

***

Syas pregò dentro di sé che Uriel facesse in fretta. Le piccole schermaglie che avevano tenuto impegnati i Sunek sul confine non avrebbero carpito la loro attenzione ancora per molto, in più i loro avversari avevano preso a lanciargli contro dei globi di fuoco nero che al contatto con qualsiasi cosa deflagravano con una potenza impressionante, avvampando con la loro lugubre luce ogni uomo nel raggio di diversi metri, inghiottendolo in una spirale di lamenti strazianti e infliggendogli una morte atroce.

***

In un attimo delle lame di luce si riflessero ovunque nelle gallerie, accecandoli. Istintivamente si portarono le mani agli occhi lacrimanti.

Aner riuscì finalmente ad aprire le palpebre. Tre guerrieri armati di lance li avevano accerchiati.
Avevano armature che splendevano e brillavano di mille riflessi. Monete e pietre preziose guarnivano i loro petti scintillanti come delle scaglie, risuonando di finissimi tintinnii metallici. Gli spallacci erano un intricata maglia di metalli pregiati, che si avvolgevano attorno alle loro articolazioni e risalivano fino al collo. L'elmo appariva come una corona d'oro, lasciando intravedere un volto distorto. Sembrava fossero stati dipinti: la pelle era increspata e avvizzita, percorsa da venature verdastre pulsanti. Ciglia piumate lanciavano lunghe ombre sul volto scavato. Un ampio e terrificante sorriso aureo tagliava il loro viso, estendendosi da un orecchio all'altro.

Il giovane non riusciva a distogliere lo sguardo dalle loro cotte, era come incantato.
Nel frattempo anche gli altri avevano aperto gli occhi e stavano cercando di contrastare i colpi dei loro assalitori. Awryn aveva appena schivato un colpo per un soffio, rischiando di perdere un braccio. Uriel aveva incrociato entrambe le spade per opporsi ad una mazzata inferta dall'alto, restando impantanato in una situazione di stallo.

La ragazza sembrò accorgersi dello stordimento di Aner e gli assestò un potente colpo all'altezza dell'addome nel tentativo di ridestarlo e contemporaneamente di sottrarlo all'assalto di uno dei lancieri. Il balestriere incassò e cadde seduto, mentre Awryn gli si parava davanti parando con lo scudo la lancia di un combattente e colpendo con la spada l'altro. La sua lama sembrò incastrarsi tra le rettiliane squame che rivestivano la corazza del guerriero.

Uriel, nel frattempo, aveva scalciato indietro il suo avversario, liberando le lame e girandosi appena in tempo per scorgere la scena. Si tuffò su Awryn, che lasciò andare la presa sull'elsa. Caddero entrambi a terra e rotolarono lateralmente insieme, in perfetta sincronia, sottraendosi alla portata delle temibili lance.

Uriel si rimise in piedi con un balzo. Conficcò il taglio della daga all'altezza delle costole di uno dei tre, ma anche in questo caso la lama sembrò intrappolarsi tra le maglie e il suo possessore dovette lasciarla andare.

Non avevano più via di scampo, privi di armi e con Aner imbambolato a quel modo. Uriel fece scudo ad Awryn col suo corpo, stringendo il suo capo tra le braccia. Serrò gli occhi, aspettandosi di essere colpito.

***

Farkas aveva appena fatto in tempo a lanciare il vecchio pugnale arrugginito che portava legato alla cintura. Era stato un dono del fratello prima che si arruolasse. Ora la lama fischiava nell'aria del lungo corridoio, per poi colpire precisamente la mano del lanciere che stava per abbattere il comandante e Awryn. La creatura lasciò andare la presa sull'arma, che cadde producendo un clangore violento. L'eco costrinse anche gli altri due lancieri a voltarsi verso la ragazza.

Farkas sorrise, ora si erano accorti di lei.

Un lampo sfiorò i suoi occhi, ma lei li chiuse appena in tempo. Scattò in avanti, come un ghepardo, corse incontro alle figure che ora la caricavano. Fu un attimo. Tre pugnalate precise colpirono laddove le maglie erano appena allentate. Farkas sembrò danzare tra i corpi dei tre, schivò, colpì e saltò oltre di loro. Ricadde in ginocchio davanti ai compagni allibiti, mentre alle sue spalle i corpi dei lancieri si accasciavano a terra.

-Fortuna che sono arrivata- sorrise beffardamente rialzandosi in piedi.

-Come hai...?- iniziò Aner che sembrava essersi ridestato, anche se la sua bocca era ancora spalancata. Farkas lo azzittì con un gesto della mano, come a voler fare la modesta.

-Dobbiamo muoverci, dubito ce ne siano solo tre- commentò asciutta.

-E con loro cosa facciamo?- chiese Aner fissando i resti sabbiosi dei loro nemici.

-Li lasciamo qui, che domande- ribatté la ragazza.

-È uno spreco!- protestò Aner -guarda le loro armi e armature! Sono fenomenali!-

-Stai scherzando, vero?-

-Perché dovrei?- il tono di Aner si fece aspro. Awryn non l'aveva mai visto battibeccare con Farkas, anzi in genere andavano piuttosto d'accordo.

-Perché sono dei fottuti morti? Perché trasudano magia oscura da ogni lembo di pergamena che hanno in faccia?- Farkas si stava arrabbiando.

-A chi vuoi che importi una volta che li abbiamo sconfitti se gli togliamo le armature?- Aner quasi urlava. Una grossa vena sporgeva sul suo collo, attorcigliandosi sotto la pelle come una linea d'inchiostro verde scuro.

Awryn la indicò ad Uriel, che assentì. La ragazza s'intromise tra i due contendenti e posò una mano sulla spalla del balestriere.

-Aner non possiamo portarla con noi, è sotto un sortilegio. Anche il tuo collo sta diventando secco e arido, come il loro. Sfioralo se non mi credi- disse Awryn dolcemente. Aner portò una mano alla gola e sussultò.

Aveva il palato secco, la pelle arricciata e frusciante, eccetto che per quella grossa vena che pulsava.

-Andiamo- gli disse Awryn.

***

Nascosero alla meglio i cadaveri dei loro avversari, ritrovarono gli altri qualche corridoio più in là e si affrettarono ad uscire, per tornare poi al piccolo accampamento. Raccontarono dei lancieri dorati, di come Farkas li avesse messi al tappeto. Lei si soffiò sulle unghie con fare divertito, mentre Aner si rannicchiava, pieno di vergogna. La sfumatura verdastra stava lentamente sparendo e la pelle del suo collo riprendeva turgore.

-Da quello che avete riferito sembrano un altro artificio di Gorn...- commentò Verkela con aria pensierosa.

-Dite che le vostre spade si sono incastrate nelle loro scaglie preziose, ma allora come mai il pugnale di Farkas e i suoi coltelli non hanno avuto problemi? E come mai Aner ha subito quell'incantamento?- proseguì l'asceta, prendendosi qualche secondo per riflettere, -a mio avviso se il cuore di Aner stava cedendo è perché era tentato da tanta ricchezza, li avete descritti con un aspetto a metà fra un re e un drago. Penso che Gorn stia cercando di corrompere i nostri animi- sentenziò.

-E in questo Farkas come mai è riuscita?- chiese Awryn. Un idea attraversò gli occhi di Verkela:

-che lama hai usato per trafiggere il primo guerriero?- interrogò la ragazza.

-Ho lanciato il vecchio pugnale di mio fratello, più per attirare l'attenzione che per altro. È una antica lama intaccata dalla ruggine- rispose lei umilmente -d'altra parte la gran parte dei miei pugnali è ridotta così-.

-Delle lame consunte e deteriorate hanno vinto dove le vostre affilate sono state inutili...- riprese la mistica -e se fosse perché Farkas non è minimamente attratta dalla ricchezza? Pensateci bene: Aner è rimasto incantato, voi due no ma le vostre lame erano nuove, le sue invece no...-

-C'è stato anche il lampo!- esclamò Farkas -Io ho chiuso gli occhi in tempo e non mi ha accecata!-

-Sembrerebbe che quel lampo fosse un maleficio di qualche tipo. Tutto torna così- aggiunse Uriel.

-La vera domanda ora è: come assaltiamo la rocca senza esserne colpiti? Come sconfiggiamo quei combattenti?- chiese poi il comandante.

Un silenzio teso calò tra di loro. Verkela iniziò a rovistare nella sua borsa, traendone alcuni sacchetti.

-Ho un'idea, ma dovrete rinunciare tutti alla vostra borraccia. Se ci riuscirà prenderemo Renrak senza troppi problemi- sorrise compiaciuta.

***

Attesero nuovamente la notte, poi silenziosi e furtivi si introdussero nelle gallerie sotterranee. Avanzavano cautamente in fila indiana, dato che lo spazio era ristretto.

L'assalto delle creature non si fece aspettare, inizialmente solo alcune di loro si fecero avanti, emergendo dall'ombra. Barn e Verkela furono rapidi a contrastarli: lei stappò la borraccia e lanciò il liquido contenuto al suo interno sui cavalieri.

Furono sufficienti poche gocce, l'effetto fu sorprendente: l'oro delle corazze si annerì, offuscato da una caligine nera che impedì alle monete di spargere i loro bagliori incantatori. Barn conficcò rapidamente la spada dove l'oro era opaco, per scoprire che affondava senza problemi. L'altro combattente fu raggiunto mentre tentava di arretrare per dare l'allarme, un dardo di Aner lo centrò in mezzo agli occhi, tramutando in sabbia ciò che restava del suo corpo consumato dall'avarizia. "Almeno mi sono riscattato" pensò il ragazzo.

Il trambusto però doveva averne attirati degli altri e in men che non si dica si ritrovarono stretti in una rete di lampi accecanti che provenivano dai cunicoli attorno a loro. Strinsero gli occhi come gli era stato detto di fare, alcuni non abbastanza in fretta, rimanendo succubi delle lame degli assalitori e cadendo a terra fumanti.

Gli altri reagirono: schizzarono il liquido preparato da Verkela sui combattenti, producendo il medesimo effetto, ingaggiando una lotta furiosa con loro. Non fu semplice, l'assenza di spazio impediva i movimenti.

-La seconda fiasca!- gridò Verkela sul tumulto che riempiva i cunicoli.

Awryn svitò il tappo e spruzzò il liquido nero e denso davanti a sé, sui due lancieri dei quali stava schivando e parando i colpi. Sta volta la spada non la tradì: affondò, tagliò e sconfisse con facilità sorprendente. Lo scontro dopo poco era terminato.

Qualcuno dei loro era rimasto vittima, ma Uriel fu irremovibile:

-per quanto ci dolga dobbiamo procedere, o la morte dei compagni sarà stata vana- disse voltando le spalle -avanti!-

***

La luce del mattino non aveva ancora inondato Renrak, quando le loro teste fecero capolino dal passaggio. Uriel diede ordini silenziosi: le guardie furono sgozzate, le poche torce ancora accese, spente. Si divisero com'era stato concordato. Assalivano furtivamente chiunque si trovasse per strada.

Awryn ebbe un moto di repulsione per sé stessa. Aveva appena posto fine alla vita di una guardia cittadina. Si sentì senza via d'uscita. Non era per quello che si era arruolata. Non era per questo che era tornata a combattere. Che scelta aveva ora? Dentro di lei, mentre reprimeva un conato di vomito, si fece strada la rabbia.

Un allarme suonò in lontananza, li avevano scoperti. Uomini in arme sciamarono verso di loro riversandosi come una cascata sulle rocce. Resistettero all'impatto, la battaglia per la presa di Renrak era iniziata.

***

Il messaggio aveva appena raggiunto Syas, i rinforzi erano arrivati il giorno prima. Dovevano avanzare in profondità ora, spazzare via ogni residuo delle forze Sunek e raggiungere Renrak dal confine con Nirel, chiudendo gli avversari tra l'incudine e il martello delle forze dell'Est.

Il capitano noumeniano rivolse gli occhi al cielo. Non lo faceva di frequente, ma quella volta imprecò, quasi come fosse una supplica.

***

Aner aveva sfoderato la spada e avanzava spedito tra la folla, abbattendo i nemici sul suo cammino con potenti spazzate.

Uriel colpiva ovunque fulmineo. Si rese subito conto che l'unico ostacolo alla presa della città era il numero dei loro oppositori. Non erano preparati, non erano equipaggiati a dovere e nemmeno erano stati addestrati. Pochi erano i veri soldati, ma ognuno di loro si stava battendo con coraggio e lo scontro sarebbe durato più del previsto. Sperò che la stanchezza non li vincesse.

Farkas ruotava su sé stessa, sembrava molto più adulta ora. Era temibile, aggressiva, spietata. Pugnalava senza pietà o rimorso quelli che si avventavano su di lei, schivando fulminea ogni fendente. Era impossibile ferirla.

Barn soffriva un po' la mancanza del braccio destro, era in difficoltà. La sua fronte era imperlata di sudore e l'espressione contratta rivelava il dolore. L'avevano colpito alla vita e ora arrancava mentre una chiazza scura si allargava sotto la veste.

Verkela notò il compagno barcollare, si avvicinò e si frappose tra lui e i suoi assalitori. Giunse le mani e chiuse gli occhi. Un'onda d'urto si propagò attorno a lei, ribaltando indietro gli avversari.

Awryn ora si difendeva, non aveva più tempo per pensare, doveva solo sopravvivere. Teneva lo scudo alto, parando i colpi e indietreggiando, da sola contro due soldati. Per un istante si disse che non ce l'avrebbe fatta, poi scivolò all'indietro.
Atterrò sul braccio con un tonfo, sentì le ossa scricchiolare mentre lo scudo le sfuggiva. Represse un urlo di dolore, ma fece perno sul gomito e schivò un colpo. Affondò la spada nelle viscere di uno dei due, si scagliò per terra e raccolse lo scudo, per poi lanciarlo nella direzione dell'altro avversario. Il brocchiero lo colpì in piena gola, mozzandogli il respiro e facendogli perdere l'equilibro. Awryn trapassò il suo sterno in un lampo.

***

La presa di Renrak fu lunga e non priva di perdite. Dopo un paio d'ore la città era un lago di sangue. Awryn si accovacciò per terra cercando di calmare il respiro e il battito cardiaco. Il braccio le doleva in modo indicibile. Uriel le si avvicinò.

-Ti sei rotta un braccio?- le chiese cortesemente porgendole il palmo.

-Si è rotto ben altro- ringhiò lei di rimando.

-Che ti prende?-

-Lasciami stare, va via- sibilò lei con un tono che non ammetteva repliche.

Uriel si rabbuiò. I suoi occhi tremarono ma si allontanò in silenzio.

***

Syas era riuscito a sfondare le linee nemiche e, dopo un paio di giorni, a raggiungere la meta prestabilita. Entrando nella città, tuttavia, non furono accolti da toni festanti. Uriel era di pessimo umore e non se ne capiva il motivo.

Nota dell'autrice:

Salve a tutti! Mi scuso per il ritardo nell'aggiornamento prima di tutto, non è stato un periodo facile. Ho avuto la fine della sessione e problemi famigliari che mi hanno reso difficile scrivere.

Tra l'altro questo capitolo è stato un parto e ho dovuto prendere la decisione di tagliarlo qui, dato che non mi piaceva come stava proseguendo. Fatemi sapere cosa ne pensate, a me non convince moltissimo. :/

Spero di riprendere presto la mano... Spero non sia così tremendo per voi come invece continua a sembrare a me, se avete consigli sono assolutamente ben accetti.

Nel frattempo vi ricordo che "L'era del Caos" ha ora una pagina Facebook su cui di tanto in tanto aggiungo immagini inerenti e sulla quale potete ricevere gli aggiornamenti sui capitoli.

https://www.facebook.com/leradelCaos/?ref=hl

A presto,

Wendy

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