Capitolo 25 -Contro natura-

I cavalli avevano appena avuto il tempo di ristorarsi qualche ora, come pure i loro cavalieri. Tra le mura di Hast avevano trovato ben poco, tuttavia. Sintomo forse del fatto che la corruzione li aveva privati di bisogni umani? Iryil se lo era chiesto, aveva gli occhi colmi di orrori che mai aveva immaginato e il cuore più pesante ora. Moem le cavalcava affianco, mentre Rakm non si scostava dalle sue gambe. Anche il lupo non era più lo stesso: aveva difeso la sua compagna, riempiendosi la bocca di resti umani. Iryil si guardava attorno, mentre marciavano verso Herod, chiedendosi come facessero i soldati a reggere, e come Moem ci riuscisse. Tutta quella mancanza di ingenuità, tutto quel male assoluto, come facevano a governarlo? Lei stessa, anche se non con le sue mani, si era macchiata di colpe che non avrebbe mai immaginato. Aveva ucciso, certo aveva ucciso degli uomini malvagi, ma ora conosceva quella sensazione e non avrebbe mai voluto. Identificare quel sentimento non era facile, perché non era colpa, al contrario di quello che avrebbe potuto immaginarsi. Era vuoto, era uno sdoppiamento da quella che era stata e che adesso non c'era più. Avrebbe voluto del tempo per elaborare tutto ciò che in meno di due mesi era accaduto, ma esso le sfuggiva davanti, come lanciato in un burrone. Awryn le si era avvicinata e le aveva porto la mano, lei l'aveva stretta, sentendo tutta la fiducia che quel gesto le imponeva.

-Fammi compagnia- le aveva detto il tenente, invitandola a salire in groppa, -i cavalli mi innervosiscono.-

Iryil era salita dietro di lei, aveva accarezzato con calma i muscoli dell'animale, facendolo quietare.

-So cosa stai pensando, è una fase che chiunque di noi ha passato- le disse, -lo si vede dal tuo sguardo.- Iryil non rispose. –Vorrei poterti dire che passerà, che ti sentirai apposto con te stessa, non è così. Quello che accade è semplicemente che inizi a farci l'abitudine, e senti meno male. Sai che devi andare avanti, in un modo o nell'altro. Ad ogni modo... sono felice che tu sia con noi, anche se preferirei saperti al sicuro. Tu e Moem, lontano da qui, con Rakm che vi riempie le giornate e vi protegge.-

-So bene che potrei farlo. Se non abbiamo più un Erede che apra il portale, io non devo più sacrificare la mia vita, l'ho capito- la intercettò Iryil, -ma voglio restare qui, voglio aiutarvi, anche se è difficile. Ci sei tu qui, e c'è Moem. Sento un legame con voi, come foste miei fratelli, sento di potermi fidare. Tu sei la roccia di questo plotone, Awryn. E siete la cosa più simile ad una famiglia che io abbia da molto tempo.-

Iryil sentì la schiena di Awryn prima irrigidirsi, poi tremare appena. Si sporse sulla sua spalla per guardarla in viso: teneva gli occhi aperti, fissi sull'orizzonte, mentre una lacrima le rigava la guancia. Iryil la asciugò con dolcezza.

-Vi porterò fuori da qui, Iryil, te lo giuro.-

***

Uriel aveva subito le cure di Rhielorm, il ginocchio era stato pressoché demolito, ma la mistica aveva fatto un buon lavoro. L'aveva fasciato assieme a dei sostegni, bloccandolo per facilitare la guarigione e aveva sfruttato tutto il suo potere per rimetterlo in piedi in poche ore. Ora il comandante aveva qualche dolore, ma riusciva a tenersi alla testa del convoglio assieme al Khalifa. Avevano stanziato alcune truppe sul confine fra Raleb e Kufir, mentre aggiravano Hast per invadere Herod. Aner, un po' titubante, aveva ripreso il suo posto affianco a lui. Awryn gli aveva parlato a lungo, per convincerlo a tornare a combattere e, anche se Uriel non aveva sentito la conversazione, poteva immaginarne il tenore. Aner era spaventato dalla prospettiva di essere corruttibile, come il comandante d'altra parte. Ora teneva lo sguardo basso e sollevava appena un lembo del labbro superiore, quando Farkas, dietro di lui, gli sussurrava qualcosa all'orecchio. Un odore di pioggia e mare iniziò a giungere alle loro narici, mentre la brezza, gradualmente, aumentava il proprio impeto. Una sensazione di gelo improvviso gli riempì l'animo, come se il vento potesse in qualche modo trapassare le cotte di maglia ed insinuarsi fin sotto la pelle ad accarezzare le ossa. Davanti a loro il paesaggio di Herod iniziava a comparire nel suo grigiore. Campagne abbandonate, rigagnoli stagnanti e un cielo nuvoloso che tuonava e lampeggiava. Le nuvole si arricciavano in trombe che nulla di buono lasciavano presagire.

-Ci farete fare da truppa di supporto- sentenziò Uriel. Il Khalifa lo guardò stranito.

-Abbiamo preso Raleb senza eccessive difficoltà, non vedo perché non dovremmo riuscire anche qui- ribattè.

-Siete arrivati in un momento molto particolare, lasciatemelo dire. Gli sforzi del nemico erano concentrati nello scovarci e le sue forze erano già ridotte enormemente. Ma voi non conoscete queste corruzioni, noi ne abbiamo già affrontate molte, e temo quello che Gorn potrebbe fare se riuscisse a corrompere un così elevato numero di uomini.-

-Corrompere un noumeniano non è così facile- borbottò l'altro.

-Neanche con un drorio è facile, eppure il nostro paese è diviso, e le nostre forze stremate. Avete visto solo una così piccola parte di quello di cui lui è capace, non potete farcela senza la nostra guida.-

-D'accordo, ma se perderemo, vi riterrò responsabili di ogni testa dei miei musshim che cadrà.-

Uriel sorrise. –Sono parole che ho già sentito, e che fin ora non mi hanno mai condannato.-

***

Gorn aprì le proprie ali nere e si sollevò da terra, alzandosi sempre più nel cielo. La sua figura si stagliava oscura, in contrasto con le nuvole grigie, mentre il vento spirava senza sosta, sempre più forte, sulle schiere sotto di lui.

-Credono forse di arrivare sin qui impuniti questi sciocchi?- urlò sopra l'ululare del vento, con gli occhi che lampeggiavano verso gli uomini, piccoli, sotto di lui. –Non hanno capito con chi hanno a che fare. Per troppo a lungo abbiamo sopportato i loro soprusi, ora voglio che pensiate a tutto quello che vi hanno tolto. Vi hanno tolto la dignità, vi hanno tolto il vostro paese, invadendolo e portandovi via ricchezze e mogli. Guardatevi attorno, cosa vedete? Questa desolazione è il frutto dei loro sporchi giochi di potere. La nostra miseria potrebbe essere grandezza, se solo riuscissimo a liberarci di loro! Oggi, miei fratelli, oggi noi ce la riprenderemo!-

Un'ovazione fece seguito alle sue parole. A quel punto Gorn si concentrò. Non aveva mai piegato la mente di così tanti uomini. Chiuse gli occhi un istante e vide quasi le proprie parole avvinghiarsi in profondità nelle menti degli astanti. A quelle immagini fece seguire la propria: un grande condottiero, un salvatore, un uomo puro e giusto, pronto a tutto per la patria e per i valori tradizionali sunekiani.

-Cosa vi resta di tutto quello che avevate?- chiese mentre immagini felici sfumavano nei suoi occhi. –Nulla! Non avete più nulla da perdere dunque. Scatenate tutta la vostra furia: l'uomo è lupo con l'uomo!* Siate feroci, come loro lo sono stati con voi!-

***

Okksel rivide Verkela, la sua bella Verkela, che infine l'aveva abbandonato per i Tarkir, rivide la casa natia e la madre, l'infanzia felice che avrebbe potuto avere e che invece non c'era stata, perché il cuore di quella donna era colmo d'odio verso chi aveva depredato Nirel. Stupida, non si rendeva conto che i predoni erano venuti dalle fila dei Tarkir. Le colpe dei padri dovevano ricadere sulle teste dei figli, qualcuno doveva pur pagare, anche per lui. Poi vide la guida che li avrebbe portati alla gloria, brillare come un astro fra i nembi. Il suo cuore si riempì di ammirazione e reverenza, verso quell'uomo così straordinario da vedere tutto ciò che avrebbe voluto, e che glielo offriva, nonostante lui fosse stato un fallimento. Il prezzo da pagare era infondo misero e giusto, doveva solo lasciarsi andare.

Okksel s'incurvò, piegandosi su se stesso, lasciando le braccia lunghe, quasi a sfiorare terra, mentre brandiva la spada. Il suo naso si allungò, e la sua bocca si allargò, scoprendo canini lucidi. La sua gola proruppe in un verso stridulo, che poi virò verso note sempre più cupe e feroci, mentre con la mano libera si batteva il petto a ritmo con quelli che gli erano vicino.

Ora tutto quello che riusciva a pensare era confuso, ma sapeva che c'era una tribù rivale, che si stava dirigendo verso di loro e che meritava di essere sterminata, per la supremazia del territorio. Tutto ciò che voleva era il sangue degli avversari.

***

Iryil guardava le nuvole, stringendo le palpebre per colpa del vento. La feriva, sembrava quasi volerle strappare le carni di dosso. Improvvisamente vide una nuvola arricciarsi su se stessa, vorticando sempre più forte. Poi un'altra e un'altra ancora. Scendevano coniche verso terra, sfiorando l'orizzonte.

-È una tromba d'aria e ci viene incontro!- Urlò, indicando il cielo. –Se tocca terra dobbiamo fuggire!-

Poi il suo occhio colse la linea nera che gli veniva incontro. Allertò Awryn, chiedendo cosa fosse.

-Sunek! Sunek!- urlò l'altra.

-Cosa facciamo Uriel?- chiese il Khalifa, colto di sorpresa. Uriel scosse il capo.

-Ha toccato terra! Non c'è più tempo!- continuò Iryil, con quanto fiato aveva in gola. Le nuvole sopra la loro testa si muovevano con rapidità, attirate dal vortice che avanzava a una velocità spaventosa.

-La fermo io!- si ritrovò ad urlare.

-Puoi farlo?- le chiese Awryn.

-Non lo so, ma posso provare, fammi scendere- le rispose.

Iryil smontò da cavallo, -andate! Fermateli- disse. Awryn annuì, poi Uriel diede la carica. I cavalli scalpitarono verso il nemico. Rakm si avvicinò alla ragazza, che si inginocchiò e gli porse la mano. Il lupo le leccò il palmo e iniziò ad uggiolare.

-Non avrei mai dovuto portarti con me- gli disse lei. Iryil forzò un sorriso verso l'animale, ma le lacrime le bagnavano calde le guance e Rakm ne poteva sentire l'odore. Iryil a quel punto si rimise in piedi e sollevò le braccia verso il cielo. I suoi occhi puntarono l'aria, così forte che poteva vedere dei puntini luminosi danzare nel grigiore dell'etere.** Si concentrò sui movimenti del vento, sulle particelle di vapore che sfrigolavano fra i lampi. Quasi come potesse farlo con le sue stesse braccia, si concentrò sull'invertire quel flusso, nella speranza di dissolverle.

Le trombe d'aria però si accavallarono e si fusero in un immenso ciclone. Iryil si concentrò ancora di più: qualcosa le scivolò giù dal naso, incontrando le sue labbra. Sentì il sapore del ferro e capì di star sanguinando. Iryil sentì le braccia cedere, come schiacciate da un peso. Aveva ormai le ginocchia piegate e le braccia all'altezza del seno, quando, stringendo i denti, pensò a Rakm, a Moem e ad Awryn. Risollevò le braccia e con esse la volta celeste. Il ciclone sembrò ritirarsi, aprendo il suo occhio nero e vorticante sopra le teste di coloro che erano andati incontro al nemico.

***

Moem aveva ignorato le proteste della sorella. Sta volta avrebbe combattuto, sta volta avrebbe difeso chi amava, anche a costo della vita. Non gli importava della propria giovane età, né tanto meno della pericolosità dello scontro. Nulla avrebbe potuto fermarlo, eccetto quello che vide. Contro le schiere dell'Est si scaraventarono non uomini, ma bestie, di una ferocia inaudita. Saltavano, piegandosi sulle ginocchia per darsi lo slancio, e con le spade colpivano con furia cieca. Aner, al suo fianco, aveva uno di quegli esseri attaccato alla giugulare con i denti, mentre Farkas lo pugnalava ripetutamente al fianco, urlando come un'ossessa. Awryn faceva saettare la propria lama, mentre il suo cavallo nitriva impazzito, attaccato da quegli esseri.

Uriel e il Khalifa, così come Syas, poco più avanti erano nelle medesime condizioni. Il Khalifa urlò qualcosa, facendo impennare la sua cavalcatura, che scalciava e atterrava i nemici. Fu in quel momento che Moem venne sbalzato dalla propria sella e cadde fra quegli esseri. I suoni si fecero ovattati, mentre alcuni di quelli gli strappavano le orecchie a morsi. Moem urlò, ma non poté sentire la propria voce, coperta dalla lotta e dal vento. I morsi sul suo corpo si moltiplicavano e il sangue impregnava le sue vesti.

Si ritrovò fra le nuvole, accarezzato dal primo sole dell'alba. Un alba splendente e dorata, come non ne vedeva da mesi. Sogno o sono morto? Si chiese. Moem non voleva morire. Scoppiò in un pianto fragoroso, quasi bambinesco, mentre sfiorava le acque di quella che riconobbe come Miorn. No, non voglio essere qui, voglio essere lì a combattere, al fianco di mia sorella, al fianco di Iryil...

Ma voglio farlo davvero? È questa la mia natura? Distruggere tutto ciò che è bello, come una bestia, un omuncolo che è poco più che una scimmia? No, la mia natura è l'amore e se devo morire lo farò per amore.

Moem aprì gli occhi, vide l'occhio del ciclone aprirsi come fauci pronte a inghiottirlo e sentì la terra scorrere sotto di sé. Si voltò: il muso di Rakm gli tirava il collo della veste. L'animale, ancora una volta, si dimostrava più compassionevole degli uomini.

***

Uriel lo percepì dentro la propria testa: sentì che la colpa di tutto ciò che aveva passato era lì tra i suoi avversari. L'abbandono della madre, la rigida educazione marziale, la solitudine erano colpa di quella guerra e quindi dei suoi nemici. Sentì i propri denti allungarsi, mentre la spina dorsale si incurvava. Si sforzò allora di guardare in alto e lo vide: le ali che spazzavano l'aria, le corna che rilucevano rosse nell'aura grigia della tempesta. Perché non sfruttare tutta la tua furia? Perché non lasciarsi andare? Infondo, potrai domarti una volta vinta la battaglia.

Uriel sgranò gli occhi. Era la voce di Gorn quella che sentiva. Era proprio lui, lì davanti ai suoi occhi, più terribile di quello che mai avrebbe immaginato, eppur più sbalorditivo, abbacinante quasi. Uriel aprì la bocca, incapace di prendere una qualsiasi decisione, o anche solo di proferir parola, sicché Gorn continuò a lusingarlo.

So bene chi tu sia, comandante. Sei quello per mano del quale ho perso un uomo eccezionale, il colonnello Rhyg. Sei colui che potrebbe sbocciare come il più profumato dei fiori sul cadavere di tutti gli altri. Quello che potrebbe sfruttare tutta la sua furia cieca, ma che sceglie di trattenersi, in ossequio a valori a cui non crede. Potresti, levando la tua spada, spazzare tutto ciò che vedi, distruggere e spezzare ogni respiro, perché ti opponi?

Uriel fece girare il cavallo, cercando Awryn con lo sguardo. Lei poteva aiutarlo, ne era certo. Sentì il sangue ribollire nelle vene e la voglia lasciarsi andare, perdendo il controllo. Inspirò, con le narici che tremavano. Poi la vide. Awryn stentava a tenere il cavallo, ma urlava qualcosa.

Uriel cavalcò nella sua direzione, lanciando il purosangue oltre le schiere dei sunek che cercavano di attaccarlo. Rinfoderò la spada, poiché sapeva che se l'avesse usata in quel momento sarebbe stato rischioso. Si avvicinò a lei: aveva lo sguardo terrorizzato e i suoi occhi saettavano mentre colpiva senza sosta gli avversari.

-Moem! Moem dove sei?- strillava atterrita.

-Awryn- riuscì a chiamarla, annaspando nel vento tagliente. Awryn lo fissò un istante, lui le indicò in alto. Awryn sollevò lo sguardo e si portò una mano alla bocca. Uriel vide le lacrime riempirle gli occhi, ma resistere sull'orlo delle sue ciglia. Poi lei posò ancora lo sguardo su di lui.

-Resisti! Resisti, ho detto!- gli urlò, scuotendolo per il braccio, mentre con l'altro respingeva ancora i sunekiani.

-Uriel questa non è la tua natura! Tu sei meglio di così. Non ti ridurre a simili meschinità. Tu non segui un istinto feroce, ma un intuito brillante. Usa la tua mente!-. Uriel la guardò piegando la testa di lato, poi mimò qualcosa nell'aria.

-Un arco!- trillò lei. Cercò il proprio, ma lo aveva perso nella colluttazione. Awryn sbrogliò l'arco del comandante dalla sella e incoccò una freccia. Uriel si concentrò su di lei, per evitare che Gorn comprendesse attraverso di lui. Ne guardò i lineamenti dolci, le guance pallide dal terrore e i capelli che le lambivano gli zigomi, sospinti dal vento. La vide stringere gli occhi, prendere la mira e tendere la corda, con la freccia puntata al cielo. Qualcosa la trascinò giù. Awryn si aggrappò alla sella con una mano. Uno di quegli esseri la tirava, stringendole il collo. Stava soffocando.

Uriel riuscì a colpire il nemico al fianco, dandole un attimo di respiro. Fu allora che, piegata all'indietro, Awryn ritese l'arco e scagliò la freccia.

***

Accadde tutto in pochi attimi, Uriel vide Gorn precipitare, colpito ad un'ala. Awryn fu trascinata verso il basso dal sunekiano che ora la stava pugnalando ripetutamente. Le urla della donna che amava lo risvegliarono. Uriel scese da cavallo e scaraventò via l'essere. Si girò su se stesso per allontanare tutti quelli che ora cercavano di assalirli, mentre i sostegni al suo ginocchio cedevano con uno schiocco secco. Il sunek che aveva lanciato via si rialzò, si asciugò il muso animalesco e si scostò il ciuffo che gli ricadeva sull'occhio destro.

Uriel sgranò gli occhi. Non poteva essere...

L'essere gli si lanciò contro. Uriel schivò, facendo da scudo ad Awryn stesa in terra. Incrociò la lama con quella del suo opponente, mentre con il gomito colpiva un altro sunekiano. Il suo occhio colse un altro movimento e tirò una potente tallonata su di un corrotto che si avvicinava. Uriel respinse l'altro, disarmandolo, ma quello gli saltò addosso affondando le unghie nella sua carne. Iniziò a morderlo, staccando brandelli delle sue spalle laddove erano scoperte, tra lo spallaccio e il petto. Uriel si dimenò e urlò, la sua mano raggiunse il coltello che portava legato alla cintura e colpì l'avversario nel basso ventre. Quello perse la presa e cadde all'indietro. Fu allora che Awryn, rimessasi in piedi lo colpì, prima con un calcio, poi conficcando la spada nel suo petto. Awryn estrasse la lama e si appoggiò ad essa, mentre con una mano si teneva il fianco, che sanguinava senza sosta. Uriel la sorresse, mentre teneva a distanza tutti i sunek che ora li guardavano con bramosia ferina. Il comandante urlò, chiedendo aiuto. Il proprio cavallo giaceva in terra spolpato dei propri muscoli da quelli che ora guardavano a loro con la bocca colma di sangue.

Uno scalpitare rapido distolse l'attenzione dei nemici. Uriel si voltò.

-Salite!- gli ordinò Syas, porgendo un braccio ad Awryn. Uriel montò in sella solo dopo che la ragazza fu al sicuro fra le braccia del capitano.

Spazio autrice:

ragazzuoli, un paio di comunicazioni di servizio. Domenica finalmente torno a casa mia in Puglia!! Questo significa che le vacanze iniziano anche per me. Conseguentemente vedrete gli aggiornamenti susseguirsi e... rullo di tamburi: siamo quasi alla fine! In secondo luogo, potrebbe essere difficile cogliere di che corruzione si tratta, dunque un indizio è nel titolo :P Vi ringrazio come sempre per aver letto sin qui! A presto :*

Wendy
 
*citazione da Hobbes
**questo fenomeno lo potete osservare voi stessi guardando il cielo e i puntini che vedete non sono altro che le ombre dei vostri globuli rossi nei capillari oculari

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