Capitolo 19 -Fili invisibili


I suoi passi risuonavano pesanti su quello che chiamavano "Il ponte tra i camini". Gorn aveva imparato da poco a muoversi tra le varie officine, passando da un ambiente ad un altro in quel dedalo di corridoi, fucine, rimesse e depositi. Quel luogo gli pareva come un nido di vespe cartonaie: un continuo ronzare di martelli e lame, un continuo pulsare di pungiglioni pronti a iniettare i loro veleni, un continuo rullare di ruote e pale.

Sulle prime ne era rimasto affascinato: l'alternarsi di fuoco e ghiaccio, di scintille e buio, il sorgere di imponenti macchine di morte. Non aveva mai immaginato che i Sunek potessero realmente sviluppare un simile livello di potenza bellica. Eppure era bastato soffiare appena sulle scintille mai sopite dell'odio e l'uomo aveva messo a frutto tutto il suo ingegno per spazzare via l'antico rivale.

E adesso Gorn di Tai'ir poteva schioccare le dita e mettere in campo tutti quei giocattoli. Il piacere che quel potere gli dava lo inebriò, mentre si dirigeva verso quello che era il suo scrigno delle meraviglie. Gorn sorrise, beandosi della vista che lo contornava: un cielo nero, putrido, ribollente dei gas sparati dai camini, un orizzonte instabile, molle, cedevole sotto al suo pugno. Le grandi ruote scavavano nelle acque malate di Acasti, alimentando, con la loro potenza motrice, i ventagli che soffiavano nei fuochi delle industrie.

Gorn socchiuse gli occhi, pensando che ben presto ogni angolo di Dror sarebbe stato come quelle contrade e lui ne sarebbe stato padrone incontrastato. La nebbia bruna scendeva fitta sul ponte, quindi scelse di non perdere ulteriore tempo. Percorse gli ultimi passi ed aprì il portone scuro davanti a lui. La stanza in cui si affacciò era scarsamente illuminata, come lui stesso aveva richiesto che fosse, per poter incutere ancora più soggezione nei suoi fidati.

Gorn salì i pochi scalini che lo portavano al suo scranno e sedette allungando con grazia le dita sui braccioli. Non prestò quasi caso alle creature che facevano da sfondo a quella scena. Immortalate in pose feroci, si schieravano attorno a lui Oere, odalische, giganti, cavalieri dorati, creature bifronti ed esseri di ogni tipo, frutto delle sue corruzioni e ora placidi e macabri trofei del suo ego.

-C'eravamo lasciati con una promessa o sbaglio?- chiese sorridendo nell'ombra.

-No, mio signore, non sbaglia- disse una voce acerba.

-Non mi rivolgo a te, Hitl, tu sei congedato. Colonnello Rhyg, prego, avvicinatevi.-

Alla sua richiesta fece seguito un rantolo.

-Rinnovo la mia parte di promessa, colonnello- proseguì Gorn, quasi schernendo l'ombra dell'uomo davanti a sé –riavrete il vostro vigore, riavrete i vostri muscoli e la vostra potenza e avrete anche la possibilità di debellare tutti quei senza palle che sono scappati, o che credono ancora nei valori della pace e bla, bla, bla... tutto quel che volete.-

-Avrei già dovuto avere parte di quel che mi promettete, i patti non erano questi. Ora voi mi state per chiedere qualcos'altro- disse la voce strascicata dell'interlocutore –ed io ve lo concederò, ma prima rivoglio il mio corpo com'era.- Le sue parole furono seguite da un accesso di tosse. Gorn vide il profilo ossuto dell'uomo contrarsi in preda agli spasmi.

Infondo, l'informazione più preziosa il colonnello l'aveva già ceduta. Rhielorm era con le truppe dell'Est e li stava aiutando. Gli aveva detto del Cilyia dentro di sé e di ciò che poteva fare. Rhyg aveva confermato tutti i suoi sospetti, in più aveva rivelato una cosa ben più importante: un'Erede era con lei. Una ragazza bionda, dalle mani evanescenti. Le due andavano separate subito, quindi Gorn non aveva perso tempo.

Il caso aveva poi votato a suo favore. Gorn li aveva percepiti non appena si erano fatti più vicini. Percepiva animi tormentati dai sensi di colpa, animi corruttibili di certo, ma che fino a quel momento avevano passato indenni tutti i suoi tentativi di sedurli. Poi ce n'era uno, un animo privo di una guida, un animo senza uno scopo, ma con una gran voglia di essere immenso. Qual era stata poi, la sua meraviglia, nello scoprire che quell'animo apparteneva a un ragazzo che si era invaghito dell'Erede. Sì, la fortuna aveva decisamente distribuito una buona mano per lui.

-E sia!- disse muovendo la mano verso Rhyg. L'uomo s'inginocchiò sotto quell'imposizione. Fu come se un fiume scorresse nelle sue vene: la pelle si tese, si gonfiarono i muscoli, ripresero consistenza le dita, guizzarono nuovamente i suoi occhi. Rhyg si contorse, ringhiando e gemendo, infine vomitò, colto da conati fortissimi.

Gorn contorse il viso in una smorfia di disgusto e compiacimento allo stesso tempo.

-Ora, colonnello, prima che io prenda decisioni affrettate, rivelate tutto ciò che sapete sui movimenti delle truppe Tarkir.-

***

Awryn strinse le cinghie delle sue borse, si lisciò i capelli e si morse le dita. Forse si stava sbagliando, ma doveva parlare con il comandante a tutti i costi. Bussò alla porta della sua camera con enfasi.

-Avanti!- rispose Uriel all'interno. La ragazza abbassò la maniglia ed entrò. Uriel le sorrise.

-Volevo parlarti prima della partenza- disse lei. Si rese conto solo in quel mentre che aveva smesso di dargli del lei, ma non ricordava nemmeno quando ciò fosse accaduto. Lui le mandò uno sguardo interrogativo. Awryn sapeva il perché di quello sguardo, gli aveva fatto tante, forse troppe promesse negli ultimi tempi, ma non si lasciò distrarre da quel pensiero.

-So bene di essere stata io stessa a suggerire che forse siano state le torri la causa dei tentativi di corruzione, ma ho il dubbio che non sia così- proseguì lei.

-Spiegati meglio- la invitò il comandante, aprendo un braccio sul letto. Awryn si sedette sul lenzuolo ingiallito.

-Se fossero state le torri avremmo avuto un effetto superiore qui a Belwor, no? Nayif e Rhirm hanno riferito che ce ne fossero a decine nel deposito.-

Uriel parve pensarci un attimo, per poi assentire. –Quindi cosa credi che sia la fonte?-

Awryn scosse la testa. –Ho paura a pronunciare queste parole. Non cosa. Chi.-

Il comandante sgranò gli occhi in risposta, la ragazza trasse un profondo respiro.

-C'è qualcosa che non va con Okksel e penso che anche tu abbia notato questo comportamento.- Awryn cercò le parole con cui proseguire, ben sapendo che Uriel aveva una sorta di predilezione per il ragazzo dal ciuffo scuro.

-Sì, ho notato anche io che sia un po' strano, ma da qui ad accusarlo...-

-Non sto accusando nessuno. Ma vorrei riferirti di un paio di episodi che mi hanno lasciata perplessa- ribatté lei con fermezza. Awryn raccontò dei sorrisi, dei discorsi di Okksel.

-E quando stavi dando le disposizioni, dopo la presa dell'avamposto, il suo tono di voce era...-

-ambiguo- completò lui.

-Esatto.-

-Credi che sia la fonte?- chiese Uriel.

-Penso che gli stia succedendo qualcosa e che vada tenuto sotto osservazione- si limitò lei.

***

I raggi obliqui del tramonto arrivavano tenui e appena percettibili su Belwor. Nell'ombra del cielo, era difficile distinguere il giorno dalla notte. Verkela corse fuori dall'avamposto, il fiato spezzato dall'ansito di salutare Okksel. Avevano discusso su quella decisione, ma il ragazzo era stato inamovibile.

"È più sicuro per te qui. Non voglio che prosegui e rischi la tua vita in questo folle piano, non c'è motivo per cui tu lo debba fare" aveva sentenziato, ponendo fine a quella discussione. Lei se l'era un po' presa, ma adesso sentiva che non avrebbe mai potuto lasciarlo andare senza salutarlo.

Davanti ai suoi occhi, l'avanguardia era schierata e pronta a partire verso Itysia. Verkela scorse Uriel che stringeva una spalla ad Aner, lasciandolo a capo della retroguardia. Affianco al comandante, Awryn fissava un punto imprecisato del terreno fangoso, assorta nei propri pensieri.

-Ver! Credevo non venissi a salutarmi!- disse una voce femminile alle sue spalle. Verkela si voltò, Rhielorm le sorrise in maniera appena percettibile. C'era stato un tempo in cui il sorriso dell'amica l'aveva risollevata, un tempo in cui era stato l'unico compagno dei giorni più bui. Nelle ore di studio e di ricerca, nei pericoli affrontati assieme, Verkela ora vedeva solo il proprio passato. Non un presente, né tanto meno un futuro.

Il viso di Rhirm, che si faceva piccolo piccolo, ma luminosissimo quando sorrideva, si spense sotto all'occhiata gelida della bionda. Verkela le voltò le spalle senza proferir parola, mentre sentiva in sé una punta di soddisfazione per aver ucciso quella speranza.

La mistica vide Okksel poco più in là. Lui le lanciò uno sguardo interrogativo, poi un lembo delle sue labbra si sollevò.

-Non potevo lasciarti andar via così- disse la mistica.

-No, non potevi- disse lui, puntando le proprie pupille nelle acque gelide delle sue iridi.

Verkela si sentì frastornata da quello sguardo. Quando Okksel la guardava, era come se le membra non rispondessero più a lei, come se i suoi pensieri fossero guidati da una forza oscura. Tutto il mondo spariva dietro al ragazzo e i pensieri fluttuavano privi della loro lecita meta, trascinati dalla marea.

Senza neanche accorgersi di come, Ver levò le braccia verso il collo del nireliano, si issò sulla punta dei piedi e lo baciò, imprimendo a quel gesto tutta la forza di cui era capace.

-Torna presto- gli disse, staccandosi da lui.

***

Il convoglio dell'avanguardia, bardato di tutto punto, giunse alle soglie di Itysia durante la notte. Okksel osservò con cura i propri compagni, mentre attendevano di essere sistemati nella rocca. Il suo obiettivo primario ora era Awryn.

Gorn gli aveva ordinato espressamente di far sì che la mistica fosse privata della fiducia dei suoi amici. Poi, con la dovuta attenzione, avrebbe riprovato a piegare Uriel, tendando ancora di schiacciarlo con gli incubi del suo passato. Devi tagliare la testa del serpente e prenderne il posto, aveva detto il Generale.

Okksel li fissò: Uriel era concentrato su quanto stavano per fare, Awryn bisbigliava qualcosa a Nayif, mentre Rhielorm gli carezzava una spalla.

-Oh!- esclamò tra sé il nireliano. Perché non ci aveva pensato subito? Le paure di Nayif! Avrebbe dovuto concentrarsi sin da subito su di lui, anziché perdere tempo con il comandante. Il ragazzino era smarrito da diverso tempo ormai, era distratto, terrorizzato. Probabilmente la manipolazione che Okksel aveva messo in atto aveva avuto più effetto su di lui, ma il Tessitore d'incubi non ci aveva fatto caso, troppo impegnato com'era su Verkela e Uriel. Ora vedeva una strada: un animo malleabile e pronto a farsi guidare...

Il fine giustifica i mezzi. Lo guarderò danzare ad una mia sola parola, si disse sorridendo.

***

Come già avevano fatto a Belwor, gli uomini di Uriel si disposero nell'avamposto in modo da poter liberare le vie d'accesso. Awryn scivolò dietro alle guardie appostate su uno dei torrioni. Nel buio algido di quella notte, la ragazza percepiva solo il respiro affannato di Nayif dietro di sé e le chiacchere inconsistenti che gli uomini qualche gradino sopra la sua testa si scambiavano per non sentir troppo freddo. La ragazza pregò che non sentissero l'ansimare nervoso dell'amico. Nayif era in quel pietoso stato da quando avevano varcato la soglia di Acasti, ma aveva cercato di tenerlo nascosto. Poi era scoppiato con lei e con Rhielorm.

"Mi sono rivisto dietro a quelle sbarre d'ossa. Affianco a me c'erano cadaveri ovunque, sentivo gemiti quando mi muovevo. C'erano persone anche sotto di me, i vivi misti ai morti. In quella gabbia però l'unica cosa che m'importava era sopravvivere. Ho scorto un punto in alto in cui le ossa erano state legate con minor perizia. Mi sono arrampicato e li ho abbandonati là" aveva detto tra le lacrime. Era scoppiato in un singhiozzo che quasi gli aveva impedito di aggiungere altro, ma con uno sforzo sovrumano Nayif aveva proseguito. "Da quando siamo qua, non vedo altro nei miei incubi, che quei gemiti ignorati. E il marchio che mi avevano fatto, non fa altro che ricordarmi ciò che io stesso ho commesso con le mie mani."

Rhielorm l'aveva stretto e l'aveva consolato. Awryn aveva cercato di rassicurarlo, ma sapeva bene che quel ricordo tormentoso, che stava per diventare un'ossessione per l'amico, era così pressante per via della corruzione. Devi resistere, Nayif.

Awryn tirò fuori il coltello dal fodero e assalì la guardia che le dava le spalle. L'uomo si accasciò, con la gola gorgogliante di sangue. L'altro la guardò esterrefatto, ma prima che potesse urlare Awryn gli era già addosso.

La ragazza lo atterrò con un colpo al ventre, per poi calare il secondo pugnale nel suo petto. Si rialzò, col respiro che andava e veniva, e si ripulì. Nayif le rivolse uno sguardo molto più che eloquente, mentre le labbra si arricciavano in un'incurvatura appena accennata e gli occhi si facevano acquosi. Nayif aprì la bocca, ma Awryn lo zittì.

-Prima che tu possa dire qualcosa, amico mio, stai per fare la scelta sbagliata- gli disse severa, prima ancora di rendersene conto. Nayif sembrò confuso, quindi Awryn continuò.

-Mi sei grato per averti risparmiato anche questi morti sulla coscienza, lo si capisce dai tuoi occhi. La tua pena traspare, Nayif, ne sei colmo. Hai aspettato sin troppo per parlarne, ma se la tua intenzione è di abbandonarci, come temo, mi costringi a ricordarti le tue stesse parole di pochi mesi fa. Hai detto che non sono più uomini quelli che stiamo combattendo, mi hai esortata a non fermarmi. Non lasciare che il senso di colpa ti schiacci, è la corruzione che fa leva sulle tue paure. Devi reagire!-

Il ragazzo si lasciò cadere sulle ginocchia, vinto da quell'arringa. –So che hai ragione, solo che... sento come una forza che risucchia la mia risolutezza, il mio corpo sembra non rispondermi... è come una marea.-

-Opponiti!- gli ordinò lei. Awryn si volse alla fiaccola che oscillava sul torrione e gli versò sopra il balsamo delle mistiche. La fiamma sprizzò le proprie scintille verdi, sventolando una bandiera di speranza nella notte.

Sotto di loro i cardini delle porte ruotarono.

***

Awryn scese le scale, seguita dal suo compagno. Sguainarono le spade nel riflesso tremolante dei lumi appesi alle pareti. I loro alleati sbucarono fuori dalle stanze, dove già avevano posto fine all'esistenza di ignari Sunek addormentati.

Uriel indicò come dividersi. Awryn, Nayif ed Okksel avrebbero dovuto dirigersi verso i piani interrati assieme alla retroguardia. Uscirono dunque nell'atrio, dove Aner era appena arrivato col suo battaglione. Le prime urla dilaniarono l'oscurità della notte.

-Alziamo il passo. Dobbiamo essergli addosso prima che siano troppo reattivi- disse Aner.

-Vi guido io- gli rispose Awryn. Scesero lesti i gradini viscidi e umidi della scala a chiocciola, per poi sbucare in un corridoio buio e maleodorante. Si disposero davanti alle porte delle camere a gruppi di tre.

-Al mio segnale fate irruzione- bisbigliò Aner, per poi iniziare una conta silenziosa. Awryn cercò nell'oscurità gli sguardi di Nayif e Okksel, mentre la sua mano stringeva sempre più la maniglia.

-Tre!- urlò. Le porte furono spalancate e i Tarkir penetrarono. Awryn sollevò lo scudo con la mano sinistra, mentre con la destra punzonava lo spazio davanti a sé. Le era praticamente impossibile vedere gli avversari, quindi doveva affidarsi alla lunghezza della propria lama e pregare che la sorpresa avesse sortito il proprio effetto. Sentì una voce dare il chi-va-là, quindi affondò immediata verso quel suono. Alla sua sinistra un fruscio le segnalò che qualcuno si stava alzando da una brandina.

-Nayif a sinistra!- chiamò l'amico, che le era alle spalle.

-Tarkir! Tarkir!- Iniziò ad urlare l'uomo che si era ormai destato. Awryn non si mosse, ebbe timore di ferire i propri compagni. Aveva chiesto l'intervento del proprio amico, perché quello non si muoveva?

Nel frattempo l'uomo le arrivò addosso brandendo una mazza. Awryn prese un colpo in pieno ventre. Si piegò, urlò e tossì, sputando il proprio sangue. Un movimento d'aria le fece intuire che la mazza stava per essere calata nuovamente, sta volta sulla propria testa. Sollevò ancora lo scudo, parando il colpo alla cieca. Con la mano destra spazzò, finché non incontrò lo stinco dell'uomo. Awryn impresse tutta la sua forza in quel movimento rotatorio e tagliò tra le gambe dell'avversario, pregando di prendere l'inguine.

Sentì l'uomo urlare furioso, doveva aver fatto centro. Si rialzò e infilzò il corpo che si dimenava in terra.

Le urla si spensero poco a poco. Awryn si asciugò il viso e si girò verso l'uscio. La scena che le si parò innanzi la lasciò basita. Poteva scorgere il profilo di Nayif stagliarsi contro la porta: il ragazzo era di nuovo in ginocchio e mormorava parole incomprensibili.

Awryn riuscì a distinguerne solo alcune: "Rhielorm", "incubi", l'amico sembrava perso in una sorta di stato onirico. Dietro di lui, tuttavia, Awryn vide Okksel. Le mani tese verso le spalle di Nayif, sospese poco sopra la sua testa, con le dita che si muovevano come a tirare fili invisibili. Gli occhi del nireliano erano illuminati da un' aura azzurra ed erano sgranati nelle tenebre della stanza.

-Ripiegare ai piani superiori!- urlò Aner dal fondo del passaggio. Okksel sembrò rendersi conto solo allora che Awryn lo stava osservando. Fu colto da un sussulto, si voltò e li abbandonò. Awryn si lanciò su Nayif, lo chiamò e lo schiaffeggiò.

-Svegliati, dannazione! Dobbiamo andare!- gli urlò addosso. Il ragazzo era frastornato; Awryn lo prese sotto la propria spalla e lo aiutò a rialzarsi, digrignando i denti per la sofferenza. Non si fermarono fino a quando non furono fuori dall'edificio.

Awryn aiutò Nayif a sedersi. Poi si lasciò cadere a sua volta. Il dolore all'addome era tale da impedirle quasi di respirare. La ragazza si stese, fissando la coltre di nebbia sopra di loro. Sperò in cuor suo che quella presa andasse a buon fine e che qualcuno li trovasse prima che fosse troppo tardi. Poi i sensi l'abbandonarono.

***

Rakm annusò la terra brulla con insistenza, rialzò il muso e trotterellò verso Iriyl, la mezza coda bassa e le orecchie mogie. Giunto ai piedi della sua padrona espresse un lungo uggiolio.

-Lo so, mio caro lupo. Lo vedo anch'io- disse lei con voce rotta dall'emozione. La ragazza lasciò che il suo sguardo spazzasse l'orizzonte: Nirel, vista dalla cima di un suo monte. Aveva imposto a Moem di risalire quel pendio proprio perché voleva vedere ed ora solo comprendeva.

Davanti a lei, vuota, arida, gelata, prosciugata, giaceva quella terra un tempo ricca e florida. I suoi occhi incontrarono gli esili abeti scricchiolanti, scheletri immortalati in un'ultima richiesta d'aiuto. Ai loro piedi i cespugli non gemmavano, ma restavano coperti di licheni, come chiusi in un soffocato dolore. I fiumi sembravano immobili, incapaci di sanare le ferite che la guerra aveva lasciato.

Iriyl percepì le palpebre bruciare, sentì le lacrime che lasciavano le sponde delle sue ciglia invisibili.

-Hai fatto bene a portarmi qui. Già le terre che ci siamo lasciati alle spalle portavano i segni di questo morbo, ma erano segni appena percettibili. Qui... qui è solo morte e desolazione- disse a Moem.

Il ragazzo tacque. Iriyl sollevò le braccia.

-Ora vedrai di cosa è capace uno spirito di luce- asserì con decisione. Davanti a loro, nel tenue sole del mattino, la neve si sciolse, scoprendo la terra del suo drappo. Subito gli arbusti scoppiarono di un verde nuovo, pieno, rigoglioso. Gli alberi si ricoprirono in pochi istanti di nuove foglie, mentre gli aghi bruni e malati cadevano in terra. Le conifere s'irrobustirono, crebbero e tesero ancora i loro rami. I fiumi scrosciarono con furia, l'erba ricoprì il suolo.

Iryl abbassò lentamente le braccia, poi si volse verso Moem.

-Andiamo, dobbiamo giungere al fronte quanto prima.-

Mentre si muoveva, dall'erba, sbocciarono piccoli fiori bianchi e le farfalle presero a danzare tra i suoi passi.

Spazio autrice:

salve ragazzi! Spero non mi odierete per questi ritardi cosmici, sappiate che sto veramente facendo il possibile. Intanto vi ringrazio per star continuando a leggere la storia, è veramente importante per me e mi date la forza di andare avanti. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, io non so se sono proprio convintissima. Fatemi sapere quello che ne pensate. Alla prossima, un bacio.

Wendy

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