Capitolo 14 -Malattia e guarigione-
La bruma si diradava lentamente, fendenti di luce rischiaravano la brughiera. Il vento smuoveva l'erba e i riflessi acquei della notte riempivano gli occhi stanchi dei cavalieri. I loro mantelli oscillavano con pigrizia nell'aria, sventolando all'unisono col passo delle cavalcature. Non c'era stato riposo per loro quella notte, come d'altra parte accadeva diversi giorni. Dormivano, ma al mattino era come se gli spettri avessero predato i loro sogni. Da poche lune erano penetrati nel territorio di Eltyti, silenziosi e invisibili come mai si erano sentiti. Non c'erano sbarramenti, né postazioni di guardia gremite di nemici a difenderle, né fortificazioni o controlli di alcun tipo. Uriel si era stupito molto di quest'assenza, la cosa lo inquietava e non gli lasciava presagire nulla di buono. Per questo si erano mantenuti alla larga da villaggi e centri rurali, lasciandosi alle spalle le rovine di Lydartan, ma perseverando ancora nel loro compito.
-Non puoi obbligarmi a farlo!- disse Moem indirizzando uno sguardo carico di rabbia ad Awryn, che gli cavalcava di fianco.
-Certo che posso! Sono tua sorella maggiore, l'unico parente in vita che tu abbia in questa parte di mondo! E tu- rispose lei, puntandogli un dito contro -mi obbedirai e tornerai a Loxiet. Non mi interessa nessuna delle tue motivazioni. Potevi esserci tu al posto di Corse. Potevi restare ucciso, a questo hai pensato? Hai pensato a cosa ne sarebbe di me?-
-Tu rischi la vita tutti i giorni! Non puoi farmi la predica perché io voglio fare qualcosa che fai anche tu! Né tanto meno puoi ordinarmi di tornare sui miei passi visto che avevi più o meno la mia età quando ti sei arruolata!- rispose lui con enfasi. La stoccata era palese ed Awryn si sentì punta sul vivo. Si morse il labbro, fino a farsi male.
-Non mi importa cosa pensi, tornerai a casa e basta. Ti voglio lontano dal campo di battaglia e non ammetto repliche- ribadì lei tagliente.
Moem la guardò allibito, quindi spronò il cavallo per mettere quanta più distanza era possibile tra loro. Passò in testa alla colonna, al fianco del comandante.
-Come fate a battibeccare di prima mattina voi due? Vi si sentiva da qui- gli disse Uriel passandosi una mano sugli occhi. Le palpebre erano decisamente pesanti quella mattina.
-Con questo silenzio si sentirebbe anche il ronzio di una mosca- ribatté acidamente Moem.
-Vuole che tu ti allontani dal campo di battaglia, non è così?- chiese l'altro con un sorriso. Il ragazzo annuì. -Non devi avercela con lei per questo, cerca di capirla. Ti vuole molto bene e ha paura per te. Non ragiona lucidamente quando si tratta di qualcuno che le sia caro. Chi d'altra parte lo fa?-
-Sì ma...-
-Ma io ho la soluzione che possa accontentarvi entrambi.-
Moem lo guardò incuriosito. -Che intendi?-
-Ci penso da quando Verkela mi ha riferito le notizie sull'Aina. Qualcuno deve intraprendere la ricerca, ma non possono essere le mistiche. Avrebbero voluto partire subito, ma abbiamo bisogno del loro aiuto qui e quindi gliel'ho impedito- rispose Uriel.
-Mi stai dicendo che dovrei andare io a cercare quella ragazza?- Moem scosse la testa con incredulità, porgendo le mani in avanti.
-Sì, esattamente. Pensaci: daresti il tuo contributo, un contributo fondamentale, bada bene. E tua sorella ti saprebbe al sicuro.-
Moem lo fissò in silenzio, soppesando l'offerta. Se avesse accettato avrebbe dovuto fare in fretta, non voleva perdere di vista Awryn. Ma c'era il comandante con lei.
-D'accordo, affare fatto- gli disse dopo qualche istante, tendendogli la mano. Uriel la strinse sorridendo. Teneva all'amicizia di quel ragazzino, senza contare che in parte rivedeva sé stesso in lui. Quella smania di mettersi alla prova, di sentirsi all'altezza, Moem la provava verso la sorella, lui l'aveva provata con la reputazione del padre. Ma Moem era ancora molto, troppo giovane. Su questo Awryn aveva indubbiamente ragione.
***
Uriel si decise: avrebbero preso i villaggi più vicini al confine di Lydartan. Era impensabile continuare a tentennare in quella maniera: non c'erano segni che indicassero trappole di alcun tipo. Gli esploratori avevano osservato per giorni gli abitanti, intenti nelle loro attività quotidiane. Sembrava che fossero totalmente ignari della guerra che infiammava a poche miglia di distanza da loro. Non vi erano guardie cittadine, né eserciti, né alcun tipo di protezione. Le loro mandrie continuavano a brucare l'erba dei pascoli, le donne a stendere le lenzuola al vento come se nulla fosse.
Il tentativo di occupazione fu quindi condotto in un clima surreale di totale indifferenza da parte della popolazione. I Tarkir arrivarono in arme, bardati di tutto punto, indisturbati fino al centro cittadino di Orzek, il borgo più vicino al confine. Non un solo grido di battaglia, o di paura, si era levato.
Con un certo imbarazzo Uriel aveva decretato a gran voce:
-nel nome del Consiglio di Dror, dichiaro Orzek sotto la giurisdizione di questo esercito. I cittadini che oseranno ostacolarci diverranno prigionieri di guerra.-
Un vecchio raggrinzito sul proprio bastone, intento a spendere gli ultimi anni della sua vita a guardarsi indietro, aveva alzato lo sguardo su di loro. Una roca risata era fuoriuscita dalla sua gola, seguita da violenti accessi di tosse. Uriel si era guardato attorno: quei pochi che erano in piazza lo stavano fissando in silenzio.
Egli non capiva, qualcosa continuava a non quadrare.
-Perché ridi, vecchio?- chiese brusco all'uomo.
Quello iniziò ad articolare la mandibola come se volesse rispondere: aprì la bocca, lasciando fuoriuscire un rivolo di bava che prontamente asciugò con il dorso della mano. Lo sguardo si rabbuiò, poi tornò vuoto come prima che Uriel parlasse. Il comandante smontò da cavallo e gli si avvicinò.
-Rispondi alla mia domanda!- gli intimò furente. L'altro lo fissò, spalancò la bocca e con grande pena pronunciò sotto voce:
-è tutto inutile. Desistete, non serve...-
Uriel lo guardò sgomento, ma il vecchio non disse più nulla. Il comandante lo prese per il bavero.
-Parla! Che tu sia dannato se non continui quella frase!- gli urlò in faccia.
Awryn lo fermò, -è solo un vecchio Uriel, è inutile accanirti.- Lo aveva chiamato per nome. Non lo faceva spesso, ma ora Awryn gli aveva dato del tu. Uriel lasciò l'uomo e si volse alla piccola folla che lo osservava.
-Qualcuno mi dica cosa sta succedendo qui!- ingiunse loro, senza successo.
-Temo che non risponderanno, c'è qualcosa sotto a questo silenzio- gli disse lei.
Lui assentì, -che facciamo dei cittadini? Non rispondono, non collaborano, ma neppure si oppongono. Il codice vorrebbe che...-
-Che li prendessimo come prigionieri. Penso sia la cosa giusta da fare ora- gli rispose lei. Uriel la guardò allibito. Lei comprese il perché di quello sguardo e si affrettò ad aggiungere: -trattandoli con il rispetto dovuto, questo è certo. Ma dubito che la loro insofferenza sia "spontanea", per così dire. Potrebbe essere un'altra corruzione, non possiamo fidarci. Dobbiamo arrivare a Thon senza che la notizia della nostra presenza qui giunga alle orecchie dei nostri nemici, sfruttando la situazione per quanto possibile.-
Lui annuì e diede disposizioni: la popolazione fu relegata temporaneamente nelle prigioni del borgo, accompagnata dagli occhi vigili di Barn e Farkas, ma il tutto si svolse con ordine. Non ci furono tentativi di fuga, né di ribellione. Gli abitanti si lasciarono scortare nelle celle, con le labbra sigillate in un muto assenteismo.
Farkas scosse la testa:
-non dovremmo tenerli come bestie in una stalla- asserì rivolta più a se stessa che non a Barn. Il suo viso si illuminò un istante successivo, prese l'amico per la spalla e lo strattonò.
-Forse la guerra è finita e non ne abbiamo avuto notizia! Forse possiamo tornare a casa!-
-Non credo, sai?- rispose lui con un'alzata di spalle. -Penso che saremmo i primi a saperlo se succedesse. Piuttosto penso che siano rassegnati.-
-Che intendi?- chiese lei con curiosità.
-È inutile ribellarsi, oltre che stupido. Sono solo civili, che potrebbero fare in balia degli eserciti?- rispose l'altro.
-E l'assenza delle armate Sunek come te la spieghi?-
-Non ne ho idea. Probabilmente pensano sia inutile anche loro. A che serve che ci ostiniamo a combattere Gorn? Tanto non l'avremo vinta.-
Farkas rifletté in silenzio sulle sue parole. Non le condivideva anche lei, infondo? A che serviva combattere un dio? Che scopo poteva avere un sacrificio così inutile? Forse, era meglio continuare a cantare nella sua gabbia dorata piuttosto che morire con le sue dita strette al collo...
***
Moem era appena partito. Gli era stato dato un piccolo ronzino dal manto nero, un bell'animale, veloce e scattante. Awryn lo aveva stretto forte a sé, prima di pizzicargli una guancia e di raccomandarsi.
Ora la ragazza si era avvicinata ad Uriel. Egli era seduto davanti a una piccola scultura, raffigurante un bambino dormiente, e mangiava senza eccessivo appetito una mela, assorto nei suoi pensieri. Lei lo osservò divertita: quello sguardo corrucciato ne ingentiliva la linea dura della mascella, facendolo sembrare molto più giovane.
-Cos'ha quella scultura per darti tanto da pensare?- gli chiese sedendosi al suo fianco.
-Niente, solo pensavo che anche gli abitanti qui sembrano addormentati. Non mi convince, ma non so che pensare- rispose lui guardandola. Il viso di lei sorrideva, incorniciato dai lunghi capelli castani, e rifletteva la serenità di quella notte.
-Ne verremo a capo, vedrai. Ho fiducia in te.- Awryn allargò ancor di più il sorriso. Lui sgranò gli occhi all'udire le sue parole. I suoi uomini avevano fiducia in lui, ma lei, lei credeva che in lui ci fosse qualcosa in più e lui lo capiva solo ora.
-Volevo ringraziarti per quello che hai fatto per me, con Moem- proseguì la ragazza.
-Avevo bisogno di tenerlo alla larga dai pericoli.-
-Non devi ringraziarmi, posso capire cosa provi- le rispose.
-E chi vorresti tenere alla larga dai pericoli, tu?- lo canzonò lei.
Lui le indirizzò un'occhiata eloquente, ma Awryn abbassò il viso, arrossendo. Uriel non mancò di notarlo e decise di cavalcare quel momento.
-Te. Temo per te. Eppure non posso mandarti via per tenerti al sicuro.-
Awryn tremò quasi, ma sentì che doveva parlare questa volta. -Non credere che per me sia diverso.-
Lui sorrise, scoprendo i denti in un gesto così dolce come ben pochi gliene aveva visti fare. -Allora le tue labbra non mentivano quando mi hai baciato a Drungar- le disse pungolandola. Lei sentì il cuore in gola, ma era decisa a non perdere quel duello. -No. E non mi sembra che tu ti sia opposto. È servito a farti rinsavire, quindi spero non me ne farai una colpa- gli disse.
Uriel la guardò divertito: non c'era nessuna vittoria che avesse ottenuto in quegli anni, a dargli una soddisfazione pari al vederla così in imbarazzo. -Quindi ti sei sacrificata solo per purificarmi dalla corruzione? Che peccato.- Lei si stizzì, alzò il mento con aria sprezzante, ma non rispose.
***
I giorni passarono, le unità dei Tarkir continuarono la loro occupazione dei villaggi. Nessuno di questi aveva tentato di resistere, moltiplicando i dubbi che cominciavano a insinuarsi tra le menti dei soldati. Awryn si sentiva sulle spine, c'era evidentemente qualcosa che le sfuggiva: un dettaglio, un pezzo del quadro che la sua mente non riusciva a catturare. Quel giorno avevano appena terminato di preparare i prigionieri per mandarli a Lydartan. Uriel aveva pensato che fosse la cosa migliore da fare, in modo da poter agire più liberamente. Awryn guardò la carovana che si apprestava a partire. Uomini e donne, vecchi e bambini, tenuti insieme da corde legate ai polsi. Provò a chiedersi cosa stessero provando ma le loro espressioni non lasciavano trasparire alcunché.
Awryn li osservò. Qualcosa la disturbava in quella vista. Era forse senso di ingiustizia? Infondo nessuno stava usando violenza contro i cittadini, venivano nutriti e portati al sicuro. Eppure erano i Tarkir che stavano decidendo per loro. La ragazza si morse un labbro, scuotendo la lunga treccia, poi serrò gli occhi. No. C'era dell'altro. Non era plausibile che a stento parlassero, persino tra di loro. Erano come catatonici, come prigionieri dei loro stessi pensieri.
Un dettaglio colpì la sua attenzione: i loro lineamenti erano sfuggenti, i loro fisici molli. Non era forse assurdo che uomini e donne dediti principalmente all'allevamento avessero una simile rilassatezza nella postura, nel modo di muoversi? C'era, a guardarli meglio, un che di liquido nei loro visi, come se le palpebre cadenti e stanche stessero sciogliendosi sotto il peso di un'esistenza rassegnata. Quel pensiero le percorse la spina dorsale facendola rabbrividire. Li osservò ancora: tutti avevano quell'aria sinistra, nessuno escluso.
-Non è forse un po' inutile tutto questo?- le chiese Nayif.
-Che intendi?-
-Far prigionieri uomini che non si oppongono. Contro chi stiamo combattendo questa guerra, Awryn? Chi ci ha mandati al fronte? Non ha senso, quest'assurda lotta tra il Consiglio e Gorn non ci riguarda. Guardali! Fanno bene a non combattere! Nemmeno io ho voglia di farlo più ormai-
Awryn lo guardò sconcertata. Era lo stesso Nayif che qualche mese prima la esortava a fare la sua parte?
-Ma Nayif, lui uccide, corrompe e devasta! Le sue schiere hanno stuprato, hanno bruciato e massacrato in suo nome! Come fai a rimanere con le mani in mano?- protestò lei.
-Non abbiamo fatto forse anche noi le stesse cose nel nome del Consiglio?- chiese lui con odio.
-Sai bene che non è così. Hai già dimenticato cosa rappresenta il marchio sulla tua spalla? Hai già scordato come Gorn voglia asservirci e schiavizzarci? Guarda cosa fa con le genti dell'Ovest! Sono ridotti a burattini! Come puoi dire parole tanto insensate?- s'infervorò lei.
Lui non rispose, ma c'era qualcosa nel suo silenzio, e nelle sue fattezze che la disturbò. Nayif sembrava esausto, trasandato, piatto. Awryn non riusciva a cogliere alcuna emozione in lui e ciò la terrorizzò.
***
Moem si lasciò cadere a terra pesantemente. Aveva galoppato indietro per molte miglia. Da settimane non faceva altro che cavalcare, fermarsi per la notte, mangiare una porzione striminzita di pane e addormentarsi in pochi istanti. Ogni giorno uguale all'altro, ma non gli importava. Aveva preso sul serio la sua missione e non voleva in alcun modo deludere Uriel e quelli che ormai considerava compagni.
Aveva attraversato Lydartan, Rileel, Nirel, Baillor e Yeser. Da tre giorni era finalmente giunto a Niraen. Aveva chiesto informazioni nei villaggi che aveva visitato, ma persino a Miorn nessuno aveva notizia di una donna con dei doni particolari. Il ragazzo si chiese cosa stava sbagliando. Aveva poche informazioni, questo era vero, ma aveva sperato di trovare una qualche voce o diceria. Insomma una ragazza di diciannove anni "in grado di muovere le montagne e richiamare a sé i fiumi", come aveva riferito Verkela, non doveva essere così difficile da trovare. Qualcuno doveva sapere.
Forse le sue doti sono state tenute nascoste. Forse dovrei cercare qualcuno che stava per morire appena nato, ma che inspiegabilmente sia sopravvissuto pensò Moem ricordando il resoconto che gli era stato fatto. Ad ogni modo era troppo stanco per pensarci quella sera.
Si strinse nella coperta, stendendosi ai piedi di un grosso albero. Ben presto i suoi sensi si offuscarono e scivolò in un sonno profondo. Non si rese neppure conto che qualcosa lo aveva preso per una manica e ora lo stava trascinando via.
***
Thon si adagiava con lascivia alle pendici di una collina. Le sue case di legno parevano vuote, tanto era il silenzio che regnava sovrano. Solo l'eco di tuoni lontani si sentiva sulla brughiera. Uriel era deciso a proseguire, non potevano più tentennare; quella notte avrebbero assaltato il capoluogo di Eltyti. Gli esploratori tornarono al campo base con notizie sorprendenti.
-Sembrano malati, comandante. Il loro corpo è giallastro, ricoperto di lividi e pustole. Camminano curvi e ogni respiro gli costa una fatica immane. Tutta la città è nelle stesse condizioni, come per un'epidemia. Magari è anche la ragione per cui questa regione sembra essere priva di sorveglianza. Proseguire col piano è impensabile- gli riferì Aner categorico.
La fronte di Uriel si corrugò. -Tutta questa situazione è assurda, dobbiamo andare a vedere cosa succede. Se anche fosse una malattia contagiosa, probabilmente saremmo già infetti.-
-Non sono d'accordo. Perché mettere a repentaglio le vite dei tuoi uomini? Se laggiù c'è un morbo di qualche tipo, non ha senso rischiare! Tanto non otterresti nulla da una cittadina inferma!-
-E se fosse una corruzione di qualche tipo, Aner? Ci hai pensato?- intervenne Awryn. La ragazza era visibilmente fuori di sé dalla rabbia. -Il tuo compito è di proteggere questa terra, hai giurato di farlo, come chiunque di noi!- gli ruggì contro.
-Soldato semplice Archlorves, tu non hai il diritto di parlare. O credi forse di averlo, solo pervia del tuo "legame" col comandante?- chiese il balestriere. Il suo viso lampeggiò con malizia. Awryn si sentì ferita e offesa: egli era suo amico, come poteva ora farle questo?
-Non ti permetto di dire questo, Aner!- tuonò Uriel.
-Naturalmente!- rispose lui.
Rhielorm s'intromise:
-smettetela! Smettetela subito! Se laggiù ci sono dei cittadini malati abbiamo l'obbligo di prestare soccorso!-
-Non la penso come te- le rispose Verkela. La ragazza fino ad allora era rimasta in disparte, ma ora si avvicinò a coloro che discutevano. -Non serve che andiamo a farci ammazzare anche noi. Io e te abbiamo già fatto anche troppo in tutto questo. Sono stufa di sentirmi in obbligo verso una causa che non mi appartiene. Voglio andarmene da qui- decretò con asprezza.
-Cosa diavolo stai dicendo? Ver, sei impazzita? Che diavolo prende a voi tutti?- chiese Rhirm stupefatta.
Awryn osservò meglio Verkela. La luce del giorno morente era grigia, ma nonostante ciò era evidente che il consueto candore della pelle della mistica era stato sostituito da una sfumatura cerea.
-Te lo dico io, Rhirm. Ci prende che tanto è inutile, ogni nostro sforzo, ogni nostro tentativo di liberarci da questo conflitto. Tanto siamo impotenti difronte alla furia dei Sunek, quindi semplicemente non vogliamo farci ammazzare- rispose Farkas facendo spallucce.
-Io non ho intenzione di muovermi da qui- dichiarò Aner, accompagnato dai cenni di assenso di molti di loro.
-È la corruzione! Diamine non vi accorgete che sta contagiando anche voi?- urlò Awryn portandosi le dita alle tempie. -Non ricordate forse come avete cominciato quest'impresa? Tu Nayif non ricordi più il massacro di Lydartan? E tu Aner dov'è finito il tuo senso della giustizia? Dov'è il coraggio dell'Aner che voleva dimostrare il suo valore? Dov'è quello di Barn e di Farkas?-
-Tu Verkela, non ricordi quanta pena hai provato da piccola nell'esser additata perché diversa? Non ricordi come hai cercato con assiduità e determinazione un modo affinché nessuno pensasse più che anche tu eri uno spirito malvagio?- proseguì Rhielorm, spalleggiando Awryn, con tono quasi implorante.
-Pensate che i nostri sforzi siano inutili, eppure fin ora non lo sono stati! Abbiamo vinto scontri che nessuno credeva saremmo riusciti a vincere! Abbiamo resistito, abbattendoci con furia sugli scogli come le onde di un mare in tempesta! E li abbiamo erosi, battaglia dopo battaglia, fianco a fianco. Avete forse dimenticato i compagni che sono morti? Avete già dimenticato Olb? E le vostre ferite, le vostre famiglie, i vostri valori? Li giudicate di così poco conto? Forse la nostra forza sarà poca cosa al confronto del potere di Gorn, eppure noi abbiamo un grande pregio di cui possiamo far vessillo! Siamo uniti! Siamo le gocce che assieme formano quel mare. E amiamo Dror! Combattiamo per tutto ciò che amiamo! Svegliate il vostro buon senso!- urlò Awryn.
In quell'istante una voce rauca e bassa alle sue spalle la fece sussultare, raggelandole il sangue.
-No! Dormite, oh uomini dell'Est! Spegnete nel dolce sonno ogni brama di vittoria, dimenticate il vostro peccato inseguendo le visioni oniriche del destino. Le sue correnti sono troppo forti perché possiate opporvi. Lasciatevi guidare dall'indolenza, cullandovi nell'illusione dei vostri sforzi inutili e nell'ignoranza che offusca le vostre menti.-
Awryn si voltò di scatto. Non vi era nulla davanti a lei. La ragazza si guardò attorno, facendo saettare lo sguardo sui suoi compagni. Alcuni di loro giacevano per terra, addormentati. Continuò a voltarsi, -Uriel!- chiamò. Ma il comandante non rispose. Rhielorm la strinse per una spalla, costringendola a guardare nella sua direzione. Aner, Verkela, Nayif, Barn e molti altri giacevano al suolo, privi di conoscenza anch'essi.
Rhielorm posò le proprie spalle contro le sue. -Da dove veniva quella voce, Awryn?-
-Non lo so, dannazione. Uriel!- continuò a urlare l'altra in preda al panico. Attorno a loro i soldati continuavano a cadere in terra. -Uriel!-
Awryn finalmente lo scorse: i biondi capelli riversi al suolo, il corpo esanime spoglio della sua volontà. Gli si lanciò addosso, scuotendolo e chiamandolo. -Rispondi ti prego!-
-Non può sentirti ormai, bambina. Perché non ti rassegni anche tu? Ogni sforzo che fai non serve, stai cercando di buttare giù una montagna con un soffio. Il tempo scorre sempre allo stesso modo, stolta, non lo sai?-
Awryn si volse nella direzione da cui proveniva la voce. Ciò che vide le fece cacciare un urlo disumano.
Una creatura, una donna, con la pelle ocra butterata e lunghe corna curve aveva preso Rhielorm. La mistica tremava, mentre le lunghe braccia dell'essere la stringevano, e le dita le penetravano il cranio. Rhielorm uggiolò, ma gli arti stessi della bestia sembravano fumosi e inconsistenti. La ragazza percepì un intrusione nel suo libero arbitrio, come se una qualche droga la stesse sedando.
Ella combatté, si dimenò, -No! Non mi avrai! Io resisterò!- urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Awryn non sapeva come intervenire. La paura s'impossessò di lei: sarebbe rimasta sola, sarebbe morta lì sulla collina di Thon. Calde lacrime solcarono le sue guance. In un attimo vide un'immagine felice: lei e un ragazzo biondo, che camminavano mano nella mano verso il tramonto. L'immagine svanì, lasciandola davanti all'amica sofferente.
Rhielorm percepì la voce, più calda e suadente nella testa, quasi soporifera: -arrenditi a me, ogni resistenza è futile. Fa' la scelta più semplice-.
-Mai!- le rispose tra i denti. Rhirm si sentì trafitta da centinaia di spilli, tesa e strappata in migliaia di pezzi della sua psiche. Si divincolò, riuscendo a indebolire la presa dell'essere e rotolando per terra. Awryn intravide la possibilità di colpire l'avversaria, la sua presa sull'elsa si fece salda. Caricò, corse verso la bestia urlando con quanto fiato aveva in corpo. Uriel, il suo Uriel. Lo avrebbe vendicato.
Saltò, levando la spada in cielo. Sfruttò tutto il suo peso, conficcandola nella testa della donna, precisamente tra le sue corna. La figura si dissolse con grida distorte, facendo precipitare la ragazza al suolo. Awryn si accartocciò, ferita dall'elsa che poco prima stringeva e che ora nella caduta le aveva colpito il ventre. Si lasciò scivolare di lato, col respiro mozzato.
Rhielorm le prese il viso tra le mani. -No! No, no!- continuava a ripetere istericamente. La mistica slacciò i ganci che tenevano fermo il petto dell'armatura dell'amica. La pelle era intatta ma ci doveva essere sicuramente una lesione interna. Rhielorm impose le sue mani sul fianco destro della ragazza. -Devi farcela Awryn, hai capito? Tu devi vivere!- le urlò piangendo. Una fievole luce azzurra iniziò a sprigionarsi dalle sue palme, facendosi mano a mano sempre più intensa.
Uriel aprì gli occhi. La sua vista era sfocata, ma percepiva una donna piangere. Mise a fuoco la mistica, che si dondolava avanti e indietro, mentre curava Awryn. Il suo cuore si fermò. Tentò di mettersi in piedi ma i muscoli non lo reggevano. Allora strisciò carponi fino alle due ragazze. Prese la mano di Awryn tra le sue, ne sussurrò il nome, attonito. A fianco a loro anche gli altri si svegliarono con fatica, prendendosi la testa fra le mani e battendo le palpebre.
Rhielorm respirava faticosamente. Quando alla fine si lasciò andare in terra, Awryn tossì, riprendendo conoscenza.
Aner ricordò cos'era accaduto poco prima che perdesse i sensi. La cercò con lo sguardo e le si inginocchiò vicino.
-Scusa- ebbe infine il coraggio di dire.
***
Moem sentiva la testa dolere in un morsa infernale. Persino il canto degli usignoli graffiava i suoi timpani, artigliandoli e strappandoli. Aprì gli occhi. La luce verdastra del sole lo costrinse a richiuderli. Qualcosa ululò al suo fianco. Moem si voltò. Due iridi ambrate lo fissavano intensamente, mentre un rantolo sommesso lo minacciava con una nota di sfida. Cautamente si mise a sedere.
Di fronte a lui stava un lupo, o almeno quello che indubbiamente lo era. Eppure non sembrava minaccioso. L'animale lo guardava quasi divertito, con le orecchie basse, ruotandola testa di lato, nel tentativo di capire cosa stesse facendo.
Moem non ebbe paura: tra i monti di Loxiet c'erano molti lupi e quello non aveva di certo un atteggiamento aggressivo. Persino quella sorta di brontolio che aveva emesso prima non aveva nulla di minaccioso.
-E tu da dove sbuchi fuori?- gli chiese mettendosi in piedi. L'animale scattò, ringhiando senza convinzione. Irrigidì la coda, una coda mozzata a metà. -Sta buono bello, non voglio farti del male- gli disse tendendogli una mano col palmo rivolto verso l'alto. Il naso umido del lupo gli sfiorò le dita, facendogli il solletico. -Così bello, sì. Ma dove diavolo sono finito?- si chiese il ragazzo guardandosi attorno.
No, decisamente non era lo stesso posto nel quale si era addormentato. Farfalle bianche volavano nell'aria, danzando sopra ad un piccolo mandorlo in fiore, posto al centro di un isolotto. Un piccolo lago lo circondava, precludendo a Moem di esplorare con lo sguardo la sua interrezza. C'era qualcosa per terra, una figura distesa, i cui corti capelli rossi si distribuivano disordinati tra i fiori. Moem si sporse per guardare meglio, ma il lupo prese a ringhiare.
La figura si alzò di scatto. Era una ragazza. Moem la osservò con curiosità: aveva occhi brillanti, simili a quelli del lupo, un naso rivolto all'insù e labbra rosee, come pure rosei erano gli zigomi alti.
-Finalmente ti sei destato- decretò con voce squillante. La ragazza si avvicinò alla riva. Poco prima che il suo piede scalzo toccasse l'acqua, un lembo di terra, coperto di alghe, sembrò sollevarsi da sotto la superficie, facendo da ponte tra le due sponde. La ragazza lo raggiunse rapidamente, sorridendo.
-Temevo fosse già troppo tardi. Voi artisti sempre con la testa tra le nuvole eh?- disse indicando il mandolino di Moem, che il ragazzo nemmeno aveva notato, posato a poca distanza da lui. -Non sembri molto sveglio però. La prossima volta fa' attenzione all'albero sotto al quale decidi di appisolarti, potevi restarci secco. Io sono Iriyl, e lui è Rakm- disse indicando il lupo che ora lo osservava con circospezione.
Spazio autrice:
Hey là ragazzi. Spero mi perdonerete il ritardo. Temo che d'ora in poi farò fatica ad essere costante, visto che sono in tesi e ho ancora gli ultimi esami da preparare. Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto e che mi seguirete come sempre!
Una piccoliiiiiissima precisazione: per la corruzione di questo capitolo ho preso spunto da un demone dello zoroastrismo. Detto questo non sarà difficile indovinare che si tratta di Bushyasta e quindi quale sia il "vizio" che si è abbattuto sugli abitanti di Eltyti. Però mi sembrava carino dirlo, spero che non mi odierete per questo D:
Vi abbraccio :*
Wendy
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