Capitolo 10: Fuoco e ghiaccio - seconda parte
Quando fu completamente notte Verkela si rialzò sotto lo sguardo silente di Okksel. Si portò una mano alla nuca e sciolse il nodo che teneva legato un piccolo ciondolo. L'oggetto era un minuscolo frammento triangolare di argilla. Aveva gli angoli smussati e la superficie graffiata da sottili linee.
-Porgimi la mano- disse al suo compagno. Poi trasse un pugnale dalla cintura di lui e poggiò il filo sul suo palmo. -È richiesto un sacrificio di sangue- spiegò brevemente, mentre incideva la pelle del giovane. Quindi la mistica posò il ciondolo nella mano di lui, chiudendo le dita attorno all'oggetto e stringendo. Gocce rosse bagnarono il terreno e Verkela ripetè l'operazione anche con la sua mano.
La ragazza inserì il monile in una piccola e semi-nascosta insenatura del monolite. L'incastro fu perfetto e una luce si sprigionò dai lievi graffi della pietra. Le venature luminose corsero su tutta la superficie, tanto che sembrarono creparla. Okksel temette che si sarebbe sgretolato, sotterrandoli tra le sue macerie, ma la luminosità lentamente si spense e tutto tacque.
Dal nulla si addensò un fumo azzurro, una nebbia che riverberava la luce delle stelle. Il vapore si raccolse formando una figura incappucciata e incatenata. Un tintinnio sinistro echeggiò nel chiostro immerso nella notte e un sibilo cavernoso gelò il sangue al ragazzo.
Verkela c'era riuscita, era l'Erede. L'incredulità della ragazza fece spazio alla fermezza: in qualche modo, dentro di sé, trovò la forza.
-Dunque l'Erede ha richiesto l'ausilio del padre- disse una voce. Non sembrava provenire da un punto preciso, piuttosto sembrava che tutto lo spazio ne fosse il recipiente ed ogni parola era sussurrata lentamente con fruscii e sospiri.
-Chiedo il consiglio del Custode delle chiavi del Caos, poiché egli è l'unico che conosce gli spiriti che da esso provengono- disse la donna.
-Voi parlate di Caos senza capirne il disegno. Il Caos vi attende, eppure potrebbe reclamare le vostre esili vite nel suo flusso in ogni istante- li ammonì lo spirito.
Verkela si avvise che avrebbe dovuto usare modi più cortesi.
-Ci dispiace se con le nostre parole abbiamo peccato e siamo caduti in errore, la nostra esistenza è troppo limitata per poter comprendere meccanismi così complessi- si scusò.
-Eppure tu puoi, figlia mia. La tua vita non è labile come quella altrui- la schernì la voce.
-Comprendo padre, che c'è un equilibrio, ma non ne vedo i contrappesi.-
-I bracci della bilancia sono sempre alla stessa altezza e l'ordine è insito nel tessuto della realtà.-
-Eppure vi è uno spirito Cilyia responsabile dello scompiglio e della caduta del nostro mondo. Egli porta la distruzione e lo sfacelo, seminando il disordine e l'odio.-
-Com'è infantile la vostra ingenuità. Siete al pari di un bambino che scopre il mondo solo col senso del gusto. Disordine e ordine sono due facce della medesima medaglia. Il Caos pone in essere tutto ciò che vi circonda, lo plasma e lo rimodella sempre nello stesso perfetto ciclo, come una tessitrice instancabile. Non vi è mai un Cilyia senza un'Aina.-
-Intendete che da qualche parte vi è uno spirito di luce?- chiese Okksel incapace di contenere l'incredulità.
-Certo che c'è, insolente omuncolo. Solo uno spirito di luce può rimettere in pari la musica dell'Universo.-
-Perdonatelo padre. Questo significa forse che c'è un modo per estirparne le radici?-
L'Errante sembrò riflettere un secondo, mentre il cigolio dei suoi chiavistelli si ripeteva ritmicamente in sottofondo.
-L'Aina e il Cilyia possono essere creati solo insieme. Parimenti non c'è l'annullamento dell'uno senza l'altro. Ma non crediate che questo debellerà per sempre la loro comparsa nei secoli avvenire.-
-Come possiamo trovare la Luce? Come possiamo farle annientare l'Ombra?- chiese Verkela.
-Gli Aina sono molto diversi dagli spiriti oscuri. Essi non s'insinuano nel cuore corrotto di un uomo, ma chiedono ospitalità ad un'innocente in punto di morte. Nel momento stesso in cui l'anima sta per tornare al Caos, la Luce le offre un patto: la vita in cambio della difesa della natura, poiché ogni cosa che cresce è cara agli Aina. Così sono conferiti all'ospite dei doni speciali: egli sarà in grado di muovere le montagne e richiamare a sé i fiumi, ma non userà mai tali doti contro un essere vivente libero dall'Ombra. Non posso aiutarvi nella vostra ricerca, ma posso dirvi che diciannove anni fa nacque a Niraen la donna che ora possiede i doni. L'annientamento del Cilyia dipenderà dal suo volere: sarà lei a scegliere se sprigionare lo spirito di luce nell'oscurità.-
Così dicendo l'Incatenato svanì.
***
I primi raggi dorati inondarono le strade di Drungar, ma non furono questi a risvegliarne gli abitanti. Avevano passato la notte a definire i dettagli, fremendo di paura, ma decisi ad affrontare ciò che la ribellione avrebbe portato.
Uriel aveva inviato un messaggio ad Aner, avvertendolo di tenersi pronto. Non appena la sorveglianza sarebbe stata allentata, il balestriere avrebbe oltrepassato il confine da sud, calando come un'aquila su Lydartan.
Il pigro sole non si era ancora levato completamente ma già le porte si erano spalancate, riversando nelle strade centinaia di persone. La folla iniziò a marciare compatta verso le gendarmerie, urlando cori di protesta e lanciando pietre.
L'azione sorprese inizialmente i vigilanti, la cui presenza nelle vie delle città a quell'ora era più scarna. Tuttavia il loro numero era talmente elevato a Drungar che la risposta non si fece attendere a lungo.
La fiumana di rivoltosi fu caricata da spadaccini a cavallo. Alle affilate lame delle guardie si opposero forconi, asce, falci, in uno scontro impari del quale immediatamente fu prevedibile l'esito.
Eppure i fieri cittadini di Drungar e dei villaggi limitrofi non si arrestarono: risposero con ferocia all'ingiustizia, scagliandosi con quanta forza avevano in corpo sull'oppressore. Sui loro cuori non gravava più il peso della morte, volevano solo portar con sé nella tomba il maggior numero dei loro aguzzini.
Il desiderio di vendetta li rese folli e ciechi, portandoli pericolosamente vicino ad essere una minaccia per i Sunek. Incendi divamparono ovunque, appiccati dalla loro furia. Essi si espansero a macchia d'olio e ben presto avvolsero l'intera città. Le lingue di fuoco e le torri di fumo si sollevarono altissime verso il cielo, rendendosi visibili per molte miglia.
La ribellione percorse l'intero meridione della regione, spingendosi verso le fucine di Acasti, i verdeggianti pascoli di Eltyti e i villaggi di Raleb. Awryn e i suoi compagni si ritrovarono a spalleggiare la collera dei ribelli, non avrebbero mai lasciato che si battessero da soli.
Affianco a loro i palazzi annerivano e si sgretolavano nella morsa del fuoco, ma la folla non cedeva, né arretrava di un solo passo. Sguainate le spade, i combattenti si destreggiarono come meglio poterono nella bolgia umana di quel giorno.
I Sunek iniziarono di contro ad essere respinti sempre più indietro, accerchiati da quelli che, fino al giorno prima, avevano tiranneggiato. Alcuni di loro si resero conto di come avessero perso il controllo della situazione e di come le loro sorti stessero per essere ribaltate. Riuscirono nell'intento di mandare una richiesta di soccorso alle fortificazioni a sud, ignari di quanto volutamente quella via fosse stata già tracciata per loro dalla folla urlante.
Dovevano ora prendere tempo, poi Drungar sarebbe stata cancellata dalla storia del regno per sempre. Scelsero quindi di scoperchiare i vasi che la loro guida aveva donato loro, garantendogli che sarebbero stati l'arma migliore.
***
Un'esplosione di luce violacea spazzò l'aria, seguita da altre onde d'urto vicine. I combattenti si arrestarono per qualche secondo, confusi e atterriti da quell'evento inatteso. L'aria si caricò di elettricità, ma non vi erano nuvole in cielo.
Awryn sentì un peso infondo allo stomaco, come se qualcosa di molto pesante la schiacciasse al suolo da dentro. Percepì l'insinuarsi in lei di qualcosa di estraneo, come un morbo che correva sotto pelle. Il suo naso si arricciò, i denti si scoprirono, mentre il viso si accartocciava tremante. Sentì le mani fremere ed il sangue ribollire. Le unghie si artigliarono alla sua pelle, mentre l'arma vibrava percorsa da spasmi incontrollabili. Qualcosa salì dal suo petto, ustionandole la gola. Emise un ringhio bestiale, i suoi occhi si illuminarono. Non percepì più nulla della distruzione che la circondava, voleva solo colpire.
Moem la chiamò con quanto fiato aveva in corpo, ma la sorella sembrava anni luce distante da lui. Il ragazzo era a qualche metro da lei, ma la calca lo pressava, portandolo sempre più lontano. Moem scalciò e sgomitò, spinse, caricò, guadagnando pochi passi. Ancora, continuò resistendo agli urti, mentre altri attorno a lui perdevano il controllo similmente alla sorella. Non gli importava: c'era una sola persona che voleva sottrarre a quella furia e in quell'istante era preda di qualcosa di ignoto.
Le dita del ragazzo le sfiorarono il braccio, costringendola a voltarsi. Awryn aveva le sclere iniettate di sangue bruno, con i capillari rotti che riversavano il loro contenuto in gocce scarlatte. Lei urlò, alterò il viso in una smorfia animalesca e gli si avventò contro. Le sue mani graffiarono il viso di Moem, che però non si ritrasse. Egli le afferrò saldamente i polsi, torcendole la mano che reggeva la spada e portandone il filo davanti al viso della sorella.
-Guardati! Non sei più tu, ti sta accadendo qualcosa di oscuro!-
Il riflesso colpì gli occhi di Awryn. Ella si vide in un corpo che quasi non le apparteneva, sfregiato da emozioni che sapeva seppellite a fondo nella sua coscienza. Poi mise a fuoco le lacrime supplicanti del fratello. Lasciò cadere la spada, per accasciarsi tra le sue braccia esausta. Si sentiva svuotata di ogni energia, come se avesse dato fondo a tutta la sua linfa vitale.
Moem la reggeva, impedendole di cadere, ma una parte di lei avrebbe voluto essere abbandonata al suolo. Ogni cambiamento era come sparito, questo poteva sentirlo, ma sapeva di aver ceduto, di essere caduta. Era stata corrotta, anche se per pochi istanti, e ciò era sufficiente a farla sentire profondamente disgustata da se stessa. Una singola lacrima scintillò ai lati dei suoi occhi, ma Awryn non emise neanche un fiato.
-Sorella, devi riprenderti! Rimettiti su, il comandante ha bisogno di te! Non puoi abbandonarlo! Sono come tutti impazziti e hanno iniziato a lottare tra loro, dobbiamo fermarli!- disse il ragazzo in maniera concitata, scuotendola dal suo torpore.
A quelle parole lei si riscosse: fu come se un forte vento dell'est spazzasse la sua mente, lasciandovi solo un pensiero: Uriel. Awryn si rimise a fatica in piedi sulle ginocchia tremanti, levò lo sguardo e lo cercò tra la folla. I flutti che attraversavano quella fiumana di gente erano incontrollati, erano come travolti dalla pazzia. No, rabbia. Era ira quella che si scorgeva nei loro gesti.
Uriel era lì, preda anche lui di quel morbo. Awryn lo riconobbe, nonostante i suoi lineamenti fossero alterati, poiché vi scorgeva la stessa espressione che le aveva ricambiato lo sguardo, poco prima, nel riflesso della sua lama.
***
Aner aveva ricevuto il falco inviato dal comandante, ma d'altra parte non sarebbe stato necessario. I segni della rivolta si scorgevano a miglia di distanza, nei bagliori delle pire in cui le città erano state trasformate. Il balestriere inspirò profondamente: era la sua chance, finalmente avrebbe potuto dimostrare tutto il suo valore. Si era sempre sentito in difetto verso gli altri, insicuro dei suoi mezzi, seppur non privo di talento. Aner sapeva di essere un eccellente tiratore e un buon spadaccino, ma non credeva di essere al pari dei suoi compagni d'armi. Era sempre un passo indietro, com'era accaduto con i lancieri d'oro. Ma ora tutto era diverso: era capitano ormai e finalmente aveva l'occasione che cercava, poteva provare di essere degno di fiducia.
-È il momento di abbattere la nostra furia sulle macchinazioni dei Sunek, uomini! È il momento di portare i nostri venti oltre le montagne e assalire i loro avamposti! È il vostro tempo, figli di Dror... e la loro ora!- tuonò. Spronò il cavallo e a gola spiegata lanciò la carica, cavalcando sulla schiera di postazioni nemiche.
Come un uccello in picchiata si proietta sulla sua preda adombrandola quando ormai è già troppo tardi per lei, così l'impeto dell'assalto Tarkir scardinò l'obiettivo prescelto. Indomiti corsero verso il loro fato, fieri ne vinsero il corso. L'impresa riuscì: sfondarono le linee nemiche con la loro orda, mentre atterriti i nemici fuggivano, per spirare sotto le raffiche dei loro dardi.
***
Awryn avvertì una scarica di adrenalina correrle lungo la spina dorsale. Scartò, scalciò e lanciò il proprio corpo nella mischia. Sapeva che lui non l'avrebbe riconosciuta, lei stessa non l'aveva fatto immediatamente col fratello, lasciandolo segnato e probabilmente non solo nella pelle. Scacciò quel pensiero e avanzò. Uriel le stava di fronte ma non sembrava accorgersi della sua presenza. Awryn l'ingaggiò.
I movimenti dell'uomo erano insolitamente scoordinati, tuttavia compensava con la potenza dei colpi. Awryn cercò di sottrarvisi, ma lo spazio era troppo stretto. Ignorò i colpi che provenivano da altri che non fosse lui benché gli spintoni la sballottassero sotto le sue lame. Awryn alzò lo scudo, non poteva sottrarsi e stancare l'avversario come aveva imparato a fare, doveva combattere come aveva fatto prima degli allenamenti con lui.
Uriel tentò un affondo di lato, mentre con l'altra lama puntò dritto alla sua gola. Awryn parò il secondo colpo con lo scudo mentre impegnava la spada a respingere il primo, pericolosamente vicino alle sue costole. La ragazza aprì il braccio del comandante, costringendolo a mollare la presa. Puntò la pianta del piede sul pugnale caduto e lo scalciò via. Lui spazzò l'aria all'altezza della testa di lei, già piegata sulle ginocchia e fuori tiro. Il colpo lo sbilanciò appena, come se avesse i piedi puntati a terra. Awryn tentò di sollevargliene uno, ma senza successo. Uriel calò la daga su di lei, che fece appena in tempo a liberare le mani e bloccargli i polsi a mezz'aria.
Le ci volle uno sforzo di cui non pensava di essere capace, ma le respinse, allineandole infine con la colonna vertebrale del comandante. Awryn tremò sotto quel vigore, ma non cedette. Lo guardò dritto negli occhi scuri. Con un gesto repentino posò le sue labbra su quelle di Uriel.
***
Rhielorm era stata catapultata indietro dall'onda d'urto propagata dal Chrob. La ragazza si rialzò a fatica, intontita dallo stringere come di un cerchio sulla sua fronte. Guardò alla finestra e scorse il tumulto nelle strade. L'edificio, davanti alla stamberga in cui erano, era quasi stato divorato dalle fiamme. Nayif era in terra esanime.
-Nayif! Nayif!- lo chiamò in preda al panico -hanno risvegliato la corruzione negli animi della gente di Drungar! Svegliati ti prego!- Rhielorm lo scosse, ma il ragazzo doveva aver battuto la testa. La mistica pensò al da farsi: poteva trascinarlo fuori da lì e abbandonare la città o restare imprigionata di quell'inferno. Il suo cuore ribollì non di rabbia, ma d'orgoglio. Non avrebbe lasciato i suoi amici così, li avrebbe salvati.
Si avvicinò alla culla che stava dando la morte agli abitanti della cittadina. Doveva tagliare il filo che la legava a Gorn, ma qual era questo filo? Pensa Rhirm, pensa.
Guardò ancora il terribile spettacolo che offriva il vetro annerito dalla caligine. Cos'era che percorreva i loro visi? Qual era la depravazione sulla quale il maleficio aveva fatto leva?
Le sue pupille si allargarono, mentre non scorgeva altra risposta se non i fuochi che l'ira accende.
Rhielorm si volse allora verso l'essere dentro al sarcofago. Lo guardò con disprezzo e sibilò:
-Tuae irae flammae in pulverem extinguntur!- imponendo una mano al di sopra del Chrob. Quello sembrò quasi contorcersi, agitato da forze arcane. Un'ondata di luce riempì la stanza, perforando i vetri e squassando le pareti. Infine la salma si sgretolò, finché non ne rimase che una piccola massa di sabbia.
Rhielorm ansimò, stremata. Arretrò, ma sapeva che non era finita, il fumo s'insinuava dalla finestra e le lingue lambivano il soffitto. Sollevò Nayif da sotto le ascelle e lo trascinò fuori dalla porta. Tossì e arrancò ma l'aria le rimase fedele, sostituendo finalmente i miasmi nei suoi polmoni.
***
Uriel abbassò le mani e spalancò gli occhi. Lei, lei era vera davanti a lui. E aveva posato un bacio sulla sua furia, placandone il tumulto. Posò le braccia sui suoi fianchi, lentamente anche lui chiuse gli occhi, lasciandosi cullare da quell'emozione, stringendola al suo cuore.
Spazio autrice (seconda parte): spero come sempre che il capitolo vi sia piaciuto. Se ci sono errori chiedo venia, ma ho finito di scriverlo verameeeente tardi. Fatemi sapere cosa ne pensate ^^
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