Cap.26 Pt.e 3 -Scontro finale-
Si librò nell'aria, concentrandosi su di essa. Correnti ascensionali la portarono alla stessa altezza di Gorn, consentendole di guardarlo negli occhi.
-Allora sai fare più del trucchetto del ramo- la derise lui. Iryil lo lasciò fare, si limitò a concentrarsi sulle folate di vento. Sentì il proprio sangue scenderle sul labbro, mentre dietro alle sue spalle la brezza si alzava, trascinando le nuvole. Gorn sembrò non avvedersene.
-Sono curioso. Come intendi fermarmi?- le chiese, girandole attorno.
-Uccidendoti- gli rispose lei. Fu allora che Gorn attaccò: le serpi del suo braccio si avvolsero attorno all'esile collo di Iryil, strinsero, mordendole le spalle e facendo pressione sulla sua gola. Iryil boccheggiò, cercando di respirare senza riuscirci. Iniziò a sentire delle contrazioni a livello del proprio petto, mentre si divincolava e scalciava l'aria.
-Tu non puoi uccidermi. Tu hai il potere di certo, ma non è comparabile al mio. Nessuno mi è alla pari, nessuno.-Iryil cercò di dire qualcosa, ma riuscì solo a produrre un sibilo. Distese le labbra in un sorriso. Lui la afferrò con l'altro braccio, costringendola a guardarlo. Il suo viso era quanto di più tremendo Iryil avesse mai visto: i lineamenti erano contratti nella rabbia, nell'odio, nel disprezzo. Gorn non ebbe il tempo però di chiederle il perché di quella risata.
I due vennero trascinati dall'uragano. Iryil tossì, mentre l'aria fredda le rigonfiava i polmoni. Liberata dalla stretta di quell'essere viscido, si lasciò per qualche istante trascinare da quella furia che aveva richiamato da lontano. Poi lo cercò con lo sguardo; un bagliore provenne dal basso, mentre il vortice di vento s'illuminava. La ragazza capì: era fuoco. Le fiamme salirono, s'impennarono attorcigliandosi al vento, richiudendola in una prigione ardente. Poi vide Gorn, più grosso e spaventoso che mai, puntare dritto su di lei.
-Arrenditi a me! Sai che non puoi contrastarmi! L'impero che potremmo costruire assieme invece non avrebbe confini- le urlava, mentre si avvicinava a folle velocità. Iryil fece appena in tempo a schivarlo. Cercò di farlo precipitare con folate di vento più forti, ma Gorn sembrava mantenere, seppur a fatica, il controllo. Un riflesso dal basso colpì lo sguardo della giovane, accecandola. Iryil arretrò, mentre veniva accerchiata da uno stormo di corvi che le beccavano le braccia. Si fece scudo, ma la nuvola nera e gracchiante la stordì. Si sentì tirata verso il basso, attratta verso una fornace ribollente e schiamazzante. Di colpo le sue braccia erano allacciate, intrappolate nel medesimo trucco che lei stessa aveva utilizzato, strette non da piante, bensì da tendini e muscoli umani. Sotto di lei, nella bocca di fuoco del terreno, poteva scorgere creature bifronti scimmiesche e ogni genere di orrore che la richiamava, puntando a lei, ma non solo. Con la coda dell'occhio vide i propri amici, nel rischio di essere trascinati via, venire accerchiati da quelle oscenità. Iryil conobbe il sapore delle lacrime e del sangue e della disperazione, così come sentì la propria carne sfrigolare, quando le fiamme arrivarono a sfiorarla. Tutto quell'odio doveva essere purificato.
***
La colonna di fiamme, fumo e vento si allargò. Moem strinse la sorella a sé, tenendoli ancorati ad una roccia. Serrò i denti per lo sforzo, mentre Rhielorm cercava di aiutarlo, tenendo il comandante, privo di sensi. Awryn sembrava quasi attonita, svuotata di ogni voglia di vivere. Come se quel dramma l'avesse già portata lontano da quella se stessa che aveva appena ritrovato. Forse si rifiutava di ammetterlo, forse non era in grado di accettarlo, Moem questo non poteva saperlo, ma vedere la sorella in quello stato lo straziava. Pensare che Iryil fosse lì a cercare di sconfiggere quel bieco omuncolo da sola lo fece infuriare ancora di più. Poi la sentì urlare, mentre veniva trascinata verso il basso, e solo allora si rese conto che anche loro erano accerchiati. La paura l'invase, ma Moem capì che era giunta la loro ora. Non tremò, non pianse. Abbracciò Awryn, Uriel, Rhielorm e Rakm ancora più forte, sperando di dargli coraggio. Chiuse gli occhi.
Fu l'acqua a colpirgli il viso per prima. Poi venne il fango, la terra, le rocce. Tutto sembrò muoversi verso l'alto, gravitando e attorcigliandosi nella spirale dell'uragano. Le fiamme si quietarono. Moem urlò di gioia:
-Sì, Iryil ce l'hai fatta!-, poi vide qualcosa che lo lasciò basito. Sopra all'occhio dell'uragano si era aperta una voragine nel cielo. Un disco nero, luccicante di mille scintille, si amalgamava con la luce. Era come se luce e ombra si amassero in quell'oggetto, come se sfumassero l'uno nell'altra in un fluire continuo, ininterrotto, perpetuo. Come se da esso si generassero folgori e allo stesso tempo l'iride, così come le stelle della notte o le scintille del fuoco o la schiuma del mare. Moem vide al suo interno una figura evanescente, come un fumo denso e azzurro, che drappeggiava alla meglio un uomo ricurvo e incappucciato. Sentì distintamente un tintinnio di catenacci e di chiavi, ma non ne vide e seppe che un portale era stato aperto verso il Caos. Poi la figura fu assorbita dal tutto: non svanì, fu come se tornasse al luogo da cui tutto proviene e a cui tutto torna.
***
Iryil la sentì abbandonarla. La luce si allontanava, si separava da lei, attratta da forze che lei non conosceva. Vide il portale e seppe che l'Errante era intervenuto. Il Caos l'attendeva. Poi qualcosa la colpì in petto come se una palla di catapulta l'avesse presa in pieno. La sua vista si oscurò per qualche istante, pensò a quando era bambina, ai genitori e alle tenere coccole. Pensò a Rakm e pregò che lui e gli altri sfuggissero a quel destino crudele. Riaprì gli occhi e vide Gorn precipitare: i capelli erano ora scuri e lucidi. Le ali nere erano scomparse così come le corna. Le sue fattezze erano umane, un giovane uomo che non ha mai trovato una guida. I suoi occhi erano chiusi appena, come se sognasse, mentre piombava giù dal cielo. Iryil a quel punto capì: stava precipitando anche lei. Una certezza giunse però come una rivelazione: il Custode, solo il Custode poteva chiudere quel portale ora che l'Errante era morto. Eppure il Custode non sapeva di esserlo...
Lo schianto fu tremendo. Iryil non ebbe la forza di urlare, ma se avesse potuto, l'avrebbe di certo fatto più di ogni altra volta nella sua vita. Ogni parte del suo corpo dolse, bruciò, si frammentò. I suoi polmoni s'infiammarono e seppe che il morbo era ancora lì, pronto a riprendersela quando lei fosse stata sola. Le lacrime le sfuggirono dai lati degli occhi, mentre il suo petto si alzava e si abbassava sempre più piano. Le sue mani strinsero la terra polverosa, umida di sangue, le sue orecchie percepirono suoni lontani, distorti. Il mondo le girò attorno, mentre una lingua ruvida e rasposa la leccava. Rakm le uggiolava affianco. Iryil si illuminò: l'ultima cosa che avrebbe visto sarebbe stata la più bella, il suo Rakm, l'essere più puro e perfetto del creato. Poi vide Moem, bianco come la luna, farsi avanti e chiederle se lo sentisse. Emise un sibilo, sottile, che il ragazzo non avrebbe mai potuto percepire nel tumulto dello scontro. Ma Moem sorrise, l'aveva sentita. Questo poteva solo voler dire una cosa: la guerra era finita. Iryil sorrise appena, poi intravide Rhielorm e la chiamò. Non si mosse e non la mossero, rimase torace a terra, senza sentire altra parte del corpo che non fossero le proprie mani ed il proprio viso. Solo vide Awryn, lo sguardo assente, spostare appena le pupille su di lei, prenderle con delicatezza la mano e piangere lacrime silenziose, quelle del sopravvissuto. Solo allora parlò.
-Tu, mistica. Tu sei il Custode.-
-Cosa stai dicendo?- chiese Moem, le sopracciglia aggrottate.
-Rhielorm è il Custode. Lei può chiudere il portale che l'Errante ha aperto sacrificandosi. Rhielorm è figlia dell'Errante- e dette queste parole Iryil spirò.
***
Awryn tremò, strinse ancora più forte la mano di Iryil. L'aria incespicò nel suo respiro, mozzato da singulti repressi. La nebbia avvolgeva tutto, impedendo loro di vedere qualsiasi cosa. Era come essere immersi in una sospensione fangosa, mentre il vento si abbassava accarezzando il loro dolore sempre più dolcemente. Una risata ruppe il silenzio. Awryn sollevò lo sguardo di scatto e lo vide: Gorn si rialzava, si rimetteva sui propri piedi e rideva, umano all'apparenza, ma ancora vivo. Awryn scattò davanti ai propri amici. Strinse l'elsa della spada e portò la guardia sopra la testa.
-Voi credete di avermi fermato? Illusi! Ma vi farò il favore di una morte piuttosto rapida ed indolore- disse lui, cogliendo da terra la spada di Uriel. Gorn si avvicinò, con passo stentato, ma deciso. Era il suo momento, il momento nel quale credeva di poter vincere, nonostante tutto quello che aveva perpetrato. Non provava alcun rimorso, alcun esitazione, né tanto meno rammarico. Sembrava persino gioioso, trionfante nell'infliggere la morte. Awryn non era certa del perché il Generale nemico ora apparisse umano, più umano che mai prima d'ora, ma sapeva che non era quella l'umanità. Capì che era necessario fermare quell'essere per sempre e che stava a lei farlo. Non per vendetta, non per odio o paura. Era una situazione dalla quale non avrebbe potuto fuggire e nemmeno avrebbe voluto farlo, poiché sapeva che era quello il momento di scegliere, il momento di scrivere la parola fine. Di certo dentro di sé percepiva tutta la rabbia dell'universo per quella ferita, ma non avrebbe lasciato che fosse la rabbia a renderla cieca. Ogni suo movimento l'avrebbe guidato la giustizia, e solo quella.
Awryn schivò verso il basso, mentre Gorn la caricava. Svicolò sotto al suo braccio, piroettò e incrociò la propria lama con quella del Generale. Cercò di disarmarlo, ma Gorn mantenne la presa. Mise qualche passo di distanza fra di loro. Si girarono attorno, fantasmi della notte, pronti a piombarsi addosso quando uno dei due si fosse rivelato un'arvicola. Awryn fintò una spazzata, azzerando la distanza fra di loro. La sua spada fendette la nebbia, compiendo un'istantanea rotazione verso l'alto. Colpì Gorn, segnando un profondo taglio verticale dal collo alla tempia. Il Generale urlò, maledicendola. Sferrò una serie di rapidi fendenti a vuoto, mentre Awryn schivava e schivava ancora, facendogli perdere lucidità e forza. Gorn si fermò ansante, la cercò con l'occhio dal quale vedeva ancora.
-Qui dietro, stronzo- disse lei. Gorn si voltò, il suo viso era accartocciato nella rabbia. Awryn non esitò: affondò la spada nel suo ventre. Gorn cadde, insozzando la terra col suo sangue.
***
Rhielorm lo vide morire. Fu come se un grosso peso le fosse tolto dalle spalle. Era questo dunque che si provava? Assaporò l'aria umida entrarle nei polmoni, fresca eppure statica. Il vento non spirava più, ma c'era come un rumore, un brusio, che la percorreva. Rhielorm sollevò lo sguardo sul buco nel cielo, ancora aperto su di loro. Lei era figlia dell'Errante? Ma come poteva essere? Sorella di Ver? Eppure quella notizia non l'aveva sconvolta così tanto. Quel legame lei l'aveva sempre sentito, come se fossero una lo specchio dell'altra. Verkela luna, lei sole, o forse all'opposto. Era così che si erano trovate dunque, non per caso, bensì perché tra di loro c'era un legame. Dunque lei avrebbe potuto chiudere un portale, laddove Verkela poteva aprirlo. Ma Verkela non aveva aperto quel portale, doveva essere stato qualcun altro. L'Errante, solo lui avrebbe potuto, sacrificando sé stesso, aprire un passaggio forzato verso il Caos. E se l'Errante era morto, Verkela era l'Erede...
-Ed io il Custode-. Rhielorm si alzò in piedi. Afferrò una pietra da terra e guardò nel seno del Caos. Tutto fu chiaro: la vita, la morte, l'equilibrio, la luce e il buio. Rhielorm tese il braccio all'indietro e scagliò la pietra verso il cielo. Una pietra di Kufir, terra dove vent'anni prima una giovane donna di passaggio aveva partorito lei. Pensò a sua madre, avventurosa e dolce, e al padre che aveva voluto accompagnarla verso Tirjia, seppur preoccupato per le condizioni della donna. Ma le contrazioni erano arrivate prima di giungere alla fine del viaggio e Rhielorm era nata lì, dove tutto ora stava per finire. La pietra giunse a metà strada, sembrò fermarsi un attimo, indecisa se tornare in basso o meno. Infine fu risucchiata e con essa tutto il cielo sembrò richiudersi su di sé, percorso da sottili rami bluastri. Le vene fulminee a poco a poco svanirono.
Come se una cometa rischiarasse il cielo, le polveri e la nebbia si levarono, liberando l'orizzonte. I pochi alberi brillarono di mille riflessi, ergendosi scheletriti da quel mare fumoso. Il sole arse i nembi azzurri e gocce fredde caddero dai rami. Le rovine di Nihil sprigionarono un odore di terra e ferro, mentre una pioggia leggera le lavava. Rhielorm s'inginocchiò, guardando ogni cosa. I suoi occhi incontrarono quelli di Awryn, che era la stessa di sempre eppur una persona nuova, esattamente come lei. Ora il futuro era certo per alcuni, ma per Rhielorm era più incerto che mai.
Spazio autrice:
eccoci qua, finalmente. No, non siamo alla fine, ma ci avviciniamo. Gorn è morto, ma anche noi siamo un po' morti dentro. Tutto ora è diverso, ma spero che resterete con me fino all'Epilogo! Grazie per essere arrivati sino a qui. A presto,
Wendy
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