Limit

Da quando suo "padre" era tornato Thomas sentiva di essere diventato la pecora nera della famiglia. A differenza dei suoi fratelli non riusciva ad obbedire ciecamente ai suoi ordini, non senza provare un profondo senso di colpa. Con il tempo aveva imparato a mascherarlo, a silenziare la voce della sua coscienza, seppellendola sotto strati di cinismo e crudeltà. Era arrivato a sfogare la sua frustrazione sui fan di una vita, persone innocenti e speranzose che si presentavano da lui con aspettative che venivano puntualmente disilluse. Vedere la luce nei loro occhi spegnersi e tramutarsi in disperazione gli dava la forza necessaria ad andare avanti e, al contempo, annientava gradualmente le ultime tracce di umanità presenti in lui.
Non aveva mai pensato di farla finita, non prima dell'incidente, ma vedere quella ragazza avvolta tra le fiamme, sentire le sue urla disperate e il modo in cui invocava il fratello avevano risvegliato qualcosa in lui, un rigurgito di coscienza che era tornato prepotentemente a farsi sentire. Dopo quell'evento e la successiva squalifica di Shark dai tornei era sicuro di essere arrivato al limite, di non poter più sopportare quella situazione. Nemmeno i duello con i suoi fan riuscivano più a placare la sua sofferenza e questo lo portò a prendere una decisione drastica.
"È meglio che la faccia finita, da quando è tornato Tron non sono stato altro che un dispensatore di sofferenza, ho distrutto le speranze dei miei fan, la carriera di Reginald, la vita di Rio. Non merito di continuare a esistere" fu con quei pensieri che prese un intero flacone di pillole e si sdraiò, aspettando che facessero effetto. Scivolò lentamente nell'incoscienza, accompagnato dalle voci di tutte le persone che aveva fatto soffrire. Si sentiva sopraffatto, distrutto ma, soprattutto, stanco. Perse i sensi e si ritrovò in un limbo oscuro, si chiese se fosse quella la morte, un vuoto infinito e nero che sovrasta i sensi e ti intrappola per l'eternità ma poi fu strappato da esso e si risvegliò in un letto di ospedale, circondato dai fratelli.
"Che cosa ti è saltato in mente?"
"È semplice, non sopportavo più di vivere così, mi sento un mostro e non riesco a convivere con me stesso"
"Non dovresti, stai solo eseguendo gli ordini di papà, esattamente come stiamo facendo noi. Devi smetterla di farti problemi e accettare che ora la nostra vita è questa"
"E se non volessi farlo?" Chiese a Chris in tono di sfida
"In tal caso Michael avrebbe potuto evitare di salvarti, non sei utile se non sei lucido e chiaramente in questo momento è così"
"Non sono mai stato tanto lucido in vita mia, non voglio andare avanti così, voglio farlo facendo le mie scelte e seguendo le mie regole, non lasciando che sia quel bambino demoniaco a farlo per me"
"Thomas, Chris sta solo cercando di aiutarti, nostro padre è profondamente deluso e c'è il rischio che ti escluda dai suoi progetti futuri"
"Tanto meglio, non voglio più macchiarmi di altre atrocità"
"Ma è importante che tu lo faccia, è per riavere Byron indietro, non è quello che vorresti anche tu?"
"Sì ma non è possibile o comunque non ne vale la pena. Voi non siete stati costretti a fare del male a una ragazza o a infrangere per sempre i sogni di suo fratello "
"Non mi sembrava questo fosse un problema per te, o ti sei già dimenticato del trattamento che riservi ai tuoi fan?"
"No, affatto, quello è stato un giretto metodo che ho usato per cercare di sopravvivere, non ha funzionato e ora ho anche quelle persone sulla coscienza"
"In ogni caso qui abbiamo finito, resterai ricoverato per un po', vedi di decidere cosa vuoi fare e di farlo in fretta" Chris gli scoccò un'ultima, gelida occhiata dopo di che uscì dalla stanza, seguito a ruota da Michael che, invece, gli parve molto meno convinto del fratello maggiore.

Reginald aveva raggiunto da un pezzo il suo limite, perdere i suoi genitori in teners età ed essere sballottato da una famiglia affidataria all'altra per tutta l'infanzia e adolescenza lo aveva lasciato profondamente segnato. Spesso era anche stato separato dalla sorella in quanto, la maggior parte delle persone, si prendeva la responsabilità di un solo bambino alla volta, indipendentemente dai suoi legami familiari. Era stato dura mantenere un rapporto con Rio ma, per fortuna, lei aveva trovato subito una famiglia amorevole e non era stata più spostata, lui aveva subito un trattamento diverso, finendo più volte da persone abusanti che lo avevano sottoposto a violenze di ogni genere. La sorella era sempre stata l'unico punto fermo della sua vita e, quando era stata ferita, la terra gli era crollata sotto i piedi, si era sentito perso e, non essere riuscito a mantenere l'ultima promessa che le aveva fatto lo aveva definitivamente spinto oltre il limite. Fu a quel punto che decise di farla finita, gli sembrava l'unica soluzione possibile. Sì procurò una pistola e si sparò, sperando di porre finalmente fine alle sue sofferenze ma, quando si risvegliò nel reparto psichiatrico dell'ospedale, capì di non essere riuscito nemmeno in questo semplice compito. Quando poi vide chi fosse il suo compagno di stanza sentì la rabbia montargli dentro.
"Che diavolo ci fai tu qui?"
"Lo stesso che ci fai tu, ho tentato di farla finita e ho fallito" si scrutarono in silenzio per qualche istante prima di proseguire.
"E perché mai avresti voluto farla finita? Hai una famiglia, uno scopo, sei anche il campione d'Asia più giovane di sempre, cosa ti manca esattamente?"
"Un padre, l'affetto dei miei fratelli, la mia vita di prima... Senti so che sei arrabbiato con me, ne hai tutte le ragioni ma, dato che dovremo stare qui per un po', dovremmo provare a coesistere"
"Coesistere? E come dovrei fare sentiamo? Come posso anche solo perdonarti per ciò che mi hai fatto?"
"Non ti sto chiedendo questo, ma solo di non odiarmi per la durata della nostra permanenza qui, d'altronde siamo sulla stessa barca"
"Già, su un relitto in procinto di affondare..." Pensò
"D'accordo, cercherò di tollerarti a patto che tu mi rivolga la parola il meno possibile "
"Andata" rispose Thomas con un sorriso tirato.
Qualche ora più tardi un medico passò a controllarli, per poi affidarli a due psicologi.
"Non ho bisogno di farmi psicanalizzare, grazie "
"È una fase necessaria del processo di cura, in vista delle dimissioni, più vi rifiuterete di collaborare più prolungherete la vostra permanenza qui"
"D'accordo, ho capito " Reginald si alzò faticosamente dal letto, ebbe un piccolo giramento di testa appena alzato, ultimo rimasuglio del proiettile che gli aveva attraversato il cranio lasciandolo miracolosamente in vita.
"Che cosa volete sapere?"
"Innanzitutto vorremmo ci parlassi della tua infanzia"
"L'ho passata in orfanotrofio e in diverse famiglie disfunzionali, ho subito abusi di ogni tipo e ho iniziato a detestare la mia vita. Può bastare come risposta?" La donna annuì, chiaramente turbata
"E che mi dici dell'ultimo periodo? Quello antecedente al ricovero?"
"Mia sorella è finita in coma in seguito a un grave incidente, io mi sono giocato la carriera di duellante e ora condivido la stanza con il responsabile di tutto questo"
"Ti cambierei stanza se possibile ma la struttura è particolarmente piena e non ci sono letti liberi"
"Non importa, posso sopportarlo"
Tornò in camera più frustrato di prima e con l'unica soddisfazione di sapere che ora era il turno di Thomas.
Nemmeno a lui furono risparmiate le domande sull'infanzia ma le risposte furono molto diverse.
"Ho avuto un'infanzia normalissima, con un padre e due fratelli amorevoli"
"Allora cosa è andato storto?"
"Nostro padre è sparito per anni e quando è tornato non era più lo stesso, anche Chris e Michael sono diversi, non li riconosco più "
"Però i suoi fratelli sembrano convinti di poter riportare tutto come prima"
"Sì, perché sono degli illusi, per me è già cambiato tutto, sono una persona molto differente da quella che vorrei"
"Ho scoperto che è finito in camera con un suo conoscente, che cosa è successo tra voi due?"
"Oh, niente di che, ho solo provocato un incidente che ha spedito sua sorella in coma e compromesso la sua carriera nel mondo dei duelli"
"Crede di poter ottenere il suo perdono?"
"No, non penso"
"E crede di meritarlo?"
"Assolutamente no, gli ho rovinato la vita è giusto che ce l'abbia con me"
"Ultima domanda, che cosa l'ha condotta qui?"
"Avevo superato la mia soglia di sopportazione e mandato giù un'intera scatola di tranquillanti, dopodiché mi sono svegliato qui"
Tornò in stanza frustrato dalla stupidità delle domande che gli erano state poste.
"Fammi indovinare, ti hanno chiesto della tua infanzia e cosa ti abbia spinto qui"
"Sì, è vero, non so chi abbia assunto quegli psicologi ma hanno fatto un lavoro davvero pessimo" Reginald sorrise, era la prima volta che glielo vedeva fare da quando erano rinchiusi lì.
"Già, temo però che ci toccherà avere altre conversazioni con loro se vogliamo sperare di uscire da qui"
"Oh, non ho fretta, quello che mi aspetta fuori è decisamente peggio di quello che c'è qui dentro" Shark lo scrutò a lungo, incapace di rispondergli.
"Già... Immagino tu abbia ragione"
Non si dissero più nulla per il resto della giornata, pranzarono in religioso silenzio e arrivarono alla sera nello stesso modo.
"Buonanotte" si azzardò a dire Reginald prima di prendere sonno
"Sogni d'oro" rispose Thomas ben conscio che difficilmente lo sarebbero stati.
Si svegliarono presto il mattino successivo ed effettuarono un prelievo di routine per poi rivedere gli psicologi del giorno prima. Questa volta però le domande furono meno pressanti e invadenti, concentrandosi più sulla loro esperienza nella struttura. Se la cavarono dicendo che andava tutto bene e che speravano di migliorare in fretta per poter tornare a casa.
Trascorsero mesi prima che anche solo l'idea delle loro dimissioni attraversasse la mente dei medici. In quel lasso di tempo avevano visto un variegato campionario di esseri umani, persone con disturbi psichiatrici, altre con profonda depressione, altre ancora con disturbi della personalità. Non era stato difficile integrarsi in quell'ambiente caotico e insolitamente pieno di vita. Era tutto molto diverso da quello che li attendeva fuori, una realtà separata e protetta che gli offriva rifugio dal mondo circostante.
In quel lasso di tempo si erano molto avvicinati ed avevano iniziato a guardarsi con occhi diversi. Quella che era iniziata come una relazione travagliata si era evoluta in amicizia e, forse, in qualcosa di più. Condividere le loro più profonde paure e le loro sofferenze li aveva legati, abbattendo i muri di odio che entrambi avevano costruito.
"Mi dimetteranno tra una settimana" disse Reginald un giorno
"Ma è fantastico! Quando l'hai saputo?"
"Me lo hanno detto al colloquio di oggi, pare che io sia pronto per tornare nel mondo ma, in realtà, non sono affatto convinto di esserlo. Sto bene qui e so che è strano da dire ma vorrei trascorrerci più tempo"
"Ti capisco, anch'io avrei voluto uscire inizialmente ma ora questo posto mi sembra mille volte più accogliente di quello che mi aspetta fuori"
"Che cosa pensi di fare una volta uscito?"
"Non lo so ancora, penso che andrò a trovare mia sorella ma il resto è ancora nebuloso"
"Potremmo vederci fuori da qui, quando sarò uscito anch'io"
"Certo, non vedo perché no, sei decisamente meno detestabile di quanto pensassi "
"Ehm, grazie suppongo?" Risero entrambi, visibilmente sollevati da quella chiacchierata.
Come previsto Reginald uscì una settimana dopo, lasciandolo da solo nella struttura. Quel mondo apparentemente idilliaco cambiò molto senza la sua presenza, trasformandosi in una prigione dorata. Fortunatamente gli fu concesso di uscire due settimane dopo, si vide prima con Reginald che con i suoi fratelli e la cosa non gli dispiacque affatto.
Passeggiarono per la città, uno accanto all'altro, raccontandosi cos'era successo nel periodo di tempo in cui non si erano visti.
"E così hai trovato lavoro?"
"Sì, come meccanico, riparo moto e, occasionalmente qualche auto"
"Ma è fantastico! E come ti trovi?"
"Per ora bene, gli orari sono abbastanza flessibili e mi piace poter essere a contatto con i motori. Senza contare che uno stipendio fa sempre comodo"
"Forse dovrei cercare anch'io qualcosa da fare, potrebbe darmi una buona scusa per stare lontano dalla mia famiglia"
"Li detesti così tanto?"
"No, non li odio affatto ma non riesci ad integrarmi tra di loro, mi sembra di essere un estraneo a casa mia e questo non mi piace"
"È comprensibile ma, nel tempo che sei stato ricoverato, potrebbe essere cambiato qualcosa, non credi?"
"In effetti sì ma non ci credo molto"
"Vuoi che venga con te a verificare? Nel caso in cui fosse tutto come prima potremmo sempre svignarcela"
"Ti ringrazio e sì, mi sembra un buon piano."
Come previsto da Thomas nulla era cambiato e la fuga fu la soluzione che scelsero di  adottare.
"Mi dispiace sia tutto come prima, ero seriamente convinto che fosse cambiato qualcosa"
"Lo so, ci ho sperato anch'io ma alcune cose sono difficili da modificare. Ci vuole tempo e fatica e sembra che nessuno nella mia famiglia voglia investirli"
"Almeno ho te..." Pensò, senza però avere il coraggio di dirlo ad alta voce.
"Beh, per fortuna ci sono io a migliorarti la giornata" disse Reginald, senza sapere quanta verità si celasse in quelle parole.
"Ti ringrazio, ho proprio bisogno di un amico in questo momento, non credo di poter gestire da solo il mio rientro a casa"
"Non devi farlo, ci sono io, e, per quanto possibile, cercherò di aiutarti" Thomas sorrise, visibilmente sollevato.
Continuarono a camminare in silenzio, ormai non avevano più bisogno di parole per capirsi. C'era un unico argomento che non trattarono mai e fu quello dei sentimenti che provavano l'uno per l'altro, continuarono a incontrarsi, a trascorrere intere giornate insieme ma senza riuscire a confessarsi il proprio amore. Erano entrambi bloccati e non sapevano come uscire da quella situazione di stallo.
Ci volle un anno affinché Thomas si sentisse pronto a fare il primo passo.
"Reginald, stavo pensando, abbiamo trascorso un mucchio di tempo insieme ed è stato tutto piacevole e meraviglioso. Ho riflettuto a lungo su cosa significhi tutto questo per me e credo di essere giunto a una conclusione: io ti amo" quelle parole lasciarono Shark interdetto, era strano sentirgli dire quello che anche lui provava ad alta voce.
"Lo stesso vale per me" si limitò a dire, ancora incapace di dare voce ai suoi sentimenti.
Rimasero uno accanto all'altro per il resto della serata, in silenzio perché, in fin dei conti, non c'era altro da aggiungere.

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