Capitolo XXIII - Un giro all'inferno


Pov Rush:

Le grandi vetrate danno vita, col filtrare della luce solare, all'ampio spazio di una sala dalle alte pareti bianche; il pavimento brilla di in un lucido biancore.

Juliet è al centro di questo immenso spazio, intenta a mantenere - con il braccio contratto - il violino alla base del collo; muove l'archetto tra le corde permettendo a una sinfonia dolce e tormentata di inebriarmi con i suoi suoni così delicati.

Ondeggia lievemente i capelli sulle spalle impegnata com'è a suonare.

L'andamento, lento e ripetivo, scandisce lo scorrere del tempo; riconosco quella lenta agonia.

Sta suonando "Adagio" di Bach.

Prima che io possa realizzare il motivo per cui io mi trovi alla Juilliard, finisce il pezzo.

Le mie mani, come se avessero una vita propria, rumoreggiano le une contro le altre per esprimere tutto il mio assenso e sincero coinvolgimento.

Sobbalza al suono dei miei applausi per voltarsi; e in un attimo, lo sconcerto e il timore nei suoi occhi mi inondano.

Sbatte le ciglia desiderosa di scoprire cosa ci faccio qui, ma io me ne sto appoggiato alle pareti a braccia conserte, con assoluta nonchalance.

Con la solita impertinenza che mi contraddistingue, non distolgo lo sguardo che perlustra ogni singolo centimetro del suo corpo: indossa dei jeans a vita alta e una camicetta in pizzo bianco al loro interno.

<< Co-cosa ci fai tu qui? >>, mi domanda con un velo di agitazione.

Posso vederlo, il suo petto fare su e giù, e ciò genera in me puro compiacimento.

Isso l'angolo della bocca in un sorriso sghembo, avanzando nella sua direzione.

<< Ma come... non posso visitare il Tempio della musica classica? >>, la provoco con sarcasmo e per un attimo mi sembra di cancellare quanto è accaduto, - o meglio, questo vorrei.

Juliet si avvia a passo spedito verso l'uscio della porta, ma io mi frappongo tra lei e la sua via di fuga.

L'afferro dalle braccia e posso avvertire i suoi sussulti, il suo fiato farsi corto, il suo battito accelerare.

<< La-lasciami Rush! Non toccarmi! >> si dimena, ma la stringo ancora di più a me in un abbraccio forzato.

<< No! Sono stufo di fare il martire, Juliet! Voglio parlarti, non voglio farti del male! >>, mi oppongo a lei con tono perentorio.

<< No Rush, tu volevi solo avermi e non ti importava di nulla! Neanche delle mie lacrime! >>, mi rammenta rabbiosa; e immediatamente mi discosto da lei facendo aderire la schiena alla porta.

<< Non sopporto vederti frignare, non sopporto l'odio di tuo padre, non sopporto quest'ansia che mi attanaglia all'idea che qualcuno possa entrare e beccarci! Non sopporto questo dramma stile Romeo e Giulietta. Non lo sopporto! >>, le parole straripano via da me come un fiume in piena nel tentativo di esprimere il mio stato d'animo inquieto.

<< È colpa tua! Tu distruggi tutto quello che tocchi! Queste tue parole di rammarico non cambieranno la realtà e l'immagine che ho di te. I tuoi occhi indemoniati e offuscati dalla droga, lo sguardo assente e feroce, li sogno ogni notte! >>, seguita a rievocare in me il ricordo di quella notte buia e tempestosa.

Bruciante di rabbia, assesto un pugno al muro.

<< Io... io non sono un maledetto tossico, non lo sono! Ero fatto quella notte e mi sarei fermato! Ma sai cosa? >>, parlo con un'ostentata sicurezza che presenta delle sfumature d'ira.

La stessa ira che mi induce a colmare la distanza che ci separa con passi flemmatici e decisi.

Urta contro il muro nel tentativo di sfuggirmi, ma io non glielo consento.

Risucchio tutto lo spazio che la attornia con la sicurezza di un predatore verso la sua preda, quando prende consapevolezza che lei è in trappola.

Appoggio le mani ai lati della sua testa, inchiodandola al muro e al mio sguardo vorace.

Mi chino sul suo collo per sentire il suo odore delicato di lavanda, avverto la sua pelle vibrare. Ma ciò mi strappa un ghigno, perché la paura è accompagnata da un'altra emozione ben più travolgente e totale.

Il desiderio.

<< Sai qual'è la cosa più assurda? >>, le sfiato sul viso, e boccheggia spalancando la bocca in attesa della mia risposta, senza che i tremolìi la abbandonino.

<< La più assurda è che, sebbene ripugni me stesso, non riesco a far a meno di desiderarti, di desiderare baciare queste tue labbra così pure e impudenti. E se tu lo volessi, vorrei toglierti ogni singolo vestito e farti sentire quanto può essere bello abbandonarsi volutamente al desiderio. >>, sussurro in tono soave e suadente.

Mi avvento sulle sue labbra desideroso di porre fine a questo inutile spasimare.

La mia mano si insinua sul fondo schiena per palparlo delicatamente.

In modo impetuoso mi impongo su di lei che ricambia questa volta. Con il braccio sulle spalle mi spinge ancora più a sé, inducendo la mia intimità ad aderire alla sua pancia.

Le mie dita ardono di desiderio, intente a stringere rudemente i suoi ricci proprio mentre la mia lingua si infervora con colpi decisi e non eccessivamente invasivi.

La lega irrimediabilmente a me in questa danza di passione che ci spinge a strusciarci l'uno contro l'altro.

Per permettere alle nostre intimità di entrare in contatto sebbene ci siano i vestiti a separarle, la sollevo dai glutei.

Dopo questo continuo dibattersi di bocche, la cui passione si può udire mediante rumorosi gemiti, le fiamme espresse dalla mia lingua penetrante ardono segnando ogni singolo centimetro del collo.

Con le mani ancorate alla sua vita, la induco a muovere il bacino dal basso verso l'alto proprio in quel punto in uno strusciamento sempre più frenetico.

Sento il suo corpo vibrare a contatto con il mio e la sua voce flebile risuonare un una sensuale e calda melodia: << Co-cosa stiamo facen-do... Rush, se ci vede mio padre, non so come andrà a finire! >>.

Seguito in quest'azione che ha il fine di farla capitolare, tirando lievemente una sua ciocca ribelle.

<< Non mi interessa che siamo in questa scuola di musica... sai, il batterista di una Band che conosco ha fatto sesso con una donna nello studio di registrazione, quindi chissene frega, è natura... >>, farfuglio a una Juliet ansimante e, sebbene tutto questo sia sbagliato per lei, riesco a strapparle un risata sommessa.

<< Tu-u sei completamente pazzo. >>, mi redarguisce tra tanti risolini complici, proprio nell'istante in cui un'altra ondata di calore ci pervade spingendoci a intensificare le spinte e lo stronfinìo.

Si avvinghia ancora di più a me proprio nell'istante in cui la mia bocca avvolge la sua intrappolandola nuovamente in un vortice infuocato tra baci e morsi.

Gli stessi che poi marchiano nuovamente il collo.

<< Sei così bella... >>, farfuglio in estasi per prendere fiato, dopo mi rituffo a capofitto sulle labbra.

Per poter assaporare ardentemente ogni singolo millimetro di esse, inclino il capo.

La sporgenza del mio pene fatto di marmo si innalza, e questa tempesta ci travolge sempre di più, sino al raggiungimento del piacere più elevato che io abbia mai potuto, anche solo, immaginare.

Ma lo sbattere di una porta, infrange in un attimo la bolla di puro eros in cui ci eravamo rifugiati.

Scatto come una molla lontano da lei; sgrano gli occhi quando essi cozzano con un lampo d'ira che attraversa il volto del padre di Juliet, John Rawell.

<< Perché vi siete fermati? Ma prego, continuate pure... >>, ci canzona totalmente iracondo.

Prima che io possa pronunciare anche una singola parola, un rumore cattura la mia attenzione.

Appartiene alle chiavi.

***

E gli occhi si disserrano permettendomi di vedere cosa si cela, di capire che era solo un sogno.

Si soffermano su ogni singolo particolare: una fetida cella, muri grigi, pavimento fetiscente, un letto sgangherato su cui sono steso.

Alla fine l'ho fatto: mi sono costituito per possesso e consumo di stupefacenti, per aggressione.

Sconterò un mese o due di carcere.

Mi tiro su quando una guardia apre la cella.

Si fa spazio per farmi passare: sicuramente è l'ora di andare al bagno.

Percorriamo i corridoi bui tra le urla dei carcerati dietro quelle ferrate.

Giunti di fronte alla porta del bagno, la guardia si distanzia da me che entro dentro.

Non ho neanche il tempo di distinguere il pallore delle pareti, perché calci e pugni si abbattono sull'addome.

Un dolore mi lacera ed è il preludio di quella pozza di sangue in cui mi ritrovo.

Giacente sul pavimento, accolgo inerme il segno della loro violenza, del loro odio.

<< Così impari ad aggredire una donna! >>, sento dire da uno di loro, e vorrei trovare la forza di rialzarmi, ma non credo di averla.

Non dopo tutto quello che ho fatto.

Hanno ragione: lo merito.

In uno stato di totale oblio, qualcosa cerca di tenermi in vita; sono delle braccia forti che mi avvolgono e una voce sconosciuta sussurrarmi: << Non morirai ragazzo, perchè lui non vuole che tu muoia. >>.

Non riesco a capire chi sia.

-Chi potrebbe mai volermi salvare in questo carcere? -


Note:

Ammetto che è un capitolo più corto, ma altre dinamiche di altri personaggi in questo sarebbero stati forzati.

Il capitolo 24 sarà caricato nei prossimi giorni, perchè è consequenziale a questo; scopriremo chi è la misteriosa voce e cosa vuole da Rush. E sì, sono sadica con questi sogni che sembrano reali xD.

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