Capitolo XVIII - Stronzo
Avvolgo la coperta intorno al corpo supino del biondino che annaspa rumorosamente, come intrappolato in un sonno movimentato. Il letto rumoreggia in cigolii continui ma, contrariamente a ciò che sembrava, si desta per scoccarmi un'occhiata disorientata.
<< Stevie, come stai adesso? >>, gli domando, ancora palpitante di paura mentre lui si tira a sedere.
<< Bene. >>, risponde secco, in un velo di apatia che esterna impenetrabilità.
Un'apatia che rende inaccessibili i suoi pensieri e i suoi umori altalenanti.
Seguita a fissare il muro di fronte a sé.
Nonostante la calma innaturale che lo riveste, il ricordo di quanto accaduto la scorsa notte mi perseguita tuttora.
Ma eccolo, quel piccolo e flebile gesto che scalfisce lievemente la sua corazza di freddezza: la pelle diafana del suo volto si tinge di una morsa rabbiosa; i denti si contraggono.
Gli occhi cerulei, ridotti a due fessure, bruciano nei miei alla ricerca di qualcosa, di una risposta che io non posso dargli.
<< Adry... lei... è nelle mani di quel figlio di puttana, lui le farà del male ancora! E io non potrò fare nulla per salvarla! Nulla! >>, sillaba, pregno di una sofferenza che risucchia il suo respiro.
In un dondolio incessante, continua il suo lamento: << Non ho potuto neanche dirle la verità! Sono stato il solito cazzone! Non le ho detto che la amo! >>.
Una confessione che, come un colpo a ciel sereno, mi travolge inaspettatamente destando sconcerto.
La mia bocca, precedentemente spalancata, si serra in un'espressione distesa.
<< Stevie, andrà tutto bene. La troveremo, la polizia la troverà. Rush adesso è di nuovo alla centrale, non preoccuparti. Presto potrai dirle quello che provi per lei. >>, pronuncio dolcemente tentando di rasserenarlo.
Si getta tra le mie braccia per stringermi in un abbraccio, io ricambio goffamente e avverto le sue lacrime bagnarmi la maglia bianca.
<< Adesso stenditi, perché non stai ancora bene. Sarà arrivato Rush, vado da lui. >>, lo informo tirandomi su, per poi lasciare la stanza.
Mi ritrovo nel corridoio dinanzi a una scena che mai avrei voluto vedere.
Rush, appoggiato al muro giallo della Pensione, bacia in modo vorace Nancy.
Le palpa impunemente il sedere coperto da pantaloni di pelle, come se non si trovassero in un luogo pubblico. È intento a introdurre la lingua nella sua bocca.
-Che diavolo ci fa Nancy qui? -
Incredibile che lui la stia baciando, due ore dopo avermi confessato che mi desiderava.
Questo ragazzo ancora una volta ha stravolto ogni mia certezza con i suoi atteggiamenti incoerenti.
-Sono andati insieme alla centrale di polizia, per questo ci stava mettendo tanto?-
Un malessere mi aggroviglia lo stomaco l'istante in cui la sua mano sinistra abbandona il lato b per spostarsi sul top nero e sollevarglielo leggermente.
Un conato di vomito mi sale su al pensiero che lui voglia concedersi una notte di sesso con la groupie proprio mentre Adrianna rischia di morire per mano di un pazzo.
Ieri ho occupato il posto di Nancy su quel letto, sicuramente lui mi ha considerata alla stregua di una ragazza che gli si concede con un battito di ciglia.
Per lui non sono nessuno, sono solo un corpo da possedere per il mero soddisfacimento di un desiderio deviato, sono solo una delle tante.
Nel pieno di questa dolorosa consapevolezza, il cuore galoppa forsennato nel petto.
Delle goccioline sgorgano dal vitreo cristallo dei miei occhi, bagnando le guance.
Ricaccio le lacrime mossa dal desiderio di preservare quel poco di dignità che mi è rimasta, proprio nel momento in cui Rush si stacca dalla bionda.
Incontra il mio sguardo ma resta impassibile e freddo.
A piccole falcate colmo lo spazio che ci separa e posso scorgere il ghigno di Nancy che, come se ciò non bastasse a torturarmi, mi degna della sua sgradevole attenzione:
<< Santarellina, che piacere vederti... Rush mi ha raccontato che state cercando Adry, ma non capisco quale supporto tu possa dare ai ragazzi... >>.
Sfodera la sua frecciatina che mi colpisce in pieno petto, ma non mi lascia del tutto impreparata.
<< Beh... nessuno di noi ha notizie, perciò una mente in più fa sempre comodo, ma ovviamente se fossi venuta tu, non dubito che saresti stata utile... utile a porre la tua lingua nella bocca di Rush, utile a essere lo sfogo della sua depravazione. >>.
Lei sorprendentemente sembra non cogliere la mia palese offesa, perché ride sguaiatamente seguita a ruota da lui.
-Ma quali problemi hanno questi due? Possibile che neanche la mia insolita impertinenza li scalfisca? -
<< Sicuro avrei alleviato ogni sua preoccupazione o ansia, ma a differenza tua sarei stata utile anche in altro. Sono stata utile oggi, portandogli preziose informazioni riguardo alcuni luoghi che Adrianna frequentava da piccola. >>, mi canzona con aria di vittoria.
Rush, invece, sogghigna apertamente.
<< Curioso come non disdegnassi la mia "depravazione" ieri notte, quando abbiamo quasi scopato. >>, ribatte con un tono di beffa virgolettando sulla parola depravazione.
Poi si rivolge alla bionda con un sorriso sprezzante: << Non ti ho raccontato che mi sono quasi sbattuto la santarellina qui presente? Mi ha resistito a stento, ansimava anche, sai? >>, fa una pausa per ridacchiare << A quanto pare anche lei non è immune al desiderio del peccato. >>, imprime nella parola peccato un tono derisorio, causando ilarità nell'oca giuliva al suo fianco.
Un moto di vergogna mi assale e colora le mie guance, ormai brucianti.
Chino il capo non sapendo come controbattere, perché è la verità, anche se lui è uno stronzo che vorrei prendere a sberle.
<< Ma mi ha fatto un favore, perché sicuramente non mi avrebbe soddisfatto appieno. D'altronde nella diocesi non insegnano certe cose, anche se il desiderio da parte sua era forte. Io mi sono limitato ad assecondarla. >>, rimarca con acredine con sguardo fisso sulla mia figura << O meglio, ci ho provato perché era lì che mi implorava di essere sedotta, e io ero ubriaco fradicio. La carne è debole, in quel momento l'una valeva l'altra. >>.
La stretta furiosa nei miei palmi gli suscita compiacimento consapevole che è riuscito nel suo intento: ferirmi.
Ridono di me, ma noto il bastardo osservarmi con la coda dell'occhio in attesa di una mia reazione.
Reazione che non arriva, perché non ne ho la forza, il senso di vergogna inchioda la mia lingua.
<< Hai ragione, so-sono una stu-pida. >>, sillabo a mezza voce, tremante.
Mi avvio per andare in stanza, non prima di intravedere lo sgomento nei suoi occhi.
Chiudo la porta della mia stanza in un tonfo facendo tremare i muri.
Mi siedo sul divanetto, ancora furiosa ma desiderosa di sfuggirgli. E come in ogni film, i desideri della protagonista non vengono realizzati: mi segue e avanza nella mia direzione.
Io simulo indifferenza, ma sono più tesa di una corda di violino e lo dimostra il mio respirare affannoso.
Mi scruta con impertinenza e, non potendone più di questo groviglio di rabbia e frustazione che ho dentro, infrango la bolla di silenzio che ci aveva risucchiati in precedenza: << Cosa vuoi? >>, mi benguardo dal distogliere l'attenzione dal tavolino rotondo di plastica.
<< Riferirti le novità sulla faccenda di Adrianna. >>, mi risponde atono e io trattengo a stento uno sbuffo.
<< C'è Nancy, parlane con lei. Tanto io non servo a nulla. >>, ribatto con sarcasmo pungente.
Lui sospira pesantemente quasi fosse stanco da questa tensione creatasi.
-Stanco lui? Lo vorrei prendere a sberle! -
<< Ormai sei qui. >>, mi dice, sputando tutto il suo risentimento nei miei confronti con una freddezza che mi raggela il cuore.
<< Bene, dimmi. >>, lo esorto a parlare.
<< Mi ha riferito di una casa distante cinquanta chilometri da qui dove sembra che Adrianna amasse rifugiarsi da bambina. Dobbiamo avvisare la polizia. Questo è il numero. >>, mi racconta porgendomi un pezzo di carta con su scritto il numero.
Mi alzo per porre distanza tra me e questo essere che non voglio vedere più neanche in fotografia e per comporre il numero a una cabina telefonica.
Il mio telefono si è rotto proprio ieri, dopo aver ricevuto l'ultimo sms.
Lui mi viene dietro come un'ombra fastidiosa.
Come una figura indesiderata mi accompagna mentre, al termine del corridoio giallo, varco l'uscio della Pensione incamminandomi verso la cabina telefonica.
L'aria è fredda e mi punge sin nelle vene.
Il sole accarezza l'asfalto della strada, la piccola struttura bianca dove stiamo alloggiando e la panchina della fermata dell'autobus.
Il suo calpestio congiunto al mio, mi irrita fortemente e non riesco a evitare di palesare tutto ciò: << Non c'è necessità che tu mi segua, Rush. Vai. >>.
Lui, nel più assoluto mutismo, non mi dà ascolto.
Entro nello spazio ristretto della cabina e compongo il numero, una voce femminile sopraggiunge: << Centrale di polizia... >>, ma il mio tono impetuoso e agitato interrompe la donna: << Salve, sono Juliet Rawell, sono un'amica di Adrianna Young, la ragazza scomparsa da giorni. La prego, potrebbe passarmi il commissario? >>.
Senza obbiettare mi passa l'uomo a cui non concedo il tempo materiale di pronunciare mezza sillaba: << Abbiamo saputo che una delle case maggiormente frequentate da Adrianna Young, la ragazza rapita, è situata a Southern Boulevard. >>.
<< La ringrazio per l'informazione, provvederemo al più presto. >>, mi chiude il telefono.
Nuovamente a contatto con il gelo del primo mattino, sono costretta a subire la sua presenza.
<< Fatto. >>, gli riferisco sinteticamente intenzionata a chiudere la questione al più presto, a porre fine all'agonia che porta il nome del dolore di Adrianna, all'agonia che porta il nome di questo individuo rivoltante.
Mi cinge la vita spingendomi contro il suo petto su cui appoggio le mani per liberarmi dalla sua stretta.
Tuttavia ogni mio tentativo si rivela vano, perché le sue braccia si ancorano al mio dorso per impedirmi di liberarmi di lui.
<< Lasciami! Non toccarmi! >>, gli inveisco.
Ciò che desta maggiore stravolgimento, da tendere - come una corda di violino - ogni muscolo, è l'intensità che giace nello smeraldo dei suoi occhi; brucia sulle mie labbra come brace.
<< Perché non lo fai? Perché non mi schiaffeggi? >>, mi pungola con una punta di rabbia.
<< E darti la soddisfazione che non meriti? Mai! Piuttosto mi taglio le mani! >>, la mia acidità sgorga dalle mie parole come un fiume in piena.
<< Perché prima non hai ribattuto con la tua lingua biforcuta? >>
<< Perché ero esterrefatta, non credevo saresti arrivato a tanto... non credevo che mi avresti umiliata con la tua puttana personale. >>, gli confesso con un tono affranto e mesto.
<< Ti dispiace? >>
<< No, io provo pena per te, pena per l'essere rivoltante che sei. Posso solo compatire un ragazzo che trae giovamento nell'umiliare una ragazza che ha quasi sedotto quando era ubriaco fradicio, perché non sa affrontare i problemi che la vita gli riserva. >>, allenta la presa e questo mi consente di sgattaiolare via da un Rush ora adirato.
Mi agguanta nuovamente portandomi a urtare con il suo addome.
<< Stai dicendo questo solo perché ho detto la verità e sei gelosa di Nancy, ma io e te non stiamo insieme, posso andare a letto con chi voglio! >>, rivendica la sua libertà con ardore, un ardore che mi trafigge come cento spade sottopelle.
<< Io. Non. Sono. Gelosa. Se volessi potrei fare lo stesso che ho fatto con te con un altro! Non credere di avere importanza! >>, controbatto lentamente, ma non se la beve e, infatti, mi sorride.
<< Ma davvero? Vorrei vederti all'opera con un ragazzo. Ah... sì, con uno perbenista e bigotto scelto dal paparino forse! Verrebbe fuori un film comico! >>, si prende beffa di me.
<< Il film comico lo stai facendo tu! >>, gli faccio notare con alterigia.
<< Sai perché non puoi provarci con un altro? Perché sei una santarellina, solo con il sottoscritto diventi passionale e umana. >>, sentenzia, trionfo di qualcosa che mi fa inorridire perché è la verità, ma... piuttosto che ammetterlo mi taglio la lingua.
<< Sei solo un arrogante, mi susciti solo leggeri movimenti ormonali, ma non ti montare la testa, tu non mi piaci! >>, rimarco con decisione.
Curva le labbra carnose in un sorrisino sghembo, il sorriso di chi ha la vittoria in tasca.
<< Non ti credo. >>, mi sussurra per poi avventarsi sulle mie labbra, famelico.
Le morde con passione, ma io non gli permetto di approfondire il bacio perché lo respingo e gli assesto in calcio sulla gamba.
Lui flette il ginocchio per chinarsi agonizzante.
<< Va' al diavolo, Rush. Preferisco farmi suora che baciarti di nuovo! Mi disgusti! Non appena ritroveremo Adrianna e ritorneremo a casa, non voglio più vederti. Potrai tornartene da Nancy. >>, concludo dandogli le spalle per liberare la mia vita dal supplizio della sua miserabile esistenza, almeno per qualche minuto.
-E Adrianna? Come starà ora? -
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