Capitolo XIII - Spire di fuoco
Pov Juliet:
<< Adrianna è scomparsa! E non si sa dove sia! >>, Stevie acuisce la voce che si infrange nel mio orecchio.
- Cosa? -
Il nuovo arrivato se ne sta lì, distante da noi di un metro, con il gomito addossato sulla fredda superficie del bancone e la schiena ricurva.
Ci osserva stare dall'altra parte del banco e non indaga riguardo la posizione in cui eravamo qualche minuto fa, troppo preso dalla situazione.
Lo sgomento si palesa sul mio volto, modellandone i lineamenti; si palesa in ogni singolo movimento, rendendolo agitato: le arcate sopraccigliari issate verso l'alto; la pelle diafana della fronte solcata da alcune linee; la mascella tesa verso il basso; le mani intente ad attanagliare i miei lunghi ricci.
Rush, invece, resta imperscrutabile nel suo completo in pelle nera, a braccia conserte.
Ma i suoi occhi verdi sembrano voler tradire un'emozione che - suo malgrado - trasuda da essi: l'ansia.
Il biondino cotonato posa nuovamente le mani tra i capelli, torturandoli nervosamente, ancora e ancora.
Il suo sguardo ceruleo saetta continuamente tra me e Rush, quasi non riuscisse a trovare pace.
Stringe spasmodicamente la maglia dei Led Zeppelin bianca, sgualcendola.
Contrae la gamba sinistra allo scopo di appoggiare la suola di un anfibio nero sul muro blu, mettendo in bella mostra il ginocchio che spunta dallo strappo dei jeans in quel punto.
<< Non può essere! Ma come è successo? >>, esclamo con voce strozzata.
<< Dovevamo vederci quando lei staccava dal lavoro! Ma non ci siamo visti, perchè non si è fatta vedere! >>, ci informa Stevie, straripando agitazione in ogni singola sillaba.
<< Sicuro che non dovesse vedersi con gli altri o con altri amici? >>, interviene Rush, in tutta tranquillità.
<< No, ho chiesto, e niente, nessuno l'ha vista! >>, urla il Nanetto, gesticolando animatamente.
<< Allora dobbiamo chiamare la polizia, subito! >>, prendo una decisione con fermezza.
<< Assolutamente no! Forse avrà sentito il desiderio di allontanarsi per spassarsela... aspettiamo 24 ore prima di denunciare la scomparsa >>, ragiona a mente fredda, il Ricciolone arrogante.
<< Ma non possiamo, sarà stata la persona che mandava quelle rose nere! >>, non riesco a starmene zitta, anche se sono consapevole di non avere alcuna voce in capitolo dato che io e Adrianna non siamo amiche.
<< Non sappiamo se ci sia effettivamente quella persona dietro e non possiamo tutti rischiare per quello che potrebbe essere un capriccio di Adrianna! >>, ribatte Rush, lucidamente.
<< Ris-chiare, co-sa? >>, gli domando, tesa.
Lui trae un profondo sospiro prima di dar voce ad una rivelazione alquanto scomoda:
<< Alcuni della Band non hanno una condotta perfetta >>.
<< Ah... certo vi fate di quella polverina maledetta! E per non rischiare la perquisizione della polizia, preferite che Adrianna muoia! >>, scatto in un timbro elevato e rabbioso.
<< Non è solo questo, ma c'è dell'altro... e non ho detto questo... se non avremo notizie, andremo a far la denuncia >>, si difende dalle mie accuse con fermezza.
<< Io vado, ho bisogno di sbollire la rabbia! Fatemi sapere se ricompare! >>, ci informa Stevie, per poi congedarsi e lasciarci soli.
Rush si accomoda allo sgabello, tornando a concentrarsi sul testo. Ma colto da un moto di irrequietezza, si tira su ed esce dalla porta sul retro.
Io lo seguo, permettendo alla frescura della brezza mattutina di pungermi sulla schiena sebbene sia coperta.
Ci ritroviamo in un piccolo spiazzale, circuito dal cancello in ferro e dalle pietruzze grigie che, nelle più svariate forme, rivestono i muri esterni di questa zona.
Mi appoggio a questi ultimi, nel frattempo Rush caccia fuori un pacco di sigarette, conservato precedentemente nella tasca del suo giubbotto; ne estrae una.
Tira fuori un accendino che, come sempre, dopo ben tre tentativi, infiamma; una coltre di fumo fuoriesce da essa, aleggiando pienamente nello spazio che diventa caliginoso.
Porta alla bocca quel filtro, ripetutamente.
Quasi fosse preda di uno spasmodico e sconosciuto desiderio, il mio sguardo è calamitato da lui, piacevolmente impegnato a tirare ed espellere il fumo che sembra mandarlo in estasi.
Un'onda della sua scarmigliata chioma ricade sulla sua fronte; lui si premura a sistemarla lontano, immediatamente.
Distolgo la vista e accenna un sogghigno: sicuramente si è reso conto che, per una frazione di secondi, l'ho fissato. Tutto ciò figura nella mia mente il ricordo della prima volta che ho incontrato Adrianna e Stevie, settimane fa.
<< Come fai a non essere preoccupato? Ma hai un cuore di pietra! >>, inveisco, non potendone più di questa calma apparente.
<< Sono preoccupato >>, asserisce cautamente.
<< E allora perché non fai nulla? >>, lo attacco riempiendo lo spazio che ci separa l'uno dall'altra.
Tuttavia, lui non sembra minimamente percepire la mia arrabbiatura, o quantomeno finge di non captarla.
Resta in una barriera di imperscrutabilità, intenzionato a finire il filtro che successivamente viene gettato e schiacciato sul terreno.
<< Chi ti dice che non faccio nulla? >>, ribatte in un tono insolente, mentre inarca l'angolo delle labbra in ghigno.
Mi tremano le mani, fremo dal desiderio di schiaffeggiarlo.
- Dio solo sa, quanto vorrei! -
<< Lo vedo! Va' al diavolo! Andrò da sola alla polizia, sei solo un codardo ed egoista, Finlay! >>, mi scaglio verbalmente contro di lui con una rimarcata asprezza.
Sposto con stizza un ciuffo ribelle e fastidioso, posatosi precedentemente sulla mia guancia.
La stessa stizza con cui sbatto le scarpe sull'asfalto e gli rivolgo le spalle, per andare via.
Voglio allontanarmi, ma lui non sembra intenzionato a permettermelo: mi acciuffa all'istante, rattrappendo il mio braccio in una morsa serpentina.
Con una rinnovata irruenza, mi strattona a sè, al fine di far schiantare la mia schiena al muro.
Serro inavvertitamente gli occhi per un attimo, a causa dell'urto violento.
Ma la sua presa sulle braccia mi induce a sgranarli rapidamente, attonita da questo atteggiamento.
<< Non permetto ad una ragazzina viziata come te di darmi dell'egoista e codardo. Non dirlo mai più, non mi conosci ! >>, ribatte con voce graffiante ad un millimetro dal mio viso.
<< Mi basta quel poco che ho visto per capirlo! >>, controbatto con veemenza.
<< Dio... sei irritante con questa lingua impertinente che ti ritrovi. Se non la smetti, so io come farti tacere! >>, mi redarguisce, annebbiato da un tumulto di emozioni che hanno i colori della rabbia più nera e della passione più infuocata.
Il suo respiro è affannoso, quasi stesse - logoratamente - lottando con sé stesso per qualcosa che fatico a definire.
Ma - mio malgrado - non è l'unico: il mio petto vive intrappolato in una morsa soffocante che mi sottrae il fiato.
<< E co-cosa farai? Mi strangolerai? Cercherai di fare intimidazione come sempre con quella tua aria da finto duro? >>, lo stuzzico con insolenza, perché non ne posso più di questo suo atteggiamento arrogante e non permetto a nessuno di trattarmi così.
Mi spinge rudemente a sé e io, per evitare di collidere completamente col suo petto, appoggio le mani ad esso.
Faccio pressione, desiderosa di liberarmi, ma tutto ciò è reso impossibile dalle sue braccia ancorate al mio dorso.
Mi stringono con ardore in un abbraccio.
Ciò che desta maggiore stravolgimento, sino a tendere ogni muscolo come una corda di violino, è l'intensità che giace nello smeraldo dei suoi occhi; infiamma sulle mie labbra come brace.
<< No, ho altri metodi per farti chiudere la bocca >>, mi sussurra con voce roca.
E prima che io possa replicare, le sue labbra si buttano a capofitto sulle mie zittendomi. I polpastrelli della sua mano sono intorno al mio polso e rendono impossibili ipotetici miei spostamenti. Si impongono su di me vorticosamente, in modo rude e impetuoso: sembra vogliano divorarmi, piegarmi al loro volere. Con il braccio sulle spalle mi induce ad aderire ancora più rudemente a sé, portando le nostre bocche a danzare impetuosamente. L'altra mano accarezza velocemente il mio braccio, per poi fermarsi sul mio fianco.
Mi lascio travolgere da questo vortice di passione, mantenendo il ritmo così incalzante, veloce e ardente. La sua lingua si insinua lentamente nella mia bocca e il suo contatto con la mia è surreale.
Questa - come animata da una desiderio frenetico - si dibatte con la sua, lasciando che la avvolga nelle sue spire.
Le mie dita si artigliano intorno alla pelle del giubbotto.
Lui, ancora insoddisfatto, mi conduce verso il muro senza spezzare questo contatto tra le nostre labbra, che - imperterrite - si muovono in sincronia.
La passione del bacio elettrizza in intense scariche ogni cellula di questo corpo che ora è totalmente adeso alla fredda superficie del muro.
Ma proprio mentre l'altra mano si sposta sul fianco e sulla gamba, l'atmosfera - resa carica dai nostri scocchi - viene spazzata via da me.
Lo respingo esercitando una forza notevole sull'addome.
E un manrovescio si schianta sulla sua guancia, portandolo a retrocedere.
<< Ma co-cosa hai... come... perché? >>, farfuglio ansimante, in un tumulto di sensazioni tra l'indignazione e l'imbarazzo.
<< Per farti tacere, non ne potevo più delle tue isterie dettate dall'ansia >>, confessa in un sussurro con nonchalance.
<< Ti-ti sembra modo? Ti-ti sembra la giustificazione sufficiente per fare... questo? >>, mi faccio sentire, perché tutto ciò è assurdo.
Assurdo che mi abbia baciato per farmi tacere, per uno sfizio.
Assurdo che io glielo abbia permesso.
Assurdo che mi sia piaciuto.
Ovviamente, neanche sotto tortura, neanche se mi puntassero una pistola alla tempia, lo ammetterei.
Inarca il labbro gonfio in un sorriso sghembo.
<< Sì, è la giustificazione sufficiente, Monachella >>, ha il coraggio di dirmi con strafottenza.
<< Io sono ancora scio-scioccata, no-non mi hai chiesto il permesso >>, realizzo puntando gli occhi ridotte a due fessure sulla sua figura slanciata.
<< Avrei dovuto farlo settimane fa quando mi hai dato del tossico, sai. Quel giorno avrei dovuto baciarti. Se fossi stata un'altra ragazza, non ci avrei pensato due volte >>, mi rivela, dipingendo un ghigno sul volto.
Tuttavia - per fortuna direi - ha la decenza di porre distanza tra noi con grosse falcate.
Ma il suono del suo ridacchiare causa l'ennesimo tremito.
-Che imbecille, arrogante, impertinente! -
<< Pretendo che tu mi chieda scusa! >>, richiedo con ostinazione.
<< Scordatelo! E adesso andiamo, domani raggiungeremo il quartiere in cui abitava Adrianna con i suoi genitori. Ci faremmo una bella chiacchierata >>, tronca il discorso, stufo delle mie domande.
Ma inaspettatamente, uno strano vibrare attraversa la mia gamba sinistra; reagisco afferrando il cellulare.
"La lingua lunga può fare più male di tante cose", lampeggia sul piccolo schermo del mio cellulare nero, nel preludio di qualcosa che non posso neanche lontanamente immaginare; qualcosa di sconosciuto, agghiacciante e terrificante.
- E adesso? Chi è il mittente di questo messaggio? E Adrianna, che fine ha fatto? -
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top