Capitolo X - Le ombre (Prima parte)
PREMESSA: giacchè in questo capitolo subentra un elemento di suspence molto importante nella storia, la rosa nera... e ciò sarà la base per la trama, ho deciso di inserire nuovamente il link del booktrailer che allude anche alle rose.
https://youtu.be/sdALvLHe7ao
* * *
Pov Juliet:
<< Te >>, un sussurro roco, vivo e penetrante.
-Me? -
Aggrotto la fronte al suono di quelle parole così assurde e surreali; preda facile delle sue braccia ancorate alla mia schiena, resto inebetita.
Complice questa presa sulle spalle che mi incatena a sè, il respiro viene risucchiato da una stretta soffocante.
Il mio seno, coperto dalla camicia da notte bianca, si muove in sincronia al suo petto, avvertendo la pelle fredda del giubbotto nero.
I ricci gli ricadono scarmigliati sulla fronte, ma mi consentono di vedere cosa cela il suo sguardo: il verde delle iridi brilla di striature rossastre, intense e rabbiose; la mascella serrata e le labbra contratte, esternano un cipiglio quasi adirato.
<< Stai scherzando, spero... >>, esprimo tutto il mio sbigottimento, annaspando.
<< Cosa stai fa-cendo?? >>, la voce vibra via da me in un sussurro.
Trattengo a stento un sussulto nel vedere le sue mani percorrere la mia schiena con estrema lentezza.
Un brivido mi pervade; mi sta toccando senza alcuna esitazione, come se io fossi una delle sue groupie.
Un tocco che mi disorienta, elettrizza e - al medesimo tempo - mi innervosisce.
Poggio i palmi sul suo addome, allo scopo di esercitare la pressione necessaria per respingerlo, ma trovo la sua opposizione indesiderata e sfrontata; non ha alcuna intenzione di liberarmi.
In uno scatto fulmineo, si accosta al mio orecchio e ci soffia su; l'odore intenso dell'alcol punge sin dentro le narici, e ariccio il naso.
<< Ti-ti è pia-ciuto cospirare alle mie spalle e ades-so verrai con me >>, biascica in modo confuso.
Questo Tipo è ubriaco fradicio e, ancor prima che io possa realizzarlo, afferra la mia vita per prendermi di peso e caricarmi in spalla.
Con la testa a penzoloni osservo la sua schiena abbastanza ampia.
<< Ma cosa fai! Lasciami! Ti ho detto di lasciarmi! Sei impazzito? Sei ubriaco! Tornatene a casa! >>, strepito come un'ossessa, dimenandomi per far in modo che lui mi lasci, senza sortire alcun effetto.
Le gambe mezze nude si muovono freneticamente, nel vano tentativo di sciogliere la sua presa su di esse.
Cammina a passo spedito e barcollante, per uscire di casa.
Sento il freddo pungermi sulla pelle, e intravedo il buio della notte posarsi sul luogo, sebbene la posizione mi renda impossibile scorgere l'ambiente dinanzi a me.
Con la testa aderente alla sua schiena, noto la pietre bianche della strada che, ad un primo acchito, la scorsa volta non ho messo a fuoco. In movimenti scordinati e frenetici, svolta nella seconda stradina in aperta campagna.
Calpesta le erbacce quasi con furia.
Avverto il rumore generato dal suo sgomitare contro le erbacce; sicuramente sta cercando di aprire un varco di fronte a sé. Udisco il suono prodotto dallo sbattere della porta.
Ed ecco che in una manciata di minuti arresta la corsa per posarmi a terra.
<< Era ora! Ma si può sapere cosa ti è preso? Un attimo di follia? >>, gli urlo.
In seguito, il mio sguardo saetta da una parte all'altra con la speranza di poter dare un senso al suo agire sconclusionato: pavimenti consumati e muri fetiscenti in uno spazio ristretto; un tavolo in legno a sinistra; un letto spoglio di qualsiasi comfort a destra e un pianoforte situato al centro, in questo momento coperto.
Sbatto le ciglia nel constatare che mi ha portato nello stesso capanno dell'altra volta.
<< So che-che sei stat-ta tu a fa-rmi que-questo per quel maledetto piano! >>, lo indica con veemenza.
Mi si avvicina, ciondolando; arretro meccanicamente.
<< No, Rush, io... Ne-neil ha avuto l'idea e io... >>, boccheggio alla ricerca di quell'ossigeno che sento sempre meno mio.
<< E tu lo hai assecond-ato! >>.
Mi abbranca dalle spalle con forza, per scuotermi leggermente.
Tremo al pensiero di quello che potrebbe farmi in questo stato, anche se una voce dentro di me sostiene che lui non mi arrecherà mai danno fisico.
<< Lascia-mi, Rush! Mi stai facendo paura! >>, strillo, intenta a divincolarmi.
<< Ha-hai pa-ura di-di me? Fo-forse fa-fai be-bene ad averne, ma guarda co-cosa ho fatt-to da ubria-co... >>, si china verso di me per parlare.
Dopo si solleva all'improvviso allo scopo di ritornare in posizione eretta; traballa arrancando in direzione del piano.
Poggia le mani su di esso senza smettere di osservare una me tremolante.
Toglie la copertura rivelando il pianoforte completamente ammaccato e con il pedale staccato.
<< So cosa stai pensando. S-si l'ho ammaccato io, co-con il marte-llo dopo aver bevuto! N-non voglio suonarlo! >>, mi confessa in un tono stridulo e lacrimevole.
Un dolore lacera e plasma il suo viso: la mascella e i denti sono intrappolati in una morsa asfissiante e rabbiosa; le pupille - pervase di un verde ebano - si dilatano.
Lo sguardo ingrugnito tramuta in un vitreo cristallo, e un'intensa luce rischiara nei suoi occhi.
Tutto urla tormento in lui.
Delle gocce sgorgano dalle palpebre, bagnandogli copiosamente le guance.
E i miei occhi blu, come ostinati, stagliano nell'oscurità più cupa di peccati indicibili e verità inconfessabili.
L'oscurità, come fiamma, è pronta a bruciarmi.
Come lame affilate, è pronta a lecerare il mio stomaco, trapassandolo ripetutamente in modo ossessivo e massacrante.
Questo malessere è così intenso da espandersi, attraverso una scarica elettrica, sino alle spalle e alla cassa toracica; il cuore inizia una galoppata forsennata.
Come se fossero incapaci di reggerne il peso, le sue gambe cedono; lui crolla a terra.
Le mie arcate sopraccigliari si inarcano nel momento in cui lo vedo su quel pavimento logoro e sporco, incapace di reagire, incapace di rialzarsi e prendere di petto la sua vita.
La schiena aderisce al piano.
Si sporge con il mezzo busto all'indietro e caccia fuori un'altra bottiglia, presumibilmente situata dietro lo strumento.
La porta avidamente alla bocca facendomi rabbrividire.
Tento di colmare la distanza tra noi con passi incerti.
<< Vattene via! >>, tuona nella mia direzione privo di qualsiasi controllo, riducendo gli occhi a due fessure.
<< Ma... tu... sei ubriaco >>, gli faccio presente con una punta di esitazione.
<< Devi andare via! È solo colpa tu-tua, se-sei solo una ragaz-zina ficcanaso! Vattene via! >>, lampeggia di un'ira che si infrange su di me e divampa come fuoco.
Indietreggio per dargli le spalle e fuggire via.
Voglio stare lontana dal questo struggimento che si inietta come veleno in lui ed è in grado di avvelenare anche la mia anima. D'altronde, questa è l'unica azione sensata che sono in grado di compiere alle 03:00 am, intenta ad imboccare il tragitto di ritorno a casa.
Pov Adrianna:
<< Mi hai dato l'ecstasy ma non lo farò più! Non mi interessa! Anche se dovesse spellarti totalmente di soldi! >>, mi sfogo di fronte all'uscio dello Strip Club.
<< Neanche parlare, sai! Servi ad altro d'altronde. Ma se continuerai a negare il servizio completo, ti licenzierò e dal momento che sei venuta meno al nostro accordo, sappi che dirò a tutti il tuo segreto. Chissà cosa diranno tutti quando... >>, il discorso di quel cazzone di Jim viene interrotto da un gancio sulla guancia sinistra.
La chioma cotonata di Stevie si fa spazio tra me e lui.
<< Sei un infame! Come puoi arrivare a drogarla per soddisfare le voglie di trasgressione di qualche vecchio bavoso? >>, lo accusa digrignando i denti.
Blocco qualsiasi mossa avventata del biondino, perchè so bene cosa sta passando per la testa di quella mente bacata pur di difendere la mia incolumità.
Gli cingo il polso, mimando un no con la testa.
<< Rispetterò le condizioni, Jimmy >>, affermo.
Tiro Stevie fuori dal Club.
Ci sediamo sulle scale bianche a sinistra della scritta: "Hard Rock Club".
<< Sei la solita testa bacata, mi spieghi cosa volevi ottenere? Sei ammattito per caso? >>, lo provoco con la mia usuale aria da finta dura.
Con lui non riesco ad esserlo, perchè con le sue follie è incredibilmente ammattito da desiderare e difendere una persona come me.
<< L'ho fatto, perchè beh... ti voglio bene >>, una confessione impacciata e ingenua.
Una confessione che decelera per un attimo la cavalcata dei puledri che ho nel petto.
E un sorrisino abbozzato increspa lievemente le mie labbra.
<< Grazie mille, dietro quell'aria da cazzone, si nasconde un cuore tenero. Riguardo ieri notte, Stevie... avanti, sgancia la bomba, so che la sgancerai >>, lo ringrazio a mio modo, ma lo faccio solo per non mostrare la debolezza che sto provando.
<< Beh, è stato tutto molto esplosivo, Adry >>, si gongola, l'idiota ossigenato; scuoto il capo.
<< Idiota! Non mi riferivo alle tue discutibili qualità in quel campo, ma a quello che hai farfugliato. Hai detto ti amo >>, rimbecco con aggressività.
Imbarazzato, si gratta il capo.
Non l'ho mai visto così.
<< Ah... >>, risponde senza sapere quali pesci prendere.
<< Allora? Non ho tutto il giorno, Stevie! Sputa il rospo, possibilmente prima che faccia notte >>, lo sbeffeggio per indurlo a parlare.
<< Bionda, ti hanno mai detto che hai una lingua tagliente? >>, vira il discorso.
<< Sì, siamo un fetido casino entrambi, un'accozzaglia di pensieri confusi ed errori. Appurato questo, possiamo andare oltre? >>, vado dritta al sodo, come sempre.
<< Sì, allora... è evidente che l'ho detto, perchè ero ubriaco fradicio, Bionda >>, conclude con un risolino agitato.
<< Ok, beh, sappi che lo stesso vale per me. Mi solleva tutto ciò, non mi va di incasinarmi la vita con un altro fetido casino come una relazione d'amore >>, gli dico con convinzione assoluta.
Stevie mi fa un cenno di saluto con la testa e ne approfitta per darsi alla fuga.
- A me non interessa della sua incasinata vita, non mi interessa di quella fesseria che chiamano amore. E' stato del buon sesso in cui mi ha anche lasciato il controllo, cosa voglio di più? Il massimo! E allora perchè sento un alveare nello stomaco? -, confabulo con me stessa nel più assoluto silenzio, diretta verso il mio camerino.
Ma una solitaria e traditrice gocciolina scende sulle mie labbra, e il trucco si sbava.
-Davvero sto piangendo per quel nano pazzoide di Stevie? Sono davvero ridotta male! Che vita orribile, la mia! -
Calpesto distrattamente qualcosa.
Rabbrividisco posando lo sguardo sulla scia di rose nere sul pavimento, rese ancora più cupe dalla debole luce del corridoio.
Sul biglietto c'è scritta una frase molto inquietante:
"La rosa nera per ricordarti che nessuno è senza spine, neanche tu"
Tremori continui si susseguono; la mente è come annebbiata da quell'incubo che ancora oggi mi tortura.
Cammino in modo robotico, con lo sguardo fisso nel vuoto simile a quello di una condannata a morte.
Sono una donna che non potrà mai sfuggire al destino spietato.
Destino che qualcun'altro ha deciso per lei, a cui non potrà sottrarsi mai.
Afferro la borsa nella stanza che ho raggiunto senza neanche accorgermene.
Tiro fuori la scatoletta con su scritto Valium e in un attimo butto giù la pillolina che spero mi dia un po' di pace durante il sonno. E anche nelle ore successive, sino alle 5 del mattino, un senso di annebbiamento perenne mi assale, una dissonanza perenne, come se il tempo scorresse velocemente.
***
Pov Juliet:
06:00 am, segna il mio orologio nell'istante in cui il sole irraggia la grande sala.
Con l'infrangersi dei raggi solari, i tavoli e il palco appaiono ancora più luminosi alla mia vista. Ansimante, sono giunta qui da poco, dopo aver trascorso una notte quasi insonne. Quando il sonno ha avuto la meglio, il rumore assordante della sveglia mi ha destato bruscamente. Incredibilmente, ho la sensazione che tutto sia avvenuto velocemente.
Mi incammino nel camerino di Adrianna, malgrado i jeans ad alta vita stiano stringendo totalmente le gambe.
-Sono troppo stretti, accidenti! -
La camicetta a fantasia rosa e gialla, seppur sia all'interno dei pantaloni, minaccia di uscire.
<< Accidenti ma... dove si è andata a cacciare Adrianna? Ha passato tutta la notte fuori! >>, lamento a me stessa, proseguendo verso il suo camerino.
Spalanco rapidamente la porta, ma di Adrianna non c'è neanche l'ombra.
Il letto è perfettamente in ordine.
- Forse non ha dormito qui! Adesso vedo se ha preso dei vestiti! -
Apro l'anta e un brivido di orrore mi accappona la pelle dinanzi al corpo di Adrianna raggomitolato su se stesso, in questo spazio ristretto.
Tento di farla rinvenire, ma è completamente assopita.
<< Cosa hai fatto? Adrianna >>, le domando ma da lei non giunge alcuna risposta.
- E' morta? -
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