Capitolo VII - Scelte costrette

L'abat-jour variopinto di lilla e nero, dalla forma tronco-conica, coperchia parzialmente la lampadina che irradia una luce flebile. Essa si infrange nel buio della mia spoglia stanza, creando dei sottili riflessi sul muro bianco.

Riesco a discernere il contrasto di luci e ombre sulle mattonelle bianche.

All'ennesimo movimento del mio corpo, la coperta gialla si scosta via da me, lasciando in bella vista i ricami sul lembo della mia lunga camicia da notte.

Nonostante ci sia una fioca illuminazione, la veste risplende del suo biancore e scende morbidamente sulla mia silhouette sino alle caviglie.

Il tonfo del portone mi fa sobbalzare e rizzare immediatamente in piedi.

-Deve essere Adrianna che, come sempre, va via! Mi chiedo dove vada ogni volta a quest'ora della notte... Sono le 3 del mattino! -, penso sbirciando dalle lancette del mio orologio Vetta, placcato in oro.

Stufa del sordo brusio che logora la mia mente e porta il nome dei dubbi più martellanti, lascio gravare il mio peso sul materasso.

Gli occhi - in un gesto meccanico e incontrollato - si serrano e la freddezza del lenzuolo induce una me, sempre più annebbiata, a portare le ginocchia al petto.

Nel mentre, il sonno mi accarezza dolcemente catapultandomi in un luogo dove tutto è scuro.

***

<< Toc toc! >>, in alternanza al rumore assordante del campanello, provoca in me uno sbuffo.

Spalanco gli occhi, permettendo al chiarore del sole di dare vita a ciò che mi circonda.

<< Adria-nna-a, se-sei tu? Hai di-menticato le chiavi? >>, pronuncio a mezza voce con aria seccata, strisciando le ciabatte sul pavimento.

<< Sono Rush? >>, una voce sicura squilla dall'altra parte, facendomi trasalire.

<< Oddio! Ma che ci fa qui? >>, impreco tra me e me.

Mi avvolgo - in tutta fretta - in una sopravveste nera, per poi attraversare a grosse falcate il soggiorno.

Al cigolio della porta, i miei occhi cerulei incontrano i suoi, pervasi dagli smeraldi più brillanti.

Issa un sopracciglio in una smorfia di impazienza e curiosità mentre se ne sta appoggiato all'entrata, intento a scrutarmi. I ricci svolazzano sul viso di Rush in concomitanza al suo giubbotto di pelle.

<< Ce ne hai messo di tempo! >>, esordisce e mi sorpassa come se niente fosse.

<< Scusami se, per la prima volta nella mia vita, ho dormito fino all'una >>, ribatto con ironia << Cosa ci fai qui? >>.

Incrocio le braccia palesando non poco disagio, sotto le sue occhiate che - spudorate - persistono sulla mia figura. Le gambe, fasciate da jeans stretti, si piegano nel permettere all'ospite indesiderato di sedere sul sofà di pelle nero.

Seguita a fissarmi sistemando un ciuffo fastidioso dietro la fronte e solleva una busta di plastica con nonchalance.

<< Adrianna mi ha chiamato e mi ha detto di portarti rifornimento, dato che il frigo è a secco >>, mi informa, atono.

<< Potevo andarci da sola, non avevo bisogno di te >>, esprimo tutto il mio diniego di fronte a questa iniziativa del tutto indesiderata.

<< Certo e immagino che tu sappia bene dove si trova il supermercato... come immagino che sia andata proprio tu al supermercato la settimana scorsa, e non Adrianna... dico bene? >>, mi dice.

Le labbra si incurvano in un sogghigno nel momento in cui si tira su e mi si avvicina.

- Non gli dirò mai che non so dove si trovi il supermercato e ci è andata Adrianna da quando sono qui! Voglio levarmelo tra i piedi! Anche a costo di morire di fame!-

Le mie occhiatacce non lo intimidiscono.

-D'altronde, come potrebbero se anche un cieco capirebbe che sono in un fascio di ansia e trepidante attesa? Questo ragazzo mi mette sempre a disagio! Lo odio anche per questo! -

Sconfitta da questa tacita guerra di sguardi, abbasso il mio, e l'imbarazzo imporpora le mie guance.

<< Chi tace acconsente >>, pronuncia oltrepassandomi << Allora, vado via. Questi non ti servono! Mi fido "dell'alta cucina" che farai >>.

Virgoletta sulla parola alta cucina per enfatizzare il suo tono di beffa. Invece, io vorrei solo che si dileguasse, anche se ha ragione.

Una risata sommessa giunge alle mie orecchie mentre un sonoro sbuffo esce dalla mia bocca.

<< Aspetta! >>, squittisco.

Si gira, rivolgendomi un sorriso compiaciuto e perfettamente consapevole della verità.

<< Non ho idea di dove sia il supermercato, perchè non ho trovato ancora il tempo di perlustrare la zona, e... quindi, la settimana scorsa Adrianna andava a fare la spesa e io cucinavo >>, gli confesso, imbarazzata.

<< Beh, sai... dopo aver visto il modo in cui hai sgranato gli occhi sentendomi dire che ti avrei abbandonato alla fame, non lo. avrei. mai. detto-o. >>, ribatte con sarcasmo strappandomi un leggero sorriso.

L'arrivo di Adrianna, che ha ben poco della grazia e della riservatezza, cattura tutta la nostra attenzione.

La sua lucente chioma appare ancora più cotonata e caotica del solito.

Il vestito di pelle nero, fascia smodatamente la sua figura e - durante la sua camminata - ne accentua i fianchi e il didietro.

Le sue palpebre stanche, contornate da grandi occhiaie, osservano distrattamente nella nostra direzione.

<< Rush, vedo che mi hai ascoltato. Lasciatemi le cose sul tavolo, ora vado a letto >>

Fa per andarsene, ma io sono stufa del suo comportamento schivo e delle sue risposte evasive.

<< Sono le 13:00 am. E ancora una volta non hai passato la notte qui, Adrianna. Sarebbe troppo chiedere cosa fai senza ricevere risposte evasive? Mi fai sentire invadente nel chiederti qualcosa di cui dovresti tu informarmi, naturalmente >>, affermo con decisione.

Lei non batte ciglio.

<< Non sono cazzi tuoi >>, mi risponde con indifferenza.

<< Ok... però, lasciami dire una cosa prima che tu te ne vada... >>, preannuncio concedendo ad un profondo respiro di vibrare con prepotenza, via da me.

<< Credo che qui vadano impartite delle regole per una quieta convivenza. Ho visto le feste che fate e non mi piacciono. Dunque, dal momento che entrambe paghiamo equamente l'affitto, in mia presenza - eccetto le festività in cui raggiungerò la mia famiglia - non le voglio qui! Fatele ovunque voi vogliate, ma non qui. Non qui se consumate cocaina! E tranquilla, provvederò per trovare al più presto un nuovo appartamento >>, sentenzio.

<< Ok >>, e abbandona la stanza.

Mi affretto ad apparecchiare sotto lo sguardo insistente di Rush.

<< Certo che sei proprio una despota, Monachella >>

Metto l'acqua a bollire.

<< Ho semplicemente espresso il mio pensiero per il quieto vivere. In una convivenza bisogna fare il possibile per non arrecare danno al convivente e voi lo arrecate con la roba di cui abitualmente vi fate >>, gli spiego con una punta di acidità.

Inarca gli occhi verso il soffitto.

<< Era solo un gioco, Juliet! Sono gli anni 80. Non. siamo. dei. tossicodipendenti. >>, rimarca sull'ultima frase, snervato.

<< Non ti fa schifo fare quelle cose davanti a tutti? >>, gli domando, rammaricata.

<< Ero ubriaco perso e poi ho sniffato, secondo te potevo capire qualcosa? >>, pone una domanda retorica << Scandalizzata?Adesso mi credi che non sei il mio tipo? >>.

<< Sei deplorevole >>, affermo.

Sono convinta che lo ribadisce per darmi noia e farmi sentire indesiderata.

<< Che brutto aggettivo! Avrei detto disgustoso >>, ironizza.

Ma all'improvviso, un'espressione seria e penetrante gli dipinge il volto.

<< Sai, Juliet... considerando la tua palese nevrosi, ti consiglio di scaricare i nervi facendo un po' di sana attività fisica da letto. Aiuta a scaricare i nervi >>

Cogliendo al volo il senso della sua frase, sgrano gli occhi boccheggiando.

<< Sono disposto ad immolarmi per la causa >>, sussurra sfrontato, con un ammiccamento.

<< Oddio! No-non... tu... no-non puo-oi dire sul serio... >>, farfuglio, totalmente paonazza, con il capo chino.

Risa sguaiate abbondano sulla sua bocca da stolto.

<< Scherzavo. Puoi rilassarti, non. sei. il. mio. tipo. >>, mi informa con aria gongolante.

Poi inaspettatamente, si adombra e una strana emozione gli serra la mandibola. << Mi dispiace, non volevo spaventarti. È solo che abbiamo fatto una cazzata, ok? Ero ubriaco fradicio e quando hanno proposto il gioco, non ero nelle condizioni

di dir di no, inoltre ero arrabbiato per... >>, inizia, ma io lo interrompo: << Cosa? >>.

<< Affari miei. Ma non siamo dei tossici, ho sniffato ieri, per la prima volta, una dose minima. Noi abbiamo dei sogni, Juliet. Uno scopo e non possiamo mandarlo all'aria per una notte brava, capisci? Ti prego, non chiamare la polizia, sarebbe la fine dei nostri sogni >>, mi rivela, straripante di tristezza e determinazione.

L'atmosfera è cambiata del tutto: il suo cipiglio è così serio e penetrante, come se volesse scavare sin dentro la mia anima e poter carpire ogni mio segreto.

Le sue labbra carnose, precedentemente serrate, si schiudono nel preludio di qualcosa che vuole aggiungere al suo discorso: << Dico davvero Juliet. Dovresti andare via e non lo dico per proteggermi, lo dico per te. Tu sei una ragazza pulita, candida, dovresti tornare dalla tua famiglia perfetta. Questo non è il posto giusto per una come te >>.

-Ragazza pulita? Candida? E' la prima volta che non mi prende in giro chiamandomi monachella! -

<< Dobbiamo andare a lavoro. Rush, ci accompagni? >>, irrompe Adrianna, vestita in un giallo canarino, in un abito dello stesso modello del precedente.

Usciamo per entrare nella sua Panda.

L'autovettura sfreccia tra le alte palazzine bianche, in queste stradine diroccate, producendo dei bruschi movimenti oscillatori per tutto il viaggio.

Ma all'improvviso è costretta a rallentare a causa delle macchine che creano non poco traffico. Clacson rumoreggiano e, ogni due minuti, frena mettendo a folle l'auto.

L'azione è continua e mi snerva; inizio a battere la suola delle scarpe, segno della mia palese perdita di pazienza. Intravedo dei bambini neri correre sul marciapiede, indossano una canotta bianca e pantaloni neri a vita alta che scendono morbidamente. Successivamente, partiamo e - con mia somma sorpresa il corteo di auto riesce a prendere velocità, concedendomi la vista di altri palazzi in una tonalità di rosso matttone. Appoggiati ad essi c'è una famiglia: una donna dai capelli cotonati con un largo cappotto a righe blu e bianche che la copre sino alle ginocchia, dalle quali si intravede una gonna anch'essa rigata; un uomo al suo fianco dai capelli perfettamente curati, in un completo grigio.

Abbandonata la strada dell'inferno, vedo indistintamente la struttura bianca, e la scritta "Hard Rock Club" lampeggia in un viola sfavillante. Accosta di fronte alla scalinata; usciti dalla macchina, mi sgranchisco i muscoli delle gambe in preda ad uno fastidioso formicolio.

Nancy - negli stessi abiti fuxia dell'altra sera - ci viene incontro, uscendo da esso.

<< Ieri sei stata una bomba, Adry. Li hai stesi tutti con i tuoi movimenti sensuali sul palco, e quello che ne è venuto in seguito... posso dirti che Ron non si è lamentato delle tue prestazioni >>

-Oddio! Prestazioni? Ma quindi lei è una stripper e accompagnatrice di notte? -

Nancy gira i tacchi e finalmente ci priva della sua sgradevole presenza.

Lei, accortasi del mio turbamento, mi degna di una spiegazione:

<< Cosa dovevo dirti? Che faccio la stripper e... Sono affari miei se faccio un orribile lavoro! >>.

Per la prima volta scorgo in lei un'emozione non dissimile alla vergogna, al dispiacere, al dolore.

<< Adrianna... no-non vorrai dirmi che... tu... >>

<< Quando non hai alcun soldo e la tua famiglia ti ha diseredata per cose terribili accadute in passato, non ti resta nulla! Perdi ogni speranza e ti resta solo questo. Ti invidio Juliet, hai una famiglia che ti ha dato tutto, io invece... >>, lascia in sospeso con rammarico, per concludere << Ho perso ogni cosa quel giorno che continua a tormentarmi ora e lo farà sempre. Se dovesse tornare, io... >>

Una lacrima imperla sulle sue gote, ma lei si affretta a celarla.

Si allontana, entrando finalmente nel locale.

Muovo dei passi verso di lei, perchè voglio fermarla. E senza che io possa realizzarlo, lacrime sgorgano sulle mie guance nell'istante in cui avverto le braccia di Rush circondarmi la vita per trattenermi.

Mi dimeno freneticamente come un'anguilla nel tentativo di sfuggire alla sua morsa soffocante.

Ma lui è più forte e ha la meglio su di me.

<< Lasciami Rush! Ti ho detto di lasciarmi! >>, tento di raggiungere i miei intenti con parole grondanti di disperazione.

<< Non posso. Faresti una pazzia andando lì, e verresti licenziata in tronco. Non puoi fare niente per lei, nessuno può! Adrianna è coinvolta in situazioni pericolose che vanno ben oltre la prostituzione, Juliet, situazioni seriamente terribili! Accadrebbe a chiunque si intrometta qualcosa di terrificante! >>, controbatte con decisione tenendo stretta a sè una me lacrimevole.

<< Ah, e cosa dovrei fare per essere una brava barista? Dovrei fingere di non aver visto nulla? >>

<< Esatto. Purtroppo sono cose che accadono e in questo ambiente bisogna fingere di non vedere. >>

<< Rush, dimmi che sono andati in un luogo appartato perché deve ballare ancora, ti prego dimmi che è questo! >>, lo imploro piangente, però dei singhiozzi rendono la respirazione e il mio parlare intervallato, ansante, disperato.

<< Non posso dirtelo, Juliet. Lo spettacolo è finito >>, sussurra e - potrei giurarlo - ho avvertito una sfumatura di tristezza e rammarico nella sua voce.

<< Lei non può vo-ler-ree questo! >>, esalo, del tutto pietrificata.

<< Non conta quel che lei vuole. A volte la vita ti pone di fronte a scelte costrette e tu non puoi fare niente per cambiarle. Ha bisogno di soldi e di sopravvivere. >>, conclude mestamente. Inavvertitamente sussulto quando le sue dita si articolano intorno ai miei ricci, allo scopo di afferrarmi la testa. Delicatamente la appoggia sulla sua spalla, palesando delle carezze di conforto che mi infondono una sensazione di sollievo, almeno per un attimo. E tutto ciò che mi angustiava scompare, per permettere al calore emesso dalle sue braccia di avvolgermi. Sfiora con inaspettata dolcezza le mie spalle, quasi temesse di rompermi. Esistiamo solo io e lui; luce e buio di un luogo sconosciuto; acqua e fuoco, così opposti e al contempo complementari.


Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top