Capitolo VI - Giochi pericolosi (Seconda parte)
Dei brividi di freddo mi attraversano, inducendo i muscoli a contrarsi bruscamente, ciononostante cammino a perdifiato in un bosco nebuloso e lugubre.
Gli alberi di questa radura, dall'alto della loro immensità, torreggiano e pare quasi che mi osservino, pronti a cavarmi una verità scomoda e fastidiosa: la ragione di questo malessere.
Lo stesso malessere galoppa, intrappolato nel mio petto, pronto a strapparmi il cuore, che batte sempre più forsennato.
Altri tremiti mi pervadono mentre ciondolo per raggiungere la meta prefissata; del tutto priva di forze, mi appoggio al tronco.
Il gelo, sempre più pungente e penetrante, mi entra sin nelle vene.
All'improvviso un rumore distinto, lieve e incessante mi desta da questo strano torpore e...
Sgrano gli occhi.
Il buio, che avvolge questa misera stanza, sembra voler inghiottire il mio flebile corpo, a sua volta celato da un paio di pantaloni gialli che stento a riconoscere e da un maglione bianco.
Ancora raggomitolata su me stessa, a causa della fioca luce proveniente dalla piccola lampada sul comodino, osservo il materasso che ospita il mio dolce peso: le lenzuola bianche sono disfatte a causa della mia presenza; il cuscino, dal medesimo colore, giace a terra, a fianco di una camicia a quadretti azzurri e bianchi.
Il dubbio che possa appartenere al padrone di questo posto si insinua in me come veleno, e balzo all'impiedi.
-Ma dove diavolo mi trovo? -, non posso far a meno di pensare scrutando la porta in legno di questa buia e, almeno all'apparenza, spoglia stanza.
Un calpestio proveniente dall'esterno mi fa trasalire; retrocedo alla ricerca di qualcosa che possa difendermi da colui che mi ha portata qui contro la mia volontà.
I fasci di luce, soffocati dalle ombre, riescono - con mio sommo piacere - ad illuminare un piccolo tavolino in legno su cui è situato un coltello.
Con il cuore in gola e il fiato sempre più lieve, abbranco l'arma portandomela al petto per custodirla quasi gelosamente.
Desidero difendermi da lui, ma avverto il suo respirare pericoloso troppo vicino, precisamente fuori da quella porta.
Il cigolio di quest'ultima, causa l'ennesimo sussulto da parte mia, più rumoroso e incontrollabile dei precedenti.
I capelli lunghi e ondulati nascondono lineamenti leggermente marcati del viso e della barba. Tuttavia, si discerne chiaramente il colore indistinto di quelle pozze caramello che mi fissano.
Il naso lievemente pronunciato si arriccia nel constatare cosa racchiudo tra le dita tremolanti.
Le labbra sottili si schiudono per pronunciare qualcosa, ma io lo anticipo:
<< C-cosa vuoi, tu-u? Co-cosa m-mi ha-hai fat-to? So-sono ve-vestita co-con alt-tre cose, io... >>.
Lui trae un profondo sospiro.
<< Sono Neil, il tastierista di Rush con cui hai suonato al Club, ricordi? Non ti ho fatto niente. Ti ho trovata a terra, eri svenuta e ti ho soccorsa >>, mi racconta con espressione atona.
<< I mie-ei ve-vestiti >>, gli rammento, vibrante nei toni.
<< Mi sono permesso di cambiarti con il tuo consenso, perchè hai ripreso conoscenza e poi vomitato, sporcandoti interamente gli indumenti. Eri debole e sotto shock, ma hai accettato di farti cambiare, ricordi? >>, chiarisce, indicando la lunga gonna e la giacca gialla, ancora umide di acqua ai piedi del letto. E improvvisamente, come un fulmine a ciel sereno, le immagini di quanto accaduto ieri ritornano prepotentemente a torturarmi: Rush, supino su quella ragazza, intento a sniffare quella roba; le urla e le risa incontrollate di tutti; Neil, che si prodiga affinchè io riprenda conoscenza; lo stesso Neil che mantiene fermi i capelli ad una stravolta me, intenta a vomitare anche l'anima sull'asfalto.
<< Ehy! Stai bene? >>, richiama la mia attenzione il ragazzo di fronte a me, o meglio il mio salvatore.
<< Sì, ora ricordo e, a quanto pare, mi hai detto la verità. Però voglio tornare a casa >>, gli rispondo in un sussurro.
<< Senti, non mi sembra il caso... >>
<< Ho detto che voglio tornare a casa! Ora! >>, strillo, agitata.
Usciamo velocemente per entrare nella sua utilitaria nera, di cui non riconosco il modello o forse non sono nello stato giusto per poterlo fare.
I sedili in pelle gialli sono gelidi e contrastano il calore delle mie gambe.
<< Scusami, io... mi dispiace... è che so-no sco-nvolta, Rush ha sn-niffato quella cosa su quel-la ragazza >>, balbetto.
<< Sì, un nuovo gioco >>, risponde apaticamente, lui.
<< Tu? >>, gli domando, speranzosa di aver trovato almeno una persona che non ha bruciato i propri neuroni.
<< Io nulla, odio le feste >>, la sua voce è pacata, controllata, contenuta e priva di qualsiasi inclinazione.
-E' un ragazzo molto riservato o non gli interessa nulla? -
Accosta dinanzi al mio appartamento, ubicato nel verde del prato nel porticato. Tutto tace e il chiarore della luna accarezza le pietruzze marroni del terreno di fronte al portone, il vaso di rose di fianco ad esso, il tetto spiovente e il pallore delle pareti esterne della casa. Quel brillio si posa sui folti rami dell'albero di Ciliegio situato in fondo alla strada che si estende dinanzi alle rose del mio porticato; si distingue dalla retrostante vegetazione per lo sfavillante rosa dei suoi petali, per l'imponenza dei suoi rami leggermente ricurvi verso il basso.
<< Juliet, sei sicura... insomma, sicura di voler entrare >>
<< Sì, questa è casa mia e ci sarà solo Adrianna, e grazie >>, lo saluto con riconoscenza e freddezza, apprestandomi ad entrare.
Il soggiorno è avvolto nel più assoluto silenzio e, in punta di piedi, oltrepasso i divani vuoti del modesto soggiorno, stranamente in ordine.
In stanza, mi svesto rapidamente per indossare dei jeans a vita alta e una camicia rosa pallido, lasciata parzialmente dentro essi.
Con la mano tento di ravvivare i miei ricci scuri, ora caoticamente posati sulle spalle.
Vado in soggiorno avvertendo il sole crepuscolare battere sul tavolo bianco.
Caccio fuori i calzoncelli che ho fatto poco prima che andassi via con Rush a quel maledetto Club; stendo una tovaglia giallo canarino e appoggio i piatti di porcellana, decisa ad apparecchiare anche per Adrianna.
So che non abbiamo legato tuttora, però è usuale fare questi piccoli e dolci gesti per costruire una sana convivenza.
Dalle piccole cose, seminate con costanza, si può consolidare un bel rapporto, anche se lei non mi piace per niente, la sua vita e le sue amicizie non mi piacciono per niente.
Dovrò farle un bel discorsetto: i suoi squilibrati amici devono stare fuori di qui, devo dettare delle regole ferree di convivenza, per quanto io odii impartire ordini che mi rassembrano a mio padre.
Al tonfo di una porta, mi irrigidisco tirandomi su.
Rush e la bionda con il fiocco in testa, Nancy, strafottenti e incuranti della mia presenza, dopo essere usciti dalla camera di Adrianna, amoreggiano tranquillamente.
- Io davvero non ho parole... ma questi da dove sono spuntati? Dopo aver sniffato quella polvere, hanno fatto i loro comodi nella stanza della mia coinquilina come se fosse la loro! E adesso, come se niente fosse, amoreggiano tranquillamente! Ma dove sono finita? E Adrianna, dove diavolo si è cacciata? Ma io mi domando, non hanno neanche una parvenza di pudore? E per di più sono due tossici! Che ho fatto di male, per meritarmi questo, Dio? -
Simulo dei colpetti di tosse e loro finalmente si staccano, guardandomi perplessi.
Rush si spalma sul divano e Nancy, a piccole falcate, mi si avvicina.
<< Ma chi è lei? Avevi una ragazza e non me lo hai detto? >>, domanda quest'ultima al ragazzo giacente, assonnato sul divano.
<< Non è la mia ragazza. È solo Juliet, la coinquilina di Adrianna >>, farfuglia stancamente, massaggiandosi le tempie.
<< Ma tu sei la tipa strana e ridicola! Quella vestita da casa e chiesa! >>, esclama, sprezzante, nei miei riguardi.
<< Come, scusami? Non sono io quella che si trova in una casa altrui, la mia casa, dopo aver fatto la pu... beh, dopo essersi divertita. Forse hai sbagliato persona, non sono io quella strana! >>, ribatto acidamente.
-Che persona grezza e volgare! -
<< E quindi? Cosa ci sarebbe di strano? Al tuo paese non ci si diverte? O forse sei una di quelle borghesucce piene di soldi, figlie di papà che non sanno cosa sia il divertimento, una di quelle represse. Ieri ci siamo divertiti come non mai, vero Rush? >>, seguita a pungermi con quel suo tono offensivo, chiamando in causa il suo amichetto di follie, tramortito sul sofà.
<< Sì >>, farfuglia con voce impastata e annoiata << Quando avete finito questa sciocca gara a chi ha il lecca-lecca più buono, chiamatemi >>.
<< Hai sentito? Credo che la tua permanenza qui abbia avuto vita breve, mi duole ma ti devo accompagnare alla porta >>, mi offro di spedirla all'uscita con una gentilezza più inverosimile delle renne di babbo natale.
<< Nancy, ti prego non replicare. Sono già stufo delle vostre voci che mi martellano in testa >>.
Non appena l'ospite inattesa è andata via, un profondo sospiro si scarica via dalla mia bocca.
Lui, dopo aver sbuffato sonoramente per l'ennesima volta, si alza e cammina nella mia direzione.
- Oddio! E adesso cosa vuole? Ho una paura matta di questo tipo! -
Dissimulo l'espressione più falsamente distesa che conosco.
Delle occhiaie contornano i suoi occhi verdi, visibilmente lucidi, ma non ha uno sguardo spento come ieri.
Inizia a trangugiare i miei calzoncelli come una settimana fa, quando l'ho incontrato e, per fare amicizia, li ho cucinati.
<< Mi chiedo quando arriverà... >>, esordisce.
<< Arriverà, cosa? >>
<< La tua sfuriata. Ti si legge in faccia quello che pensi di me >>, risponde tranquillamente.
- Sembra rilassato! Non sembra né su di giri né annebbiato e confuso! Sembra solo stanco! -
<< Cosa penso? Cosa dovrei pensare? Penso che tu sia uno squilibrato che ha assunto chissà quale sostanza da quella ragazza, per poi farle chissà quali cose atroci! Penso alla ragione che possa spingerti ad infliggere a te stesso qualcosa di così atroce! Penso a quello che succederà a te, a me e ad Adrianna, se continui a fare queste cose! Li commisero quelli come te! E da domani non voglio più averti qui dentro! Le tue feste non le voglio qui! >>, parole cariche di rabbia premono per uscire e travolgerlo.
<< Primo... rilassati! Ho sniffato solo un po' di cocaina per la prima volta, ieri e - puoi stare tranquilla - non mi alletta l'idea di diventare un rimbambito, schiavo di una sostanza! Non sono un tossico! Adesso sono più lucido di te che sbraiti! Secondo, smettila di urlare, perchè mi esplode la testa e la tua voce stridula mi snerva! Terzo, con quella ragazza ci ho fatto sesso, niente di più, ma anche questo - immagino - ti scandalizzerà. Quarto... >>, mi informa con calma e - posso avvertirla - una sfumatura di irritazione.
Di botto si alza dalla sedia.
Passo dopo passo, accorcia le distanze tra noi, trovandosi ad un millimetro da me che, con il cuore pulsante in gola per via dalla paura, arretro.
<< Ti consiglio di andartene di qui, non è un luogo per te! Sei solo una ragazzina snob e viziata, cresciuta nella bambagia, che non sa niente del mondo! E tranquilla, tolgo il disturbo! Me ne torno a casa mia! >>, inveisce contro di me per poi sbattere la porta di entrata.
Io ne approfitto per andare in camera della mia coinquilina.
Il letto è disfatto, le pareti sono bianche, il comodino è in legno massello e rende questo luogo asettico.
- Devo vedere se c'è ancora della cocaina qui; così potrò andare dalla polizia e denunciarli per possesso e consumo di stupefacenti! E io potrò godermi il mio nuovo appartamento! -
Intenta a sbirciare, non mi accorgo della presenza alle mie spalle che mi afferra il braccio.
Sobbalzo e non ho il tempo di fuggire, perchè mi gira verso di sè.
I miei occhi cerulei spalancati cozzano con quelli di Rush, ridotti a due fessure.
Mi divincolo immediatamente e allenta la presa.
<< Cosa fai qui? >>, gracchia con voce graffiante, lasciando che il dubbio si insinui in essa.
<< No, io cercavo lo spartito della cover >>, invento su due piedi.
<< Peccato che questa sia la stanza di Adrianna, non la mia! >>, mi accerchia intrappolandomi contro il muro.
<< Beh, io pensavo che l'avessi portato. Ora devo andare! >>, tento di sgattaiolare via, ma cinge rudemente il mio polso strattonandomi quasi dolcemente verso di sè.
Avverto la sua furia, ma qualcosa lo frena dallo scatenarla verso di me, qualcosa che io non posso comprendere.
<< Perché non ti credo? >>, rivolge quella che è una palese domanda retorica << Cercavi quella sostanza, vero? Cos'è, volevi fare una soffiata alla polizia per caso? >>.
<< No, io... >>, nego l'evidenza ma lo sbattere violento della sua mano sul muro provoca in me un balzo.
<< Non dire cazzate! >>, graffia, iracondo.
Digrigna i denti in una smorfia che esprime un tumulto di emozioni pietrificanti: rabbia, paura, dolore, ansia. La pelle assume un pallore innaturale. Le mani, intente a rinchiudere le mie in una morsa opprimente, sono improvvisamente pervase da una strana sudorazione.
E ciò che mi fa rabbrividire sono le sue pupille, perforanti a tal punto da assumere striature di un verde ebano, così spento e privo di vitalità. Ma, screziate dal fuoco di qualcosa che arde dentro di lui senza controllo, bruciano nelle mie, permettendo ad una bestia di ruggire in esse. Sono totalmente dilatate e, lo avverto, vorrebbero trafiggermi.
<< Sai Juliet, non farlo! Non metterti in affari che non ti riguardano, non metterti nel mio passato, perché potresti vedere il buio. Augurati di non vederlo mai, perché potrebbe farti paura, e smettila di guardarmi così, non sono un tossico >>, sillaba con un timbro così mellifluamente dolce e carezzevole che malcela una minaccia.
Respiro pesantemente nel momento in cui mi lascia libera per darmi le spalle.
Dei tremolii sfrenati si susseguono ripetutamente.
Aggrotta le sopracciglia lasciando che una ruga solchi la sua fronte nel vedermi tremante.
Inarca il labbro esternando tutto il suo sgomento.
<< Ehy, ma cosa... ti senti bene? >>, prova ad avanzare, ma io non glielo consento.
<< Non avvicinarti a me! >>, esclamo, fuori dai gangheri.
Un cipiglio dipinge totalmente il suo volto di dispiacere e malinconia.
<< Scusa se ti sto spaventando, ma non voglio che tu chiami la polizia da una singola bravata. Mi dispiace che tu abbia dovuto assistere a quella scena, ma non ero in me e, prima tu mi avevi detto... >>, parla a mezza voce, in quel tono strozzato da un dolore lancinante.
Il medesimo dolore lancinante che gli logora il viso serrando la sua mascella in una morsa di marmo e che inchioda le sue pupille al vuoto.
<< Ti avevo detto, cosa? >>, esalo nel tentativo di trovare le parole che possano ottenere una spiegazione da lui.
<< Niente >>, risposta secca e disinteressata << Scusami ancora >>.
Senza aggiungere altro, si congeda, lasciandomi in balia dei timori che ottenebrano il mio stato d'animo.
- Cosa avrà voluto dire? -
Angoletto:
Ed eccoci qui, al termine dei primi capitoli, e che dire...
Si è capito solamente che la perfettina non è poi così tanto perfettina, ha forse una stilla di ribellione dentro di sè? D'altronde era facilmente intuibile dal suo abbandono del nido familiare. Ma la domanda è perché.
Difficile dare una risposta dopo pochi capitoli, possiamo intuire che la risposta risieda nell'ambiente oppressivo in cui è vissuta, ma tutto ciò verrà delineato quando suo padre apparirà nella storia. L'ambiente familiare ci forgia sempre, nel bene e nel male.
In quanto a Rush, un rocker stravagante e conforme all'attitudine anticonformista dei rocker negli anni 70, 80 e 90, ma anche loro erano e sono delle persone, analogamente Rush non agisce in questo modo perché gli va. C'è qualcosa nel suo passato che lo tormenta e lo ha spinto a rifugiarsi in quest'attitudine discutibile come molti Rocker. Sappiate che il suo passato, alcune vicende riguardanti gli altri membri della Band sono state ispirate sulla falsariga a vicende vere espresse in qualche biografia e film autobiografico, anche se ho plasmato la storia dando un 50 e 50 tra realismo e fantasia.
Sono tutti personaggi complessi che mi è impossibile delineare in pochi capitoli così come la trama, però sappiate che questo non è un romanzo rosa ma è un dark romance, ci saranno dinamiche riconducibili al leggero thriller. Presto verranno delineate - in parallelo - anche le intricate storie di Adrianna e Adam, altre voci narranti della storia, e avremo modo di capire più precisamente le dinamiche flebili della Band di Rush, i loro gravi problemi con la legge compreso un omicidio.
Se la storia vi ha intrigato, le scoprirete. A presto per i prossimi aggiornamenti :D.
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