0. Secondo Incipit "Illusione O Realtà?", 1989
* * *
16 Gennaio 1989, New York
Pov Adam
Il parco, così ampio e colmo di alberi, rifulge in una distesa di petali accatastati agli angoli dei grandi viali.
I petali rifulgono in una scia di luci così piene di un rosato candido e puro.
In alto un aggroviglio di rami che, bagnati dalla purezza del lume crepuscolare, risorgono come laghi da pozze di tenebra.
Permettono al vento della felicità di soffiare e portare un cambiamento.
Una luce nel buio.
Un faro nelle tenebre.
Una speranza nell'abisso della disperazione.
Rifulge, la vita, dal baratro della sofferenza come lo sbocciare del fiore di ciliegio in Primavera.
Delle dolci note si articolano in un melodioso suono; così lento e caldo.
La chitarra di Rush, adesso avvinghiato all'umidità dell'erba, si anima al pizzicare delle dita sulle corde, e un altro suono ansima.
Stairway to Heaven.
La melodia si dispiega nell'atmosfera attraverso sussurri delicati, inondandola di una strana magia.
<< Credi all'esistenza degli angeli? >>, mi ha chiesto Rush poc'anzi, nel pieno di una sua estasi contemplativa.
<< Sì, credo nello Sciamano,il medico della Tribù lodato come guaritore, e lui attraverso il Peyote è un Angelo per gli indiani >>, gli ho risposto.
Ha incurvato l'angolo della bocca in un sorriso accennato per poi scuotere il capo.
<< Io credo negli angeli, ma in quelli umani, fatti di carne, sangue e vita. Capaci di farti sentire vivo. >>, e poi ha aggiunto << Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri? >>
Ho riso nel sentire Rush che recitava un pezzo di Shakespeare, << Non credevo che tu conoscessi Shakespeare >>
<< Chiunque abbia una parvenza di cultura conosce quella tragedia, eccetto Stevie e Adrianna. Ma ciò non significa che io viva nel mondo delle favole come te, Adam. >>
E so a chi si riferisce Rush con quella citazione.
A Juliet che ironia della sorte si chiama come la protagonista.
Sebbene la loro relazione abbia degli strani ingranaggi che tutti fatichiamo a capire, essa si nutre di quel palpito, come lo chiama Rush, a cui lui stesso fatica a dare un nome.
L'amore.
Quella forza motrice in grado di darti gioia e talvolta sofferenza, ma che è capace di non farti smarrire la speranza anche quando tutto urla il contrario.
A rimurginarci su, io lo avevo trovato, il mio angelo.
Un viso di porcellana accarezzato da una pelle nivea, zigomi alti così intenti a ritrarre dei lineamenti delicati, labbra sottili che si schiudono; un'espressione di mero candore, raffinatezza, mistero.
Lunghi capelli si artigliano alle sue esili spalle in profonde chiazze nere, boccioli e onde.
Issa il volto concedendo al miele che cola dai suoi occhi di fondersi col cioccolato incastonato nelle mie iridi.
Una fusione eterea, infinita, imperitura, la nostra.
Ma si volta di nuovo, mi volge le spalle chiudendo la porta di accesso ai suoi più reconditi segreti, lo fa sempre.
La mia Victoria; uno scrigno chiuso i cui ornamenti ne costituiscono una bellezza inquantificabile.
Essi sono argento vivo; un argento capace di ammaliarmi come il suo fascino così elegante e glaciale, come la sua risata sensuale, come quell'encheggiare flemmatico nei suoi passi.
Come quell'ironia capace di pungermi, affascinarmi nell'eleganza che avvolge ogni parola, battuta.
Un fiore vive incastonato in quella chioma lucente, incastonato insieme ad altri su quel vestito bianco.
Victoria è una hippie, si è sempre proclamata tale e sempre lo sarà.
Tempo fa ci eravamo seduti sull'erba: la testa di Vicky china sulla mia spalla, le nostre dita intrecciate. Mi parlava del libro sullo Sciamanesimo ma non esitava a domandare, avida di informazioni riguardo questo mondo così astruso.
<< Incarna un'entità così pura e innocente che cancella il dolore, per questo mi affascina... avvicinandomi allo Sciamanesimo è come se scorgessi un mondo in cui la sofferenza scompare >>, mi aveva detto, sfavillante di un luccichio imponente.
<< Qual è desiderio che si cela in te, dietro quest'aria eterea, dietro l'angelo di Victoria Secret? >>, le avevo chiesto.
I ricordi mi inondano come fiumi anche ora, nel compiere passi lenti e cadenzati verso di lei che è appoggiata a terra, di spalle, con i capelli liberi di svolazzare.
<< La libertà di abbandonarsi agli acidi, la vita che arde in me come brace in un camino, la tua poesia che mi accarezza come le calde note di un violino, l'amore più puro che soffia come un vento soave e delicato >>, aveva proferito con parole che mi sfioravano teneramente come la mano di un bambino.
Poi quelle labbra sottili avevano suggellato un patto con le mie in un bacio dal sapore di ciliegia.
Dolce come la ciliegia.
Compio l'ultimo passo, quello decisivo, che colma definitivamente la distanza tra noi.
Mi beo dell'idea che il respiro si confonderà con il mio, ancora e ancora.
Ma qualcosa non va: il fiato incespica, le membra restano intrappolate in uno stato di immobilità ineluttabile e persistente.
Dei piccoli scossoni sulle sue spalle da parte mia cercano di strapparla al mostro del silenzio, di strapparla al mostro della morte.
La morte che sgorga nei suoi occhi spalancati contro i miei; lo noto dopo averla voltata verso di me.
Questi polpastrelli esitano, tremolanti, nella presa intorno al braccio freddo.
Il pallore attraversa ogni tratto di quel viso di porcellana.
E sangue, sangue sgorga a fiumi dallo stomaco creando una pozza dal liquido viscoso e dall'odore nauseabondo.
Mi imbratta le mani, il viso su cui esse si sono posate, la maglia bianca.
Mi Imbratta l'animo, ora libero di capitolare in un mondo senza luce.
Un coltello nello stomaco, la punta è dentro la sua carne in una chiazza rosso fuoco.
Rosso ovunque che gocciola dalla pancia fino alle gambe snelle, ai sandali.
Le mani, che devono essere viscose a causa del liquido nauseante dall'odore ferroso, sono strette intorno al coltello.
Victoria si è pugnalata, e una scossa di brividi mi pervade sino alla colonna vertebrale in una sensazione non dissimile a quel freddo paralizzante.
Disserro la bocca alla ricerca di aria, perso nell'osservare quello sguardo spento, privo di qualsiasi emozione, sensazione, brivido.
Solo le sue mani, così sporche e gocciolanti, così disgustose e crudeli, tremolano, tremolano ma non cedono l'arma, non la estraggono dalla carne.
Sussulto nel vederle muovere la lama dentro senza sfilarla.
Il rumore di un taglio sullo stomaco, che viene fatto dall'interno, mi paralizza.
Seguita ad agitarlo.
Un tremito si espande in me, sulla mia spalla, sul collo e sulle gambe che vorrebbero cedere.
<< Non-non hai mai capito nulla. >>
L'ultimo sussurro pronunciato con una voce impersonale, in un'intonazione modulata e bassa, roca, mera espressione di apatia, vuoto.
Un tonfo mi fa sobbalzare, il suono del suo corpo a terra.
Del corpo della mia Victoria.
Quel mare putrido a terra, che ha il colore rosso della morte, sporca tutta l'asfalto, sporca quei capelli.
Un imbrunire improvviso del cielo mi inghiotte e con esso quel sangue che ora è parte del mio corpo,
Un'intensa follia mi induce a vagare senza meta in questo viale nel suono sordo di profondi sospiri, attraversando l'oscurità della notte.
Il desiderio di sopravvivenza si fonde con quello della morte, un solo attimo.
Ma, appoggiandomi al tronco, affamato di respiro socchiudo le palpebre e, quando le riapro, il grigiore delle pareti mi assale.
La puzza di fogna stuzzica l'olfatto.
La polvere del pavimenti fatiscenti, su cui sono riverso, invade i jeans.
Le sbarre mi osservano, silenti; si nutrono di questo languire.
Getto un'occhiata al portafoglio da cui ho estratto un acido nel vano tentativo di cancellare il dolore.
Il retrogusto rivoltante del suo sangue imbratta quello dolce delle sue labbra sulle mie.
Pensavo che girovagare nell'ignoto, nel subconscio attraverso gli acidi potesse aiutarmi ad annullarlo, ma non lo ha fatto.
Ha peggiorato le cose.
-Era solo un'allucinazione! Un'allucinazione che si serviva di un tenero ricordo per farmi soffrire! -
Seguito a dondolarmi in modo incessante e frenetico.
Il mostro, che ha le fattezze dell'angelo della morte, è sempre lì, dentro di me, intento a ricordarmi quanto l'è accaduto, a rammentarmi che sono in questa fetida cella.
Mi ossessiona l'ipotesi che davvero quel coltello possa essersi insinuato nelle membra strappandole fino all'ultimo soffio di vita.
-Ma per mano di chi? Chi ha ucciso Victoria? Chi mi ha sottratto il bene più prezioso che avevo? Chi è l'uomo nero? Chi è l'uomo nero che ha distrutto gli equilibri della Band? Sono io l'uomo nero? -
Nella mia allucinazione anche Rush stava bene, vane illusioni.
Victoria è morta, e il mio migliore amico - il Front-Man della Band - è finito in overdose quindici giorni fa.
-Che vita di merda! -
Mi sovviene l'immagine vivida di quegli anni di pura follia in cui nulla fu più come prima, in cui i Floating Dreams erano solo una band in ascesa e l'unica cosa in grado di salvarci era lei.
La musica.
Note:
Questo è il secondo Incipit della storia, introduce una dinamica della trama che verrà presentata in seguito.
E chi ha già letto sa: la morte di Victoria e l'incarcerazione di uno dei membri della Band, e presenta la Band in modo superficiale.
Cosa ne pensate? Vi è piaciuta questa introduzione?
E prima che me lo chiediate sì, era tutta un'allucinazione con un profondo significato.
La dolcezza sporcata dal dolore.
Ps: sì, Rush ha citato "Romeo e Giulietta"
La canzone suonata da Rush
E comprendo che possa confondere il fatto che il 16 Gennaio 1989, il giorno dopo l'arresto del batterista (Adam), lui si trovi in libertà e non in cella. Ma in realtà è perfettamente coerente, perché lui si trova in cella. Questo prologo è uno spezzone che richiama un episodio il giorno dopo del suo arresto in cui Adam ha assunto acidi.
Quindi sotto effetto di acidi ha delle allucinazioni che fondono dei ricordi con Victoria con quanto lo tormenta ora (la morte della sua ragazza). Il dolore per quanto ha visto quella notte del 15 Gennaio 1989 si mischia con i ricordi dolci del loro passato sottoforma di allucinazioni.
Tutto questo per spiegarvi che Adam si trova in carcere ma è un trip mentale su Victoria in cui immagina che lei sia viva, anche se poi verso la fine di quest'allucinazione si ripresenta l'immagine del suo cadavere.
Capisco che tutto ciò vi possa disorientare, ma sono persone che assumono droghe.
Questo prologo sarà susseguito da un terzo prologo che sarà ambientato sempre nel 1989 e precede l'overdose enunciata nel primo capitolo.
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