Capitolo 3.
Don't tell me about the rules and break them
And don't tell me about mistakes
And make the same ones I have made before
Don't say you love me more, better not say it
I met her at church but she could be Satan
You're LA and I'm Newbury Park
But you're the flame I use when it gets dark
You've got enough pain for both of us
I've got all these things I'm focused on
You treat all the rules like you're the queen
But you and I are few and far between
Ferrari - The Neighbourhood
30 Settembe, sera.
Evangeline.
Lasciai con cura la gonna lunga azzurra del bellissimo abito che Melanie mi aveva regalato e allacciai meglio il cinturino intorno ai miei fianchi, controllando che il vestito ricadesse morbido sul mio corpo fino al pavimento. Ero convinta che fosse di una taglia troppo piccola per me o che potesse farmi sembrare troppo volgare per via della scollatura laterale che mostrava una piccola porzione del mio seno appena sopra il mio reggiseno ma era bellissimo. Era perfetto per la cena che aveva organizzato Justin, perciò infilai anche i miei sandali neri dal tacco alto e controllai di essere presentabile; la gonna non toccava più il terreno, pensai soddisfatta, e feci una giravolta per osservare il tessuto svolazzare. Sapevo che sarebbe piaciuto moltissimo al mio fidanzato.
Entrai quindi nel bagno della mia camera per potermi acconciare i capelli e finire di truccarmi, urtando involontariamente con i fianchi contro la scatola di velluto blu dove prima si trovava il regalo di Leonard. Inspirai profondamente e la raccolsi da terra, girandomi verso lo specchio appena sopra al mio lavandino e osservai la mia immagine: la cascata di diamanti negli orecchini e la bellissima collana attiravano la luce, illuminando il mio viso e conferendomi decisamente un eleganza così particolare. Non ero mai stata una grande amante degli orecchini così vistosi ma quelli erano tremendamente stupendi, non li avrei scambiati per niente al mondo sia per il loro valore materiale sia per quello sentimentale. Appartenevano a Leonard, li aveva scelti lui per regalarli a me perciò erano importanti per me, forse troppo. Scacciai quel pensiero dalla mia testa e mi sciacquai con cura il viso, tirando un po' all'indietro i miei capelli con una bandana. Dato che avevo un vestito importante e dei gioielli alquanto vistosi, decisi di non truccarmi pesantemente: applicai solo del fondotinta, dell'illuminante appena sopra gli zigomi, il mio classico rossetto liquido rosso e del mascara.
Nient'altro.
Poi mi sfilai la bandana dai capelli e afferrai la piastra per i boccoli che mi aveva prestato Melanie, quindi arricciai solo le due ciocche del mio ciuffo e qualcun'altra dietro la mia nuca. Stavo impiegando più del previsto per prepararmi ma se desideravo fare colpo sul mio fidanzato e semplicemente godermi l'attenzione di qualcun altro durante la nostra cena, sistemare almeno un po' i miei ricci era il minimo. Dopo aver terminato di usare la piastra, staccai la presa elettrica e arrotolai il filo intorno ad essa per poi appoggiarla vicino alla finestra socchiusa del bagno.
Il mio cellulare vibrò per qualche secondo, ancora appoggiato sul lavandino, così sbloccai lo schermo e lessi il messaggio da parte di Justin che quasi mi fece cadere il fissante dalle mani:
"Cinque minuti e arrivo, amore mio!
Non vedo l'ora x"
Spruzzai rapidamente un po' di fissante sul mio viso per permettere al mio trucco di asciugarsi più velocemente e poi uscii dal bagno, afferrando la mia adorata borsa pulita di Louis Vuitton già pronta con i fazzoletti e il portafoglio quindi ci infilai dentro anche il cellulare e un caricabatterie portatile. Mi spostai verso lo specchio attaccato al mio armadio e mi controllai per l'ultima volta, facendo in modo di essere abbastanza presentabile e di non avere trucco sbavato oppure intimo in vista.
Per l'occorrenza e a causa del vestito, ero stata costretta a non portare il reggiseno ma avevo coperto i miei capezzoli con dei piccoli adesivi che avevo comprato per uno dei miei show al Secret Dreams ancora all'inizio dell'anno. Per fortuna, l'abito copriva al meglio il mio seno perciò non mi preoccupai che si vedesse troppa pelle. Anche se ero certa che a Justin non sarebbe dispiaciuto.
Afferrai la mia borsa e il mazzetto di chiavi, uscendo poi nel corridoio che attraversai a passo svelto. Il mio cuore era sul punto di scoppiarmi nel petto e le mie mani tremavano per l'agitazione perché, per la prima volta da agosto, io e Justin saremmo usciti per una cena elegante.
Cosa sarebbe successo a fine serata? Mi avrebbe invitata a casa sua o avrei dovuto convincerlo a fermarsi a dormire da me?
Spalancai la porta del mio dormitorio che dava sul cortile e m'incamminai, raggiungendo con rapidità l'uscita della mia Università quando notai l'auto bianca di Justin nel primo posto del parcheggio. Poi il ragazzo chiuse la portiera con un tonfo e non appena si girò verso di me, mi si mozzò il fiato: i suoi capelli biondi erano tirati all'indietro con del gel e i suoi occhi verdi brillavano sotto le ultime luci della giornata. Indossava un bellissimo paio di pantaloni neri morbidi aderenti che mettevano in risalto le gambe sode e una camicia bianca forse leggermente troppo stretta sui bicipiti, evidenziando i forti e massici muscoli delle sue braccia e del suo torace. Era davvero bellissimo.
Quando mi vide, le sue labbra s'incurvarono in un sorriso luminoso che io ricambiai.
«Ciao principessa, tanti auguri.» mormorò lui, stringendomi in un forte abbraccio.
Io chiusi gli occhi, beandomi il suo profumo. «Grazie, amore.»
Afferrò la mia mano sinistra e mi fece fare una giravolta. «Sei bellissima questa sera. È nuovo il vestito?»
Annuii, stampando un bacio sulle sue labbra. «Sì, è un regalo di Melanie.»
«Ti sta davvero molto bene, amore. – ricambiò il mio bacio, accarezzandomi la guancia con il pollice – Il blu è proprio il tuo colore, ti risalta gli occhi.»
Distolsi per un momento lo sguardo, arrossendo. «Grazie, piace molto anche a me.»
Tenendo ancora la mia mano, mi condusse verso la sua auto. «Adesso scoprirai dove andremo a cena.»
Lasciai la presa sulle sue dita quando aprì la portiera, salendo sul mio sedile. «Finalmente! Sono tre giorni che sto morendo di curiosità, lo sai? Non devi mai più tenermi sulle spine! È davvero insopportabile.»
Justin ridacchiò, accendendo la macchina. «Ho sentito solo recensioni positive su quel ristorante perciò non credo resteremo delusi, ma spero soprattutto che ti piaccia l'atmosfera e il posto che ho scelto dove cenare. Ho fatto riservare un tavolo in terrazza, così potremo goderci anche la visuale della città di notte.»
«Si trova nel centro, quindi. – risposi con un sorriso, allacciando la mia cintura – Andremo da Carluccio's o al Dragon Palace? Oppure al Byron? Dai, dimmi qualcosa!»
Il biondo scosse la testa, facendo retromarcia per immettersi nella circolazione. «Nessuno dei tre, amore. Ho prenotato un tavolo al Crown Restaurant.»
Aggrottai le sopracciglia. Era il ristorante del Crown Hotel di Londra, quel ristorante, nell'albergo di Leonard. Cosa? Justin non sapeva assolutamente nulla della mia precedente relazione, né che mi ero concessa proprio a Leonard quindi cominciai ad agitarmi. Perché diamine il destino mi detestava così tanto? – pensai, mordendomi con forza le labbra per la preoccupazione. E se Leonard si fosse presentato a cena?
Il mio cuore iniziò a battere rapidamente nel mio petto ma mi costrinsi a mantenere la calma; non era il caso di rovinarsi la serata. Ormai, avevo superato la mia rottura con Leo. Che sciocchezza, non l'avevo fatto. Le mie dita tremarono per l'agitazione e la paura cominciò a diffondersi in tutto il mio corpo.
Come avrei potuto sopportare una cena con il mio nuovo attuale fidanzato all'interno del ristorante del mio ex? Sarebbe stato un vero problema. Non sarei riuscita a godermi una serata tranquilla perché tutti i buoni propositi di trascorrere un appuntamento in pace con il mio uomo se ne andarono a monte. E tutto per colpa di Justin che aveva deciso di cenare in quel maledetto ristorante, teatro della mia ultima scopata con Leonard e luogo in cui l'avevo visto l'ultima volta prima di lasciarlo definitivamente. E in più sarei stata seduta sulla terrazza, magari allo stesso tavolo su cui avevo cenato con tutta la famiglia del mio ex.
«Amore, tutto bene? Ho detto qualcosa di male?» chiese Justin.
Respirai profondamente. «Sì, sto bene! Scusami, mi sono persa nei miei pensieri.»
Il ragazzo sfiorò il dorso della mia mano con il suo pollice, annuendo. «Ho notato, per questo mi sono preoccupato.»
Lottai con me stessa per non scendere dalla macchina in marcia, ero terrorizzata. «No, sto benone. Sono felice di poter trascorrere una serata con te. – risposi con un sorriso forzato, afferrando saldamente la sua mano – Da soli, dopo quasi un mese.»
«Anche io, finalmente. – baciò le mie nocche, fermandosi ad un semaforo rosso poco distante dall'Hotel – Avremo l'occasione di poter parlare un po' e di conoscerci ancora meglio questa sera.»
Inutile dire che a quelle parole fui costretta a tenere la bocca chiusa altrimenti sarei scoppiata a ridere perché i ricordi di quel pomeriggio assalirono la mia mente. Il sesso telefonico era stato così imbarazzante che probabilmente sarei riuscita a scoppiare a ridere in faccia a Justin anche durante il sesso reale. O forse con quello sarei riuscita davvero a rilassarmi e a godermi a pieno la sensazione del suo corpo contro al mio, della sua bocca sul mio collo o delle sue dita che sfioravano le mie cosce.
M'irrigidii. Povero Justin.
«Non vedo l'ora, amore mio.» risposi sforzata.
In realtà non desideravo altro che la serata finisse il prima possibile; non volevo rimanere in quel posto ma non avrei nemmeno potuto raccontare la verità a Justin. Ero certa che se l'avessi fatto, lui sarebbe impazzito e avremmo litigato. E diamine, quella sera desideravo solo essere felice e trascorrere qualche ora con il mio ragazzo. Ma se Leonard fosse comparso dal nulla, che cos'avrei fatto? Mi sarei limitata a ringraziarlo per il regalo, certo, ma se poi mi fosse sfuggito qualcosa dalle labbra?
Non era il caso di pensare sempre in modo negativo, magari sarei riuscita a trascorrere una serata in totale tranquillità insieme al mio fidanzato. Di solito Leonard passava nel suo ristorante il venerdì o il sabato sera, durante la settimana trascorreva le serate al Secret Dreams oppure a casa sua a finire di lavorare perciò anche quella sera sarebbe rimasto nel suo appartamento. Non aveva senso che si presentasse nel suo ristorante, il maitre e il resto dei dipendenti sapevano gestirlo al meglio anche senza la sua supervisione.
Circa dieci minuti di strada dopo, Justin parcheggiò la sua auto accanto all'ingresso illuminato del ristorante e scese prima di me per poi venire ad aprire la mia portiera. Io strinsi la mia borsa nella mano destra e mi aggrappai al suo braccio con la sinistra, percependo il mio cuore sprofondarmi nel petto quando i miei occhi finirono sull'entrata dell'Hotel. Quante volte mi ero fermata a fare sesso con Leonard nelle camere dei piani più alti, quanti ricordi avevo lasciato all'interno di quelle stanze e nella hall, eppure in quel momento ero insieme al mio nuovo fidanzato, felice insieme a lui, e pronta a festeggiare il mio ventesimo compleanno con un buon piatto di carne e un bicchiere di vino rosso.
Nient'altro.
Mi girai per un momento verso il parcheggio alla ricerca dell'auto di Leonard e non appena il mio sguardo si posò su un Audi R8 nell'ultimo posto più vicino ai cespugli, il mio stomaco ebbe un sussulto. Non poteva essere lì anche lui. Poi però un uomo sulla cinquantina uscì dal ristorante e aprì l'auto, così tirai un sospiro di sollievo; non era l'auto di Leonard, per fortuna, perciò riuscii a calmarmi e ogni pensiero negativo fuggì dalla mia mente. Più o meno.
«Vieni, amore mio.» disse Justin con un sorriso.
Baciò di nuovo la mia mano sinistra e mi accorsi solo in quel momento della piccola borsa bianca che teneva nella destra. Era forse un regalo per il mio compleanno? Arrossii ma seguii il mio fidanzato all'interno del ristorante, guardandomi intorno per cercare un segno qualsiasi che mi ricordasse Leonard; ero così terrorizzata dalla sua possibile presenza che nel momento in cui il mio ragazzo tirò la mia mano, quasi gridai per la sorpresa.
M'incamminai a passo svelto verso la terrazza del locale quando il maitre, lo stesso che mi aveva servita l'ultima notte che avevo visto Leonard, si girò verso di me e mi fece un cenno con il capo. Io gli rivolsi un piccolo sorrisetto alquanto imbarazzato, e lasciai di scatto la mano di Justin, prendendo posto sulla poltroncina bianca di velluto appena dietro al bellissimo tavolo che dava sul centro della città trafficata sotto il cielo nero.
«Direi che ho scelto il posto perfetto.» disse Justin, riferendosi allo sfondo dietro di me.
Annuii con un sorriso, felice. «Sì amore, è il tavolo migliore. Non devi spendere così tanto per me, però, non è giusto. Io per il tuo compleanno ti ho regalato un buono sconto da spendere online per i tuoi videogiochi! Tu invece vuoi offrirmi una cena in uno dei ristoranti più costosi di tutta Londra, non è giusto.»
Il biondo fece una smorfia, prendendomi la mano. «Perché non puoi accettare questo regalo senza lamentarti, piccola? Voglio trascorrere una serata tranquilla insieme a te, godermi dell'ottimo cibo e poi andare a casa mia..»
Il suo sguardo mi fece intendere che subito dopo la cena saremmo finiti nel suo appartamento, forse anche nel suo ascensore, a baciarci o a fare altro. Un brivido attraversò la mia schiena ma decisi di incolpare una leggera folata di vento che mi fece venire la pelle d'oca, quindi mi strofinai le mani sulle braccia.
«D'accordo, non mi lamenterò più. – risposi, arricciando il naso – Com'è andata la tua giornata oggi?»
Fece spallucce, sfiorando il dorso della mano con il pollice. «Ho litigato con un cliente che non voleva pagare una fetta di torta che gli era caduta a terra, ho quasi rischiato di rovinare una torta per un matrimonio che si sarebbe svolto nel pomeriggio per colpa di un ragazzino che si era intrufolato dietro al bancone, ho discusso con mio zio perché non voleva quasi permettermi di uscire da lavoro mezz'ora prima e.. insomma, è stata una giornata molto intensa. – disse con un sospiro, sollevando lo sguardo su di me – E tu? Ho visto la foto che ha messo Melanie su Facebook, quel muffin sembrava delizioso.»
Aggrottai le sopracciglia alle sue parole. «Un bambino dietro il bancone? Ma i suoi genitori dov'erano, scusami? E mi dispiace che tu abbia discusso con tuo zio, non voglio essere la causa di una serie di problemi a lavoro per te. – risposi con una smorfia – Comunque sì, quel pasticcino era davvero delizioso.»
Justin si girò per un momento verso il salone del ristorante. «So che era buono, l'ho preparato io per la tua amica e il resto dei tuoi compagni di corso. – io schiusi le labbra – E non ti preoccupare, ho lavorato oggi per lui perché sabato e domenica sarò a New York dai al matrimonio di mia cugina.»
Quelle parole mi fecero rattristire. «Ah giusto, avevo dimenticato che saresti partito alla fine di questa settimana. Come farò senza di te per due lunghi giorni?»
Justin baciò il dorso della mia mano. «Sono sicuro che troverai un modo per far passare il tempo. Io ho già un'idea..»
La sua affermazione restò in sospeso, fortunatamente, per l'arrivo del cameriere: ordinammo una bottiglia di vino rosso, uno qualsiasi e di cui non riuscivo nemmeno a pronunciare il nome, e poi due filetti di manzo media cottura con delle patatine fritte e degli spinaci come contorno. Ero davvero affamata e nonostante fossi preoccupata per il possibile arrivo del mio ex fidanzato, riuscii a rilassarmi abbastanza. Spostai per un momento lo sguardo sulle macchine che si muovevano sotto la terrazza del ristorante e mi lasciai sfuggire un piccolo sospiro; avevo già visto molte volte Londra di notte eppure mi sembrava sempre la prima volta, c'era qualcosa nel cielo nero con le nuvole grigio scure e nella luce delle auto che mi ammaliava. Le dita di Justin sfiorarono di continuo il dorso della mia mano ma non appena il cameriere arrivò con la bottiglia di vino, il biondo afferrò il suo bicchiere e cominciò a bere mentre io continuai a fissare la bellissima città.
Quel posto, quel momento, quella posizione evocarono mille immagini nella mia mente che speravo di accantonare almeno per il mio appuntamento: ricordavo lo sguardo di Leonard nello specchio mentre faceva sesso con me, le sue mani che si erano arpionate ai miei fianchi e le sue labbra che avevano morso con forza la pelle delle mie spalle, dimostrandomi più e più volte che io non ero di nessuno se non di Leonard.
Fu il momento più intenso di tutta la mia vita perché, per una volta, ero rimasta senza parole davanti all'immagine del mio corpo nudo dalla vita in giù schiacciato all'indietro contro quello del mio ex fidanzato. I nostri occhi non si erano staccati gli uni dagli altri: io ero così innamorata, così presa dal piacere e dall'amore e dall'intensità di quel momento che quando Leonard venne, quasi non me ne accorsi.
Gli avevo permesso di calpestare un'ultima e definitiva volta il mio cuore nell'istante in cui, dopo essere uscito dal bagno, aveva detto tutta la verità alla sua famiglia sotto al mio sguardo incredulo. Ma Justin non avrebbe mai fatto una cosa del genere, lo sapevo. O almeno lo speravo, dato che anche Leonard mi aveva giurato più di una volta di essermi fedele fino alla fine della nostra relazione. Eppure.
No, Justin era un ragazzo completamente diverso dal mio ex fidanzato: non era così sensuale, non era così intenso, non era bravo a fare conversazione, non era capace di fare sesso telefonico, non era in grado di fare battutine maliziose e soprattutto.. non era Leonard. Per quanto cercassi di convincere a me stessa di desiderare Justin con tutto il cuore e con il mio corpo, avrei fatto paragoni continui con lui e con il mio ex. Che mi piacesse o meno, non avevo ancora superato la mia rottura con Leonard. Melanie aveva ragione: non avrei dovuto illudere in quel modo Justin, ma ormai ero in quella relazione fino al collo perciò non potevo mollarlo. Non quella sera, pensai preoccupata, ma prima o poi ce l'avrei fatta.
Il cameriere che aveva preso le nostre ordinazioni appoggiò i piatti sotto ai nostri occhi perciò io e Justin cominciammo a parlare; lui mi raccontò cos'avrebbe fatto quel weekend a New York con la sua famiglia ed io mi limitai ad ascoltare, godendomi il sapore delizioso della carne nel mio piatto e la piacevole brezza notturna che mi fece rabbrividire ogni volta. Justin mi raccontò che sua cugina Taylor era una donna molto particolare: aveva esplicitamente chiesto di poter organizzare il suo matrimonio in una piscina – ma che senso aveva? – perché desiderava fare il bagno e divertirsi, nuotare e giocare con la palla anche durante il ricevimento perciò il suo futuro marito aveva deciso di accontentarla, prenotando un intero parco acquatico. Mi disse che il tema del matrimonio sarebbe stato ovviamente il mare e che la donna avrebbe indossato un bellissimo abito da sposa blu con una piccola stella marina sulla spalla, mentre il suo compagno si era preso un completo da marinaio, cappellino compreso, con cui partecipare alla sua cerimonia. Ogni dettaglio della sala della piscina sarebbe stato decorato con qualcosa che ricordava il mare, a partire dalle conchiglie per arrivare ai secchielli da mare, alla sabbia con cui sarebbe stato ricoperto il pavimento e agli ombrelloni sparsi in giro per la stanza. Insomma, sarebbe stato un matrimonio molto particolare e sicuramente diverso dal solito.
«Avrei tanto voluto che mi chiedesse di portare qualcuno ma ha invitato solo i parenti più stretti. Mio fratello non ha nemmeno potuto invitare sua moglie per volere di mia cugina!» disse il biondo con un sospiro.
Ingoiai il boccone di carne, leccandomi le labbra. «Non è un problema, sarei comunque stata impegnata con il lavoro. Mi manderai qualche foto, vero? Sono proprio curiosa di vedere come sarà disposto il parco per la cerimonia!»
Justin annuì, pulendosi la bocca con il tovagliolo. «Io sono un po' preoccupato, a dir la verità. Non sono molto bravo a nuotare perciò starò il più lontano possibile dalle piscine, non vorrei rischiare la mia vita per un matrimonio.»
La sua affermazione mi fece alzare un sopracciglio, sorpresa. «Non sai nuotare? Davvero?»
«No, ho sempre odiato il nuoto. Se vado al mare, è solo per abbronzarmi o guardare le ragazze che ci sono sulla spiaggia.» disse il biondo con un sorriso.
Ridacchiai, scuotendo la testa. «Ah, ora capisco tutto. Comunque ti insegnerò io a nuotare. Sai almeno rimanere a galla?»
Justin fece una smorfia, finendo di mangiare il suo filetto di manzo. «Sì, più o meno. Sono bravo a fare la stella marina.»
Lo fissai con gli occhi sbarrati, poi scoppiai a ridere. «Ma devi solo rimanere disteso sul pelo dell'acqua! Se non fossi capace di fare almeno quello, sarebbe una situazione davvero preoccupante.»
Il biondo annuì, facendo spallucce. «È per farti capire che sono un caso perso, amore. Non so se riuscirai a convincermi ad entrare in una piscina senza un giubbotto di salvataggio addosso!»
Assottigliai gli occhi, ammiccando subito dopo. «Ho già in mente qualche idea e credo che ti piaceranno, quindi non ti preoccupare.»
«Comporta forse una nuotata completamente nudi in qualche piscina privata?» chiese senza esitare Justin.
Le mie guance si scaldarono. «Forse, è possibile.»
Il ragazzo si leccò le labbra senza staccarmi gli occhi di dosso e il mio cuore accelerò. «Non vedo l'ora di imparare a nuotare.»
Il resto della cena proseguì senza particolari intoppi e finalmente riuscimmo a fare una conversazione senza che uno dei due prevalesse più dell'altro. Cominciammo a pensare ad una possibile vacanza insieme a cavallo di Capodanno, magari in un paesino della Danimarca oppure della Germania sperso in mezzo ai boschi; io desideravo tanto prenotare una baita e godermi un'intera settimana di tranquillità con il mio fidanzato senza dover pensare agli esami che mi avrebbero aspettato alla fine del mese di gennaio. Justin si trovò subito d'accordo con me e mi assicurò che al suo ritorno dal matrimonio di Taylor, avrebbe cominciato a dare un'occhiata per qualche piccolo hotel o baita in Danimarca, forse a Copenaghen, per festeggiare il Capodanno con me. Mentre discutevamo di quella possibile vacanza, continuammo a mangiare il nostro filetto; io diedi a Justin anche il piattino delle mie patatine fritte, dato che nel mio stomaco c'era solo spazio per una fetta di dolce. Mi appoggiai all'indietro contro la poltroncina con la sedia premuta contro il velluto e indossai subito dopo la mia giacca di pelle, fissando il mio fidanzato che finì di cenare.
«Sei davvero così affamato?» domandai divertita.
Lui annuì, ingoiando l'ultima patatina. «Ho saltato il pranzo e a casa non avevo niente da mangiare, non hai idea di quanto ho aspettato l'arrivo di questa cena per potermi riempire lo stomaco.»
Ridacchiai, conoscendo perfettamente quella situazione. «A me è capitato settimana scorsa, mercoledì. Non sono riuscita a fare colazione né a pranzare in caffetteria in Università perché ero in ritardo, perciò sono arrivata alle sette della sera senza niente nel mio stomaco. – dissi con un sospiro, strappando una risata al ragazzo davanti a me – Ero pronta a mangiare Melanie! Ma poi lei ha deciso di sorprendermi, presentandosi in camera con una borsa di cibo del McDonalds, così l'ho pe..»
Poi una voce interruppe la nostra conversazione.
Quella voce.
«Justin! Che ci fai qui?»
Forse era solo un brutto scherzo, un'allucinazione sonora dovuta alle mie orecchie che avevano deciso di prendermi un po' in giro ma quando vidi il ragazzo avvicinarsi, appoggiando la sua mano dalle dita lunghe sulla spalla destra del mio fidanzato, capii che non si trattava di uno scherzo. Non era un illusione. Era la pura, cruda, brutta, orrenda, terribile verità. Maledizione.
Con il cuore pronto a scoppiarmi nel petto, sollevai lo sguardo sull'uomo davanti a me e non appena i miei occhi azzurri incontrarono quelli verdi, bellissimi, brillanti di Leonard tutta la rabbia, la tensione, la paura sparirono e lasciarono spazio ad un ondata di desiderio che mi travolse dalla testa ai piedi. Erano quattro mesi che non avevo notizie di lui, che non vedevo una sua foto sui giornali di gossip della città e sussultai quando notai che si era tagliato i capelli. Non aveva più i riccioli che ricadevano sulle spalle eppure era sempre bellissimo, sensuale. Il nuovo taglio gli conferiva un'aria più seriosa e professionale ma non appena le sue labbra s'incurvarono, il suo viso s'illuminò.
Mi guardò per qualche secondo che parve interminabile e notai che le dita della sua mano appoggiata sulla spalla affondarono nel tessuto della camicia di Justin; era geloso perché io ero insieme ad un altro uomo? Eccitante, pensai con il cuore sul punto di esplodere, quindi mi sforzai di guardare il mio ragazzo e sorridere imbarazzata. Desideravo che quel momento finisse il prima possibile. Ma perché Leonard era nel suo ristorante proprio durante la settimana e il giorno del mio compleanno? E perché io ero così rilassata? E perché era così bello? Maledizione.
«Salve signore, sono venuto per festeggiare il compleanno della mia fidanzata che oggi compie vent'anni.» disse Justin con un sorriso.
Gli occhi di Leonard si spostarono su di me. «La conosco già. Ciao Evangeline, come stai? Tanti auguri di buon compleanno, comunque, spero che la cena sia stata di tuo gradimento.»
Davvero Justin non sapeva che il proprietario dell'Hotel in cui ci trovavamo era stato il mio fidanzato? Non aveva mai letto qualche giornale di gossip qualche mese prima? Da un lato ne ero felice, perché ciò significava che non mi aveva trascinato in quel posto solo per infastidirmi, ma l'altro lato era terrorizzato perché avrei dovuto dirgli la verità. Per quanto scomoda fosse.
«Vi conoscete? Davvero?» chiese Justin.
Mi guardò ed io strinsi le labbra. «Sì, Leonard era il mio ex.»
La bocca di Justin si schiuse per la sorpresa e giurai di aver visto un lampo di tristezza nei suoi occhi ma lo ignorai, girandomi verso il ragazzo in piedi davanti a me quindi rivolsi un piccolo sorriso al proprietario del ristorante.
«La cena è stata deliziosa, grazie per gli auguri.» risposi.
Leonard continuò a fissarmi. Quei bellissimi occhi verdi parevano penetrare sotto la mia pelle per leggere la mia anima ed ero certa che sapesse dell'effetto che aveva su di me. Le mie ginocchia tremarono sotto al tavolo così appoggiai le mani sulle cosce, costringendomi a prendere un respiro profondo prima che potessi avere un infarto proprio nel bel mezzo della cena del mio compleanno con il mio fidanzato e il mio ex davanti.
«Riferirò allo Chef. Justin, ci vedremo domani. E prima di andare via da qui, Matthew ha chiesto di poterti parlare un momento, se non è un problema.» Disse Leonard, mantenendo i suoi occhi sul mio viso.
Era assurdo, come poteva continuare a guardarmi in quel modo davanti al mio fidanzato? Rabbrividii ma riuscii a reggere il contatto visivo con lui ma quando la sua lingua rosea bagnò il suo labbro inferiore, fui costretta ad abbassare la testa e a mangiare una fetta di pane per evitare di urlare. Maledetto.
«Oh certo, nessun problema. Dovrò fare solo il turno del pranzo domani, giusto? Al pomeriggio sarò impegnato nella pasticceria perciò non potrò lavorare anche alla sera.» disse Justin.
Leonard spostò finalmente i suoi occhi da me.
«A me non cambia, parlerai direttamente con Matthew ma riferirò. Buon proseguimento di serata, Justin. Ciao Evie.»
E finalmente scomparve dalla mia vista. Nel momento in cui rientrò nella sala, lasciando me e Justin di nuovo da soli al nostro tavolo, sollevai lo sguardo sul mio fidanzato e aggrottai le sopracciglia, confusa e arrabbiata. Da quando lavorava per Leonard? E perché io non ne sapevo niente? Afferrai quindi la mano del ragazzo e tirai appena il suo dito indice, incrociando subito dopo le braccia al petto con la schiena appoggiata alla sedia.
«Lavori qui?» domandai perplessa.
Justin annuì leggermente. «Sì, ho cominciato lunedì ma per ora devo dividermi fra la pasticceria e il ristorante. Non te l'ho detto?»
Scossi la testa, picchiettando il tacco sul pavimento. «No.»
Lui fece spallucce, piegando la testa da un lato.
«E tu non mi hai detto che Leonard Styles, proprietario del ristorante e dell'hotel in cui stiamo cenando, era il tuo fidanzato.»
Abbassai di scatto lo sguardo. «Non credevo fosse importante.»
Justin sospirò, prendendomi la mano. «Infatti non lo è, amore. È solo che sono un po' sorpreso. Il mio capo era l'ex fidanzato della mia donna. È una situazione un po' strana.»
Mi lasciai sfuggire una risata, annuendo. «Già, abbastanza. Il mondo è piccolo, no?»
«Proprio così, non avevo idea che fosse il tuo ex. Mi dispiace se, portandoti qui, ho sollevato un po' d'imbarazzo ma ti assicuro che non l'ho fatto per infastidirti. – disse Justin, accarezzando con dolcezza il dorso della mia mano – Desideravo solo offrirti una cena in un bel ristorante e questo è il migliore della città, secondo me.»
Feci spallucce, rivolgendogli un debole sorriso. «Non ti preoccupare, è tutto okay. È stata una bella serata ed io direi di concludere la cena con un buon dolce, che ne dici? Per risollevare un po' il morale.»
«Molto volentieri, piccola. Chiamo il cameriere per i menù?»
Scossi la testa, lanciando un'occhiata alla sala. «No, io prendo una fetta di cheesecake al cioccolato fondente con della panna montata ma senza mentuccia. La odio.»
Justin annuì, bevendo un sorso del suo vino. «Perfetto, ordino io.»
Afferrai la mia borsa dall'appendino. «Vado un attimo in bagno, torno fra poco. – mi alzai dalla sedia e mi avvicinai al ragazzo, stampando un bacio sulle sue labbra morbide – Arrivo.»
E poi m'incamminai a passo svelto verso il ristorante per potermi infilare nel corridoio che conduceva ai bagni. Avevo bisogno di rimanere qualche secondo da sola per riprendere fiato, sciacquarmi il viso, sistemarmi il rossetto e tornare in me stessa dopo la comparsa, a caso, di Leonard sulla terrazza. Una parte di me desiderava scappare il più lontano possibile da quell'hotel, raggomitolarsi su se stessa e piangere fino allo sfinimento mentre l'altra parte voleva uscire da quella terrazza, prendere Justin per il braccio e baciarlo finché Leonard non fosse uscito, mi avesse presa per i capelli e trascinata nella sua Suite per scoparmi.
«E così sei fidanzata.»
Pensando al diavolo.. Lasciai la presa sulla maniglia della porta del bagno con il cuore che batteva velocemente e mi girai verso Leonard, osservandolo con attenzione. Era maledettamente bello e le luci del corridoio mi avevano permesso di ammirare meglio i lineamenti del suo viso, evidenziati dal nuovo taglio di capelli. La sua mascella sembrava più definita e gli zigomi più pronunciati.
«Sì, sono fidanzata. – replicai senza emozione – Ti ringrazio per..»
Leonard fece una smorfia. «Ti stanno molto bene.»
Abbassai per un momento lo sguardo sulla collana che sfiorai con la punta delle dita, percependo le mie ginocchia trasformarsi in gelatina quando lo vidi fare un passo in avanti, ma mi costrinsi ad indietreggiare e a riaprire la porta del bagno. Non doveva avvicinarsi troppo o non sarei riuscita a fermarmi, e non volevo affatto tradire Justin proprio sotto ai suoi occhi. Non lo meritava.
«Leonard. – inspirai profondamente – Che ci fai qui?»
Lui fece spallucce, mantenendo gli occhi su di me. «Ha importanza? E poi questo è il mio albergo.»
Non risposi, limitandomi a fissarlo con rabbia. Lui non parlò e più passavano i secondi, più quella tensione familiare che non ero riuscita a sfogare nella mia camera all'Università nel pomeriggio continuava a crescere. Da vicino Leonard sembrava persino più bello di quanto non fosse e nonostante ciò che mi aveva fatto, tutte le lacrime che avevo versato a causa sua e di una megera che aveva rovinato la sua vita, il desiderio superava l'odio. Ero tentata di fare un passo verso di lui, cingergli il collo con le braccia e azzerare la distanza fra di noi. Ma mi trattenni. Dovevo farlo.
«Posso parlarti?» domandò sottovoce.
Lo guardai rabbiosa.
«Evangeline.. Posso parlarti?»
Scossi la testa. «No.»
Leonard sbarrò gli occhi, sorpreso dalla determinazione che traspariva dalla mia voce. «Come scusa?»
«Ho detto di no. – borbottai di nuovo – Nel senso, no non puoi parlare con me e no, non avvicinarti o giuro che mi metto a gridare così tutti penseranno che tu..»
Inspirai profondamente e scossi la testa. Non valeva la pena di parlare con uno come lui, prima o poi avrebbe ottenuto la mia attenzione in un modo o nell'altro. Iniziai a camminare di nuovo verso il ristorante ma Leonard afferrò saldamente la mia mano, costringendomi a girarmi verso di lui e a guardarlo negli occhi. Quei magnifici pozzi verdi nei quali mi perdevo ogni volta che facevamo l'amore, che mi scrutavano come se fossi l'unica cosa importante nella sua vita, come se fossi la donna della sua vita. Maledetto, si era preso il mio cuore non me l'avrebbe mai restituito.
«Per favore, Evie. Ci vorranno solo cinque minuti.»
Aggrottai le sopracciglia, liberandomi dalla sua presa. «Cinque in più del tempo che sono disposta a concederti, quindi direi proprio di no. Ed ora, se vuoi scusarmi, devo..»
Leonard tirò la mia mano. «Ti prego, è importante.»
Lasciai vagare il mio sguardo dalla testa ai piedi. «Stai morendo? È questione di vita o di morte? Stai per finire in carcere?»
«Uh.. no, però è comunque importante. – rispose, sfiorando con il pollice la mia guancia e una scarica elettrica attraversò il mio corpo, lasciandomi senza fiato – Sei proprio bella questa sera, il vestito ti sta d'incanto e i diamanti ti illuminano.»
Io lo guardai, percependo la rabbia dissolversi nell'esatto istante in cui il suo dito accarezzò per un istante la pelle del mio viso ma poi riuscii a tornare in me stessa. Inspirai bruscamente e feci un passo all'indietro, distogliendo lo sguardo sul volto di Leonard.
«Grazie, anche il mio fidanzato lo pensa.» replicai arrabbiata.
Il riccio fece una smorfia. «Fidanzato? Certo.»
Digrignai i denti. Aveva rovinato la serata perfetta con Justin e ora si permetteva di fare fastidiosi commenti sulla mia vita sentimentale solo per il puro gusto d'irritarmi? Strinsi una mano a pugno e lottai con tutta me stessa per non scagliarmi su di lui, tirandogli un bel dritto su quella bocca maledetta, quel sorriso estremamente irritante, quel naso sexy e quei bellissimi occhi verdi che leggevano la mia anima, mettendola a nudo. Cazzo, ero proprio innamorata di lui. Che razza di idiota.
«Sì, sai quella persona che non dovrebbe tradirti perché è innamorata di te e che ti fa sentire come se fossi la Regina? È un concetto nuovo per te, immagino, però esistono persone così.» dissi con le braccia incrociate al petto.
Leonard non replicò così io presi un respiro profondo, mi avvicinai a lui e posai un veloce bacio sulla guancia. Meritava una sorta di ringraziamento per quel bellissimo regalo di compleanno che aveva fatto ma sapevo che le parole non gli sarebbero bastate, perciò decisi di stupirlo con un concetto simile.
«Grazie ancora per la collana e gli orecchini.»
E poi mi dileguai, tornando in terrazza da Justin.
***
30 settembre, sera.
Leonard.
Vedere di nuovo Evie, anche se in compagnia di uno dei miei dipendenti, era stato un vero e proprio shock per me. Nonostante fossero passati solo quattro mesi dall'ultima volta che l'avevo vista, sembrava diventata ancora più bella di quanto già non fosse. Si era alzata forse di uno o due centimetri, o forse era per colpa delle scarpe dal tacco alto che avevo intravisto da sotto il suo vestito I suoi capelli sembravano leggermente più scuri del solito ma erano sempre ricci e bellissimi, tanto che fui tentato di passarle una mano fra i boccoli per tirarli e costringerla a baciarmi. Se solo non avessi rovinato tutto.. Maledizione.
I suoi occhi erano di un blu lucente magnetico e le sue labbra, rosse come una ciliegia, erano così invitati ma ero riuscito a trattenermi; non era il caso di fare scenate nel bel mezzo della terrazza del mio ristorante, anche se avrei impiegato qualche secondo prenderla per la mano e trascinarla nella mia Suite. Lo splendido abito blu che indossava metteva in risalto le sue curve prosperose del suo corpo e il suo seno, che ero riuscito ad intravedere dal tessuto leggermente trasparente sul fianco, era sempre più bello. Se solo non fosse stata in compagnia del suo fidanzato, l'avrei sollevata a peso morto dal tavolo e l'avrei rapita.
Ma sono un gentiluomo, non mi sarei permesso di prendere Evie in braccio rischiando di mostrare a tutti le sue mutandine. No, avrei potuto vederle solo io. E Justin. Maledizione, come aveva potuto fidanzarsi con uno dei miei dipendenti? E perché lui aveva deciso di portarla a cena nel mio ristorante, sapendo che avevo avuto una relazione con lei? Le foto del Galà a cui avevamo partecipato insieme erano state stampate su tutti i giornali di Londra perciò non poteva essere all'oscuro della nostra storia, Justin sapeva benissimo che Evangeline era la mia donna ma ciò di cui non si rendeva conto era che lei era ancora innamorata di me. lo avevo capito nello stesso istante in cui i suoi occhi azzurri si posarono sul suo viso e le pupille nere occuparono quasi la maggior parte della sua iride, mentre le sue guance si fecero più rosse e il suo petto si alzava e riabbassava più velocemente.
Quello era l'effetto che io avevo su di lei, ma ciò che lei aveva su di me non poteva essere visto in pubblico. Com'era possibile che una ragazzina di diciannove anni potesse provocarmi un'erezione impossibile da estinguere solo mediante il sesso? Faticavo addirittura a soddisfarmi da solo quando mi capitava di pensare a lei e ad eccitarmi a lavoro.
«Signor Styles, vuole qualcosa da mangiare? – domandò Lucien, il capo cuoco – Posso prepararle un piatto di carne oppure un dolce, abbiamo appena terminato il servizio.»
Inspirai profondamente, risvegliandomi dai miei pensieri. «No, ti ringrazio ma ho già cenato a casa mia prima di venire qui. È stato servito il tavolo in terrazza?»
Lucien si scambiò un'occhiata con Roxxy, la lavapiatti. «Quale dei tanti tavoli, signore? Comunque sì, sono stati serviti tutti.»
Annuii, lanciando un'occhiata fuori dalle porte scorrevi. «Okay, buon lavoro comunque. Ci vediamo.. domani sera, credo. Non lo so, non penso riuscirò a passare di qui. Dipende da come andrà la mattinata in ufficio.»
L'uomo annuì, pulendosi le mani nel suo grembiule. «Non c'è nessun problema, io domani pomeriggio sarò qui per discutere del menù per il matrimonio che è stato organizzato qui.»
«Ah, è domani? Ero convinto che l'appuntamento fosse la settimana prossima, non lo ricordavo. – risposi, massaggiandomi il mento per qualche secondo – Ancora buon lavoro, ci vediamo domani pomeriggio probabilmente.»
Uscii dalla cucina con passo svelto e mi diressi verso la terrazza semivuota del ristorante, quando intravidi Justin alzarsi dal suo tavolo e baciare Evie sulla bocca. Mi nascosi accanto al vetro che precedeva la terrazza e fissai i due; lui le disse qualcosa all'orecchio che la fece ridere e poi si incamminò per raggiungere Matthew, quindi mi superò senza guardarmi ed io uscii immediatamente, appoggiando una mano sul tavolo di Evie.
Quando la ragazza si accorse della mia presenza, staccò gli occhi dal cellulare che teneva nella sua mano e mi guardò infastidita; le sue labbra s'incresparono in una smorfia arrabbiata e le sue sopracciglia si aggrottarono, ma non disse niente. Io scivolai quindi sulla sedia accanto alla sua e lei si spostò per evitare di starmi vicino, ma io la costrinsi a restare ferma e appoggiai la mia mano sinistra sullo schiena della sua sedia; Evie sollevò i suoi occhi e le sue labbra si schiusero.
«Hai iniziato il secondo anno?» chiesi.
Era una domanda idiota ma avevo bisogno di una scusa qualsiasi per poterle rivolgere la parola, mi mancava da morire la sua voce e l'dea di perderla di nuovo alla fine di quella cena mi spezzava il cuore. Mi serviva una conferma: dovevo sapere se lei era ancora innamorata di me, se avrei avuto un'altra possibilità prima di perderla del tutto una seconda volta.
«Sì, ho ripreso le lezioni all'inizio del mese.» rispose lei.
Piegai la testa da un lato. «Se proprio volevi uscire con qualcun altro, mi aspettavo qualcosa di meglio per una come te. Lui non è alla tua altezza, non siete una coppia equilibrata.»
La faccia di Evie si tramutò in una maschera di rabbia. «Non me ne frega un cazzo di quello che ti aspettavi. Justin è tutto ciò che tu non sei né sarai mai.»
«Perché gli hai permesso di baciarti in pubblico?» chiesi ancora.
Lei alzò gli occhi al cielo. «Leonard.»
Io strinsi la presa sulla sedia. «Ti fa venire?»
«Non mi fa piangere. Non mi tradisce.»
Era arrabbiata ma non m'importava, era sempre meglio di quel brutto silenzio che era calato sul nostro rapporto da quando lei era scappata dal mio Hotel. Certo, era stata solo colpa mia se Evangeline era fuggita però... sospirai.
«Ci sei andata a letto?»
La ragazza sbarrò gli occhi. «Perché vuoi saperlo?»
Io scrollai le spalle, fissandola.
«Non sei il mio fidanzato, non hai il diritto di sapere con chi vado a letto o di commentare la mia relazione quindi sparisci dalla mia vista prima che cominci ad urlare.» borbottò lei, tornando a guardare il cellulare.
Mi mordicchiai il labbro inferiore. «Beh, non userei il termine 'diritto' ma curiosità. Faccio queste domande per sfogare la mia curiosità, non ti preoccupare.»
Digrignò i denti, alzandosi dalla sedia. «No, non me lo sono ancora scopato ma penso che molto presto, forse anche stanotte, lo farò.»
Assottigliai i miei occhi. «Non lo farai, ci sono io ora.»
La ragazza mi fissò qualche secondo poi si portò una mano alla bocca ed esplose in una risata rumorosa, scosse la testa e raccolse la sua borsa che oscillò per un momento. Credeva che stessi scherzando ma in realtà ero più serio di quanto potesse immaginare, non dovevo permetterle di andare a letto con Justin perché lui non poteva vedere ciò che era di mia proprietà.
«Credi che io voglia venire a letto con te, adesso?» domandò.
Io feci un passo all'indietro e lei cominciò ad avvicinarsi. «Evie..»
«Pensi che io sia davvero così stupida? Non ho più intenzione di toccarti, Leonard. Potrai essere l'uomo che penso mentre vengo, una bella immagine che stuzzica le mie fantasie e forse mi sei mancato, ma..»
La interruppi con il cuore che accelerò. «Ti sono mancato?»
Evangeline strinse le labbra. «Mi è mancata l'idea di te, di ciò che avresti potuto essere. Di ciò che saremmo potuti diventare noi.»
Deglutii, era furiosa. «Non possiamo essere amici?»
«No, non possiamo essere niente.»
Le sue labbra sfiorarono le mie e mi si mozzò il respiro in gola. «E perché non ti credo allora, signorina Rønning?»
Una risata sfuggì dalla sua bocca. «Non m'importa. Dovresti supplicarmi tu di tornare insieme a te, di essere di nuovo tua, di amarti e di permetterti di amarmi. Cazzo, supplicami!»
Non l'avevo mai vista così furiosa prima d'ora in tutta la mia vita, nemmeno quando scappò dopo la cena con la mia famiglia. I suoi occhi azzurri brillavano di una luce particolare e le sue labbra erano tese in una smorfia rabbiosa, mentre le sue mani tremavano così rapidamente che giurai di averle visto il cuore comprimersi nel petto. Le sue guance erano rosse per lo sforzo, forse di mantenere la calma e di non uccidermi. O forse per non baciarmi. Io stavo lottando con tutto me stesso per non prenderla per le spalle, spingerla verso il bordo della terrazza e scoparla sotto al cielo nero di Londra, dimostrarle che nonostante tutto lei era ancora mia e il suo corpo apparteneva a me. Ma prima che potessi replicare, una voce interruppe la nostra conversazione.
«Hey amore. Tutto bene?» chiese Justin, rientrando in terrazza.
Lei si ricompose, portandosi una mano fra i capelli. «Sì, certo. Che ne dici se andiamo? Si sta facendo tardi e abbiamo ancora molte cose da fare insieme.»
Si aggrappò al braccio di Justin. «A domani, signor Styles.»
«Ciao Justin, ciao Evie.»
E i due scomparvero dalla mia vista, lasciandomi da solo su quella terrazza.
❤️❤️❤️❤️❤️
Ciao amici e amiche come state?
Come ve la state passando la quarantena?
Io sono su a Londra anche noi siamo tutti in casa però non abbiamo nessun obbligo!
See you soon guys ❤️
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