Capitolo 2
Woke up alone in this hotel room
Played with myself, where were you?
Fell back to sleep and got drunk by noon
I've never felt less cool
We haven't spoke since you went away
Comfortable silence is so overrated
Why won't ever be the first one to break?
Even my phone misses your call, by the way
From the dining table – Harry Styles
30 settembre, mattina.
Leonard.
Fissai il letto sfatto ma vuoto al mio fianco con il viso seminascosto nel cuscino e sospirai rumorosamente, non avendo il coraggio né la forza di muovermi per scendere dal materasso e vestirmi. Appoggiai una mano sul cuscino vicino al mio, percependo le lenzuola fresche sotto le mie dita, e sospirai rumorosamente mentre quei ricordi si fecero spazio nella mia mente: occhi blu notte, labbra rosse pericolose, corpo perfetto e voce flebile, sensuale. Ma mi costrinsi a cancellare ogni immagine. No, lei non c'era più.
Mi alzai dal letto. Sentivo la testa pesante e il mio stomaco bruciava per tutto l'alcool che avevo ingerito la notte precedente in compagnia di Marika, un'altra donna che avevo conosciuto online. Aveva le mani piccole ma wow, tremendamente abili.
Lanciai un'occhiata sul piccolo tavolino di vetro con il secchio del ghiaccio ormai sciolto e notai tre bottiglie completamente vuote riversate sul pavimento insieme a due calici, di cui uno con lo stampo delle labbra di Marika. Rossetto viola, orribile.
Se n'era andata prima che potessi alzarmi, pensai con un sorriso, e per fortuna; non mi andava di gridare contro ancora ad una donna per cacciarla dalla stanza, com'ero stato costretto a fare qualche giorno prima con Catherine. Quella moretta non aveva alcuna intenzione di lasciarmi! Aveva addirittura tentato di ammanettarsi al letto, desiderava fare ancora sesso con me e addirittura costringermi a portarla fuori a cena ma io ero stato più furbo. L'avevo minacciata di telefonare al marito e alla sicurezza. Solo allora, lei decise di sparire. Che incubo. Ed ero stato anche molto chiaro sulle mie intenzioni!
Mi passai una mano sul viso con un sospiro e rotolai a pancia in su ancora immerso nelle lenzuola del letto, quindi sollevai lo sguardo e lessi l'orario sul mio soffitto.
Erano le undici del mattino del trenta settembre.
Quella data fece scattare un piccolo allarme nella mia testa: era il ventesimo compleanno di Evangeline, ma non avrei potuto trascorrerlo insieme a lei. Come avrei fatto a darle il suo regalo? Ero tentato di chiamare Melanie ma qualcosa mi diceva che se ci avessi provato, Niall mi avrebbe massacrato di schiaffi e la migliore amica della mia ex mi avrebbe raggiunto all'hotel e scagliato dietro qualsiasi cosa le fosse capitato sotto mano. Non li biasimavo, avevo davvero rovinato la relazione più bella che avessi mai avuto.
Abbassai le lenzuola e mi girai di nuovo su un fianco, allungando la mano verso il comodino accanto al letto per poter prendere il mio cellulare. Avevo bisogno di farle almeno gli auguri, giusto per dimostrarle che non mi ero del tutto dimenticata di lei, e sospirai.
Chi avrei potuto chiamare?
Simon mi aveva assicurato che non avrebbe più hackerato il cellulare dei suoi amici solo per permettermi di ottenere il suo numero di telefono, perciò lui era fuori discussione. Niall invece era impegnato con Amelie quel giorno e inoltre non sarebbe stato a lavoro perché era il suo giorno libero, perciò non lo avrei disturbato. Zoe era già pronta e di sicuro dietro alla sua scrivania al lavoro quindi non sarebbe stata disponibile per fare mille ricerche sulla mia ex fidanzata su qualche social network.
E forse io stavo esagerando.
Evangeline aveva deciso di chiudermi fuori dalla sua vita, mentre io stavo cercando un modo per rivederla, sentire di nuovo la sua voce, osservarla muoversi e sorridere come faceva quando era insieme a me. Ero disperato.
Qualche secondo dopo, il mio cellulare cominciò a squillare e sullo schermo comparve una foto di Zoe. Ero in ritardo per il lavoro, lo sapevo, ma in quel momento desideravo solo scagliare il telefono contro il muro e rimettermi a dormire. Sfortunatamente, ero al comando di un impero economico che aveva bisogno del proprio leader perciò mi feci coraggio e risposi alla telefonata della mia amica e segretaria personale.
«Dimmi tutto.»
La voce di Zoe risuonò nelle mie orecchie. «Ah, sei vivo allora! Niall era disperato, non riusciva a contattarti.»
Mi massaggiai per qualche secondo le tempie, sospirando. «Mi sono appena svegliato, fra poco arriverò in ufficio. Puoi chiedere ad Alyssa di portarmi un caffè con della panna e tanto zucchero? Ne ho bisogno.»
«Certo, nessun problema. Stai bene?» chiese ancora la ragazza.
Esitai per un momento. «Mai stato meglio.»
E prima che lei potesse rispondere, chiusi la telefonata. Fu in quel momento che la porta del bagno della camera da letto si spalancò e comparve Marika, ancora nuda, con i capelli bagnati. La fissai scioccato. Ero convinto se ne fosse andata prima che mi svegliassi! Lei mi guardò per qualche secondo, poi incrociò le braccia al petto e i miei occhi si posarono sul suo seno, palesemente finto, coperto a malapena dalle sue mani. Maledizione, avrei dovuto cacciarla ancora prima di addormentarmi o di ubriacarmi come un idiota ma chi immaginava che sarebbe rimasta nonostante le avessi detto che per me era solo una notte di sesso? Mi morsicai il labbro inferiore e rotolai giù dal letto, raccogliendo le sue mutandine e il suo reggiseno dal pavimento per poi porgerle l'intimo.
«Questo è tuo, gradirei se lo indossassi e te ne andassi. – dissi senza esitare – Ho da fare.»
Marika spalancò le labbra, fissandomi con rabbia. «Spero tu stia scherzando, Leonard!»
Io scossi la testa, infilandomi i boxer senza guardarla. «Certo che no, io non scherzo mai.»
M'intrufolai nel bagno, percependo lo sguardo della donna bruciare sulla mia schiena nuda, ma cercai di scrollarmelo di dosso come se fosse polvere e poi mi fissai nello specchio. Le mie spalle erano coperte di piccoli segni rossi, gli stampi delle unghie poco taglienti di Marika, e sul mio collo c'erano due succhiotti violacei che avrei dovuto coprire con il colletto della mia camicia. Non era elegante arrivare a lavoro con due segni simili dovuti ad una sconosciuta, perciò sarebbero stati la prima cosa che avrei dovuto eliminare con del ghiaccio una volta ritornato in ufficio.
«Senti, ieri sera è stato divertente anche se non mi ricordo nulla ma adesso è un nuovo giorno. Io devo andare a lavorare e credo anche tu, perciò credo sia il caso che tu te ne vada. – replicai senza guardare la donna in piedi dietro di me, intanto mi sistemai i capelli arruffati e più corti – Hai fatto la tua doccia e ti sei goduta una cena gratis, adesso sparisci da qui per favore. E se non lo farai entro dieci minuti, chiamerò la sicurezza.»
Marika sbarrò gli occhi scuri che si velarono di paura, infatti senza più ribattere tornò in camera da letto e indossò il suo tubino nero che non le copriva nemmeno tutto il sedere. Io restai ancora nel bagno finché non sentii la porta della camera chiudersi e solo allora, tornai verso il materasso per poter aprire il mio armadio. Per fortuna avevo deciso di lasciare qualcuno dei miei completi in quella Suite, detestavo presentarmi a lavoro con i vestiti del giorno precedente. E soprattutto non quelli dopo una sbronza, non volevo rischiare di trovare macchie o altri residui della notte appena trascorsa con quella donna.
I ricordi mi colpirono come un treno: meno di sei mesi prima mi trovavo nel bagno della camera con le mutandine di Evie in una mano e un biglietto con il suo numero di telefono nell'altra, mentre in quel momento ero sul punto di vomitare dopo tutto quell'alcool senza più lei a migliorare le mie giornate. Ed era successo tutto in meno di una settimana.
Scuotendo la testa per togliermi quei pensieri, indossai un paio di semplici pantaloni neri, una camicia blu notte ed una giacca nera abbinata con i miei stivaletti di pelle neri. Senza nemmeno guardarmi allo specchio o tentare di sistemare il disastro nella camera, afferrai il mio cellulare e uscii con la mia solita tessera dorata in una mano e le chiavi della mia auto nell'altra. Accelerai il passo, infilandomi nell'ascensore. Poi suonò di nuovo il mio telefono e quando guardai lo schermo, non riuscii a trattenere una risata.
Si trattava di mia sorella.
Da quando era successa la scenata davanti alla mia famiglia con Evie e lei mi aveva lasciato, Gemma mi telefonava ogni mattina per assicurarsi che stessi bene e non mi fossi ridotto a bere, fare sesso e vivere nel mio Hotel. Ovviamente, non sapeva che era proprio ciò che stavo combinando. Io le mentivo, dicendole che andava tutto alla grande e che ormai non pensavo alla mia ex.
La verità?
Non facevo altro che pensare a lei, ad immaginarla nel suo letto con il pigiama oppure intenta a leggere un libro, o a scrivere uno dei suoi saggi per gli esami con i capelli arruffati e gli occhiali da vista che le scivolano sul suo bellissimo nasino. Sospirai a quei pensieri: Evangeline mi mancava come l'aria ma lei aveva deciso di eliminarmi dalla sua vita ed io non potevo biasimarla.
«Pronto? Qui parla Leonard Edward Styles, leggermente addormentato per via della notte precedente ma mentalmente stabile e carico per affrontare una nuova giornata di lavoro. – dissi, uscendo dall'ascensore e attraversando la Hall dell'albergo – A cosa devo questa telefonata, signorina Styles?»
La risata di mia sorella mi strappò un sorriso. «Oggi sei di buon umore, Leo?»
Scrollai le spalle, salutando con un cenno del capo le ragazze dietro al bancone della reception. «Sì, non so come mai ma sto benissimo! Tu? Va tutto bene?»
«Sto bene anche io, grazie per averlo chiesto. Sono contenta che tu sia felice oggi! – rispose lei, ma il suo tono divenne più serio ed io mi irrigidii – Oggi è il compleanno di Evie.»
Un colpo al cuore.
Cercai di sembrare più calmo possibile. «Lo so, compie vent'anni. Perché?»
Mia sorella esitò per qualche secondo, poi sospirò. «Siamo amiche su Facebook e ho ricevuto la notifica, ma quando sono andata sul suo profilo ho notato una cosa. Non vorrei essere io a dirtelo e non so come la prenderai, anche se so che hai superato la rottura con lei, però... Credo sia giusto che tu lo sappia, ecco.»
Aprii la mia auto con la chiave, aggrottando le sopracciglia. «Che cosa?»
«Si è trovata un fidanzato.» disse Gemma.
Io restai a fissare la mia immagine nel finestrino della macchina, incapace anche solo di pronunciare una parola che fosse sensata. E così Evie era riuscita ad andare avanti dopo ciò che avevamo avuto? Era così innamorata di me da trovarsi un altro fidanzato dopo solo quattro mesi? – pensai con fastidio.
La rabbia mi fece ribollire il sangue ma i ricordi di tutte le notti precedenti, di me immerso nelle lenzuola con una ragazza diversa quasi ogni giorno, cancellarono ogni brutto sentimento. Io avevo cercato di rimpiazzare Evie con tutte le donne che potevo, non dovevo permettermi di incolparla solo perché lei aveva avuto la decenza di trovare solo un uomo e concentrarsi su di lui ma l'idea di lei insieme ad un altro mi mandava in bestia. Come aveva potuto? Perché io l'avevo tradita con Diana, se ero così innamorato? Salii in macchina e strinsi le dita intorno al volante, rabbioso.
«Spero che sia in grado di renderla felice. – risposi, inspirando a fondo – Mi hai chiamato per questo?»
Lei tacque di nuovo ed io sospirai. «No, volevo anche dirti che mamma ha spedito gli inviti del matrimonio questa mattina.»
Le sue parole mi strapparono un altro sorriso. «Finalmente! Domani lo riceverò, credo. Quand'è? Robin si è dimenticato di dirmelo.»
«Sarà a maggio, ma non ricordo la data di preciso. Mamma voleva sposarsi in primavera così Robin l'ha accontentata. – rispose Gemma – Devi organizzarti con il lavoro?»
Accesi il motore e poi il bluetooth, appoggiando il cellulare sul sedile accanto al mio. «Sì, devo trovare qualcuno che possa coprirmi quel giorno e poi quello successivo. Niall e Simon sono stati invitati, perciò avrò bisogno di parlare con tutto il reparto amministrativo e selezionare uno dei membri per...»
«Robin non ti ha detto che hanno organizzato il matrimonio a Bournemouth?» chiese lei, interrompendomi.
Spalancai gli occhi, guidando fuori dal parcheggio dell'Hotel. «Cosa? Si sposeranno al mare?»
Gemma, dall'altra parte del telefono, ridacchiò. «Eh già, sarà un matrimonio sulla spiaggia!»
«Oh Dio, spero solo non sarà come il matrimonio di Niall! – esclamai con un sorriso – Se qualcuno oserà lanciare la mamma in mare, penso che lei s'infurierà.»
Mia sorella rise ancora. «Già, ma credo che sarà Robin a fare quella fine.»
Continuai a guidare, sorridendo a quel pensiero. «Ci sarà da divertirsi, allora.»
«Porterai qualcuna al matrimonio? – domandò lei – Mamma vorrebbe invitare Ev..»
La zittii, già sul punto di avere una crisi di nervi. «Io non sarò il suo accompagnatore, spero che sia te sia la mamma capiate che fra me e lei non c'è più niente. Se la mamma si è sentita d'invitarla, d'accordo. Non succederà nulla perché sono andato avanti. E anche lei, no? Quindi non dovete preoccuparvi di me. Non m'importa più niente.»
Gemma tacque per qualche secondo, sospirando. «Lo so, ma non si sa mai. Perché te la prendi così tanto se dici di aver superato la vostra rottura? E comunque non saresti tu a farle da accompagnatore bensì il suo fidanzato.»
Quelle parole mi scossero e fui costretto a respirare profondamente almeno due volte per non cominciare a gridare contro mia sorella che non centrava assolutamente niente. Evie era andata avanti con la sua vita ed io, nonostante non fossi riuscito a farlo, avevo cercato di sopravvivere alla mia solita maniera; l'unica differenza era che Niall, come mi continuava a ripetere, non era disposto a salvarmi di nuovo. E non biasimavo nemmeno lui, avevo sbagliato io ed in quel momento ne stavo solo pagando le conseguenze.
«Non sono arrabbiato, stai tranquilla. Dico soltanto che a me non interessa se Evie si presenterà al matrimonio, io non farò scenate e sono sicuro che anche lei saprà comportarsi da persona civile. Forse accetterà per fare contente te e la mamma, ma di certo non parteciperà per me. – risposi, riprendendo a guidare verso il palazzo infondo al quartiere – E comunque dovrà far coincidere il viaggio con l'Università.»
Mia sorella tacque, poi mugolò qualcosa. «Io mi farò accompagnare da Richard.»
«Richard? Chi? Hawking?» chiesi perplesso.
Quel ragazzo era uno dei colleghi di mia sorella al museo di Manchester, l'unico che in quel posto le dava quelle attenzioni che una donna bella come Gemma meritava. Da un lato ero contento che un uomo fosse pronto a provarci con lei ma una parte di me era così protettiva nei suoi confronti che mi arrabbiai. Perché non mi aveva detto prima che stava frequentando qualcuno? Perché aveva scelto proprio Richard? Lui la stava trattando bene o era solo una relazione casuale, nata a random e magari in uno sgabuzzino del museo? Sospirai, Gemma era abbastanza da grande da badare a se stessa ma si sa, il fratello minore ha bisogno di fingere di avere almeno il controllo sulla propria sorella.
«Sì, proprio lui. Mamma ha voluto invitarlo e lui ha accettato ma ha chiesto esplicitamente di poter essere il mio accompagnatore durante la cerimonia. – disse Gemma con un tono perso – Ad ogni modo, volevo dirtelo.»
In quel momento fui io a tacere per qualche secondo. «Sono contento che tu sia riuscita ad attirare la sua attenzione, è da quasi due anni che ci provi senza ottenere alcun segno da parte sua.»
«Ti ringrazio, Leo. – sentii il sorriso nella sua voce – Adesso ti devo lasciare, fra cinque minuti devo accompagnare un classe di venti quindicenni in giro per il museo e non so se suicidarmi adesso per evitare questo supplizio, o aspettare il turno successivo per mettere fine ai miei supplizi.»
Ridacchiai, parcheggiando la mia auto accanto all'ingresso dell'edificio. «Aspetta il matrimonio di mamma, poi potrai fare ciò che vorrai con la tua vita. Buona giornata, Gemma!»
E chiusi la telefonata con il tasto sullo schermo della radio della mia auto, poi sfilai la chiave che riposi nella tasca della mia giacca. Afferrai il mio cellulare e scesi dalla mia auto, incamminandomi a passo svelto e con il colletto della camicia sollevato abbastanza per coprire i due succhiotti alquanto visibili sul mio collo. Ero pronto ad affrontare una nuova giornata da lavoro ma più pensavo alle parole di mia sorella, e più mi arrabbiavo: chi era il nuovo fidanzato di Evangeline? E perché aveva deciso di cancellarmi dalla sua vita?
Quel giorno desideravo solo farle gli auguri e mandarle un regalo, strappandole magari un sorriso nonostante tutto. Poi mi venne un'idea: avrei convinto Simon a spedirle un pacco da parte sua per conto mio. Non avrebbe potuto negarmi quel favore, dopo che io gli avevo concesso una settimana di vacanza da passare alle Maldive con la sua Eleanor, perciò entrai con un sorriso sulle labbra all'interno del mio palazzo.
«Buongiorno signor Styles! – esclamò Zoe, sorridendo – Come va oggi?»
L'amica con cui avevo condiviso tutte le mie sofferenze durante il periodo di Diana, e anche quello di Evie a dir la verità, si era trasformata nella mia fedele assistente che mi aiutava a sopportare le pesanti giornate dell'inizio delle due stagioni piene di festività. Le rivolsi un sorriso smagliante e salii con lei in ascensore.
«Molto bene, grazie per l'interessamento. – risposi – Simon è qui, per caso? Dovrei parlargli un momento.»
Zoe annuì, bevendo un sorso del suo caffè. «Sì signore, la sta aspettando nel suo ufficio!»
Sospirai appena, pensando al regalo che avevo lasciato da quattro mesi nel mio ufficio.
«D'accordo, ti ringrazio. Ci sono novità sull'accordo con Xao? Ho bisogno di buone notizie oggi.»
La donna scosse la testa, uscendo dall'ascensore che si aprì. «Mi dispiace ma ancora niente. Posso sollecitare, se vuole, ma dubito otterrà una risposta entro la fine della settimana. Sa com'è, Xao è un uomo troppo impegnato ad organizzare festini con minorenni e a sniffare cocaina piuttosto di pensare agli affari.»
Quelle parole mi strapparono una risata, così annuii. «Giusto, hai ragione. Ad ogni modo sollecitalo, ho bisogno comunque di una sua risposta altrimenti andrò io stesso a prenderlo a calci nel sedere in Cina!»
Zoe sollevò il suo bicchiere di caffè, sedendosi dietro la scrivania. «Subito signore!»
Io attraversai il corridoio a passo svelto per poter raggiungere il mio ufficio dalla porta spalancata e un forte profumo di brioches mi invase le narici seguito dall'odore delicato del caffè. Il mio stomaco brontolò rumorosamente per la fame così, non appena varcai la soglia del mio studio, mi fiondai dietro la mia scrivania con il mio adorato cornetto al cioccolato in mano. Poi mi accorsi della presenza di Simon seduto sulla poltroncina vicino alla finestra intento a discutere al cellulare con qualcuno, ma poi il mio sguardo si posò su Alyssa che stava rovistando in uno dei cassetti. Quel giorno aveva deciso di osare più del solito con i suoi abiti perché la gonna che aveva scelto aveva uno spacco terribile proprio sul suo sedere. Lei si rialzò e finalmente le sue mutandine scomparvero dalla mia vista, poi si girò verso di me e mi sorrise ma non disse nulla; uscì dal mio ufficio e chiuse la porta, mentre Simon mi guardò e venne a sedersi davanti a me. Staccò la telefonata e appoggiò il cellulare sulla mia scrivania, incrociando le braccia al petto.
«Perché cazzo non hai risposto alla mia chiamata stamattina?» domandò stizzito.
Alzai le spalle, addentando la mia brioches. «Scusami, ho dormito fino a mezz'ora fa.»
Il ragazzo assottigliò i suoi occhi azzurri, riducendoli a due fessure. «Sei stravolto. Che cos'hai fatto ieri sera?»
Sospirai infastidito, appoggiando la schiena all'indietro. «Oh, sesso bollente.»
«Non puoi tenere questo vizio solo nei weekend? – domandò nervoso – Devi lavorare come tutti noi, non puoi sempre costringere me, Zoe, Niall o Alyssa ad aprire l'edificio e tutti gli uffici!»
Roteai gli occhi, ingoiando il boccone di brioches. «Ti prometto che non succederà più, stanotte è stata un'eccezione. Dovevo togliermi alcune cose dalla testa e il sesso è stata l'unica..»
Simon sollevò una mano a mezz'aria. «Non m'importa, ho capito.»
Non riuscii a trattenere una risata, finendo di mangiare il cornetto. «Devo chiederti un favore.»
«Oh Dio, adesso devo preoccuparmi? – chiese con un sospiro – Sentiamo, di che hai bisogno? Oltre ad una pillola per il mal di testa, dell'acqua e del correttore di Alyssa per coprire quei lividi sul collo?»
Arricciai il naso per le sue parole, sorridendo. «Niente di tutto questo, a dir la verità. Nonostante tutto l'alcool che ho bevuto ieri sera, ho dormito come un bambino e mi sento in forze! Non ho neanche mal di testa, credo che Dio abbia voluto aiutarmi un po'. – risposi con un'alzata di spalle – Si tratta di Evangeline, oggi è il suo compleanno e vorrei spedirle un regalo.»
Simon tacque per qualche secondo poi sospirò. «Non credo sarà..»
«Non m'importa, vorrei solo dimostrarle che mi ricordo di lei. Il problema è che la sua Università mi ha negato la possibilità di avvicinarmi a lei, quindi vorrei che ti presentassi da lei e le portassi di persona il mio regalo oppure spedirlo da parte tua.»
Il biondo mi guardò poco convinto, poi annuì. «Cosa le hai comprato di bello? Comunque non ho tempo di uscire da qui ma metterò il mio indirizzo, se questo ti rende così felice.»
«Una collana e un paio di orecchini in diamanti, niente di così strano. – risposi, bevendo un sorso del mio caffè per poi alzarmi dalla sedia e aprire un cassetto vicino alla stampante – Ti ringrazio, vorrei strapparle un sorriso almeno oggi che è il suo compleanno. Se lo merita, dopo quello che le ho fatto.»
Simon annuì, afferrando il pacchetto blu che gli consegnai. «Diamanti? Insomma, un regalo che una studentessa dell'Università riceve ogni giorno dal suo ex Sugar Daddy! Comunque se è così costoso, allora farò in modo di portarglielo di persona. Non vorrei che si rovinasse durante il tragitto.»
M'illuminai alle sue parole, ignorando le affermazioni precedenti. «Davvero? Lo faresti per me, Simon?»
Lui fece una smorfia, incamminandosi verso la porta dell'ufficio. «Solo perché voglio vederla sorridere.»
E pronunciato quella frase, scomparve dalla mia vista.
***
30 settembre, pomeriggio.
Evangeline.
"12 ottobre, Macbeth, The Globe"
"13 ottobre, doppio turno al Caliente"
"17 ottobre, compleanno Georgia"
"31 ottobre, festa Halloween Caliente o Secret Dreams?"
Scrissi i miei impegni sulla mia agenda, sorridendo mentre la mia mente cominciò a vagare. Ero stata invitata a partecipare alla festa di Halloween al Secret Dreams: James mi aveva contattata personalmente qualche decina di minuti prima e mi aveva chiesto se mi sarebbe piaciuto ballare per un ultima volta nel suo locale. Una parte di me desiderava accettare perché mi mancava salire su un palco per mostrare il mio corpo e fare impazzire gli uomini, prendendo dei soldi, ma l'altra parte di me era terrorizzata perché se Justin fosse venuto a sapere di questa mia ultima scappatella al locale di James, si sarebbe infuriato.
E non avevo più voglia di litigare per il mio vecchio lavoro, nonostante ora fossi felice nel nuovo nightclub. Accantonai quei pensieri dalla mia testa e sulle mie labbra comparve un sorriso quando ricordai ciò che era successo quella mattina nel cortile dell'Università, davanti agli studenti delle varie facoltà. Tutti i miei compagni di corso avevano organizzato una piccola festa prima dell'inizio delle lezioni nel bel mezzo del cortile con un muffin al cocco e due candeline che mi avevano fatto spegnere mentre loro cantavano 'Tanti auguri'. Era stato il momento più imbarazzante di tutta la mia vita perché gli altri studenti dell'Università passeggiavano accanto a noi, ci guardavano come se fossimo degli idioti e poi ridevano fra di loro ma a dir la verità, i pensieri degli altri erano l'ultima cosa di cui desideravo occuparmi il giorno del mio compleanno.
Nessuno aveva mai organizzato un gesto simile per me e sapere che avevo degli amici all'interno dei vari corsi mi aveva riempito il cuore di gioia. Se i miei compagni dell'Università avevano comprato un muffin per me e Melanie mi aveva regalato un bellissimo abito che probabilmente avrei indossato quella sera per la cena con Justin, dall'altra parte i miei genitori non si erano ancora sprecati a chiamarmi per farmi gli auguri. Né mamma, né papà e nemmeno il resto dei miei cugini. Ero contenta che nessuno di loro avesse provato a contattarmi, quella giornata doveva proseguire e terminare nel migliore dei modi.
Diedi un'occhiata all'orologio appena sopra la porta della mia camera da letto e incrociai le gambe, controllando subito dopo il mio cellulare alla ricerca di un messaggio da parte di Justin. Quando finalmente vibrò e il viso del mio fidanzato comparve sullo schermo, aprii subito il messaggio con il cuore in gola.
"Hai ricevuto le rose che ti ho mandato stamattina, piccola?"
Sorrisi, girandomi per un momento verso la finestra che dava sul cortile dell'Università per osservare ancora una volta il bellissimo mazzo di fiori bianchi che il mio ragazzo mi aveva spedito. Era stato un gesto così dolce e nonostante io odiassi le rose, non avevo potuto trattenere le lacrime quando il fattorino aveva portato quel bellissimo regalo.
"Sì, sono meravigliose. Le adoro!"
Passò qualche secondo e ricevetti un altro messaggio: "Non hai notato nient'altro nel vaso, piccola?"
Aggrottai le sopracciglia, scendendo dal letto per poi avvicinarmi al vaso di fiori. Infilai una mano fra due rose appoggiate al bordo del vaso e trovai un piccolo pacchetto azzurro con delle perle da bagno, quindi non riuscii a trattenere un sorriso e risposi immediatamente al mio ragazzo.
"Justin, grazie mille. Sei stato molto gentile!"
Sfilai il pacchetto dal mazzo di rose e notai anche un piccolo biglietto incastrato nel gambo di uno dei fiori, quindi lo sfilai senza infilzarmi le dita con le piccole spine e lessi la scrittura di Justin:
"Pensa a me la prossima volta che farai un bagno caldo..".
Il mio cuore ebbe un sussulto a quelle parole e mi morsicai il labbro inferiore, chiudendo la finestra. Mi diressi immediatamente verso il bagno della mia camera e colsi l'occasione per fare quel bagno che il mio ragazzo mi stava suggerendo. E forse avrei addirittura provato a chiamarlo, per divertirmi un po' e stuzzicarlo. Dovevo ringraziarlo in qualche modo. Aprii l'acqua della vasca e mi sciolsi i capelli dalla coda che avevo fatto quella mattina per poi sfilare la canottiera, ma quando fui sul punto di slacciare il mio reggiseno, qualcuno bussò alla porta della mia camera. Infilando di nuovo la mia maglietta, uscii dal bagno.
Non era Melanie, dato che lei aveva ancora le chiavi, perciò mi preoccupai. Era forse Justin? Aveva deciso di sorprendermi di nuovo, presentandosi nella mia camera? Arrossii a quei pensieri e mi avvicinai alla porta che spalancai qualche secondo dopo, ma chi mi trovai davanti non era proprio il mio fidanzato.
«Signorina Rønning, buon compleanno.»
Fissai Simon per qualche secondo, poi gli rivolsi un sorriso. «Ciao! Grazie mille!»
L'ultima volta che ci eravamo visti io non ero stata molto amichevole nei suoi confronti, ma insomma, era stato inevitabile.
Mi consegnò un pacco azzurro, guardandomi con attenzione. «Questo è un regalo da parte di Leonard.»
Il mio cuore sprofondò nel mio petto quando lui nominò il mio ex fidanzato e m'irrigidii, mantenendo un'espressione infastidita sul mio viso. Poi incrociai le braccia al petto e assottigliai gli occhi, fissando il ragazzo davanti a me che fece spallucce con il regalo tra le sue mani. Non pensavo che avrebbe fatto da messaggero per Leonard, visto che Simon era dalla mia parte nonostante fosse il migliore amico del mio ex, e l'idea che quell'uomo potesse aver anche solo pensato a me e al mio compleanno.. mi riempì il cuore di gioia. Ciò significava che non si era del tutto dimenticato di me? Mi arrabbiai ancora di più: cercavo di cancellarlo dalla mia vita dopo ciò che era successo fra di noi e lui aveva deciso di farsi vivo proprio il giorno del mio compleanno con uno stupido regalo? Aggrottai le sopracciglia e digrignai i denti, afferrando il pacchetto dalle mani di Simon che si portò un braccio dietro la testa; la sua espressione era divertita ma al tempo stesso arrabbiata, ma di certo non poteva aspettarsi una reazione positiva.
«Sei venuto per portarmi questo? – domandai stizzita, lanciando il regalo sul letto – Vuoi altro?»
Simon esitò qualche secondo. «Uhm, sì. Volevo anche farti gli auguri di persona, dato che non ho il tuo numero.»
Annuii, appoggiando una mano sullo stipite della porta. «Ti ringrazio ma adesso puoi anche andare.»
«D'accordo, spero che il regalo ti piaccia. – rispose lui, cercando di strapparmi un sorriso – Sappi che Leonard non ti ha dimenticata e che..»
Lo zittii prima che potesse continuare. «Ringrazialo.»
E gli chiusi la porta in faccia con rabbia. Aveva davvero mandato Simon a fare da messaggero per spillarmi il numero di telefono e magari controllarmi? Mi levai la canottiera con le mani che tremavano per la rabbia e mi spogliai del tutto, infilando i vestiti sporchi all'interno del cesto che avrei portato in lavanderia il giorno successivo quindi afferrai il pacchetto di Sali da bagno che versai nella vasca. Alzai il volume della musica al massimo e prima di appoggiarlo sul bordo del lavandino, notai un altro messaggio da parte di Justin:
"Spero che il mio regalo ti sia piaciuto..".
Non gli risposi.
Entrai nella vasca e lasciai che l'acqua mi arrivasse al petto, quindi mi sistemai con la testa contro il piccolo cuscinetto impermeabile che Melanie aveva comprato e chiusi i miei occhi, reprimendo la mia curiosità.
Non avrei accettato quel regalo da parte di Leonard, non potevo dato che avevo un fidanzato. E sentivo che se avessi ceduto alla curiosità, probabilmente avrei cominciato a pensare più insistentemente a Leonard e.. stronzate, lui era sempre nella mia mente. Nonostante io fossi ancora innamorata di lui, stava iniziando a diventare più facile dimenticarlo mentre parlavo con il mio attuale fidanzato, ma era più dura non paragonarli l'uno all'altro.
Leonard era un mio pensiero fisso, purtroppo.
Di notte ogni tanto mi capitava di ricordare a tutto ciò che avevamo passato insieme: ancora pensavo a lui, desiderando spesso che fosse dietro di me con le sue braccia strette intorno ai miei fianco o dentro di me, intento a fare l'amore con me, a baciarmi e a stringermi come se fossi l'unica donna per lui. Tuttavia, non volevo più correre da quel traditore e soprattutto non avrei mai permesso a lui di avvicinarsi.
Avevo chiesto a Miss Hudson di non farlo più entrare nel mio dormitorio, avevo cambiato il mio numero di telefono e costretto le mie migliori amiche ad eliminare ogni suo messaggio e addirittura il suo numero per evitare che tentasse di contattare anche loro. E Leonard era scomparso dalla mia vita per quattro mesi, ma non dalla mia mente.
Mi lavai con una spugna morbida imbevuta d'acqua e bagnoschiuma, cercando di eliminare ogni traccia di Leonard dalla mia mente almeno per quel giorno ma non riuscii ad ignorare la pulsazione fra le mie gambe che sentivo ogni volta che pensavo a lui.
Mi bagnai anche i capelli con gli occhi ancora chiusi e percepii il mio cuore battere più velocemente, mentre le mie ginocchia divennero di gelatina quando i miei pensieri si soffermarono sull'uomo dai capelli ricci che, nel bagno del suo ristorante, mi aveva scopata davanti allo specchio.
Fu l'ultima volta che feci l'amore con lui, che la sua bocca e le sue mani accarezzarono il mio corpo ma i ricordi erano vividi, sovrastavano ogni cosa. Non riuscii ad allontanare il pensiero di Leonard che, un altro giorno, mi aveva sciacquato i capelli nella doccia e poi, bloccandomi con delicatezza contro il vetro, mi aveva presa da dietro con la bocca incollata alla mia spalla. Le dita della mano libera scivolarono fra le mie cosce fino al clitoride, ricordando di quanto era stato eccitante fare l'amore con lui nello spogliatoio del Secret Dreams. Le sue mani avevano accarezzato i miei fianchi con desiderio e la sua lingua aveva bagnato la pelle delle mie spalle, mentre la sua erezione si era strofinata fra le mie cosce per poi scivolare dentro di me con facilità. Era stato semplicemente bellissimo e non minimamente paragonabile alle carezze, ancora sui vestiti, che Justin mi faceva.
Mi sfiorai il clitoride con il pollice e inarcai la schiena, portando la testa all'indietro con le labbra schiuse dalle quali uscivano piccoli gemiti di piacere. Non era la prima volta che mi capitava di toccarmi pensando a Leonard e mi odiavo per quello, odiavo il modo in cui il mio corpo reagiva quando nella mia mente compariva lo sguardo sensuale di quel ragazzo perché, nonostante provassi con tutta me stessa un forte desiderio verso Justin, con lui non riuscivo a fare sesso. Era una sensazione insopportabile, terribile. Mi morsicai con forza le labbra mentre massaggiai con rapidità il mio clitoride e sussultai, percependo l'orgasmo farsi sempre più vicino. L'acqua iniziò a raffreddarsi e le mie cosce tremarono per l'eccitazione, ma mi squillò il cellulare. Maledizione, maledizione. Mi alzai con fatica dalla vasca da bagno e mi avvolsi nell'accappatoio, precipitandomi a rispondere con il cuore pronto a balzarmi nel petto. Perché certe persone avevano sempre un brutto tempismo?
«Pronto?»
Mi portai il cellulare all'orecchio senza guardare lo schermo. «Evie?»
La voce di Justin mi fece tornare alla realtà. «Oh, ciao. Come stai?»
«È un brutto momento? Ti ho disturbata, per caso?» domandò.
Fui tentata di rispondergli positivamente ma mi trattenni. «No, sto uscendo dalla vasca da bagno.»
Justin tacque qualche secondo, poi sentii il sorriso nella sua voce. «Hai usato il mio regalo?»
Non riuscii a non sorridere. «Sì, certo.»
«E hai anche pensato a me, piccola?» chiese.
Il mio cuore sprofondò ma mentii. «Sì. Sei uscito adesso da lavoro, per caso?»
Mi sfilai l'accappatoio dopo essermi asciugata un po' il corpo e uscii dal bagno completamente nuda, infilandomi un paio di mutandine di pizzo bianche ed un reggiseno abbinato. Desideravo fargli una sorpresa quella sera perché, non so come spiegarlo, sentivo che sarei riuscita finalmente a concedermi a lui nonostante la mia preoccupazione. Avevo bisogno di fare l'amore con lui per togliermi Leonard dalla mente, ma anche per fargli capire che ero davvero pronta.
«Sì, ho fatto il turno del mattino. – rispose Justin – Per fortuna questa sera Gerard ha deciso di sostituirmi, non volevo assolutamente perdere la cena che ho organizzato.»
Non riuscii a trattenere un sorriso. «Non mi hai ancora detto dove andremo.»
Justin ridacchiò. «E non ho alcuna intenzione di farlo, infatti. Sarà un sorpresa, come ti ho promesso.»
«Antipatico, sai che sono curiosa.» risposi con un sospiro.
Dall'altra parte il ragazzo continuò a ridere. «Lo so, ma non m'importa. Comunque.. sei stanca?»
M'infilai la maglia del pigiama, sedendomi sul letto. «Stranamente no.»
«Stasera volevo parlarti per sapere se ti andava di fare qualcosa di nuovo..» iniziò.
Aggrottai le sopracciglia, non capendo a cosa si riferiva. «Certo, che cosa?»
«Sesso telefonico. L'hai mai fatto?»
Soffocai una risata, portandomi una mano alla bocca. Probabilmente il sesso telefonico era una delle cose che mi piaceva fare di più con un ragazzo, con Leonard in particolare, ma l'idea di provare con Justin mi strappò una vera risata. Lui non sembrava il tipo di uomo in grado di scrivere porcherie per messaggio, dato che odiava addirittura dire parolacce davanti a me.
«Sì, l'ho già provato alcune volte.» dissi, sfilandomi la maglietta.
Justin sospirò appena. «Ti va di farlo con me, adesso?»
«Volentieri, amore.»
Infilai una mano nel mio cassetto accanto al letto e afferrai il piccolo ovetto vibrante che Leonard mi aveva regalato per scherzo, ma forse quel giorno mi sarebbe davvero stato utile come anticipazione di ciò che io e Justin avremmo fatto dopo la cena. Sfilai anche le mutandine ma lasciai il reggiseno, appoggiando la testa sul cuscino con gli occhi socchiusi. Mi sdraiai quindi sul letto con le gambe aperte e scivolai sotto le coperte, felice che per una volta non avrei dovuto pensare a Leonard per avere un orgasmo.
«Che indossi, piccola?» domandò con voce rauca.
Un brivido attraversò il mio basso ventre e strinsi la presa sull'ovetto. «Niente, sono nuda.»
«Nuda? Sei sicura di aver già fatto sesso telefonico? Dovevi dirmi che stavi indossando un intimo particolare, piccola.» rispose lui.
Mi morsicai il labbro inferiore, sospirando subito dopo. «Okay, indosso un perizoma rosso..»
Justin mugolò infastidito. «Sai che odio il rosso. Prova con il blu notte, amore.»
«D'accordo, è un tanga blu notte con un reggiseno di pizzo dello stesso colore.»
Il ragazzo gemette leggermente. «Perfetto, piccola. Ora togli le mutandine con una mano mentre usi l'altra per accarezzarti le tette e strizzarti i capezzoli.»
Restai distesa sul letto con gli occhi spalancati, le labbra schiuse, il telefono nella mano destra e l'ovetto vibrante nella sinistra. Non sapevo se masturbarmi davvero, se credere alle parole di Justin dall'altra parte del cellulare oppure ridere per ciò che stava succedendo. Io non ero in grado di fare sesso al telefono?
Maledizione, era quasi troppo imbarazzante per me.
«Ora immagina che io sia fra le tue gambe a scoparti con il mio cazzo.» sussurrò con voce rauca.
Semplice ma diretto, pensai divertita ma fu la goccia che fece traboccare il vaso. Mi girai su un fianco e nascosi di nuovo l'ovetto vibrante nel cassetto, appoggiando il cellulare sul cuscino in modalità vivavoce. Se il sesso normale era terribile come quello telefonico, sarebbe stata una lunga notte.
«Lo sto immaginando, amore.» replicai senza alcuna emozione.
Justin ansimò alle mie parole, probabilmente pensando davvero a me in quel modo. «E ora toccati la vagina con le dita, massaggiati il clitoride e gemi per me, piccola.»
Ne avevo abbastanza, pensai. «Justin, non.. non riesco a sentirti?»
Strappai piano uno dei fogli della mia agenda e cominciai ad accartocciarlo il più vicino possibile al cellulare, simulando un'interruzione della linea telefonica. Non sarei riuscita ad andare avanti con quella conversazione senza scoppiare a ridere nell'orecchio del mio fidanzato. Mi promisi che quella sera avrei tenuto la bocca chiusa e non avrei osato pensare di menzionare il sesso telefonico, altrimenti sarei scappata dal ristorante ridendo come una povera idiota. Mi sentivo in colpa a prendere in giro il mio fidanzato ma ciò che stavamo facendo era davvero stupido e imbarazzante. Mi dispiaceva, davvero.
«Voglio accarezzarti prima con la mia lingua e poi sfondarti come si deve, piccola. – mormorò ancora Justin, strappandomi una debole risata che camuffai con un colpo di tosse – Ti voglio ficcare il cazzo dentro per tutta la notte senza fermarmi, costringendoti a gr..»
Accartocciai ancora il foglio di carta al cellulare. «Non ti sento, amore! Credo ci sia un problema di ricezione in camera mia, ti richiam.. ti chiamo dopo?»
E prima che lui potesse rispondere, staccai subito la telefonata. Lanciai il foglio di carta nel cestino e scoppiai a ridere al pensiero di ciò che Justin mi aveva detto qualche secondo prima. Dalla voce sembrava anche parecchio eccitato e sperai che le foto che gli avevo mandato due giorni prima gli sarebbero bastate per sfogarsi almeno un po', giusto per arrivare pronto ma carico per la serata.
Poi però le risate si trasformarono in lacrime che scivolarono sulle mie guance e nel giro di pochi secondi, scoppiai a piangere con le mani che mi coprivano il viso per la vergogna. Fino a dieci minuti prima della chiamata stavo gemendo il nome di un altro uomo mentre Justin si stava sforzando per farmi avere un orgasmo.
Come potevo essere così stronza? Perché nonostante i suoi e i miei tentativi di innamorarmi di lui non servivano a nulla? Per quale motivo la mia mente e il mio corpo desideravano solo un uomo come Leonard? Era frustrante.
Afferrai il mio cellulare e aprii la mia vecchia conversazione con il mio ex fidanzato, ricominciando a leggere ogni singolo messaggio: lui era l'unico ragazzo ad essere stato in grado di farmi venire con una sola frase. Che lo odiassi o meno, dovevo rilassarmi per affrontare quella serata e sapevo che masturbarmi pensando a lui sarebbe stato l'unico modo.
Mi asciugai rapidamente le guance con il dorso della mia mano destra e scagliai il mio cellulare contro il comodino, sedendomi sul letto con le gambe incrociate e le lacrime che ancora scivolavano silenziose dai miei occhi, facendomi sentire ancora peggio. Erano passati quattro mesi dall'ultima volta che l'avevo visto eppure Leonard mi faceva sempre il solito effetto: com'era possibile che nonostante lui mi avesse ferito più e più volte, il mio cuore non desiderasse un altro uomo diverso da lui?
Lanciai un'occhiata al pacco blu caduto per terra e mi morsicai il labbro inferiore, percependo le mie dita tremare. Avrei dovuto aprire quel regalo? Avrei dovuto accettarlo come se niente fosse oppure prenderlo per gettarlo nella discarica più vicina? Se l'avesse visto Melanie, me l'avrebbe strappato dalle mani e l'avrebbe bruciato lei stessa ma in quel momento lei era fuori con il suo fidanzato per ultimare il suo trasferimento quindi non avrebbe scoperto niente.
Afferrai quindi il regalo che Leonard mi aveva mandato attraverso Simon e senza esitare un secondo, tagliai il fiocco bianco che chiudeva la bellissima confezione blu notte. Erano di sicuro dei gioielli, pensai.
Sfiorai il coperchio con la punta dell'indice e trattenni il respiro, aprendo la scatola che copriva quasi tutta la mia mano. Rimasi senza fiato: la luce che emanavano i piccoli brillanti era impressionante e qualcosa mi diceva che quelli non erano cristalli di Swarowski ma dei bellissimi diamanti. La collana era di sicuro in argento con un piccolo ma semplice diamante al centro, mentre gli orecchini erano composti da una cascata di pietre scintillanti. Leonard era pazzo: spendere dei soldi per la donna che l'aveva lasciato? Quale razza di idiota poteva comprare una collana e degli orecchini di diamante per un ventesimo compleanno? Però dovevo aspettarmi un regalo simile da parte di un uomo ricco quanto Dio, eppure.. una parte di me si era innamorata di quei gioielli, ma l'altra desiderava presentarsi a casa di Leonard per prenderlo a botte sulla testa con la scatola di quel regalo. Però non avrei rifiutato nulla. E avevo addirittura intenzione di indossarli con l'abito che Melanie mi aveva regalato alla cena con Justin. Era sbagliato? No, lui non avrebbe mai scoperto che i bellissimi gioielli che avrei indossato erano un regalo da parte del mio ex fidanzato.
Chiusi la scatola di velluto con un tonfo e mi massaggiai il mento, prendendo poi il mio cellulare; ne sbloccai lo schermo e, dopo aver osservato per un secondo il viso di Justin nella fotografia che gli avevo fatto, aprii l'applicazione di Facebook. Digitai il nome del mio ex sulla barra di ricerca ma mi comparvero solo pagine dedicate a lui oppure articoli di giornali, ma nessun profilo personale che potesse appartenere a lui. Stavo davvero cercando di contattarlo per ringraziarlo? Era il minimo, dato che aveva speso almeno cinque mila sterline per il mio regalo, ma poi la rabbia prese il controllo del mio corpo e cancellai la cronologia della ricerca. Non dovevo cercarlo. Non se lo meritava. Io invece meritavo quei gioielli, meritavo un regalo sia di compleanno sia perché ero stata ferita da lui.
😱😱😱😱😏😏😏😏
Evie ma cosa ci stai combinando????
See u guys😘❤️
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