Capitolo 12
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Buonasera a tutti👋🏼
Lo so che non è la prima volta che sparisco e mi dispiace ma ho avuto problemi con l'altro programma e non riuscivo a copiare il testo.
I don't know why🤷🏼♀️
Questo capitolo è stato aggiunto il 19/09/20 quindi non so, in caso l'autrice non dovesse più pubblicare la contatterei per informazioni. Spero continui🤞🏼
Vi lascio al capitoli😘💪🏼
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We could be the strangers in the night
We could be passing in the shadows
We couldn't be closer If we tried
When we're caught in the headlights
We could be faces in the crowd
We could be passing in the shadows
Loving the risk of being found
When we're caught in the headlights
Dangerous, your love is always dangerous
And now I'm lost in us
We're living in a world of trust
1 dicembre, 3 pm.
Evangeline.
Appoggiai la mia tazza di tè al limone fumante sul tavolo di legno che avevo occupato e mi sedetti sulla poltroncina di velluto, accavallando le gambe. Avevo trascorso già un'ora nella biblioteca della mia Università per studiare e non vedevo l'ora di tornare a casa, i miei occhi pizzicavano e iniziavo a dare i numeri. Confondevo le lettere, i miei polsi facevano male per lo sforzo e per i continui appunti che integravo a quelli che già avevo, ma era l'unico modo che avevo per poter prendere un buon voto a quel maledetto esame di critica letteraria. Se solo avessi potuto cambiare corso, o semplicemente cambiare professoressa, l'avrei fatto in un istante perché da quando avevo scoperto che Catherine era stata a letto con Leonard, le mie lezioni erano un vero inferno. Non passava un solo giorno in cui lei non mi seguiva e faceva battutine, o frecciatine, per infastidirmi. Mi sembrava ridicolo. Una donna di quarant'anni sposata che se ne andava a letto con un altro uomo, per di più il fidanzato di una sua alunna. Com'era possibile? E perché io avevo scoperto tutto dopo quasi tre mesi? Maledizione, ero così furiosa con Leonard.
Come aveva potuto iscriversi su un sito di incontri solo per sfogare la propria rabbia nel sesso? Io trascorrevo le notti a riflettere su come evitare di finire a letto con Justin perché sapevo che avrei pensato a Leonard in ogni momento, ma lui no. Lui aveva deciso di godersi al massimo e fare nuove esperienze, senza nemmeno cercarmi. Perché? Avevo sbagliato io ad essere così remissiva, così poco interessata ad un altro? Aveva sbagliato lui a comportarsi in modo così frivolo?
Sfogliai la pagina del mio libro di testo con gli occhi puntati sul titolo del paragrafo che evidenziai con il mio pennarello verde ma poi chiusi il libro, appoggiando la fronte sulla copertina. Ero esausta e non avevo nemmeno studiato un quarto di ciò che avevo progettato di fare. Mi sentivo davvero esausta. La notte precedente non ero riuscita a dormire per più di un'ora a causa di un mal di stomaco fulminante e una nausea dovuta ad una probabile indigestione di una porzione di riso ai funghi che Melanie aveva cucinato per me e per Francisco. Insomma, fu una notte passata in ginocchio a vomitare l'anima nel bagno della mia camera. Per niente piacevole. I pensieri e i miei problemi di stomaco mi avevano tenuto compagnia per tutto il tempo, ma non sapevo se considerare peggio il fatto di rimettere l'anima ogni dieci minuti o disperarmi perché l'uomo di cui mi ero innamorata aveva trascorso l'intera estate ad andare a letto con tutte le donne di Londra e provincia.
Eravamo sul punto di fidanzarci ancora una volta ma lui aveva deciso di tenermi nascosto un fatto simile, avendo addirittura il coraggio di ricordarmi che io mi ero fidanzata. Maledizione, Justin non era stato altro che un rimpiazzo. Poverino. Ero stata io a trascinarlo in una situazione simile e qualcosa mi diceva che subito dopo il mio ritorno con Leonard, il proprietario dell'hotel non avesse perso tempo a canzonarlo e ad insultarlo a lavoro solo per il puro gusto di dirgli 'siamo tornati insieme' o qualcosa di simile. Povero doppiamente. Avevo ricevuto un messaggio da parte sua che mi ricordava di aver scordato nel suo appartamento la mia vecchia pochette dei trucchi ma probabilmente non sarei mai tornata da lui per la vergogna. Insomma, non mi sentivo più a mio agio a vedere un uomo che avevo spudoratamente usato sia per far ingelosire Leonard sia per dimenticare un altro. Era così triste. Ma avevo sbagliato io, mi ero sputtanata io con Justin. Lui non aveva fatto nulla di male, anzi. Si era semplicemente preso una cotta per una ragazza che non era minimamente interessata a lui e che forse non avrebbe nemmeno dovuto accettare di stare con lui.
Sospirai e chiusi gli occhi per un momento, massaggiandomi le tempie con le punte dei polpastrelli. Ero così stanca e piena di pensieri che non mi resi nemmeno conto di aver chiuso i libri con un tonfo sordo, attirando l'attenzione della bibliotecaria che, accanto a me, mi fulminò con i suoi occhietti ridotti a fessure. Io le rivolsi un flebile sorriso di scuse e appoggiai il mio volume rosso sul piccolo tavolo al mio fianco, finendo di bere la tazza di tè al limone che mi aveva offerto lei stessa. Non avevo alcuna voglia di studiare e per fortuna, pensai con un sospiro, non mi mancavano molti capitoli, forse uno o due. L'esame sarebbe stato fra circa una settimana perciò decisi di concedermi metà pomeriggio di riposo; avrei ripreso a studiare il giorno successivo. In quel momento avevo solo un disperato bisogno di prendere le mie cose, tornare in camera da letto, sdraiarmi sul materasso e dormire senza cenare.
La mia attenzione si spostò su un ragazzo dai capelli biondi seduto al mio fianco, anche lui immerso nello studio, con un paio di occhiali tondi che gli scivolavano sul naso affilato. Lo fissai per qualche secondo: non l'avevo mai visto prima. Forse era uno studente del primo anno o magari semplicemente un liceale che, frequentando qualche lezione all'Università come visitatore, aveva deciso di fermarsi in una biblioteca per studiare un po'. Mi accorsi che anche lui mi stava fissando perciò gli rivolsi un piccolo sorriso curioso, chiudendo con la mano sinistra il mio libro e usando la destra per poter spegnere la piccola luce. Chi era? E perché mi stava osservando dal momento in cui avevo messo il sedere sulla sedia dietro la scrivania? Pensai che fosse un amico di Melanie, magari un compagno del suo corso di cui io non mi ero mai accorta, ma poi mi resi conto del piccolo bracciale rosso intorno al suo polso e capii che si trattava di una matricola della facoltà di scienze politiche. Nel Campus dedicato a quel tipo di percorso scolastico, gli studenti del primo anno erano costretti ad indossare un piccolo bracciale o una collana rossi per farsi distinguere. Io continuai a guardarlo con una mano appoggiata sulla copertina del mio libro chiuso e piegai la testa da un lato.
Aveva i capelli corti neri, rasati sulla destra e lasciati leggermente più lunghi sulla sinistra. Aveva la pelle olivastra e gli occhi chiari in netto contrasto con i suoi capelli, cosa che mi lasciò senza fiato. Era un ragazzo molto affascinante, dovevo ammetterlo. Se solo non fossi stata follemente innamorata di Leonard, probabilmente avrei fatto di tutto per provarci con lui e per farmi notare.
Distolsi per un momento lo sguardo da lui e riposi il mio libro di critica nello zaino, recuperando il mio computer portatile che accesi e collegai subito alla rete wireless della biblioteca. Avrei avuto un po' di tempo per proseguire nella stesura del mio libro.
«Ciao.»
Alzai gli occhi dallo schermo acceso del computer e arrossii quando mi ritrovai davanti il ragazzo che prese posto davanti a me, mantenendo un bellissimo sorriso sulle labbra sottili. Lo fissai per qualche altro secondo e poi cercai di assumere un'aria impassibile, anche se dentro di me stavo esultando perché mi aveva rivolto la parola. Se Leonard mi avesse vista in quel momento, sarebbe andato su tutte le furie. Ma almeno io non sarei finita a letto con quello sconosciuto, a differenza di quell'idiota.
«Ciao!» esclamai con un sorriso.
Il ragazzo appoggiò i suoi libri sulla scrivania. «Ti disturbo?»
Scossi la testa, spostando la mia tazza di tè. «No, figurati. Ho finito di studiare, tra un po' vado via.»
Lui annuì brevemente e ritornò a studiare, mentre io aprii la cartella con il mio bozzetto del romanzo su cui cominciai subito a lavorare senza perdere tempo. Una parte di me desiderava che quello sconosciuto mi rivolgesse ancora la parola, facendomi domande magari sul mio lavoro o semplicemente intavolando una conversazione per conoscerti mentre un'altra parte sperava che Leonard sbucasse da qualche parte nella biblioteca e mi portasse via, geloso per avermi vista insieme ad un altro. Sospirai, osservando l'immagine di sfondo del mio computer: eravamo io e Leonard seduti sul letto della mia camera, lui teneva le braccia intorno alle mie spalle e la sua bocca era premuta sul mio collo mentre io scattavo il selfie, sorridendo. Era stata la sera del kebab e di Shadowhunters al computer, la stessa in cui io mi addormentai contro di lui. Sospirai di nuovo. Mi mancava terribilmente ma non sarei potuta tornare da lui così in fretta senza ricevere delle scuse; lui mi aveva accusata di infedeltà quando ciò che avevo fatto era stato per un buon motivo.
Certo, anche lui diceva di essersi iscritto a quel sito di incontri per dimenticarmi ma.. diamine, c'è modo e modo per scordarsi di una persona o per distrarsi e di certo scoparsi metà popolazione femminile di Londra non era uno di quelli. Come poteva essere così stupido da non capirlo? Strinsi le labbra in una linea sottile e aprii immediatamente il mio bozzetto, portando le dita sulla tastiera. Ma mi bloccai. Non avevo idea di cosa scrivere, di come iniziare la frase e proseguire la storia. Maledizione. I troppi pensieri che fluttuavano nella mia testa avevano offuscato la mia creatività, pensai arrabbiata, ed era tutta colpa di Leonard.
«Va tutto bene?»
La voce squillante del ragazzo seduto davanti a me attirò la mia attenzione ed io spostai per un momento lo sguardo dal computer al suo viso, accennando ad un piccolo sorriso.
«Sì, è tutto okay. – replicai, sospirando – Non so come proseguire un certo lavoro, è fastidioso.»
Lui si spostò in avanti. «Blocco dello scrittore?»
Arricciai le labbra. «Più o meno, sì.»
«Mi dispiace molto, vorrei esserti d'aiuto ma sono una schiappa in scrittura creativa. – disse il moro, sorridendo – Potresti fare una pausa e poi riprovare a metterti al lavoro, magari hai solo bisogno di fermarti per cinque o dieci minuti. Ho notato che stai studiando da molto quindi forse il tuo cervello deve riposare.»
Sollevai un sopracciglio, lusingata dalle sue parole. Non mi ero accorta della sua presenza se non nel momento in cui avevo tolto gli occhi dai miei libri, mentre lui diceva di avermi vista studiare per molto tempo. Da quanto era seduto davanti a me a fissarmi? E perché io non me n'ero accorta prima? Ah sì, maledetto esame di critica letteraria. Maledetta Catherine Pinnock.
«In effetti pensavo di ritornare a casa. – chiusi il mio computer, fissandolo per qualche secondo – Hai un esame anche tu?»
Lui scosse la testa. «No, ma preferisco studiare in anticipo in modo da non arrivare con mille cose da ripassare prima di un test.»
Mi lasciai sfuggire una risata. «Lo avevo detto anche io a dicembre dell'anno scorso e guardami ora, sono in ritardo con il programma e fra qualche giorno ho un esame.»
«Di che cosa? Se posso saperlo, ovviamente.» mormorò lui, portandosi una mano dietro la nuca.
Sbattei le palpebre. «Critica letteraria.»
Il moro piegò la testa. «Facoltà di lettere?»
«Sì, secondo anno. – risposi con un'alzata di spalle – Tu matricola di scienze politiche, scommetto.»
Sollevò il polso, mostrandomi il bracciale. «Esattamente, è una tortura davvero portare questo. Mi sento un idiota e tutti nel campus mi guardano male.»
Non riuscii a trattenere una risata. «Sei una matricola, è normale che tutti ti fissino in modo ambiguo. Per noi siete ancora dei ragazzini, anche se in realtà avete solo uno o due anni in meno.»
Il ragazzo fece una smorfia. «È ridicolo. Nessuna facoltà impone agli studenti del primo anno di indossare un bracciale!»
Io alzai le spalle, sorridendo. «Sei stato tu a scegliere scienze politiche perciò devi accettare ogni cosa.»
Lui tacque per qualche secondo, poi distese la mano verso di me e i suoi occhi verdi scintillanti incontrarono i miei.
Assomigliavano molto a quelli di Leonard nella forma, però avevano una tonalità diversa di verde: meno intenso e più chiaro, senza pagliuzze dorate.
«Lo so, ma non pensavo di dover fare queste cose. – borbottò, osservando il bracciale rosso intorno al suo polso – Ma non importa, mancano ancora pochi mesi alla fine del primo anno.»
Sollevai un sopracciglio. «Giusto, ancora sei o sette mesi circa.»
Lui sbuffò, portandosi una mano fra i capelli. «Non sei molto d'aiuto ma ti ringrazio comunque.»
Ridacchiai, infilando il computer nel mio zaino. «Figurati, mi fa sempre piacere aiutare una matricola.»
Il ragazzo tornò a guardarmi con un sorriso poi allungò la mano destra verso di me che io strinsi immediatamente, arrossendo quando le sue dita sfiorarono appena le mie dita. Sbattei le palpebre e allontanai immediatamente le nostre mani, portando la mia intorno alla tazza di tè quasi vuota.
«Non mi sono ancora presentato, perdonami. – disse senza smettere di sorridermi con dolcezza – Mi chiamo Philip.»
Mi morsicai il labbro inferiore. «Piacere di conoscerti, io sono Evangeline ma puoi chiamarmi Evie.»
«Hai un bel nome. – replicò lui – Sei nel dormitorio?»
Annuii, spostando lo sguardo sulla finestra della biblioteca. «Sì, St.Thomas' Campus. Tu?»
Philip fece una smorfia. «Vivevo nel Campus della mia facoltà ma poi sono riuscito a trovare una casa più decente. Ora condivido un appartamento qui vicino insieme ad un mio compagno di corso.»
Accavallai le gambe da sotto il tavolo. «Fortunato tu. Io dividevo la camera con la mia migliore amica ma ora lei si è trasferita con il suo fidanzato perciò sono da sola.»
Il ragazzo esitò qualche secondo, poi sorrise. «E perché non ti trasferisci con il tuo ragazzo? Sono sicuro che ne avrai uno.»
Strinsi le labbra in una linea sottile e la mia mente si focalizzò subito su Leonard, su quell'idiota che era scomparso da oltre due settimane e che non si era minimamente degnato di scrivermi un messaggio di scuse. Certo, nemmeno io avevo fatto un passo verso di lui ma che cosa si aspettava? Che lo cercassi dopo ciò che ero venuta a sapere? No, proprio per niente.
Poi pensai a me e a lui insieme, nel suo appartamento, ogni mattina. Sarebbe stato davvero bello poter abitare con lui: svegliarsi fra le sue braccia, fare sempre la doccia insieme, cucinare la colazione e prepararsi per il lavoro o per l'Università, tornare a casa e trovarlo nel salotto ad aspettarmi, poter fare l'amore con lui e dormire sempre al suo fianco per poi ricominciare tutto da capo. Sarebbe stato un sogno. Se solo non avesse deciso di scoparsi metà Londra.
«Ultimamente stiamo avendo un po' di problemi. – risposi sottovoce, spostando lo sguardo sulle mie mani – E poi non è ancora arrivato il momento di convivere, è troppo presto.»
Philip piegò la testa da un lato. «Oh, mi dispiace. Se vuoi parlarne con me, anche se sono uno sconosciuto curioso, puoi farlo.»
Gli rivolsi un sorriso, alzando appena le spalle. «Non è niente di che, in realtà. Siamo entrambi molto orgogliosi.»
«Oh, posso capirti. Io e il mio fidanzato non ci cerchiamo mai dopo un litigio, anzi spariamo per almeno qualche giorno. Alla fine è sempre lui a tornare da me. – rispose Philip con un sorriso, ma poi s'irrigidì – Uhm.. forse non avrei dovuto dirlo.»
Io aggrottai le sopracciglia. «Che cosa?»
Il moro fece una smorfia. «Che ho un fidanzato. Magari non sei..»
Lo interruppi prima che potesse proseguire la frase. «No, non mi dà affatto fastidio. Se sei felice, va bene così.»
Philip mi rivolse un sorriso luminoso. «Ti ringrazio. Come si chiama il tuo ragazzo?»
Mi morsicai il labbro. «Leonard.»
«Il mio si chiama Samuel, ma io lo chiamo Levi.» rispose lui.
Lo guardai confusa. «Levi? E perché?»
Il ragazzo ridacchiò, chiudendo i suoi libri. «Non lo so, l'ho sempre chiamato così sin dal suo quinto compleanno. È una bella domanda, in effetti. Non lo sanno nemmeno i nostri genitori.»
Il mio cuore si sciolse alle sue parole. «Vi conoscete da sempre?»
Philip annuì e le sue guance si tinsero di rosa. «Eravamo vicini di casa durante i primi anni di scuola, poi lui si è trasferito in un paese fuori Londra ma abbiamo sempre frequentato le stesse scuole. È il mio migliore amico e probabilmente l'unica persona che sarò in grado di amare. Stiamo insieme da quando abbiamo dodici anni.»
Mi portai una mano al petto, sorridendo felice. «Oh, è una cosa dolcissima. Sono così contenta per te, anche se non ti conosco. Non ho mai conosciuto qualcuno di così fortunato da incontrare la propria anima gemella in giovane età. È un dono.»
Lui annuì con aria sognante. «Sì, è vero. Ma credimi, ci sono dei giorni in cui vorrei mettergli le mani al collo e strozzarlo, perché è davvero insopportabile.»
Soffocai una risata, scuotendo la testa. «Capita in tutte le coppie, ti capisco benissimo. È normale.»
«E tu? Da quanto stai con il tuo Leonard? – domandò con un sorriso, sviando il discorso – Da quanto vi conoscete?»
Arricciai le labbra, non gli avrei mai detto il modo in cui ci siamo conosciuti io e il mio uomo altrimenti avrebbe immediatamente pensato male di me. Però.. alla fine la nostra storia d'amore era cominciata solo grazie al sesso. Ed era così che io mi ero innamorata di lui, per quanto fosse ridicolo e assurdo.
«Conosco Leonard da febbraio e siamo stati insieme fino alla fine di maggio, poi ci siamo lasciati per una serie di motivi ed ora abbiamo ripreso a frequentarci ma.. non lo so, la nostra situazione è molto strana al momento.»
Philip aggrottò le sopracciglia, chiudendo lo zaino. «Cioè?»
Feci spallucce, spostando lo sguardo sulla finestra. «Continuiamo a litigare perché durante l'estate, dopo la nostra rottura, lui ha fatto delle cose che non doveva.»
«Se solo ti spiegassi un po' meglio..» mormorò il moro.
Io arrossii, chiudendo il mio zaino. «È una storia molto lunga.»
Lui mi guardò. «Io ho tutto il tempo del mondo.»
«D'accordo, ma forse è meglio uscire di qui. Non credo che la bibliotecaria sia contenta di sentirci chiacchierare del più e del meno mentre gli altri studenti sono sui libri.»
Philip annuì con vigore, alzandosi dalla sedia. «Hai ragione. Andiamo alla caffetteria qui vicino? Conosco il proprietario quindi avremo del caffè gratis.»
Scesi anche io dalla mia poltroncina, raccogliendo lo zaino da terra e prendendo il mio cellulare dalla scrivania. Forse non era una buona idea uscire dalla biblioteca insieme ad un ragazzo che non conoscevo ma a cui avrei raccontato di Leonard, però mi sembrava così simpatico e sincero che mi sembrava maleducato rifiutare la sua offerta di bere un caffè. Dopotutto lui era fidanzato, io ero impegnata e non c'era traccia ancora del mio uomo.
«Va bene, d'accordo. – risposi con un sorriso, controllando il mio cellulare senza trovare notifiche – Però verso le sei devo rientrare al dormitorio, stasera dovrò andare a lavorare.»
Uscii dalla biblioteca insieme a Philip che mi condusse verso la caffetteria poco distante e andò ad ordinare al bancone un latte macchiato per me insieme ad un caffè al ginseng per sé, poi mi raggiunse al tavolino rotondo accanto alle grandi finestre che davano sul bellissimo giardino davanti alla biblioteca. Ero già stata in quella caffetteria insieme a Melanie e ad alcune sue compagne di corso, ma solo all'inizio del nostro primo anno di un Università quindi almeno una decina di mesi prima. Avevamo pranzato e poi eravamo dovute scappare tutte a lezione. Quel ricordo fece nascere un sorriso sulle mie labbra: era passato così tanto tempo da quel giorno ed erano cambiate molte cose, ma soprattutto ero cambiata io, in modo radicale.
Per quanto fosse possibile, dieci mesi mi avevano completamente trasformata in un'altra persona. Non avevo ancora trovato l'amore, non credevo sarebbe stato possibile trovare un uomo davvero interessato a me. Sospirai. Chi avrebbe mai detto che avrei avuto l'occasione di ballare per Leonard Stiles? Finirci a letto insieme, stare con lui per tre mesi, lasciarlo e poi tornare a frequentarlo? Assurdo. Appoggiai il mio zaino sul pavimento accanto ai miei piedi e nascosi il cellulare nella mia giacca, spento dato che nessuno mi avrebbe cercato per almeno qualche ora. Sapevo che non avrei ricevuto alcun messaggio da parte di Leonard e dato che ormai era quasi scarico, decisi di spegnerlo per risparmiare un po' di batteria.
«Adesso puoi proseguire il tuo racconto. – disse Philip, porgendomi il mio latte macchiato con un sorriso – Sono curioso.»
Afferrai la bustina di zucchero, versandolo nella mia tazza. «Non giudicarmi, per favore? Voglio essere sincera con te, anche se forse non è molto normale visto che non ci conosciamo quasi per niente.»
Lui fece spallucce, mescolando il suo caffè. «Se non vuoi dirmi tutto, puoi sempre tagliare alcune parti, no?»
Sospirai, appoggiando il cucchiaino sul piatto. «Io e Leonard ci siamo conosciuti in un night club. Io lavoravo come spogliarellista e lui aveva pagato per uno strip tease nel privè, perciò è nato tutto dal Secret Dreams. Non so se lo conosci.»
Il moro fece una smorfia. «No, non frequento locali etero.»
Soffocai una risata. «Giusto, in effetti ha senso. Comunque.. siamo finiti subito a letto insieme, lui mi piaceva molto. Abbiamo cominciato a frequentarci qualche giorno dopo e siamo stati insieme fino alla fine di maggio. La nostra relazione era andata sempre bene senza alcun litigio o altro, finché lui non decise di urlare il nome della sua ex moglie durante il sesso e di andare a letto con lei due giorni dopo. – dissi, strappando un sussulto a Philip che mi guardò allibito – Ho dovuto lasciarlo perché non potevo accettare ciò che aveva fatto, ma durante l'estate ho cominciato a frequentare un ragazzo che avevo conosciuto subito dopo la mia rottura con Leonard. Justin era dolcissimo ma era solo un rimpiazzo, io ero ancora innamorata del mio ex fidanzato che però, da giugno fino a fine settembre, s'iscrisse ad un sito di incontri per uomini e donne mature. Diciamo che si è scopato metà popolazione femminile di Londra ed io l'ho scoperto solo due settimane fa, quando la mia professoressa mi ha detto di essere finita a letto con lui.»
La bocca di Philip era spalancata così come i suoi occhi sbarrati; la sua espressione era divertente, dovevo ammetterlo, ma riuscii a trattenere quella risata che montò nella mia gola. Mi morsicai il labbro inferiore e distolsi lo sguardo da lui, fissando il giardino fuori dalla grande finestra. Avevo saltato molti dettagli che lui non necessitava di sapere, ma le parti saliente erano lì.
«Oh mio Dio. Come hai fatto a non ucciderlo? – domandò lui, bevendo un sorso del suo caffè – Cioè.. lui era sposato, ti ha tradito con la sua ex moglie e ha poi fatto sesso con la tua professoressa?»
Sospirai. «Lui non pensava fosse una delle mie insegnanti del corso ed io ero convinta che lei fosse felice insieme al marito, ma a quanto pare non è così.»
«E quindi ora vi siete divisi per questo motivo. – aggiunge Philip, appoggiando la tazza sul piattino – Non riesco a capire. Vi siete lasciati, avete ripreso a frequentarvi e lui ti ha detto solo ora ciò che ha combinato in estate?»
Annuii con un sospiro, mescolando il mio latte macchiato con il cucchiaino metallico che tintinnò contro il bordo del bicchiere. Più pensavo alla conversazione avuta giorni prima con Leonard e più mi rendevo conto di quanto fosse ridicola quella situazione.
«So che lo ha fatto mentre eravamo divisi, ma io non sono mai finita a letto con Justin. Certo, ci siamo baciati ogni tanto e lui ha provato a toccarmi, ma io ho semprepensato a Leonard, in ogni secondo e in ogni momento. – borbottai, abbassando lo sguardo con le labbra tese – Forse ho esagerato a litigare con lui per questo ma non mi è sembrato normale scoparsi metà Londra solo per cercare di dimenticarmi. Io non ci sarei mai riuscita.»
Philip sospirò, finendo di bere il caffè. «Ognuno supera alla propria maniera le rotture e forse il sesso è l'unico modo che permette davvero alla mente di Leonard di liberarsi. Ci hai mai pensato? Per te magari è la scrittura, per me è il suono della batteria e per il mio fidanzato è la boxe. È soggettivo.»
Feci spallucce, digrignando i denti. «Mi dà fastidio.»
«Da quanto non vi parlate?» chiese Philip
Sollevai lo sguardo sul suo viso. «Due settimane, circa.»
Lui arricciò le labbra. «Ti ha più cercato dall'ultima volta che vi siete visti? Con una chiamata o con un messaggio?»
Scossi il capo, sospirando tristemente. «No.»
«Tu gli hai mai scritto? – chiese il moro, osservandomi con le braccia incrociate al petto e le sopracciglia inarcate – Anche solo per sapere se era tutto okay e se era vivo?»
«No, sono troppo arrabbiata con lui.» replicai infastidita.
Philip fece una smorfia e scosse la testa, spostando poi gli occhi fuori dalla finestra; fece per aprire la bocca ma la voce rauca di un ragazzo dietro di me attirò la mia attenzione. Era così familiare. Mi girai verso il bancone del bar e non appena i miei occhi incontrarono quelli verdi di Leonard, il mio cuore sprofondò nel mio petto e il mio stomaco si strinse in una morsa dolorosa. La sua espressione s'irrigidì quando il suo sguardo si spostò impercettibilmente su Philip seduto davanti a me, e in quel momento capii che avevo commesso un errore ad uscire dalla biblioteca con lui.
«Merda.»
Fui tentata di scagliarmi su di lui ma ogni muscolo del mio corpo pareva essersi gelato, non riuscivo a muovermi di solo mezzo centimetro. Faticavo addirittura a pensare, ero bloccata su quella scomodissima sedia di plastica con gli occhi puntati sul viso di Leonard che si liberò in un piccolo sorriso infastidito che io non riuscii a ricambiare. Maledizione, maledizione.
«Non dirmi che quello è..»
Zittii immediatamente Philip con un cenno della mano, muovendola con un gesto meccanico verso l'alto. Cosa ci faceva in quel posto? Di solito i caffè intorno alle biblioteche nella zona dell'Università erano frequentati solo da studenti. Lui lavorava dall'altra parte della città quindi perché era lì? Era forse in compagnia di qualcuno, magari di una donna? Mi arrabbiai. Scesi dalla sedia e lasciai il mio cellulare sul tavolo dove Philip si sistemò, osservandomi curioso.
«Leonard.»
Lui si girò verso di me, squadrandomi dalla testa ai piedi per poi portarsi la tazza di caffè alle labbra. Lo bevve tutto d'un sorso e si voltò, incrociando le sue braccia al petto dopo essersi seduto sullo sgabello davanti al bancone. Io lo fissai arrabbiata con gli occhi ridotti a due fessure e imitai la sua stessa posizione, incrociando anche io le braccia. Quanto era bello.
«Ciao Evie.»
Esitai qualche secondo. «Come mai sei qui?»
Lui fece spallucce. «Ero passato a salutarti ma vedo che sei già in buona compagnia, non voglio disturbare il tuo appuntamento.»
Digrignai i denti. «Sei un coglione.»
Leonard spostò subito i suoi occhi verdi su di me e la sua espressione si fece ancora più rigida: le sue labbra si tesero in una linea sottile e il suo naso si arricciò appena, mentre il suo sguardo si fece torvo e arrabbiato. Era furioso ma non m'importava, si stava comportando da vero idiota. Si meritava quell'insulto. Lui non sapeva nulla ed era l'ultima persona che poteva permettersi di dirmi certe cose visto ciò che aveva fatto durante l'estate.
«Ho sentito di peggio. – rispose lui con tranquillità nonostante la sua espressione apparve sempre più nervosa – Forse è il caso che tu vada dal tuo amico, non è carino fare aspettare un ragazzo.»
Leonard fece per scendere dallo sgabello del bar ma io gli afferrai il braccio, costringendolo a fermarsi e a guardarmi. Non sarebbe scappato così in fretta dopo avermi detto certe cose, no. Io feci per aprire bocca ma Philip mi raggiunse, appoggiando una mano sulla mia spalla con un sorriso sulle labbra.
«Sono gay, ma apprezzo la tua possessività nei confronti di Evie.»
Non appena Philip pronunciò quelle parole, l'espressione di Leonard cambiò radicalmente quando si rese conto che aveva fatto una brutta figura davanti a me, al proprietario del bar e al mio nuovo amico che lo fissava divertito. Il riccio fece una smorfia e spostò lo sguardo su di me, incrociando di nuovo le sue braccia al petto per poi sospirare.
«Grazie per l'informazione. – borbottò – Puoi lasciarci da soli?»
Io mi girai verso Philip con le labbra arricciate e il moro mi rivolse un sorriso smagliante, poi mi fece una lieve carezza al polso e mi consegnò il cellulare che avevo lasciato sul tavolo insieme al mio zaino con il computer e i miei libri.
«Ci vediamo domani, se tornerai in biblioteca. – disse Philip in tono divertito – Mi ha fatto piacere conoscerti, Evangeline. Buona giornata. E anche a te, Leonard.»
Era una situazione così imbarazzante. «A domani, Philip.»
Il ragazzo uscì finalmente dal bar senza più degnarci di uno sguardo ed io nascosi il telefono nella tasca più piccola del mio zaino, sedendomi sullo sgabello davanti a quello di Leonard che tornò a fissarmi senza dire una parola. Rivederlo dopo due settimane era come una ventata d'aria fresca in una giornata afosa. Mi sembrava più bello del solito: i suoi capelli erano cresciuti di almeno un centimetro e ricadevano in morbidi riccioli sulla destra. Più lo guardavo e più mi rendevo conto di quanto io fossi innamorata.
«Evie..»
Lo interruppi. «Non avrei dovuto arrabbiarmi così tanto con te.»
Lui schiuse le labbra, probabilmente sorpreso dalle mie improvvise scuse, ma non disse nulla. Si limitò a sfiorare il dorso della mia mano con la punta delle sue dita e mi rivolse un debole sorriso, continuando a guardarmi dritta negli occhi.
«Ed io avrei dovuto dirti subito ciò che avevo fatto. – replicò in tono deciso, afferrando saldamente la mia mano – E non avrei dovuto fare questa mezza scenata, ho fatto una brutta figura.»
Soffocai una risata, annuendo. «Già, è stato imbarazzante.»
Leonard arrossì, scuotendo il capo. «Sono un coglione.»
Annuii ancora una volta. «Lo so.»
«Volevo chiederti scusa se non mi sono fatto sentire in questi giorni, ho avuto alcuni problemi a lavoro. – disse il riccio, mantenendo lo sguardo posato sulle nostre mani – E mi dispiace per aver.. insomma, fatto ciò che ho fatto quest'estate.»
La rabbia montò di nuovo nel mio stomaco ma la sua espressione così triste e amareggiata mi fece rilassare, perciò mi sporsi verso di lui e gli posai un piccolo bacio sulla guancia. Alla fine, era tornato da me proprio come desideravo.
«Ti perdono.»
Lui sollevò gli occhi su di me. «Davvero? È stato così facile?»
Gli pizzicai la mano. «Posso sempre cambiare idea, sai.»
Il ragazzo si lasciò sfuggire una risata. «No, per favore.»
Restai a guardarlo per qualche secondo, ammirando il modo in cui la sua camicia bianca aderiva perfettamente al suo petto e la giacca nera calasse morbidamente sulle sue spalle come una seconda pelle; era davvero bellissimo e non riuscivo a credere che fosse solo mio, che il suo corpo appartenesse a me così come il suo corpo. Chi avrebbe mai detto che sarei stata così fortunata ad accalappiarmi un uomo come lui? Arrossii a quel pensiero e sperai che Leonard non fosse in grado di leggermi nella mente: certo, sarebbe stato contento di sapere che i pensieri su di lui non erano sempre così puri, però era leggermente imbarazzante. Più lo guardavo e più non riuscivo a fare altro che pensare a quanto avessi bisogno di lui.
Erano passati mesi dall'ultima volta in cui ero stata spogliata e marchiata da lui, troppo tempo da quando le sue mani avevano graffiato il mio bacino mentre lui sprofondava dentro di me, prendendomi e possedendomi come solo lui era in grado di fare. Un brivido attraversò il mio bassoventre ma mi costrinsi a reprimere ogni gemito che minacciò di sfuggirmi dalla bocca, scendendo dallo sgabello del bar. Leonard pagò il suo caffè e poi afferrò la mia mano sinistra, stringendola con forza nella sua; mi trascinò fuori dal bar con le labbra incurvate in un sorriso smagliante ed io lo seguii nel parcheggio, osservando la sua bellissima R8 nera scintillante in mezzo alle altre auto leggermente scassate e rovinate dal tempo. Era così ricco, maledizione. Non sarei mai riuscita a farci l'abitudine. Mi sembrava assurdo che un uomo come lui potesse essersi innamorato di una come me.
«Vieni a casa mia?» domandò Leonard
Io lo fissai per qualche secondo, poi salii sulla sua auto.
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