Capitolo 11

It's funny 'cause at times it feels like us against the world
They treat you like a criminal but I'll still be your girl
I'd ride or die with you, walk the line If you asked me to
So.. Tell me, tell me you won't break my heart
You won't tear my world apart,
That you'll be there when I need
'Cause I wanna tell them they just don't know you
They just don't know you like I do.





20 novembre, 3 pm.

«Tu prima o poi mi farai fare un infarto. Ti sembra normale sparire nel nulla per due giorni di fila? Ero preoccupatissima!» strillò Melanie, pizzicandomi il polso destro.

Sapevo benissimo come poteva essersi sentita la mia migliore amica quando non le avevo risposto per almeno un'intera giornata ma ero così scossa, così terrorizzata per mio padre che tutto il mondo era scomparso, ero rimasta solo io insieme a Leonard. Una parte di me non desiderava altro che fare finta di niente per cercare di mettersi calma, ma l'altra aveva la mente invasa da così tanto pensieri che la mia migliore amica era sparita nel nulla insieme al resto dei miei amici che avevano fatto di tutto per parlarmi. Anche Adrian e alcune mie colleghe del Caliente mi avevano chiamato, ma avrei parlato con loro di persona per poter spiegare cosa mi era successo, sperando che mi credessero e che non facessero storie. Certo, avevo sbagliato anche io a scomparire nel nulla ma in quel momento non ero stata abbastanza lucida per pensare.

«Lo so, mi dispiace davvero Mel. – mormorai, abbassando lo sguardo sul tè ai mirtilli che avevo ordinato – Ero troppo scossa per usare il cellulare, l'ho lasciato nella borsa fino al giorno successivo.»

La ragazza dai capelli neri sospirò. «Posso capirti, ma mi hai fatto stare in pensiero. Temevo fossi morta. Nemmeno Leonard ha risposto alla prima telefonata.»

Le afferrai una mano, stringendola con forza. «Scusa, scusami davvero ma non pensavo.. sul serio, non pensavo proprio in quel momento, desideravo solo andare da mio padre.»

Melanie sospirò di nuovo, accarezzando il dorso della mia mano con il suo pollice, per poi afferrare la sua tazza di cappuccino che sorseggiò senza distogliere lo sguardo dal mio viso. Aveva notato le mie occhiaie profonde ma non m'importava più di tanto: ero ridotta ad uno straccio per via del jet lag e delle corse che avevo fatto in Università per parlare con Miss Hudson e la responsabile del mio corso, in più la notte precedente non ero riuscita a prendere sonno perché continuavo a pensare a quello che era successo in Norvegia con i miei genitori e tra me e Leonard.

Lui.. l'uomo che aveva messo a disposizione il suo aereo nonostante il suo odio nei confronti di quel mezzo solo per potermi permettere di raggiungere il più velocemente possibile mio padre. Come potevo non amarlo? Aveva fatto così tanto per me in così pochi giorni.

«Ora come sta tuo padre?» domandò Melanie.

Mescolai il mio tè. «Bene, alla fine non era niente di grave. Mia madre mi ha fatto un terribile scherzetto che spero le si ritorca contro, altrimenti significa che il karma non esiste.»

La mia amica aggrottò le sopracciglia. «Che intendi?»

Feci spallucce, versando una bustina di zucchero. «Mi ha chiamata piangendo e supplicandomi di tornare ad Oslo perché mio padre stava male sul serio, che l'incidente era stato molto grave e che probabilmente non sapeva se fosse sopravvissuto per una notte. E tutto questo solo per costringermi a rimanere ad Oslo.»

«Spero tu stia scherzando. Cioè lei ti ha chiamata in lacrime, con il magone, con una voce da zombie solo per farti volare fino là e farti prendere paura? Ma è normale?»

Agitai il cucchiaino a mezz'aria. «Non sto scherzando. È assurdo, lo so, ma io mi sono lasciata prendere dall'agitazione e sono impazzita, letteralmente. Leonard non sapeva nemmeno come calmarmi, io ero completamente uscita di testa per colpa sua.»

La mora scosse la testa, leccandosi le labbra. «Quindi alla fine tuo padre non era così grave.»

«No, ha semplicemente sbandato con la macchina ed è finito contro ad un albero. Ha solo distrutto il parabrezza e si è rotto una gamba, ma niente di così irreversibile come invece temevo io. – replicai con un sospiro, mescolando il mio tè – Cioè, ovviamente sono contenta che non si sia fatto più male, ma mia madre.. ha dato il peggio di sé questa volta, sul serio. Non riesco a capire quali razza di problemi possano affliggere quella donna, credimi.»

Melanie mi guardò qualche secondo le labbra arricciate e poi appoggiò la tazzina nel piattino, spingendolo verso il centro del tavolo che avevamo occupato da Regent's Cafè. Non appena aveva sentito che ero tornata al Campus, si era fiondata nel mio dormitorio e mi aveva costretta ad uscire con lei per poter capire tutta la situazione. Mi sentivo davvero in colpa per non averla chiamata ad Oslo, ma ero così.. insomma, non ero me stessa in quel momento e non era il caso che contattassi qualcuno. Leonard mi aveva vista nel momento peggiore perciò sapeva come gestirmi, sapeva cosa fare e come calmarmi ma Melanie no. Per quanto fossi la sua migliore amica e la conoscessi da anni, quando si trattava della mia famiglia faceva fatica ad aiutarmi. Certo, lei aveva sempre supportato ogni mia decisione e conosceva molto bene la mia situazione familiare, ma con Leonard era diverso. C'era un feeling differente, un legame particolarmente profondo che ero riuscita a vedere nel momento in cui gli occhi di mio padre finirono sul volto di Leonard che invece fissava me. Sembrava tutto così strano, così naturale aver portato Leonard piuttosto che Melanie in ospedale da mio padre.

«Di cosa volevi parlarmi?» chiese la mora.

Io sorseggiai il mio tè. «Papà chiederà il divorzio a mamma e verrà a vivere qui a Londra, molto probabilmente. Una sera sono uscita con Even a cui ho rubato uno spinello dopo essermi ubriacata, Leonard ha dovuto portarmi in hotel in braccio perché a quanto pare gli ho quasi vomitato sulle scarpe e, una volta arrivata in camera, mi sono arrabbiata con lui perché non mi aveva ancora baciata dopo quasi due mesi. – iniziai a spiegare, osservando l'espressione Melanie illuminarsi – Poi mia madre e le mie cugine hanno tentato di rapirmi in ospedale, Sara ha cercato di approcciare il mio Leonard ed io ho minacciato di ucciderla. In tutto questo.. mio padre ha accettato Leonard senza alcun problema.»

Melanie mi fissò con le labbra schiuse e gli occhi che brillavano, ma sapevo benissimo che aveva ignorato ogni frase se non quella riferita alla mia rabbia nei confronti di Leonard. E mi aspettavo una semplice domanda a cui avrei risposto con il cuore aperto.

«Ma alla fine vi siete baciati?»

Io le rivolsi un sorriso. «Certo che sì.»

Lei spalancò la bocca, colpendomi la mano. «Cosa? Sul serio?»

Soffocai una risata, scuotendo la testa. «Sì, Leonard mi ha baciata.»

«Oh Dio, non ci credo. Quando? Come?»

Feci spallucce. «Gliel'ho chiesto io il giorno dopo la mia sbronza, ieri mattina prima di andare in ospedale a salutare mio padre. È stato un bacio molto.. passionale. Sì.»

Melanie si portò una mano alla bocca. «Cazzo, finalmente! Era ora che quel ragazzo si decidesse, sono mesi che aspettavi.»

Annuii con un sorriso, girandomi verso il vetro. «Infatti, ed è stato come toccare il cielo con un dito. Non hai idea di quanto lui mi fosse mancato sotto ogni aspetto. Dio.. sono così innamorata.»

«Sono così felice per te, credimi. – rispose lei con un sorriso, attirandomi la mia attenzione – Quindi.. immagino non abbiate fatto sesso. È troppo presto?»

Arrossii a quella domanda, facendo spallucce. «Credo che ora ogni momento sarà buono per farlo.»

Lei si sfregò le mani con un sorrisetto divertito, incrociando poi le braccia al petto mentre si appoggiò con la schiena alla sedia di velluto che aveva occupato. Il mio sguardo finì sul suo polso e notai una piccola 'F' nera sulla sua pelle, perciò afferrai la sua mano e alzai un sopracciglio. Da quando la mia migliore amica spendeva soldi in tatuaggi, quando era sempre stata contro quella forma d'arte perché ridicola e inutile? Assurdo, mancavo per un paio di giorni e tornavo con Melanie tatuata.

«E questo?» domandai

La ragazza si morse il labbro. «Che c'è? Non ti piace?»

Sollevai le spalle. «Molto, in realtà. Come mai?»

Lei esitò per qualche secondo. «Francisco ha una M, quindi..»

«Ma tu non eri quella che 'no, ma i tatuaggi ti rimarranno per sempre, cosa farai da vecchia quando li guarderai'? – dissi con tono ironico, prendendo il cucchiaino che infilai nella tazza – Oppure 'non spenderò mai soldi per queste idiozie!'.»

Melanie roteò gli occhi, sbuffando. «Da quando sei così..»

La zittii, scuotendo la testa. «Non ci provare.»

«Ho deciso di farlo perché.. volevo dimostrare a Francisco che lo amo così tanto a tal punto da rovinare il mio corpo con dell'inchiostro. Ti basta come spiegazione?» borbottò lei.

Alzai la mia tazza di tè, sorridendo. «Certo.»

«Me l'ha fatto lui ieri pomeriggio. – spiegò la ragazza, sfiorandosi la 'F' leggermente in rilievo – Sono stata la sua cavia.»

Aggrottai le sopracciglia. «Da quando Francisco fa tatuaggi?»

Lei arrossì. «Da ieri.»

«E tu ti sei fidata? Melanie, non so..» iniziai.

Lei m'interruppe. «Mi fido di lui. Era tutto pulito e perfettamente sterile quindi non corro nessun rischio, te l'assicuro.»

Sorseggiai il mio tè, poco convinta. «Se noti qualche cosa di strano, vai subito dal medico. Non è il caso che tu ti prenda un'infezione solo perché volevi dimostrare il tuo amore a Cisco. – replicai con un'alzata di spalle – Però è molto carino, sembra fatto bene.»

Melanie mi guardò per qualche secondo. «Perché non te ne fai anche tu uno con Leonard? Sarebbe una cosa tenera, no?»

Sbattei le palpebre, indecisa se scoppiarle a ridere in faccia o lanciarle la tazza vuota in testa per aver detto una cosa simile. Per quanto a me piacessero molto i tatuaggi e i piercing, non avrei mai fatto un gesto simile solo per Leonard. Certo, magari più avanti ma di sicuro non in quel momento, non dopo un bacio. E se lui si fosse comportato con un'altra donna, lasciandomi? E se si fosse stancato di me perché non abbastanza ricca o grande per lui? E se io mi stancassi di stare con un uomo del suo calibro? E se fosse morto prima che io finissi l'Università, lasciandomi da sola? L'idea di avere le iniziali di Leonard sul mio corpo non sembrava così terribile ma mi sembrava un gesto troppo affrettato. Magari avrei potuto fare un simbolo, un piccolo fiore o un cuore.

«Sbaglio o Leonard è pieno di tatuaggi?» chiese Melanie.

Annuii di nuovo. Era vero. Avevo ormai perso il conto di tutti quelli che gli decoravano il petto scolpito ma su di lui stavano così bene, ma su di me.. temevo di risultare volgare ai suoi occhi o magari una di quelle ragazzine ribelli che si riempiono di tatuaggi solo per andare contro i loro genitori. In effetti a mia madre non sono mai piaciuti né i piercing né i tatuaggi.. ci avrei fatto un pensiero.

«Sì, ne ha molti. – replicai – Comunque.. non ora, magari in futuro se torneremo insieme, potremmo decidere di farci qualcosa.»

Melanie mi fissò per qualche secondo ma poi i suoi occhi finirono dietro di me e la sua espressione cambiò: aggrottò le sopracciglia e strinse le labbra in una linea sottile. Mi girai anch'io nella sua direzione per capire cosa fosse successo quando notai la mia professoressa di critica letteraria entrare nella caffetteria. Era stata assente per un viaggio di nozze durato quasi due settimane e dovevo ammetterlo, sembrava molto più rilassata – e abbronzata – di prima.

«Non è Miss Pinnock?» disse Melanie.

Annuii con vigore, girandomi verso di lei con un sorriso. «Sì, secondo te dovrei andare a salutarla o è meglio di no?»

La mia amica fece spallucce. «Perché non dovresti?»

«Non lo so, magari è insieme a qualcuno e non vuole essere disturbata.» risposi io con le labbra arricciate.

Mi alzai dalla sedia che avevo occupato e m'incamminai verso la donna che si sedette al bancone del bar, quando nello stesso momento entrò anche Leonard insieme a Niall e ad Eleanor, la fidanzata di Simon. Mi girai verso di lui, sorpresa e perplessa per averlo trovato in quella caffetteria dato che diceva di essere occupato, e schiusi le labbra. Sarei dovuto andare da Miss Pinnock o dal mio quasi fidanzato? Melanie agitò la mano verso Leonard che si voltò, incontrando il mio sguardo. Gli rivolsi un sorriso.

«Sto forse avendo una visione del Paradiso?» disse lui, avvicinandosi a me.

Afferrai la sua mano, felice. «Come mai qui?»

«Io e gli altri abbiamo deciso di prenderci una pausa, la situazione in ufficio si stava facendo troppo pesante. Ho avuto una discussione con Zoe, non so nemmeno io il motivo. – spiegò Leonard, stampando un bacio sulle mie labbra – E tu? Come mai qua?»

Indicai Melanie. «Uscita tra ragazze.»

Niall si avvicinò a me, attirando anche Eleanor. Io mi girai verso di loro e li salutai con un veloce abbraccio, tornando poi accanto a Leonard che fissò con attenzione il bancone del bar.

«Sono contenta che tuo padre stia bene, Evie. – disse Eleanor, accarezzandomi una spalla – Meno male!»

Tirai un sospiro di sollievo. «Sì, non hai idea di quanto fossi preoccupata per lui. Domenica sera ero sul punto di avere una crisi di nervi, e tutto per colpa di mia madre. – borbottai, alzandogli occhi al cielo – Beh, ad ogni modo.. mi ha fatto piacere vederti. Io e te dovremmo uscire ogni tanto!»

La ragazza dai capelli castani annuì, felice. «Molto volentieri, non abbiamo mai avuto occasione di sparlare fra di noi. – disse e ammiccò verso Leonard che si portò una mano sulla fronte – Sai, sparlare dei nostri ragazzi.. di quanto siano fastidiosi..»

Soffocai una risata, pizzicando il fianco del riccio al mio fianco. «In effetti hai proprio ragione, dovremo fare una serata anche con Emelie. Chissà quante storie avrà da raccontare anche su Niall.»

Il biondo mi fulminò con lo sguardo. «Hey, io sono bravo.»

A quel punto fu Leonard a ridere, guadagnandosi una gomitata dritta nello stomaco dal suo amico irlandese che sbuffò. Non ero mai uscita ufficialmente con i colleghi del mio quasi ragazzo ma lui mi aveva parlato così tanto di loro, e loro avevano sentito parecchio parlare di me al punto da poterli considerare i miei migliori amici, quasi al pari di Melanie. Conoscevano la nostra storia quasi come noi, ovviamente non nei dettagli piccanti, perciò.. Arrossii a quei pensieri e mi girai verso Leonard, mordicchiandosi il labbro inferiore per l'imbarazzo. Non appena i suoi occhi verdi si spostarono in un punto, la sua espressione cambiò impercettibilmente ma io me ne resi conto. Aveva visto qualcuno o qualcosa che lo aveva già infastidito? Decisi di non farci caso, forse era solo agitato per la discussione con Zoe.

«Ti lascio alla tua pausa, allora. – dissi io, accarezzando la guancia dell'uomo che mi sorrise – Chiamami questa sera, d'accordo? Devi raccontarmi cos'è successo.»

Leonard annuì, baciandomi ancora. «Certo, principessa. Forse verrò direttamente da te, non lo so. Dipende da quando finisco oggi di lavorare. Se farò tardi, passo a portarti la cena e a trascorrere qualche ora in tua compagnia. Se invece finirò presto, andrò dritto a casa a dormire.»

Arrossii al suo bacio, stampandone un altro.

«D'accordo, mandami un messaggio in ogni caso così non mi faccio trovare con la maschera all'alga sul viso.»

Il ragazzo ridacchiò appena e poi lasciò la presa sulla mia mano, dirigendosi verso uno dei tavolini liberi sul fondo della caffetteria; si sedette accanto a Niall e prese poi il menù dei panini, perciò io distolsi lo sguardo da lui e mi avvicinai al bancone. Nonostante non fossi più intenta a guardare Leonard, potei percepire i suoi occhi bruciare sulla mia pelle. Mi passai una mano fra i capelli e mi sedetti accanto alla donna che, quando si girò verso di me e mi riconobbe, spalancò la bocca.

«Evangeline!»

Le rivolsi un sorriso. «Salve prof!»

La donna si avvicinò, abbracciandomi. Imbarazzante. «Come stai?»

«Dovrei chiederlo io a lei! – lei arrossì ed io ridacchiai – Com'è andato il viaggio di nozze? È stato bello?»

Catherine Pinnock si portò una mano alla bocca. «Fantastico e indimenticabile non sono sufficienti a descrivere la vacanza alle Hawaii, credimi. Penso che non appena risparmierò un po' di denaro, ci tornerò alla svelta. – mi raccontò felice – Io e mio marito siamo andati a fare un escursione nel Parco nazionale dei vulcani, e abbiamo visto il Mauna Loa e il Kilauea. Non ho mai visto degli spettacoli simili prima d'ora, credimi. La lava che cola, il colore nero delle rocce, il vapore dell'acqua a contatto con le colate.. è tutto così impressionante, indimenticabile.»

«Wow, ha delle foto? Ed è stato faticoso? – domandai, appoggiando i gomiti sul bancone del bar – Anche mia zia era andata in viaggio di nozze alle Hawaii, mi ha detto che non è riuscita a salire fino al Kilauea.»

Catherine sospirò. «Devo dire la verità, è stato parecchio difficile il percorso perché non avevo le scarpe adatte. La lava era ancora calda e l'odore che c'era di non aiutava di certo, ma per fortuna mio marito si era portato dietro molta acqua e degli analgesici che mi hanno aiutata parecchio. – spiegò lei, girandosi verso il bar affollato dietro di noi – Però ne è valsa la pena per la visuale sia del mare che della lava, davvero. Se ne avrai mai l'occasione, vai. E preparati, magari, non fare come me! Trova delle scarpe da scalata, metti leggins sotto i pantaloni da montagna e porta delle mascherine per evitare che la cenere ti finisca negli occhi o nel naso.»

Sollevai le mani a mezz'aria, sorridendo. «No, le passeggiate su per i vulcani non sono il mio forte. Mi è bastata l'escursione sull'Etna in Sicilia l'ultimo anno del liceo, sono tornata a casa con dei crampi pazzeschi alle cosce e i vestiti coperti di cenere.»

La donna davanti a me ridacchiò. «Posso immaginare.»

«Sono contenta che sia tornata, comunque. – dissi con un sorriso, girandomi verso Leonard che mi fissava dal suo tavolino – Domani ci sarà a lezione o avremo ancora il professor Warhol come sostituto?»

Catherine scosse la testa, prendendo la forchetta. «No no, domani tornerò in Università anche se la mia mente è ancora alle Hawaii.»

«Al mare, immagino.» risposi con un sorriso.

Lei sospirò, poi arrossì. «Proprio così. Mi sogno ancora l'acqua cristallina dell'oceano, la sabbia bianca calda, il cocco che mi portavano ogni mattina come merenda.. Era un Paradiso.»

«Almeno si è goduta queste due settimane, prof! Pensi che io ero rinchiusa in camera a studiare. – replicai – E a scrivere.»

Lei ingoiò il boccone di torta. «Ah sì! Hai proseguito il tuo romanzo? Quando avrai intenzione di farmelo leggere?»

Sbarrai gli occhi. «Come fa..»

Fece spallucce. «Ti ho vista scrivere in biblioteca, ti ho spiata un po' e ho visto che non si trattava di scuola quindi presumo sia un piccolo romanzo.. o qualcosa di simile.»

Le mie guance si tinsero di rosa. «Uh.. quando sarà finito, forse le spedirò qualche pezzetto da leggere ma per ora è meglio di no.»

«Non dovresti imbarazzarti! Sai che io adoro i romanzi! E poi ho proprio bisogno di leggere qualcosa di nuovo, quindi perché non cominciare con qualcosa prodotto da una mia studentessa?» disse lei la forchetta e mezz'aria.

Mi morsicai il labbro inferiore. «Vedremo, prof.. deciderò.»

La donna si girò di nuovo nella direzione del tavolino di Leonard ed io notai che i loro sguardi s'incontrarono, ma nel momento in cui fui tentata di aprire bocca, arrivò il barista.

«Signorina, posso portarle qualcos'altro?» chiese.

Sussultai appena. «Oh, uhm.. potrei avere una fetta di cheesecake al cioccolato, per favore? Sono al tavolino accanto all'ingresso.»

L'uomo annuì. «Certo, signorina.»

Poi scomparve ed io tornai a fissare la professoressa davanti a me che finì di mangiare la sua torta ai frutti di bosco, poi si pulì la bocca e tornò a guardarmi. La sua espressione era decisamente più rilassata rispetto alla sua ultima lezione, i suoi capelli erano più chiari e notai lo stampo bianco delle stanghette degli occhiali sul viso rispetto al colore della sua pelle. Aveva preso davvero troppo sole e si era di sicuro dimenticata gli occhiali, pensai con un sorrisetto divertito. Chissà se anche suo marito era ridotto così.

«Conosci Leonard Stiles?» domandò lei

La sua domanda mi lasciò perplessa. «Uhm.. sì?»

Annuì, fissandolo pensierosa. «Come mai lo conosci?»

«Ci stiamo frequentando. – replicai senza esitare – Diciamo che siamo quasi fidanzati.»

Catherine arricciò le labbra non appena sentì la mia risposta e rivolse uno strano sorriso a Leonard che si alzò dal suo tavolino, avvicinandosi a noi due con un'espressione rigida sul volto. Il suo braccio destro circondò i miei fianchi e la sua mano finì subito sulla mia coscia, attirandomi appena verso di lui sotto lo sguardo confuso di Niall ed Eleanor che ci fissavano dal loro posto. Che stava succedendo? E da quando la mia professoressa di critica s'interessava ad un uomo come Leonard? Forse si conoscevano da un po', forse avevano avuto un flirt molto tempo prima, forse..

«Ciao Catherine.»

La donna gli fece un cenno con il capo. «Lieta di rivederti.»

Li guardai confusa. «Trascorso bene il viaggio di nozze?»

«Sì, grazie per l'interessamento. – replicò lei con voce suadente, cosa che fece innervosire – Non pensavo che conoscessi la mia studentessa Evangeline.»

Il ragazzo si girò verso di me. «È una delle tue docenti?»

Io annuii, ancora più perplessa di prima. «Sì, m'insegna critica letteraria all'Università. Perché? Non credevo la conoscessi.»

Catherine rise appena, alzandosi dalla sedia. «Ci siamo conosciuti per puro caso quest'estate, in realtà. É stato un incontro molto interessante che non dimenticherò, signor Stiles.»

Leonard tacque. «Forse è meglio che tu lo rimuova dalla tua mente, non è stato piacevole per me.»

«Ne sei sicuro? A me sembravi piuttosto soddisfatto. – rispose, pulendosi il labbro inferiore con il pollice – Beh, ora se volete scusarmi, devo fare una commissione per mio marito. Evangeline, mi ha fatto piacere rivederti. A domani mattina. E sii puntuale, mi raccomando, altrimenti non troverai posto in aula.»

E senza dire altro, lasciò una banconota da dieci sterline sul bancone del bar per poi scomparire fuori dal bar. Che cosa intendeva dire con un 'incontro da non dimenticare'? E perché si erano conosciuti in estate? Perché lei gli aveva parlato con quel tono da gatta morta proprio sotto i suoi occhi? Cos'era successo fra di loro?

Poi capii.

Mi girai verso Leonard che strinse la labbra e contrasse la mascella, lasciando la presa sul mio fianco per poi sedersi davanti a me. Era così palese che ci fosse finito a letto, ma non capivo come fosse possibile visto che lei era sposata in quel periodo e stava decidendo la meta del suo viaggio di nozze. Non era nemmeno trascorso un mese dal suo matrimonio ed era finita a letto con un altro? incredibile, disgustoso e.. cazzo, aveva visto il mio uomo nudo, lo avevo sentito e visto venire. Maledizione. Com'era possibile che lui fosse così innamorato di me al punto di scoparsi qualcun altro? E perché proprio la mia professoressa dell'Università, sposata? Ma non aveva un certo contegno?

La gelosia prese il sopravvento del mio corpo e strinsi anch'io le labbra, liberandomi subito dalla stretta del ragazzo sulla mia mano. Non volevo nemmeno sentire cos'avrebbe dovuto dirmi, ma quando provai a scendere dallo sgabello per tornare da Melanie, lui afferrò di nuovo il mio polso e m'impedì di muovermi. Lo fissai con rabbia. Se non mi avesse mollato entro dieci secondi, gli avrei strappato le dita a morsi.

«Evangeline, posso..»

Scossi la testa, graffiandogli le dita. «Lascia perdere, non mi va.»

Lui abbassò per un momento lo sguardo, poi lo rialzò e notai la sua espressione diventare livida dalla rabbia. I suoi occhi verdi brillarono di fastidio e contrasse la mascella, ma io ero decisamente più furiosa di lui. Se avesse anche solo osato rispondermi, avrei fatto davvero molta fatica a tenere le mani a posto per non fare una scenata all'interno del bar. Era una giornata così piacevole, perché doveva finire con me arrabbiata e le mani intorno al collo di Leonard? Maledizione. Lo fissai, torva.

«Hai qualcosa da dire a tua discolpa?»

Lui deglutì e la sua espressione si rilassò appena. «Fuori di qui, per favore, non mi va di dare spettacolo a tutti quanti.»

Cercò di prendere la mano ma io la evitai come se avesse la lebbra, perciò scesi dallo sgabello del bancone del bar e mi avvicinai al tavolino dove Melanie mi fissava con il cellulare in mano. Forse avrei dovuto restare con lei per evitare di arrabbiarmi ulteriormente, ma siccome adoravo farmi del male, sapevo che avrei seguito Leonard e avrei ascoltato ogni cosa che avrebbe voluto dirmi, che mi piacesse o mi ferisse.

«Che sta succedendo?» chiese lei sottovoce.

Strinsi le labbra. «Ti spiegherò più tardi. Se vuoi tornare a casa, puoi farlo. Io non so quanto ci metterò.»

Melanie scosse la testa, afferrandomi la mano. «No, rimango qui così evito di lasciarti in giro con istinti omicidi. Credo che ne avrai dopo aver parlato con Leonard.»

Sospirai, afferrando la mia borsa. «In effetti hai ragione. Ah, ho ordinato una fetta di torta che puoi mangiare tu.»

E pronunciate quelle parole, mi indirizzai verso l'uscita del bar per poter raggiungere Leonard già seduto ad uno dei tavolini. L'aria gelida mi colpì dritta in viso perciò sfilai dalla borsa la mia sciarpa, attorcigliandomela intorno al collo. Mi avvicinai al ragazzo che mi seguì di continuo con lo sguardo e mi sedetti al suo fianco, infilandomi le mani in tasca per evitare di gelare. C'era troppo freddo ed erano solo le quattro del pomeriggio.

«Parla, ma fai in fretta.»

Leonard si lasciò sfuggire un lungo sospiro. «Probabilmente mi odierai a morte dopo questo e non potrò che darti ragione.»

Sollevai un sopracciglio, fissandolo. «Parla, ho detto.»

«Mi sono iscritto a Tinder a giugno. Avevo bisogno di una distrazione, così ho cominciato a chattare con..»

Lo interruppi, già arrabbiata. «Tu hai fatto cosa?»

«Lasciami parlare, per favore. – replicò infastidito – Come ti stavo dicendo, mi sono iscritto a Tinder per conoscere qualcuna.»

Come se avessi bisogno di conoscere donne online per scopartele, pensai con le sopracciglia aggrottate. La rabbia montò dentro di me alla velocità della luce ma mi costrinsi a rimanere a calma, a mantenere un'espressione neutra sul viso e a tenere le mani nelle mie tasche per evitare di uccidere Leonard in meno di due secondi.

«Ho chattato con alcune donne e le ho incontrate. Ci ho fatto sesso ma poi non le ho più riviste, nessuna di loro. Erano solo incontri occasionali per distrarmi un po' dopo ciò era successo fra di noi. – spiegò Leonard in tono impassibile – Ti assicuro che non sono innamorato di nessuna di loro, tu sei l'unica per me.»

Strinsi entrambe le mani a pugno e mi girai verso la strada trafficata, inspirando profondamente dal naso per cercare di calmare i nervi a fior di pelle. Aveva davvero osato andare a letto con altre donne per tutta l'estate? Con quante era stato in quattro mesi di separazione? E perché la mia professoressa di critica letteraria, appena sposata, era su quell'applicazione per incontri?

«Con quante sei stato?» chiesi

Lui mi guardò, poi la sua espressione s'addolcì. «Evie..»

Inspirai bruscamente, non mi sarebbe piaciuta la sua risposta, e feci spallucce perché avevo bisogno di sapere.

«Troppe.»

Lo fulminai con gli occhi. «Voglio un numero.»

Leonard sbuffò, passandosi una mano fra i capelli. «Non lo so, una decina al mese o forse di più. Gli incontri sono stati radi tra giugno e luglio, ma più frequenti in agosto e in settembre.»

«Ti sei scopato quasi una donna al giorno per quattro mesi! Non ti bastava essere andato a letto con la tua ex moglie? Vuoi fare il record e scoparti tutte le donne di Londra?» domandai con voce carica di veleno.

Lui abbassò la testa. «Evie.. cerca di capirmi. Avevo bisogno di una distrazione, avevo combinato un disastro e non sapevo come rimediare. Credevo di averti perso per sempre. – replicò, poi mi guardò dritta negli occhi e strinse le labbra – E poi tu avevi anche un fidanzato, perciò non farmi la predica!»

Fui tentata di cavargli un occhio con le mie unghie. «Spero che tu non l'abbia detto davvero o è la volta buona che ti uccido, Leonard.»

Lui arricciò il naso. «No, sono serio. Tu sarai stata tutta l'estate con Justin, quindi non provare a criticare me per ciò che ho fatto.»

Sbarrai gli occhi e mi girai con il corpo verso di lui, accavallando le gambe sotto al tavolino; sbattei una mano sulla superficie di plastica bianca e mi avvicinai a lui, rabbiosa più che mai.

«Io non ci sono mai andata a letto e ci siamo baciati per la prima volta alla fine di agosto, nello stesso giorno in cui ci siamo fidanzati perciò sì, ho tutto il diritto di criticare quello che hai fatto. – dissi con gli occhi ridotti a due fessure – Stavo con lui perché mi annoiavo, perché avevo bisogno di qualcuno che sostituisse te perché sono sempre stata innamorata di te, Leonard! Usavo Justin per sentirmi meno sola ma no, cazzo, io non l'ho mai amato. Dio.. ed io che credevo fossi cambiato.»

Feci per alzarmi dal tavolino ma lui mi fermò. «Evie, ascoltami per favore. L'ho fatto solo per liberare la mia mente. Te lo giuro, sono innamorato di te. Non faccio altro che pensarti, sei l'unica donna che io abbia..»

Sollevai una mano a mezz'aria, poi mi chinai verso di lui e mi avvicinai al suo viso. Posai un piccolo bacio sulle sue labbra e scossi la testa, facendo un passo all'indietro per dirigermi verso il parcheggio. Avevo bisogno di rimanere sola.

«Forse è meglio se non ci vediamo per un po'.»
E poi me ne andai.

🇬🇧🇬🇧🇬🇧🇬🇧🇬🇧🇬🇧🇬🇧🇬🇧

È proprio un capitolo bomba, vero?
Voi pensavate che sarebbe stato tutto più semplice, e invece...OPS😜

Anyway...
Qui a Londra è ripartito il Lockdown quindi eccomi di nuovo a casa per un mese (spero sia solo uno sennò 🤯).

A voi come va?

Io per questo mese vorrei tanto cercare di mettermi a dieta. Vorrei tanto mettere d'accordo il mio cervello con il mio stomaco.

See you soon

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