Capitolo 10 Part 2
19 novembre, 1 pm.
Evangeline.
Leonard strinse con delicatezza la mia mano, accarezzandone il dorso con il pollice, per poi uscire dall'ascensore dell'ospedale; mi seguì nel lungo corridoio che conduceva nel reparto dove si trovava mio padre e spalancò la porta per me, permettendomi di ammirare il suo braccio muscoloso che tese il cappotto e la camicia che aveva indossato quel giorno. Era così bello ed io non riuscivo a capacitarmi del fatto che, dopo quasi due mesi di continui appuntamenti e frasi maliziose, mi aveva finalmente baciata.
Le sue labbra avevano accarezzato le mie ancora una volta, le sue mani avevano toccato il mio sedere mentre la sua lingua si era spinta nella mia bocca e.. non riuscivo a pensare ad altro se non a Leonard che, magari dopo un altro appuntamento mi portava a casa sua e mi costringeva a scendere nella camera sotterranea. Quanti ricordi.
Mi girai verso il ragazzo per poter ammirare il suo profilo e non appena i miei occhi finirono sul suo viso, la sua espressione cambiò radicalmente: da tranquilla e compiaciuta, a preoccupata e arrabbiata. Aggrottai le mie sopracciglia e guardai nella sua stessa direzione, e il mio cuore cominciò a palpitare così velocemente nel mio petto da minacciare di schizzare fuori dalla mia gola. Even, mia madre, mia zia e il resto delle mie cugine erano sedute davanti alla sala d'attesa della camera di mio padre a parlare e a discutere insieme, come se nulla fosse. Che ci facevano lì? Ero stata così contenta di non vedere quelle kjerring. Ma diamine.
«Evie..?»
La voce della sorella di mia madre, Noora, mi fece sussultare però non mi mossi dal punto in cui mi trovavo. Non volevo parlare con loro, non volevo vederle non volevo che si avvicinassero a me o al mio uomo, altrimenti avrei reagito molto male. Even mi rivolse un debole sorriso che io non ricambiai, troppo furiosa con le donne che si pararono davanti a lui e poi davanti a me. Che cos'avevano intenzione di fare? Impedirmi di vedere mio padre? Dovevano solo provarci e per la prima volta in vita mia, le avrei prese a pugni.
«Det er lenge siden!» esclamò Noora.
È passato molto tempo.
Winona e Sara, le mie due, mi guardarono ma non dissero nulla mentre io feci un passo all'indietro, permettendo a Leonard di tenermi stretta fra le sue braccia.
«Hei, tante. – "Ciao zia" replicai stizzita, mordendomi il labbro inferiore quando la mano di Leo sfiorò la mia schiena – Hallo Winona, hallo Sara. Mamma..»
Le quattro donne si scambiarono un'occhiata eloquente, poi mia madre si avvicinò a me con un sorriso infastidito e mi strappò, letteralmente, dalle braccia del mio uomo che scattò in avanti.
«Oh Leonard, che c'è? – chiese Violet – Non ti preoccupare, non faremo nulla alla tua fidanzatina. Dobbiamo solo parlare un attimo.»
Io digrignai i denti, cercando di liberarmi senza riuscirci. «Mamma, la meg gå!»
Mamma, lasciami andare.
Lei scosse la testa, tenendomi per il polso che già pizzicava. «Jeg må snakke med deg.»
Ti devo parlare.
Maledetta, stava parlando in norvegese in modo che Leonard non capisse ma non gliel'avrei fatta passare liscia questa volta. Dovevo ribellarmi una volta per tutte. Quella donna non poteva sottomettermi al suo volere ogni qualvolta mi si avvicinava. Avevo vent'anni, cazzo, non undici.
«La meg gå eller jeg skal skrike.» replicai con il suo stesso tono. Lasciami andare o mi metto a gridare.
Lei mi guardò per qualche secondo ma poi finalmente allentò la presa sul mio polso fino a lasciarla del tutto, quindi io la sorpassai con una spallata ed entrai nella camera d'ospedale di mio padre insieme a Leonard che chiuse la porta dietro la mia schiena. Io mi avvicinai al letto dove Eskild stava leggendo un libro ma quando notò la mia espressione furiosa, sollevò un sopracciglio.
«Che succede, tesoro?» domandò preoccupato
Io strinsi i denti. «Ci sono mamma, Noora, Winona e Sara qui fuori insieme ad Even. Hanno deciso di cercare di convincermi a restare qui o è una pura casualità?»
Mio padre sollevò le mani, confuso. «Ho visto solo tua madre, non penso fossero arrivate anche tutte le altre. Ti hanno detto qualcosa?»
Leonard intervenne, zittendomi. «Diciamo che Violet ha cercato di trascinare via Evie per parlarle.»
Io mi girai verso di lui, sospirando. «Papà, forse è il caso che io e Leonard ce ne andiamo il prima possibile. Non mi va di rischiare di discutere con mamma, ne ho già abbastanza.»
Eskild annuì comprensivo, prendendomi la mano. «Non ti devi preoccupare, tesoro. Tra poco tempo uscirò dall'ospedale e la gestirò io.»
Mi morsicai il labbro inferiore, annuendo. «Grazie papà.»
«Sono contento di averti visto, tesoro. Ti prometto che la prossima volta sarò io a fare visita a voi due a Londra, non credo rimarrò a lungo qui in Norvegia.» replicò mio padre con un sorriso.
Schiusi le labbra, felice. «Ti aspettiamo a braccia aperte.»
Mi chinai verso di lui e gli stampai un bacio sulla guancia, mentre lui mi fece una lieve carezza ai capelli per poi stringermi in un forte abbraccio. Quanto mi era mancato. Quanto tempo avevo aspettato a causa di quell'arpia che mi aveva sempre fatto credere che anche lui fosse bacato come lei. Avevo perso così tanti anni. E senza che me ne accorgessi, le lacrime cominciarono a scivolare sulle mie guance ma mio padre si limitò a stringermi, facendo attenzione al braccio con la piccola farfallina nel gomito. Strofinai il naso contro la sua spalla e singhiozzai più rumorosamente, amareggiata per aver perso i miei contatti con lui negli anni precedenti e furiosa con la donna fuori dalla stanza che si comportava come la Santa della situazione. Se solo avessi potuto denunciarla con qualche accusa, se solo Leonard avesse potuto aiutarmi.. Diamine, avrei goduto parecchio nel vederla dietro le sbarre. Solo per pura vendetta. Quella donna era esattamente come Diana: sporca manipolatrice, falsa e stronza che non meritava assolutamente nulla. Desiderava rendere un inferno la vita degli altri, addirittura della stessa figlia. Come poteva aver trovato un uomo buono e gentile come mio padre? Mi sembrava impossibile, erano così diversi. E come avevo fatto a non capirlo prima io? Risposta semplice: crescendo, mio padre era sempre fuori casa per lavoro perciò io ero succube di mia madre.
«Tesoro.. non piangere, ti si toglierà tutto il mascara. – disse papà, facendomi allontanare da lui – Credo sia il caso che tu vada, altrimenti comincerò anch'io a piangere come un bambino.»
Gli rivolsi un sorriso smagliante e, dopo averlo abbracciato un'ultima volta, feci qualche passo all'indietro per poter permettere anche al mio uomo di salutare papà.
«Bli hos henne. Ikke la henne gråte. – mormorò Eskild all'orecchio di Leonard che aggrottò le sopracciglia, perplesso – Elsk henne med hele ditt hjerte.»
Stai con lei, non farla piangere. Amala con tutto il tuo cuore.
Poi mio papà si spostò all'indietro e ammiccò nella mia direzione, stringendo con forza la mano di Leonard che gli mormorò un 'd'accordo' prima di spostarsi e tornare al mio fianco. Non aveva capito assolutamente nulla, ne ero convinta. Ma poi mio padre gli sussurrò ancora qualcosa all'orecchio e i loro occhi finirono su di me. Il sorriso di Leonard apparve più luminoso che mai ed io arrossii. Papà aveva già tradotto.
Afferrai immediatamente il braccio sinistro di Harry e gli baciai il dorso della mano, trascinandolo poi fuori dalla camera d'ospedale per trovare mio padre. Nel momento in cui misi piede nel corridoio, le mie due cugine si avvicinarono a passo svelto e bloccarono me e Leonard prima che potessimo andarcene. Cosa volevano?
Winona mi guardò con una faccia schifata mentre sua sorella, più stupida di una melanzana essiccata, si avvicinò a Leonard e gli toccò la spalla, facendolo sussultare. Se solo avessero fatto un'altra mossa, una delle due, avrebbero visto il mio pugno conficcarsi nel loro cranio vuoto. Maledette kjerring.
«Hva vil du ha?» domandai infastidita.
Cosa volete?
Sara fece un giro intorno a Leonard, posizionandosi poi al fianco di Winona con un sopracciglio alzati. Le due mi squadrarono da capo a piedi mentre il ragazzo afferrò la mia mano, costringendomi ad appoggiare la testa sulla sua spalla come per paura che una delle due potesse colpirmi. Avrebbero dovuto solo provarci, maledette troiette da strapazzo.
«Kjæresten din er veldig søt. – Il tuo ragazzo è davvero carino, disse Sara con un sorriso malizioso sulle labbra sottili – Kan jeg snakke med ham for litt?» Posso parlare con lui un po'?
Digrignai i denti, scuotendo la testa. «Nei, han er min. Ikke prøv å røre ved ham eller jeg vil drepe deg.»
No, è mio. Non provare a toccarlo o ti ucciderò.
«Her han a sexgud.» intervenne Winona
E' proprio un dio greco.
Sollevai una mano a mezz'aria. «Hold deg borte fra ham.» State lontane da lui.
Le due ragazze scoppiarono a ridere, facendo montare sempre di più la rabbia che arrivò a prendere il sopravvento del mio corpo. Non capivano che se fossi stata un po' meno educata, sarei riuscita a prenderle per il collo e ucciderle davanti agli occhi del mio uomo, di tutte le persone nella corsia e dei medici? Luride troie.
Sarah fece un passo in avanti, fissandomi con aria di sfida. «Jeg forstår ikke hvorfor han elsker deg.» Non capisco perché sia innamorato di te.
«Jeg kunne liste deg alle grunner, men du ville være for dum til å forstå alt jeg sier. – sibilai io, facendo un passo in avanti con le mani strette a pugno – Og.. Han elsker meg ford jeg ikke er deg.»
Potrei farti un elenco di tutti i motivi, ma saresti così stupida da non capire nulla di quello che ti sto dicendo. E poi.. mi ama perché non sono te.
La ragazza mi fissò con rabbia mentre sua sorella si portò una mano alla bocca, osservandomi mentre ridacchiava. Winona era meno stupida di Sarah ma troia quanto lei, perciò decisi di non abbassare la guardia. Leonard, intanto, era in silenzio dietro di me. Non aveva la minima idea di cosa stava succedendo fra me e le mie cugine, ma era meglio così altrimenti mi avrebbe strappato via da loro, impedendomi di sputtanarle un po' a parole.
«Du er egoistisk, stygg og dum. – borbottò Sarah, puntandomi il dito contro – Du hater foreldrene dine. De ønsket å se deg lykkelige i Norge, ikke i London.»
Sei egoista, brutta e stupida. Odi i tuoi genitori. Loro volevano vederti felice qui in Norvegia, non a Londra.
Winona continuò a ridere. «Du er en bortskjemt brat.» Sei una troietta viziata.
Inspirai bruscamente, facendo un altro passo in avanti. «I hvert fall stjal jeg ikke penger fra foreldrenes lomme. – replicai io, alzando un sopracciglio – Og jeg var smart nok til å delta på Universitetet. Due r bare to dumme sjalu tisper. Sug det opp, babyer.»
Almeno io non ho rubato soldi dalla tasca dei miei genitori. E sono stata abbastanza intelligente da frequentare l'Università. Ho un lavoro fantastico, una casa mia e un fidanzato stupendo. Siete solo due stupide puttanelle gelose. Succhiatemelo.
Winona e Sarah mi fissarono scioccate, non aspettandosi da parte una mia reazione così scoppiettante, perciò scossi i capelli e mi girai di schiena, pronta ad andarmene insieme al mio uomo. Ero a dir poco furiosa con loro. E non mi sentivo affatto in colpa per tutto ciò che era uscito dalla mia bocca. Ogni parola era pensata, pronunciata solo per infastidirle o ferirle come loro avevano fatto con me per tutta la loro inutile e misera vita.
Leonard mi guardò con le labbra schiuse, senza capire minimamente la nostra conversazione, perciò fece spallucce e mi prese la mano. Avrei spiegato tutto più tardi a lui, non era necessario che cercasse di difendermi da quelle due idiote.
«Amore, andiamo. Dobbiamo prendere l'aereo fra poco.»
Annuii, inspirando profondamente. «Perfetto.»
Mi girai verso le due ragazze per un'ultima volta. «Farvel, jeg kommer ikke til å savne deg. Håper du får en hjerne.» Addio. Non mi mancherete. Spero che troviate un cervello.
E prima che potessero provare a toccare me o Leonard, afferrai la mano del ragazzo e lo trascinai rapidamente fuori dal reparto dell'ospedale. Non volevo più vedere né mia madre né la sua famiglia di maledette psicopatiche, altrimenti non sarei più riuscita a trattenere i miei istinti omicidi. Lui mi seguì senza dire una parola, probabilmente non avendo capito cosa fosse successo fra me e le mie cugine, ma in quel momento desideravo sparire da quell'ospedale, salire su quel dannato aereo e tornare a Londra, alla mia vita, alla mia tranquillità.
«Amore, aspetta. Rallenta!»
Agguantò la mia mano nel momento in cui misi piede fuori dall'ospedale e l'aria gelida di quel mattino mi colpì dritta in viso, costringendomi a chiudere gli occhi per un momento e a girare la testa, infastidita. Leonard si avvicinò a me e sollevò il mio mento, costringendomi a guardarlo perciò sospirai e aprii i miei occhi, incontrando i suoi verdi più scuri.
«Cosa ti hanno detto?» domandò lui con voce triste e un tono preoccupato.
Io feci spallucce, sorridendo appena. «Niente, Sara ha fatto un apprezzamento su di te che io non ho gradito.»
Leonard alzò un sopracciglio, rivolgendomi poi un sorrisetto malizioso che gli illuminò tutto il viso. Non era il momento di scherzare, pensai infastidita, ma era così bello che la rabbia si dissolse in un solo istante. Non dovevo farmi rovinare la giornata da quelle arpie. Avevo stretto di nuovo un rapporto con mio padre che si sarebbe diviso da quella donna maledetta, avevo ricevuto la sua benedizione sia per Leonard sia per l'Università.. qualcosa doveva andar pur storto, no?
Mi lasciai sfuggire un sospiro. «Dobbiamo tornare in Hotel?»
Leonard annuì, attirandomi contro di lui per poi prendere il mio viso fra le sue mani. Usò i suoi pollici per accarezzarmi le guance e stampò un piccolo bacio sulle mie labbra, strappandomi un mugolio di sorpresa e apprezzamento. Non mi sembrava ancora vero di poter assaggiare quella bocca peccaminosa che mi era mancata come l'aria. Era così bello poterlo baciare di nuovo.
«Sì, piccola.»
Mi avvicinai al ciglio della strada con la mano di Leonard stretta nella mia e m'incamminai verso il nostro Hotel, godendo l'aria fredda di quella mattina colpirmi il viso accaldato. Ero ancora furiosa con le mie cugine per l'apprezzamento inutile che avevano fatto nei confronti del mio uomo. Non avevano capito che lui era mio? Maledizione, e perché mia madre aveva cercato di rapirmi proprio sotto gli occhi di Leonard? Lui non mi avrebbe mai permesso di allontanarmi con lei, sapeva cos'avrebbe potuto dirmi e farmi una volta da sole.
«Stai bene?» chiese Leonard
Inspirai profondamente. «Sì, tranquillo. Non capisco perché i miei parenti dalla parte di mamma sono così stupidi. Davvero.»
Il ragazzo mi baciò il dorso della mano, entrando nella hall dell'Hotel senza lasciarmi un sol secondo, e mi trascinò verso gli ascensori alla fine del corridoio. Desideravo che Leonard conoscesse la parte migliore della mia famiglia, non quella peggiore ma dopotutto.. aveva avuto il piacere di conoscere mia madre, probabilmente l'essere più spregevole della Terra, perciò le mie cugine non erano altro che delle poverette insignificanti.
«Eri così sexy mentre litigavi con le tue cugine. – disse Leonard, spingendomi nell'ascensore che si richiuse – Se solo non fossimo stati in un ospedale, ti avrei portato nel bagno e scopato fino a farti dimenticare il tuo nome.»
Portò entrambe le mani sui miei fianchi, schiacciandomi contro la parete metallica dell'ascensore, ed io sollevai il mento per poter guardarlo negli occhi. Adoravo quando si rivolgeva a me in quel modo, amavo il suo parlare così volgare ed estremamente sensuale, mi faceva impazzire. Ma.. non era ancora il momento di finire a letto insieme. Si era sudato per quasi due mesi il mio bacio e avrebbe aspettato altrettanto per poter fare sesso con me, anche se io ero pronta ad assalirlo in ogni momento. Maledetti ormoni.
«Ah sì? Mi avresti fatto gridare il tuo nome? Mi avresti sculacciata prima, per aver detto qualche parolaccia? Mi avresti strappato le mutandine di dosso e piegata in avanti, prendendomi da dietro come piace a te?» replicai con un sorriso.
Leonard fece aderire il suo corpo al mio, passandomi una mano fra le cosce, ed io mi morsi con forza il labbro inferiore. Stavo giocando con il fuoco, lo sapevo ma non m'importava. Amavo farlo impazzire e amavo ancora di più le sue espressioni di lussuria mista a rabbia.
«Tu non sai cosa stai facendo. – ringhiò con la bocca premuta al mio orecchio – Sei fortunata che non ho preservativi qui, altrimenti avrei già bloccato l'ascensore.»
Mi diede un lieve pizzico al sedere con le sue dita e, non appena le porte metalliche si spalancarono, mi spinse nel corridoio. Io mi appoggiai con una mano al muro bianco, cercando di non crollare a terra a causa delle mie ginocchia tremanti, e scoppiai subito a ridere. Quanto era bello. Quanto lo amavo.
«Ti ricordo che prendo la pillola..»
Leonard mi lanciò un'occhiataccia infastidita e aprì la porta della nostra camera da letto, permettendomi di entrare prima di lui così io mi fiondai subito nel bagno, prendendo il mio beauty. Il ragazzo invece afferrò la valigia che stavamo condividendo e mi aspettò accanto all'ingresso con le braccia incrociate. Mi presi qualche secondo per guardarlo e il mio cuore perse un battito: era strano vederlo indossare abiti più comodi invece dei suoi soli completi eleganti che utilizzava al lavoro, ma la maglia bianca che aveva scelto quella mattina metteva in risalto il mio fisico palestrato e i pantaloni da ginnastica neri lo rendevano ancora più sexy. Mi sentivo così fortunata: era mio, solo mio.
«Hai preso tutto?» chiese lui
Annuii, avvicinandomi. «Sì, manca una cosa però.»
Leonard aggrottò le sopracciglia. «Che c..»
Lasciai cadere a terra il mio beauty case e avvolsi le braccia intorno al suo collo, attirandolo al mio corpo con tutte le mie forze. Leonard, sorpreso per il mio slancio, ricambiò immediatamente il mio bacio e fece scivolare le sue mani sul mio sedere mentre richiuse la porta della stanza con un calcio. Mi strusciai appena contro di lui e la sua bocca si schiuse, ma io soffocai il suo gemito. Il ragazzo mi attirò contro di lui e indietreggiò verso il letto, ma io mi allontanai dalla sua bocca prima che la situazione potesse degenerare. Quando i suoi occhi incontrarono i miei, cambiai idea.
«Cosa stai facendo, Evangeline?»
La voce di Leonard era bassa, rauca.
Io ero eccitata tanto quanto lui ma desideravo fare qualcosa per lui. Volevo vederlo perdere di nuovo il controllo e sapevo anche come fare. Salii sul materasso, posizionandomi sulle sue ginocchia, e gli accarezzai il petto con entrambe le mani per poi piegarmi in avanti. Lui ansimò quando le mie dita sfiorarono la sua pelle nuda da sotto la maglia e chiuse gli occhi, buttandosi all'indietro sul letto.
«Sta' zitto.» sibilai.
A quelle parole, Leonard mi pizzicò il fianco ma io lo ignorai. Gli abbassai velocemente i pantaloni e non appena il mio sguardo finì sui suoi boxer troppo stretti, mi leccai le labbra. Era da molto tempo che non lo facevo godere con la mia bocca.
«Piccola.. sono le due. Fra poco dobbiamo partire.» mormorò con voce flebile, infilando una mano fra i miei capelli.
Soffocai una risata, premendo un bacio sul bordo dei suoi boxer, e percepii la sua erezione tendersi al mio gesto seguito da un lungo gemito di piacere che uscì dalla bocca di Leonard. Le se dita si strinsero intorno ai miei riccioli e li tirarono con forza, mentre io strattonai verso il basso i suoi boxer.
«Non credo ci metterò molto.» risposi
Il ragazzo soffocò una risata, premendomi la mano sulla nuca, e seguii i suoi movimenti. Afferrai il suo pene con la mano sinistra, leccandone la punta senza distogliere lo sguardo dal volto di Leonard che aprì la bocca, e iniziai a massaggiare la sua base con i miei polpastrelli. I suoi gemiti riecheggiarono all'interno della camera da letto e il mio cuore ebbe un sussulto quando la sua mano sinistra allentò la presa sui miei capelli, finendo poi sulle lenzuola che strinse con tale forza da quasi strapparle. Passai la mia lingua appena sotto la sua cappella e strofinai il pollice sulla base del suo membro, schiudendo poi le labbra sulla sua lunghezza che leccai.
«Cristo.. prendilo in bocca, Evie.»
Assecondai il suo ordine senza esitare e spinsi il suo bene fra le mie labbra, chiudendo gli occhi. La mia lingua s'appiattì sotto ad esso e Leonard sussurrò ancora il mio nome, afferrando i miei capelli con la mano libera, e li tirò con forza. Un brivido attraversò il mio corpo non appena le sue dita s'attorcigliarono intorno ai miei boccoli perciò succhiai con avidità la sua erezione, muovendo la testa dall'alto al basso mentre mi godevo i gemiti sonori del mio uomo sdraiato sul letto. Sentirlo supplicarmi in quel modo di velocizzare i miei movimenti non fece altro che eccitarmi oltre ogni limite; la sua voce rimbombò nella mia testa e i suoi fianchi si sollevarono verso la mia bocca, costringendomi a strizzare gli occhi. Mi era mancato il suo sapore, mi erano mancati i suoi leggeri urli di piacere, mi era mancato sentirlo godere per la mia bocca.
«Oh.. s-sto per venire, piccola.»
Leonard iniziò a gemere sempre più rumorosamente finché non tirò con forza i miei capelli, spingendo con il palmo della sua mano la mia testa fra le sue cosce, costringendomi ad accogliere il suo seme nella mia bocca. Restai con le labbra schiuse e ingoiai tutto, sfilandomi poi con delicatezza la sua erezione dalla bocca; posai un piccolo bacio sul suo inguine e sollevai la testa, osservandolo mentre lui cercava di riprendere fiato. Le sue guance erano rosse come le sue labbra, a causa dei troppo morsi, e i suoi capelli corti erano arruffati. Ma la sua espressione era beata.
Mi pulii il mento con il dorso della mano, togliendo ogni residuo del suo seme dal mio viso, e mi sedetti sul letto con le gambe incrociate. Non era durato nemmeno cinque minuti, pensai con un sorrisetto divertito. Sapevo quanto desiderava la mia bocca sul suo cazzo, sapevo quanto gli erano mancate le mie attenzioni perciò non lo biasimai per non essersi riuscito a trattenere. Io probabilmente avrei fatto la stessa cosa. Ero certa che se il suo pollice mi avesse sfiorato da sopra le mutandine, sarei venuta.
«Evie..»
Mi avvicinai al suo viso, posando un bacio sulla punta del suo naso, per poi scendere dal materasso e fiondarmi nel bagno. Non avevamo tempo di farci le solite coccole post-preliminari, altrimenti l'aereo non sarebbe partito e Melanie mi avrebbe probabilmente bruciata viva una volta arrivata a Londra.
Mi sciacquai rapidamente le mani e la bocca, poi mi asciugai rapidamente; quando mi girai, trovai Leonard a fissarmi sulla porta del bagno con un sopracciglio alzato.
«Che c'è? Perché mi guardi così?» domandai con un sorriso
Lui tacque per qualche secondo. «Mi hai fatto un pompino.»
Incrociai le braccia al petto. «Davvero? Non me n'ero accorta.»
«Perché lo hai fatto?» chiese lui
Schiusi le labbra, perplesso. «Non lo volevi?»
Lui sollevò una mano a mezz'aria. «Non è questo il punto.»
Feci un altro passo in avanti. «Semplicemente mi andava di fartelo, desideravo sentirti gemere il mio nome. Ho forse commesso un reato? O l'ho fatto contro la tua volontà?»
Il ragazzo davanti a me arrossì. «No, lo volevo anche io ma.. ci hai messo così tanto per chiedermi di baciarti e ora di punto in bianco, mi assali e ti metti fra le mie gambe. Sono solo un po' sorpreso.»
Non riuscii a trattenere una risata. «Sei adorabile.»
Lui fece una smorfia. «Adorabile?»
Mi sporsi verso di lui, baciandolo ancora volta su quelle splendide labbra che prima o poi sarebbero finite fra le mie cosce, e recuperai il mio beauty case da terra. Sperai che la boccetta del mio profumo non si fosse rotta.
«Sì, ed estremamente sexy. – risposi con un sorriso – Dai, andiamo.»
Leonard mi guardò per qualche secondo. «Non vuoi..?»
Io alzai le spalle. «Non ce n'è bisogno.»
E dopo le mie parole, non osò fiatare.
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