Capitolo 10.

'Cause I'm fighting for you, I'm fighting for you
And If I'm calling, I'm calling for you
Girl, If I'm dying, I'm dying for you
Because I've fallen, I've fallen for you

Leonard.

Una canzone a tutto volume era sparata dalle casse accanto al bar dove mi ero appostato, in attesa della bottiglia d'acqua per Evangeline e della birra che avevo ordinato poco prima per me. Mi spostai leggermente in modo d'avere una perfetta visuale del tavolo dove i due ragazzi che si erano ritrovati, erano seduti. Il mio sguardo era fermo su Even che, come se niente fosse, stava deliberatamente flirtando con la mia donna per tutta la sera. Non aveva smesso di guardarla e di sorriderle, di toccarle la mano e di prenderla per il braccio ma lei non sembrava affatto infastidito dal comportamento di lui. Forse addirittura lei aveva una cotta per lui, magari la classica cotta per il migliore amico e nel momento in cui si erano rivisti, i suoi sentimenti erano riaffiorati. Poi mi ricordai dell'ennesimo bacio mancato nella doccia qualche ora prima, quando lei si era letteralmente lanciata contro di me con una mano appoggiata sul mio fianco e il suo indice sul mio labbro inferiore; mi aveva guardato con gli occhi scuri, luccicanti di lussuria, ma poi si era allontanata di scatto e si era insaponata i capelli. Even non avrebbe mai avuto la possibilità di ammirare il corpo della mia donna senza vestiti, né la possibilità di godersi il calore della sua pelle a contatto con la propria.

Maledetto, quell'angelo di donna era solo mia. Fine della questione, pensai infastidito con una mano stretta a pugno. Non appena il cameriere mi consegnò i drink che avevo ordinato, afferrai i due bicchieri e tornai al tavolo. Evangeline smise di ridere e si voltò verso di me, rivolgendomi un sorriso divertito con le guance ancora rosse. Per la prima volta, era ubriaca. Per quanto non sopportasse il sapore dell'alcool e facesse fatica ad ingerirlo, si era adeguata al momento e non aveva smesso di ordinare shots di vodka, liquori e mi aveva rubato la birra. Insomma, aveva bevuto tutto il tempo insieme al suo amico sia durante la cena, nel piccolo ristorante vicino al locale che aveva scelto Even, ed io gliel'avevo permesso perché aveva bisogno di distrarsi un po'. Dopo ciò che suo padre le aveva detto riguardo al divorzio e dopo tutta la tensione che aveva accumulato in quei giorni, sapevo che le serviva una valvola di sfogo.

«Ma lo sai che sei proprio bello? – domandò Evangeline, avvolgendo un braccio intorno al mio collo – Even è geloso perché tu sei figo mentre lui no, è secco e non ha muscoli. Tu sei.. enorme, sotto ogni punto di vista!»

Le parole della ragazza mi fecero arrossire ma mi limitai a baciarle la fronte, spostandola in modo da permetterle di rimanere seduta sulla sua sedia. Mi mordicchiai il labbro inferiore e sorseggiai la mia birra, appoggiando poi il bicchiere sul tavolo del locale. Even mi guardò per qualche secondo e poi scoppiò a ridere, prendendo il proprio cellulare e scrivendo un messaggio.

«Va bene, Evie.. Che ne dici se adesso bevi un po' d'acqua?»

Lei fece una smorfia, togliendo il tappo. «Sei noioso.»

Alzai gli occhi al cielo, aiutandola a versare l'acqua nel bicchiere davanti a lei ma poi lei scoppiò a ridere, appoggiandosi a me e rischiando di farmi cadere la bottiglia dalle mani. Even ci fissava divertito e poi accese una sigaretta ma l'odore che arrivò alle mie narici non era di tabacco. Aveva davvero acceso uno spinello nel bel mezzo di una serata con la sua amica d'infanzia e il suo fidanzato in un locale colmo di persone che ballavano e scherzavano? Era forse un'usanza norvegese quella di fumarsi spinelli in un club? Cercai di non respirare con il naso per evitare di sentire quell'odore fastidioso e mi occupai di Evie, costringendola ad aprire la bocca e a bere un po' d'acqua. Forse uscire con lui non era stata una buona idea, chi avrebbe mai pensato che la mia donna fosse amica di un ragazzo che fumava spinelli? Sbuffai. Se solo fossi rimasto in camera con Evie, magari sarei riuscito a farmi coraggio e a baciarla dopo le parole d'incoraggiamento del padre.

«Perché la tua sigaretta è così lunga? – domandò Evangeline, sfuggendo dalle mie braccia per sedersi al fianco di Even – E perché puzza così tanto?»
Lui soffiò il fumo nel viso della mia ragazza. «Dolcezza, questa si chiama 'canna'. Vuoi provare? – poi si girò verso di me – Anzi no, credo che il tuo amico non approvi.»

Io cercai di prendere la mano di Evie ma lei fu più veloce di me, rubò la canna dalle dita del suo amico e si alzò dal tavolino per poi sparire nella folla delle persone intorno a noi. M'allarmai. La combinazione di alcool ed erba non era il massimo, soprattutto per una ragazza abituata a fumare solo sigarette e a non toccare l'alcool nemmeno per scherzo. Lanciai un'occhiataccia furiosa al ragazzo che scoppiò a ridere come se fosse la cosa più normale del mondo permettere ad un'ubriaca di fumare e mi infilai in mezzo alla folla per cercare Evangeline, cercando di seguire l'odore che però si confuse con il profumo degli incensi sparsi per la discoteca. La musica e le persone che si muovevano intorno a me non aiutavano affatto, dato che non facevano altro che disperdere ancora di più la ragazza che probabilmente stava scappando da una parte all'altra con la canna fra le labbra. Perché le avevo permesso di bere così tanto? E perché lei aveva accettato di uscire con quel tipo così idiota, solo perché non lo vedeva da troppo tempo? Forse era stato un bene che si fossero persi di vista, lui non era un tipo normale, anzi. E doveva rimanere lontano dalla mia ragazza.
Un minuto di ricerche dopo, mi avvicinai al bancone del bar quando intravidi una testa bionda che riconoscevo troppo bene e afferrai subito la mano di Evie, facendole cadere il mozzicone della canna a terra. Lo schiacciai subito con il piede prima che lei potesse raccoglierlo per fumarlo ancora e la costrinsi a girarsi verso di me, intrappolandola fra il mio corpo e il bar.

«Uh.. Oh Leonard, non qui! – ridacchiò, nascondendo il viso nell'incavo del mio collo – Però se ti va, potremmo andare in uno dei bagni delle donne. Sono molto spaziosi.. ed io ho una tremenda voglia di te.»

Parlava in modo confuso, la sua voce era rauca e aveva un disperato bisogno di togliersi quell'alito terribile di alcool misto a fumo. Non riuscivo a credere che nel giro di dieci minuti la mia donna si fosse anche fatta uno spinello dopo una serata di bevute. Maledizione.

«Forse è meglio se torniamo in Hotel. – risposi, passandole una mano fra i capelli – Non sarà un viaggio piacevole, quello di domani pomeriggio, piccola.»

Lei mi circondò il collo con le sue braccia. «Ma io voglio toccarti!»

Scossi la testa con un sorriso divertito e la riportai al tavolo solo per avvertire Even del fatto che saremmo tornati in Hotel, non era il caso di rimanere ancora in sua compagnia e con Evie ridotta in quel modo dopo una canna e troppi drink. Lei si appoggiò del tutto al mio corpo con la testa sulla mia spalla ed io le circondai il bacino con il braccio, raggiungendo il posto che avevamo occupato per poi toccare la spalla di Even che si girò verso di me, con gli occhi leggermente rossi e le guance dello stesso colore.

«Ce ne andiamo, lei è troppo devastata per restare qui. – dissi io in tono infastidito – Grazie per la serata, vi sentirete per messaggio ma adesso torniamo in Hotel.»

Even barcollò appena, sbuffando. «Come sei noioso, Leonard Tyler, perché non ti rilassi un po' e fai divertire la tua ragazzina?»

Ignorai le sue parole e, senza nemmeno rispondergli, m'incamminai verso l'uscita del locale. Nel momento in cui aprii il portone della discoteca e l'aria gelida mi colpì il viso, sollevai Evangeline con le braccia e la strinsi al mio corpo; lei si aggrappò a me con le braccia intorno al collo e cominciò a baciarmi le spalle, ma io riuscii a mantenere la calma e a non impazzire. Per quanto mi eccitasse percepire il calore delle sue labbra sulla pelle al lato del mio collo e sotto il mio mento, non potevo approfittarmi di lei in quelle condizioni perché non lo meritava. Si era ubriacata per dimenticarsi dello schifo che aveva passato in quei due giorni a causa della paura che sua madre le aveva fatto prendere, perciò non potevo farle una colpa di essersi ubriacata. Io gliel'avevo permesso, dopotutto.

«Come hai fatto ad essere amica di quell'idiota? – domandai sottovoce, camminando rapidamente verso il nostro Hotel che distava a circa cinque minuti dal Blaa – È un coglione!»

Evangeline si limitò a borbottare qualcosa contro al mio collo, sollevando poi entrambe le mani con cui mi accarezzò le guance e cercò di baciarmi ma io mi spostai, sospirando. Per quanto desiderassi baciarla, per quanto la volessi sentire gemere il mio nome di nuovo, per quanto bramassi di ammirare il suo corpo nudo sotto il mio una volta arrivati in camera, non potevo, non mi sentivo bene ad approfittarmi di lei. Era ubriaca e fatta. Desideravo che ricordasse per sempre il nostro bacio.

«Leonard.. non mi sento tanto bene.» sussurrò Evangeline.

Io l'appoggiai immediatamente a terra, tenendola stretta dai fianchi per evitare che cadesse e lei si piegò in avanti, cominciando a vomitare. Tirai indietro i suoi capelli con la mia mano libera e sospirai, facendo un passo indietro. Almeno non aveva vomitato sulle mie scarpe o sui suoi vestiti, pensai sospirando. Lei si pulì la bocca con il dorso della mano destra e si lamentò di nuovo, afferrando con la mano pulita il mio braccio.

«Mancano meno di 500 metri, piccola. Ce la fai?» chiesi piano.

Lei annuì, sollevando la testa per guardarmi. «Sì, credo di sì.»

Restai a fissarla per qualche secondo ma poi, capendo benissimo che sarebbe caduta dopo un metro per via delle sue gambe che tremavano, la sollevai di nuovo da terra. Il giorno dopo si sarebbe svegliata con un terribile mal di testa e una nausea pazzesca, pensai preoccupato, ma lei avrei dato la mia solita aspirina e un bicchiere d'acqua per aiutarla un po'. Non sarebbe servita a molto quella pillola ma almeno le avrebbe alleviato il mal di testa martellante.

Raggiunto finalmente il nostro hotel, sfilai la tessera dorata dal mio portafoglio ed entrai nell'ascensore con Evangeline ancora aggrappata al mio corpo. Si era calmata rispetto a prima. Le feci una lieve carezza ai capelli mentre aspettavo di arrivare al nostro piano e non appena le porte metalliche si spalancarono, mi fiondai nel corridoio per cercare la nostra camera.

Il giorno successivo avremmo dormito fino all'ora di pranzo (dovevo permettere ad Evie di riprendersi dopo una serata simile), saremmo andati a salutare suo padre in ospedale nel pomeriggio e poi finalmente avremmo preso l'aereo per tornare a Londra.

Aprii la porta della camera con la tessera e mi intrufolai nella stanza, dirigendomi subito verso il materasso dove sdraiai con delicatezza Evie. Lei non si mosse di un solo centimetro, si limitò a sospirare e a riprendere a dormire. Per fortuna, non aveva ancora bisogno di vomitare. Andai quindi a chiudere la porta della camera con la chiave e mi sfilai la giacca, appendendola accanto all'armadio insieme al resto dei miei vestiti. Recuperai da terra il pigiama di Evangeline e mi avvicinai a lei, sfilandole con delicatezza i pantaloni senza svegliarla insieme ai calzini. Sollevai la coperta e l'adagiai sotto essa, sdraiandomi poi al suo fianco con un braccio stretto intorno ai suoi fianchi. I suoi capelli odoravano di fumo misto ad alcool, un mix che il giorno successivo l'avrebbe portata di sicuro a vomitare nel bagno e a disperarsi. Ah, il post-sbronza.

«Leonard?»

La voce di Evie attirò la mia attenzione. «Sì?»

Lei si girò verso di me, sbattendo una mano sul mio petto. «Ma che cazzo di problemi hai? Me lo spieghi? Io non riesco a capirti.»

Aggrottai le sopracciglia, perplesso. «Perché? Cos'ho fatto?»

Evie si alzò dal letto, mettendosi seduta con le gambe incrociate, e assottigliò i suoi occhi leggermente rossi per lo spinello che si era fumata poco prima. Aveva ancora le guance dello stesso colore di un pomodoro, segno che non aveva smaltito l'alcool ingerito, perciò ogni cosa che sarebbe uscita dalla sua bocca sarebbe stata inutile ed insensata. Era strafatta.

«Non mi baci! Sono mesi che.. che stiamo.. che ci vediamo e tu, oh cazzo.. tu non mi hai ancora baciata! – mi tirò uno schiaffo sul braccio, facendo una smorfia – Che cazzo di problemi hai? Perché non mi prendi e non mi scopi come facevi sempre?»

Trattenni una risata, osservando la ragazza chiudere gli occhi e buttarsi all'indietro sul letto con le braccia aperte. Tentò di prendermi la mano e di spingerla fra le sue cosce, ma riuscii a spostarmi ad ogni sua prova.

«Piccola.. che ne dici di dormire? Sei ubriaca.»
Ringhiò, graffiandomi il dorso della mano.
«Non.. io non sono ubriaca, smettila di dire stronzate! Sei noioso!»

Arricciai il naso, spostandomi appena all'indietro. «Evie, sei ubriaca e hai un disperato bisogno di dormire altrimenti domani non sarai in grado di muoverti dalla camera.»

Lei si avvicinò a me, strofinando le sue labbra sulle mie. «E se non riuscissi a muovermi perché mi hai scopato troppo? Sarebbe un.. un.. Oh. – si massaggiò di scatto le tempie, scoppiando subito dopo a ridere e rotolando a pancia in su – Quanto mi manca il tuo cazzo, era bellissimo fare sesso con te!»

La fissai divertito, sollevando le lenzuola per coprirla. Era davvero arrabbiata con me perché non l'avevo ancora baciata? Stava aspettando che io facessi la prima mossa? Avrei avuto mille occasioni per baciarla, sia durante il breve viaggio ad Oslo sia a Londra, eppure.. temevo di correre troppo. Temevo di poterla spaventare o magari di farle capire che in realtà ero interessato al suo corpo piuttosto che a lei. Certo, lei mi attraeva parecchio dal punto di vista fisico ma preferivo passare le giornate a ridere e a scherzare con lei piuttosto che limitarmi al sesso. L'avevo detto sul serio, dopo i mille discorsi sulla dominazione che le avevo fatto a casa mia, nella camera sotterranea? Assurdo.

L'amore cambia le persone, è proprio vero.
«Evie.. ora fai silenzio e dormi. È molto tardi.» risposi.

Non sapevo se rispondere alla sua provocazione o meno, temevo di fomentarla troppo e di non permetterle di dormire ma quando mi girai per guardarla, mi accorsi che si era finalmente addormentata. Le spostai i capelli dalla fronte e, dopo averla intrappolata fra le mie braccia, mi accoccolai con la testa sulla sua spalla. Chiusi gli occhi e, beandomi del suo profumo misto ad alcool ed erba, cominciai a riflettere su tutto ciò che stava succedendo tra di noi. Era palese che Evangeline fosse ancora innamorata di me ed io la ricambiavo, assolutamente, ma era passato abbastanza tempo per proporle di riprovare a stare insieme? Era il momento giusto per baciarla o forse avrei dovuto aspettare il ritorno a Londra, per non approfittarmi di un momento di sua debolezza a causa della situazione con suo padre? Perché Melanie mi supplicava ogni giorno di baciare Evangeline per dimostrarle che l'amavo? Era necessario sigillare l'amore con un bacio? Ed Evie aveva capito che di me si poteva fidare ancora una volta?

Se solo le avessi raccontato della mia estate, probabilmente mi avrebbe cancellato dalla sua vita per la seconda volta. Ma era giusto che lei sapesse dell'abitudine che avevo preso prima di rivederla? Alla fine, era successo prima del suo compleanno perciò quando ancora non sapevo dell'esistenza di Justin. Sospirai, quel ragazzo che ancora lavorava per me e che non smetteva di guardarmi nel peggiore dei modi ogni volta che mi avvicinavo. Era così difficile capire che il cuore di Evie apparteneva a me, e sarebbe stato mio per sempre? Povero idiota. Lui e anche Even, che dopo aver rivisto la sua amica d'infanzia, ci stava spudoratamente provando con lei sotto ai miei occhi. Credeva che fossi così stupido da non capirlo? Avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, addirittura regalarle quella razza canina che desiderava da sempre, ma lei sarebbe sempre stata con me. Mai con lui.
Con quel pensiero e con Evie stretta fra le braccia, mi addormentai.


19 novembre, 10 am.
Leonard.

«Ti ringrazio, Roger. Ci vediamo oggi pomeriggio.»

Chiusi la telefonata con il pilota del mio jet e appoggiai il cellulare sul tavolino posto sul balcone, tornando a fissare il panorama della città di Oslo che si vedeva dalla camera che avevo prenotato. Nel pomeriggio saremmo finalmente tornati a Londra e non avrei più dovuto sopportare la presenza di Even intorno alla mia donna che, ancora addormentata e a letto, continuava a ricevere chiamate da parte di quell'idiota. Forse si pentiva per aver portato Evie in un locale del genere, forse si pentiva di non averla rincorsa per il pub per potersi riprendere lo spinello che lei gli aveva rubato, ma poco m'importava perché non doveva nemmeno avvicinarsi. Lei era mia, solo mia e non l'avrei di certo condivisa con nessuno. Soprattutto non con lui.

Mi sedetti sul letto accanto alla ragazza e le accarezzai i capelli, ma prima che potessi sfiorare il viso, lei bloccò la mia mano e aprì gli occhi. Io sussultai a quel gesto e mi lasciai sfuggire una risata, liberandomi dalla sua stretta con un sorriso. Pensavo che avrebbe dormito almeno fino all'ora di pranzo.

«Cristo.. che cazzo è successo ieri?»

La sua voce era rauca. Cercò di alzarsi per mettersi seduta con le gambe incrociate sul letto e si portò entrambe le mani nei capelli, chiudendo gli occhi per poi piegarsi leggermente in avanti. Io mi avvicinai subito a lei e le accarezzai la schiena con la punta delle dita.

«Hai bisogno di un'aspirina? – chiesi sottovoce – Perché te l'ho già preparata.»

Evie si girò verso di me e mi rivolse un debole sorriso per poi annuire con vigore, quindi io le passai il bicchiere colmo d'acqua e la pillola bianca. Lei non disse niente, si limitò ad ingerire la pasticca e a bere con gli occhi chiusi poi si pulì la bocca con il dorso della mano e crollò all'indietro sul letto, riconsegnandomi il bicchiere che appoggiai sul comodino.

«Perché sto così male? Ho esagerato ieri sera?» domandò lei.

Arricciai le labbra, alzando le spalle. «Un po', piccola. E ti sei fumata uno spinello.»

Alle mie parole, sbarrò gli occhi. «E tu non mi hai fermato? Stai scherzando?»

Le pizzicai il braccio. «Non arrabbiarti con me, ragazzina. Hai rubato la sigaretta ad Even e poi sei scappata via! Io ti ho rincorso ma quando sono riuscito a prenderti, avevi già finito di fumare.»

Si portò le mani sulla fronte, lamentandosi ancora. «Cazzo.. Non dovevo bere.»

Annuii appena, spostando una mano sulla sua spalla. «Non sembri stare così male, piccola. Ho visto e provato molto peggio!»

«Non posso farmi vedere in queste condizioni da mio padre, Leonard! Mi ucciderà e ucciderà anche Even!» esclamò lei, scuotendo il capo.

Feci spallucce. «Beh, Even non serve molto.»

Lei mi fulminò con lo sguardo ma io la ignorai. «Ho bisogno di una doccia, spero di riuscire a togliere almeno questo disgustoso odore che ho addosso. Come hai fatto a sopportarmi tutta la notte?»

Scesi dal letto e mi avvicinai a lei, aiutandola a scendere con un braccio stretto intorno al suo bacino. Evangeline si appoggiò alla mia spalla, circondandomi il collo con il suo braccio destro, e poi s'intrufolò nel bagno insieme a me. Accese l'acqua della doccia ed io feci un passo indietro, fissandola. Nonostante fosse ancora addormentata e arrabbiata con se stessa per aver bevuto così tanto, era sempre bellissima.

«Non è così terribile, piccola. – risposi con un sorriso, sfilandole la maglietta dalle spalle – L'importante è che tu abbia smaltito tutto l'alcool che hai ingerito ieri sera.»

Lei si voltò, mantenendo lo sguardo basso. «Ho fatto o detto qualcosa di male, per caso? Non sono molto amichevole quando alzo il gomito.»

Ero indeciso: avrei dovuto dirle che aveva tentato di baciarmi e si era arrabbiata con me perché non l'avevo ancora scopata? Non volevo metterla in imbarazzo né volevo creare di tensione fra di noi, anche se ero abituato a sentire certe frasi provenire da quelle labbra rosse come il sangue, così peccaminose e sensuali.

«Ti sei arrabbiata con me.» replicai semplicemente.

Evie sollevò i suoi occhi che finirono sul mio viso e aggrottò le sopracciglia, abbassando i pantaloni del pigiama che poi raccolse e appoggiò sul lavandino del bagno. 

«Perché? È successo qualcosa tra te ed Even?» chiese.

Scossi la testa, girandomi quando si slacciò il reggiseno. «No, Even non centra nulla con tutto questo. Te la sei presa con me perché, uhm, non ti ho ancora baciata né portata a letto.»

Calò subito un fastidioso silenzio fra di noi, scandito dall'acqua che scivolava sulla parete della doccia. Il mio cuore fece una capriola nel momento in cui Evie scoppiò a ridere, allora io mi girai verso di lei e quasi caddi in ginocchio. Era completamente nuda, con i lunghi capelli biondi che le coprivano i seni prosperosi ma i miei occhi finirono sul suo bacino, scivolando verso le sue cosce dalla pelle candida e le gambe lunghe, magre sinuose. Se solo non fossi un uomo con un certo autocontrollo, l'avrei assalita all'istante.

«Beh, non credi sia il momento giusto per baciarmi? È passato un po' di tempo da quando abbiamo ricominciato a frequentarci ed io vorrei tanto sentire le tue labbra sulle mie ancora una volta.. un piccolo promemoria, insomma.» rispose lei con un sorriso malizioso, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

La fissai con le labbra strette in una linea sottile. Avevo sentito bene o forse quelle parole erano state frutto della mia immaginazione che aveva deciso di farmi brutti scherzi? Il mio cuore ebbe un sussulto ed io feci un passo in avanti, portando entrambe le mani sotto al suo mento che sollevai. I suoi occhi azzurri incontrarono i miei e percepii le sue labbra schiudersi, sfiorando leggermente le mie ma senza toccarle effettivamente. Desideravo baciarla con tutto me stesso, desideravo sentire il suo corpo nudo sotto al mio, desideravo godere delle sue mani graffiare la mia schiena, la desideravo con tutte le mie forze. Ma.. temevo di approfittare di lei. E se tutto ciò che usciva dalla sua bocca fosse dovuto ad un suo momento di debolezza, magari in cerca di un po' di conforto? Mi morsi piano il labbro inferiore e sfiorai la sua bocca con il pollice, facendo scorrere quella mano dietro la sua nuca per poi sospirare.

«Evangeline.. ti fidi ancora di me?» chiesi sottovoce.

Lei serrò gli occhi, seguendo i miei movimenti. «Sì, mi fido.»

Pronunciate quelle parole, capii che tra di noi si era risolto tutto perciò mi lasciai andare.
La baciai. Nel momento in cui le sue labbra coprirono le mie, un bruciante desiderio si accese nel mio basso ventre ma riuscii a reprimerlo. Portai le mani sui suoi fianchi e spinsi il suo corpo bollente contro il mio, schiacciando poi la ragazza verso il lavandino dietro la sua schiena. Lei non si lamentò. Spostò la sua mano sinistra sul retro del mio collo e con un lieve slancio, si sedette sul bordo del lavandino; circondò poi i miei fianchi con le sue gambe ed io continuai a baciarla.  Lei sue dita s'intrufolarono tra i miei capelli che tirò con forza ed io ringhiai a contatto con le sue labbra, approfondendo il nostro bacio. La sua bocca si schiuse sulla mia e il suo corpo si strinse sul mio, facendomi percepire i suoi capezzoli sul petto. Sfregavano piano contro il tessuto leggero della mia canottiera ed io lottai con tutto me stesso per non pensarci, per calmare la crescente erezione che strusciava appena fra le cosce della ragazza. Rilassai le mie spalle e mi godetti la sensazione della sua bocca che dopo mesi e mesi era di nuovo sulla mia. Quanto mi era mancata. Quanto amavo la morbidezza delle sue labbra. Quanto avevo pensato al suo sapore, quanto l'avevo sognato e bramato ogni qualvolta lei mi si avvicinava e mi sorrideva. Lei non ne aveva la minima idea.
Il nostro bacio si fece più passionale e percepii la sua lingua infilarsi nella mia bocca, perciò mi piegai leggermente in avanti e avvolsi le braccia intorno ai suoi fianchi per poterla sollevare. Lei si aggrappò al mio collo e ai miei fianchi, mantenendo la sua bocca sulla mia, quando un piccolo gemito le sfuggì dalle labbra.

Mi allontanai appena con gli occhi sbarrati, realizzando in quel momento che lei era ancora completamente nuda su di me, e scoppiai a ridere. Avevo davvero baciato di nuovo Evangeline? E come stavo riuscendo a mantenere un certo autocontrollo con il suo corpo su di me? Mi sposta all'indietro, dividendo le nostre labbra, ma lei mi attirò di nuovo contro il suo fisico nudo e mi baciò. Dio, quanto mi era mancata, non riuscivo nemmeno a descriverlo. Tutto parve fermarsi nell'istante in cui le sue labbra morbide premettero sulle mie. Non m'importava del cellulare che squillava in camera da letto, non m'importava di aver lasciato aperta la portafinestra. In quel momento desideravo solo aprire le gambe di Evie per appoggiarmele sulle spalle e scoparla. Romantico, eh? Sapevo che a lei non sarebbe affatto dispiaciuto il mio pensiero, come mi aveva supplicato la notte precedente di fare, però.. non avevo alcun preservativo con me e non sapevo se avesse smesso di utilizzare la pillola.

«Piccola.. piccola, calma.» sussurrai.

La sua bocca s'allontanò dalla mia, arrossendo. «Scusa.»

Sfiorai il suo labbro inferiore con il pollice. «Non hai idea di quanto tu mi sia mancata, principessa.»

Lei ansimò appena e poi, come se niente fosse, intrappolò la punta del mio dito nella sua bocca. Lo succhiò appena, sfiorando con la lingua la mia pelle, e un brivido attraversò la mia schiena. Non avevo mai provato una sensazione simile. Ciò che sentivo per Evie era indescrivibile, un sentimento così intenso da non poter avere un'etichetta. Sfilai di scatto il mio pollice dalla sua bocca e portai le mani sulle sue guance, baciandola ancora e ancora. Non mi sarei mai stancato delle sue labbra, della loro morbidezza e del suo sapore ma.. in quel momento avrei dovuto davvero darmi un certo contegno, non potevo scoparla subito. Leccai il suo labbro inferiore che morsicai subito dopo e poi mi allontanai, uscendo a passo svelto dal bagno. Chiusi la porta e mi portai entrambe le mani sul viso, sedendomi immediatamente sul letto.
Avevo baciato Evangeline.

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