6.
Mila
-Mi piacerebbe avere un abito bianco ma alla mia età non saprei. Mila tu che ne pensi?-
Sorrisi a Diana nonostante non me ne fregasse un cazzo.
-Il bianco è la scelta migliore.-
Le risposi accontentando i commensali e ricevendo dei sorrisi felici da mio padre.
Abbassai di nuovo lo sguardo per cercare di non incontrare quello di Marco, che mio padre aveva voluto invitare ad ogni costo a quella maledetta cena.
Erano passati cinque giorni dalla festa.
Cinque giorni in cui Ema mi aveva ignorata così come gli avevo chiesto.
Non mi aveva salutata a scuola, non mi aveva chiesto di uscire un milione di volte, niente battute stupide e niente sorrisi. Come avevamo stabilito.
Meglio così.
Aprii per la millesima volta Instagram per vedere se aveva postato altre storie ma tutto taceva.
Ginevra mi diede una gomitata e alzai gli occhi giusto in tempo per beccarmi uno sguardo assassino da mio padre.
-Buono questo arrosto.-
Disse allora la mia amica per distogliere l'attenzione.
I suoi genitori sorrisero felici della sua uscita.
Entrambi chef stellati, frequentavano i miei genitori da prima che noi nascessimo e noi eravamo cresciute insieme diventando amiche per davvero durante le scuole medie.
-A te piace?-
Chiese Marco.
-Sì.-
Risposi rigida beccandomi la miliardesima occhiata storta della serata.
Sbuffai e mio padre si risentì di quello che per lui era un gesto intollerabile.
-Vieni con me a scegliere altro vino.-
Mi chiese facendo un cenno con la testa.
Lo seguii dopo essermi congedata dal tavolo.
Timmy ci guardò con preoccupazione ma le sorrisi per farle capire che andava tutto bene.
Scesi nella cantina dei vini con lui e mi misi a guardare le bottiglie.
-Cosa c'è che non va?-
Mi chiese allora prendendomi delicatamente per un braccio.
Scossi la testa.
-Diana non ti piace?-
Risi di quell'affermazione. Confronto alle altre donne che erano passate di lì, Diana era fantastica.
-È perfetta papà. Dico davvero. Non so come tu faccia a piacerle.-
Rise passandomi una bottiglia e poi mi posò un bacio sulla stessa guancia dove aveva posato la mano qualche giorno prima.
Si erano quietate le acque da allora.
Io avevo messo in chiaro le mie regole, lui le sue ma era una pace non destinata a durare.
-Mi infastidisce la presenza di Marco.-
Sbuffò a quella mia affermazione facendo un gesto della mano, come se scacciasse una mosca.
-Marco stravede per te.-
-Ha una ragazza ora..-
Rifece lo stesso gesto.
Mi rabbuiai. Perché non poteva semplicemente ascoltarmi.
-Non tornerò mai con lui. Anche se non giova ai tuoi affari.-
Fece un cenno con la testa.
-Io suoi genitori mi sono amici. Non potevo non invitarli, anche se voi avete discusso. D'altronde Ginevra è la tua migliore amica, anche se l'hai conosciuta per rapporti di famiglia.-
Sbuffai.
-Non è certo la stessa cosa.-
Alzò le spalle.
-Ginevra non mi ha mai fatto passare quello che mi ha fatto passare lui.-
Mi mise una mano sulla schiena invitandomi ad uscire.
-Siete ragazzi. Capita di discutere..-
-Papà, non mi stai ascoltando..-
-Sì che lo sto facendo. Sono sicuro che non è nulla di così grave. Comportati bene. Marco è un bravo ragazzo che tiene a te e io sono più sicuro se so che sei con lui, tutto qui. Ogni genitore vuole il meglio per i propri figli ed esistono così tanti mascalzoni al mondo..-
Sospirai. Era inutile continuare a parlarne, non era così importante come i suoi affari.
Tornammo al piano di sopra e Timmy aprì la bottiglia di vino per noi.
-Andiamo al club 78 dopo?-
-Ginevra!-
La riprese la madre orropilata dalla sua proposta.
-Siamo ospiti a casa di amici.-
Guardò con dispiacere Paolo a quelle parole.
-Io vengo volentieri.-
Si intromise Marco.
Papà sorrise e cercò appoggio in Diana.
-Andate pure ragazzi. Vi starete annoiando a parlare di matrimoni. Finite la cena e siete liberi.-
Ginevra sorrise alla madre.
Marco sorrise a me.
Io non sorrisi a nessuno.
Ema
Ero al club 78 da pochi minuti quando persi sia Elia che Davide.
C'erano poche persone quella sera ma i miei amici erano ubriachi e quindi in un attimo di distrazione chissà dove erano fuggiti.
Ero sicuro di trovarli vicino al bar ma al loro posto, incontrai Sandra.
Mi fece un amplio sorriso quando mi vide e mi fece segno di avvicinarmi.
Andai da lei senza farmelo ripetere e le diedi due baci sulle guance.
-Un'altra per il mio amico!-
Urlò al barista facendo segno alla sua birra.
-Come è andata la settimana?-
Mi chiese continuando a sorridermi.
Le sorrisi anche io.
-Difficile. Non ho ben capito la lezione di Donatini..-
Scoppiò a ridere.
-Io non ho mai capito nessuna lezione di Donatini.-
Mi rincuorai nel sentire quelle parole.
-Potremmo ripassare insieme.-
Aggiunse mettendomi una mano sulla gamba e lì la lasciò mentre sorseggiava il suo bicchiere.
La spostò solo per passarmi il mio, ma poi la rimise al suo posto.
Non potevo dire di essere seccato dalle sue attenzioni, però lei non era per nulla il mio tipo.
Le piacevo da diverso tempo e ci eravamo anche baciati ad una festa.
Però da quel momento era diventata appiccicosa, fastidiosa.
Parlava come se stessimo insieme, faceva di tutto per accontentarmi ed io ero una persona onesta, non volevo prendere in giro una ragazza. Non ero andato oltre, anche se avrei potuto farlo, anche se molti avrebbero voluto farlo.
Non mi aveva parlato per mesi, offesa che uno come me rifiutasse una come lei, ma da qualche tempo a questa parte avevamo ripreso a chiacchierare ed era piacevole.
Anche se ora, quella mano sulla mia gamba e quel sorriso bianco che incorniciava un viso leggermente taroccato dalla chirurgia estetica, seppur svolta egregiamente, mi metteva a disagio.
Cercai di muovermi leggermente per farle mollare la presa ma la sua mano finì un poco più in sù, peggiorando notevolmente la situazione.
Stavo pensavo a che parole gentili usare per uscire da quel bizzarro momento, quando un uragano si posizionò in mezzo a noi interrompendo il contatto.
-Ciao.-
Disse Mila guardando verso Sandra.
-E ciao anche a te.-
Si voltò verso di me illuminando la sala con i suoi occhi verdi.
Le sorrisi ma il sorriso morì subito sulle mie labbra.
Erano passati cinque giorni da quel mezzo disastro che avevamo creato.
Cinque giorni dove avevo pensato a lei e a come quella strada non portasse da nessuna parte.
Era fuggita dopo il sesso come se si vergognasse di ciò che aveva fatto e questo era così sbagliato.
E poi mi aveva ignorato, come io avevo ignorato lei, facendomi capire che non aveva dato peso a nulla.
-Ciao Mila.-
Le dissi facendola sorridere.
-Noi stavamo parlando.-
Fece notare Sandra cercando di spingerla indietro ma Mila si sistemò di fianco a me e spalmò il suo corpo sul mio.
Allora Sandra spalancò la bocca sorpresa.
-Scusate, non avevo capito che..-
-No, aspetta. Stai fraintendendo.-
Provai a chiarirmi io mentre questa si alzava per andarsene.
Mi sorrise imbarazzata mentre Mila continuava a guardarla infastidita.
-Scusaci Sandra, anche noi dobbiamo parlare. Mi aspetti da molto?-
Mi chiese la serpe facendo intendere che avevamo un appuntamento.
Sandra di scusò di nuovo e andò via velocemente.
-Che cazzo fai?-
Le domandai allora io colmo di rabbia.
-Che cazzo fai tu!-
Ribadì lei inferocita.
-Prego?-
-Dopo nemmeno una settimana sei qui che rimorchi in un bar!-
Scoppiai a ridere.
-No dico, stiamo insieme?-
-No!-
Urlò Mila facendomi ribollire il sangue nelle vene.
-E quindi cosa vuoi? Fai la gelosa per cosa?-
Mi guardò con la faccia piena di stupore.
-Io gelosa? Sono semplicemente sorpresa che tu mi abbia rimpiazzata subito così.-
-Rimpiazzata? Dimmi, hai bevuto anche oggi?-
Mila girò gli occhi al cielo.
-Pensavo ti fosse piaciuto l'altro giorno.-
Rimasi basito dalle sue parole.
-Tu hai detto che non sarebbe ricapitato e che non doveva saperlo nessuno. Mi hai chiesto tu di ignorarti!-
Rimase in silenzio alla mia affermazione.
-Bhè, ora non mi va più così.-
Diedi un pugno sul tavolo.
-Cosa credi che sono un tuo gioco? È questo il vostro problema, trattate le persone come vostre proprietà finché non vi stancate e passate ad altro. Io non sono un oggetto Mila. Hai perso la tua occasione.-
Mi alzai in piedi pronto ad andarmene ma quella rompi coglioni si posizionò davanti a me.
-Accetto. Esco con te.-
Disse tutto d'un fiato.
-Ma io non te l'ho chiesto.-
Le feci notare.
-Perché non me lo chiedi più? Sono io l'oggetto allora. Sono io che una volta che ci sono stata con te ti ho fatto perdere tutto l'interesse.-
-Sì, non sei così interessante.-
Le dissi pentendomene subito.
Non era quello che intendevo.
Volevo dirle che nessuno mi aveva mai colpito come aveva fatto lei ma sapevo quanti problemi avrebbe portato nella mia vita quindi non funzionava, nemmeno come amici di letto, perché lei si sarebbe presa tutto ma io non avevo possibilità di proteggermi. Non avevo nessuna via d'uscita, che non fosse quella scuola.
-Scusami, io..-
Mila arretrò di alcuni passi, il viso privo di emozioni.
Si lisciò il vestito verde e sorrise disgustata.
-Aspetta cazzo..-
Marco giunse alle sue spalle e sentii di nuovo la bile salire fino alla bocca.
Che cazzo voleva ora?
Mi guardò male, così come guardavo male io lui e poi le mise le mani sulle spalle e le sussurrò qualcosa all'orecchio.
Mila acconsentì.
Si voltò per seguirlo e io le presi la mano fermandola.
Stranamente, non si ritrasse come se l'avessi scottata.
-Dove vai?-
Le domandai preoccupato.
-A casa. Le do un passaggio io.-
Si intromise di nuovo lo stronzo.
Scossi la testa.
-Ti porto io. Vieni con me.-
Fece un segno di negazione anche lei e tolse la sua mano dalla mia.
-Mila, ti porto a casa io.-
Ripetei avvicinandomi.
Marco ridacchiò sotto i baffi.
Gli avrei spaccato la faccia.
Non sapevo nemmeno se era pulito oppure fatto, non potevo lasciarla andare a casa con lui.
Ma lei, testarda come sempre, aveva già preso la sua decisione.
Si voltò dandomi le spalle e seguì quel mezzo uomo fuori dal locale, lasciandomi solo e pieno di frustrazione.
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