33
Mila
Chiesi al taxy di lasciarmi davanti a casa sua e oltrepassai il suo vialetto con l'ansia che mi montava nel petto.
Cosa gli avrei detto di preciso? Non ero sicura di essere pronta ad affrontare quel discorso.
Avevo paura di ferirlo, di dire la cosa sbagliata o peggio, di farlo arrabbiare e allontanarlo da me.
Non ero pronta a rinunciare a lui ma mi sentivo un uragano dentro.
Sentivo la paura che bloccava ogni mia emozione. Paura di fare un passo in più e mandare tutto a rotoli, di non piacergli davvero una volta conosciuta meglio, di mostrare ogni lato di me e ricevere un rifiuto.
Forse era colpa di Paolo. Forse, perché avevo fatto fatica a ricevere il suo amore, temevo di rivivere lo stesso schema con tutti quanti coloro che mi circondavano.
Forse era più facile non essere visti e considerati da una persona come Marco, dato che per lui non sentivo tutto quello che sentivo per Ema e quindi il suo comportamento non poteva distruggermi.
Era quello che mi bloccava?
Suonai il campanello sentendo il naso bruciare, un poco per il freddo e un poco per la paura di quello che sarebbe successo ma quando Ema aprì la porta, mi accolse con un grande sorriso.
-Ce ne hai messo di tempo.-
Disse facendosi di lato per farmi entrare.
-Dov'è Poker?- Chiesi con un filo di voce quando nessuna palla gialla mi corse incontro.
-È dal veterinario con mamma. Vaccini.- Aggiunse subito quando vide la mia faccia preoccupata.
-Okay. Dobbiamo parlare.-
Ema mi guardò con un sospiro.
-Sembra una cosa seria. Fetta di torta?-
Gli sorrisi seguendolo in cucina.
Mi sistemai al tavolo mentre lui tagliò due grandi fette di torta al cioccolato e prese il cartone del latte sistemandolo al centro del tavolo.
Afferrai la fetta di torta e gli diedi un morso.
-È molto buona.-
Gli feci notare colma di imbarazzo.
-Okay. Allora, diciamo che in questi due giorni un poco mi sono preoccupato. Mi sei sembrata diversa e non so bene cosa sta passando in quella testolina, quindi ti prego, falla corta in maniera che non continui a scrogiolarmi nel dubbio di aver fatto qualcosa.-
Sorrisi.
-Via il dente e via il dolore.-
-Tagliamo la testa al toro.-
Rispose lui.
-Togliamo il cerotto?-
Si mise a ridere e per un istante sembrò tutto come sempre.
-Che cosa succede?-
Alzai le spalle.
-Forse mi sono spaventata.-
Ema fece un cenno con la testa e appoggiò la torta nel piatto voltandosi a guardarmi. Eravamo vicini ma lui trascinò un poco la sedia sul pavimento per eliminare ancor più la distanza e io mi sentii quasi messa al muro. Non sapevo dove guardare, mi sentivo in imbarazzo e mi sembrava così stupido essere lì in quel momento, con quelle parole difficili che non riuscivano ad uscire dalla gola.
-Cosa ti ha spaventata?-
-Quello che ho sentito l'altra sera.-
Risposi abbassando gli occhi e non sapendo bene come proseguire.
Ema allungò una mano per stringermi il ginocchio e provò a chinarsi per guardarmi in faccia.
-Smettila di scappare Mila. Le emozioni ti inseguiranno fino a trovarti. Non puoi continuare a mandarle indietro. Devi imparare ad ascoltare.-
Presi un respiro.
-È che io ho un carattere difficile sai?-
Fece un cenno con la testa.
-Alle volte mi viene l'ansia. E poi non sempre so cosa voglio. O meglio, so cosa voglio ma non so cos'è la cosa giusta da fare. E se sbaglio? E se mi rendo conto di non farcela? E poi non voglio deludere più nessuno e..-
Alzai gli occhi per guardarlo un istante e lo trovai concentrato, serio e pronto ad ascoltare il mio sclero.
-Non voglio più essere delusa. E nemmeno rifiutata. Non voglio più elemosinare amore da nessuno e nemmeno passare da sola il giorno di Natale. E poi vorrei un cane ma non ho il tempo di prenderne uno e non so nemmeno se sarei in grado di amarlo perché non sono sicura di come si faccia. Non è facile amare. Non sono facili le relazioni e i rapporti umani in generale perché tutti si creano delle aspettative e io non capisco quali sono le aspettative degli altri. Ecco.-
Lo sentii sorridere.
Poi si alzò in piedi, allontanò la sedia e si inginocchiò davanti a me.
Era alto e robusto e anche in quella posizione mi sovrastava.
Mi girò le braccia intorno al corpo e mi strinse forte.
-Anche per me è stato bello l'altra sera. E anche io ho sentito le stesse cose.-
Sorrisi appoggiando la testa sul suo petto serena per la prima volta da giorni.
Non c'era bisogno di usare troppe parole con lui.
Ema mi capiva senza bisogno di dire frasi di senso compiuto.
Riusciva ad entrare nella mia testa e a collegare tutti quei fili sconnessi che mandavano impulsi nervosi sbagliati e mi facevano parlare a sproposito.
-Non volevo allontanarti o trattarti con sufficienza. Avevo solo bisogno di aria. È che..-
Cercai le frasi giuste per non ferirlo e lui non mi mise fretta.
Si allontanò leggermente da me restando inginocchiato per terra.
Mi metteva quasi a disagio in quella posizione, come se stesse per chiedermi di sposarlo, quindi mi alzai in piedi, allontanai la sedia e mi misi in ginocchio anche io di fronte a lui.
Quel gesto sembrò sorprenderlo per un breve istante ma poi il suo viso tornò rilassato.
-È che è iniziato tutto per gioco e poi ha iniziato ad essere del buon sesso e io ti ho detto che non cercavo una relazione ma poi se ti penso con un'altra mi sento male e vorrei sempre scriverti i miei pensieri e sapere cosa ne pensi e se non sono con te mi manchi.-
Sorrise di nuovo, questa volta facendomi vedere i suoi denti bianchi.
-Ma poi penso che sono un disastro totale e che tu probabilmente non ci stai capendo nulla e forse ti sto confondendo anche ora perché sto dicendo un mare di cose ma nessuna di queste ha un senso. Tu stai capendo?-
Ema scosse la testa, poi mi girò un braccio intorno alla vita mettendolo alla base della mia schiena e mi spinse in avanti facendo incontrare le nostre bocche.
Rimasi sorpresa per un istante ma poi mi avvicinai a lui, gli misi le mani sulle guance e lo baciai sentendomi di nuovo riconnessa alla terra.
Lo baciai con foga, senza gentilezza mentre all'esterno il vento picchiava contro i vetri producendo un rumore fortissimo ma quasi non potevo sentirlo.
Lo baciai sentendomi di nuovo a casa e mi resi conto che aveva ragione, potevo scappare quanto volevo ma non da questo. Io sarei tornata in quella casa ogni volta, perché quello che stavo provando in quel momento valeva la pena di ogni viaggio, di ogni fatica e di ogni bagno nelle mie emozioni.
Ema valeva la pena.
Ema
Allungai una mano e le accarezzai i capelli morbidi.
Lei sorrise ma non si voltò verso di me.
Eravamo nudi a letto da diverso tempo. Mamma era rientrata ma probabilmente si era accorta del cappotto di Mila e non era salita a disturbarci.
L'avevo aspettata tanto in quei giorni, quasi sicuro che non sarebbe tornata ma le avevo dato fiducia.
Mila aveva bisogno di tempo per ascoltare il suo corpo, nessuno l'aveva mai abituata a farlo e ora si stava allenando.
Faticava a dare un nome a quello che sentiva e si spaventava velocemente perché era abituata ad affrontare tutto da sola.
Naila aveva insinuato il dubbi in me per un istante soltanto ma poi mi ero reso conto di una cosa; non era solo Mila quella che doveva fare un viaggio nei suoi sentimenti. Anche io dovevo iniziare a credere in me stesso e dovevo iniziare a cambiare attitudine.
Non ero più Ema, lo sciocco ragazzino che si faceva prendere in giro dagli altri, che non capiva che la propria ragazza lo tradiva, che non sapeva se avrebbe ricevuto la borsa di studio.
Ero Ema che era nato nelle case popolari ma che aveva lottato per affermarsi in quel mondo, che era riuscito a dimagrire, a controllare la rabbia e a crearsi una cerchia di amici in un'ambiente totalmente estraneo a lui.
Dovevo smetterla di preoccuparmi di cosa la gente pensasse di me, di cosa dovevo fare per compiacere gli altri.
Anche io dovevo imparare ad ascoltare me stesso e il mio corpo mi diceva che in quel letto, non avrei voluto nessun altro se non lei.
Mossi la mano e le infilai un dito nel naso facendola scoppiare a ridere.
-Molto simpatico con le mie caccole sull'indice.-
Mi finsi schifato e mi ripulii il dito sulla sua spalla.
-A cosa pensi?-
Mi chiese voltandosi sul fianco.
Amavo il fatto che non sentisse il bisogno di coprirsi ma che si fidasse abbastanza per restare nuda di fronte a me.
-Penso che gli avocado sono in parte colpevoli del surriscaldamento globale.-
Rise di nuovo scuotendo la testa.
-Non è vero. Pensi a me.-
Rispose alzando il mento orgogliosa.
-Quando mai.-
Feci un gesto con la mano per metterla a tacere.
-Anche io pensavo a te.-
Mi incuriosì la sua risposta.
-Ah si?-
-Si, mi chiedevo se sai sciare.-
Gonfiai il petto mentendo spudoratamente.
-Certo. Ho vinto diverse medaglie per lo sci.-
Mi osservò non capendo se stessi mentendo o meno e poi si girò sulla pancia per mettersi più comoda.
-Sei sicuro di venire in vacanza con noi vero? Non ti tirerai indietro all'ultimo..-
Scossi la testa. Era incredibile come si aspettasse continuamente di venire delusa in qualche modo.
-Metti a tacere quella testolina.-
Le dissi schiacciandole l'indice contro.
Squillò il telefono e mi allungai per prenderlo sorridendo quando vidi il messaggio.
Mi rimisi sulla schiena aspettando che Mila mi chiedesse chi fosse ma lei sembrò resistere alla curiosità.
La osservai di nascosto e la scoprii sul fatto mentre si mordicchiava un'unghia.
-Nervosa?-
-Per nulla.-
Rispose alzando il mento.
I capelli le ricaddero sulla spalla.
-Bene.-
Risposi voltandomi per afferrare di nuovo il telefono e rispondere al messaggio.
Quando mi girai ricevetti il cuscino in piena faccia.
-Lo sapevo!-
Dissi avvicinandomi a lei per farle il solletico.
-Tu sei nervosa perché vuoi sapere chi mi scrive?-
Rise allontanandosi velocemente e si alzò in piedi per andare ad infilarsi una mia maglietta.
-Dimmi solo che non è Sandra.-
Scossi la testa ma il sorriso mi morì sul volto.
Avrei dovuto dirle che effettivamente Sandra mi aveva scritto un bel po' di messaggi ma non volevo farle passare il buon umore.
-Said viene alla tua festa domani. Sempre che per te vada bene.-
Il sorriso si riaccese sul suo viso.
-Certo! Anche gli altri possono venire! Lo sai che mi sono piaciuti un sacco.-
Si avvicinò a me e schiacciò il suo corpo sul mio sdraiandosi sopra di me.
-Tu non hai fame?-
Mi chiese con un sorriso.
-Ora no.-
Risposi guardando le sue gambe nude.
-Mi è passata.-
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