28.

Mila
Mi passai un po' di rossetto sulle labbra e poi ripresi a saltare nel bagno di Ema come una stupida.
Era presto. Ema era sceso di sotto a fare colazione ma io non lo avevo seguito intimorita dal fatto che Naila potesse accorgersi del mio furto.
Ema chiaramente si era svegliato affamato e non aveva assecondato i miei pensieri. Era sceso a mangiarsi un panino con la marmellata lasciandomi a saltellare per scaricare lo stress.
Non volevo vedere Paolo. Non volevo litigare con lui alle sette di mattina.
Non volevo che mi dicesse che fossi un'ingrata, un'irresponsabile per essermene andata dalla festa.
Sapevo di averlo deluso di nuovo e sapevo che lui non poteva capirmi in quel momento.
Non capiva che erano anni che provavo ad affermarmi in quel mondo, che cercavo il mio equilibrio mentre lui si faceva la sua vita e ora che era tornato aveva distrutto tutto.
Aveva spalancato la porta della mia esistenza con un calcio pretendendo che lo accogliessi con le coccarde e pur non sapendo nulla di me, aveva iniziato a darmi ordini che non avevo alcuna intenzione di eseguire.
Io ero il treno fuori binario che Paolo cercava di indirizzare di nuovo sulla retta via. Credeva che gli appartenessi e io volevo appartenere solo a me stessa. Non volevo ricalcare le sue orme ma volevo creare le mie, a costo di non avere alcun appoggio.
Eppure, era proprio quello che cercavo. Avrei voluto incontrare i suoi occhi una volta e leggerci orgoglio all'interno. Leggerci amore, felicità o comprensione. Probabilmente io e lui eravamo destinati allo scontro; troppo orgogliosi entrambi, testardi e con una buona mania di controllo.
Come potevamo andare d'accordo? Non bastava di certo condividere il DNA per questo.
La porta si spalancò ed Ema entrò con un sorriso.
Diede un morso al suo panino agitandomelo poi davanti alla faccia.
-Sei una brutta persona.-
Lo rimproverai facendolo ridere.
-Smettila di essere sciocca e scendi di sotto. Naila dorme, inizia tardi il turno e non si sveglierà di certo per tormentarti.
Lo ignorai voltandomi verso lo specchio e diedi un'ultima spazzolata ai capelli.
-No grazie. Non voglio rischiare di litigare prima ancora di arrivare a casa.-
Ema voltò gli occhi al soffitto e mi passò il suo panino.
-Allora muoviti prima che facciamo tardi. Già non capisco nulla di quello che studio, se non mi presento in classe..-
Lasciai andare la spazzola e lo seguii giù per le scale fiondandomi all'esterno, senza nemmeno salutare Poker tanta era la mia agitazione. Corsi verso la macchina e ci salii sentendo Ema ridacchiare alle mie spalle.
Bell'amico!
Finii il panino in pochi morsi rendendomi conto di avere ancora fame, quella ormai era una costante di vita!
Quando mise in moto il motore, alzai il volume dello stereo per mettere a tacere i miei pensieri.
Ero agitata ed Ema lo sapeva ma da buon amico quale era, evitava di fare domande o di dire frasi di circostanza. Stava semplicemente in silenzio mentre guidava per la città che si stava ormai mettendo in moto.
-Diventerò sordo ad ascoltare pessima musica rock a questo volume. E a quest'ora!-
Mi disse facendomi trasalire.
-Pessima musica rock..- Ripetei sconvolta.
-Dovresti vergognarti! Dovrò farti una cultura a riguardo.-
Cambiai stazione radio per farlo contento e partì uno dei soliti tormentoni italiani.
-Meglio?-
Chiesi allora scoppiando a ridere quando mi fece una linguaccia.
-Assolutamente no. Esistono solo due tipi di musica che possono andare bene..-
Sogghignai pronta a sentire la cazzata.
-La techno..-
Feci un cenno sentendomi abbastanza d'accordo.
-È il rap. In ogni sfumatura. In ogni lingua. Sempre.-
Sorrisi. Non mi dispiaceva.
-Sono stata al concerto di Eminem qualche anno fa. In Australia.-
Strinse le labbra guardando diritto verso la strada.
-Che brutta persona. Suscitare invidia così nella gente.-
Risi di gusto e quasi mi dimenticai della nostra missione finché non posteggiò all'ingresso del mio palazzo.
-Forse è da Diana..-
Suggerì Ema facendomi trasalire.
-No, è quì.-
Mi guardò sospettoso.
Non poteva sapere che quando Paolo era a casa, i fiori all'entrata erano sempre freschi e infatti, li stavano cambiando proprio in quel momento così che, quando si sarebbe svegliato per andare in ufficio, avrebbe potuto complimentarsi per l'operato.
-Arrivo.-
Misi la mano sulla portiera e presi un bel respiro.
-Vengo con te se vuoi.-
Scossi la testa.
Era casa mia. Era un mio diritto entrarci senza timori.
Mi catapultai verso l'ascensore e salii fino al mio piano.
Quando si aprì la porta rimasi in attesa per qualche istante. Nessun rumore.
Entrai in punta di piedi e mi misi in attesa. Che stupida! Paolo non era di sicuro nascosto nello sgabuzzino pronto a farmi uno scherzo. Provai a fare un bel respiro per rilassarmi quando sentii una forchetta picchiettare su un piatto.
-Cazzo..-
Era presto, troppo presto perché Paolo fosse sveglio.
Mi diressi verso la sala e aprii la porta.
-Mila!-
Timmy mi corse incontro dandomi un forte abbraccio.
-Signora Martens..-
Si corresse guardando verso Diana.
La donna era seduta al tavolo avvolta da un accappatoio blu scuro in seta. Faceva colazione seduta al mio dannato posto.
-Mila.-
Sorrise facendomi segno di sedermi.
Scossi la testa. Volevo andarmene prima che lui si alzasse.
-Ha la sveglia fra venti minuti. Ti prego..-
Mi rassicurò la donna intuendo i miei pensieri.
-Ema mi sta aspettando.-
Le risposi accarezzando il braccio di Timmy. Quanto mi era mancata.
Mi sorrise dandomi un bacio sulla guancia.
-È tutto triste senza di te.-
Mi sussurrò in un orecchio abbracciandomi nuovamente.
-Capisco. Ci vorrà un poco di tempo ma vedrai, presto inviteremo anche lui qui a colazione.-
Scoppiai a ridere.
-Mio padre ha intestato tutto a te pur di non permettere ad Ema di entrare nei suoi affari, non lo vorrà nemmeno seduto sulle sue sedie.-
Fu il turno di Diana di ridere.
-Tu non conosci affatto tuo padre e ancora credi a tutto ciò che dice quando è arrabbiato. Non mi ha intestato nulla.
Non lo avrei permesso.-
Si alzò in piedi e andò verso l'armadio dei liquori. Prese un prosecco e lo passò a Timmy.
-Con un poco di succo.-
Le chiese facendole l'occhiolino.
-Lui mi ha detto..-
-Lui dice tante cose. Blatera, sbraita, minaccia perché così è abituato a fare ma non ama nessuno al mondo come ama te. Non toglierà nulla a te per darlo a nessun altro. I tuoi soldi sono tuoi. Non che io ne abbia bisogno d'altronde. Stai serena, non sposo tuo padre per questo.-
Mi sentii subito in imbarazzo a quelle parole.
-Non l'ho mai pensato. Ho visto molte donne passare di qui. Ho un certo fiuto per quelle che hanno intravisto i soldi facili. Non tu, l'ho sempre saputo.-
Diana sorrise.
-Allora perché non ti piaccio? Sto provando in ogni modo ad andare d'accordo con te.-
Alzai le braccia davanti a me sconvolta per quelle parole.
-Tu mi piaci. Io non ho nessun problema con te.-
-Perché non torni a casa allora? Per Ema? Tuo padre è invadente e spocchioso ma non ti pedinerà per vedere con chi esci. Sei libera di fare ciò che vuoi. Certo, devi sorbirti le sue paranoie ma..-
-Sei tu che non lo conosci ora.-
Presi una sedia e mi misi accanto a lei.
-È una vita che cerco di compiacerlo. Che provo a fare qualcosa che catturi il suo sguardo, che lo faccia stare qui per più di un secondo. Una vita che mi sfugge. Ora viene qui e si mette nel mio idromassaggio, mi blocca i conti, vuole decidere con chi devo uscire, con chi devo scopare..-
Mi misi una mano nei capelli. Ero piena di rabbia.
Diana scosse la testa.
-Voi due non comunicate. Siete così uguali. Due coglioni.-
Scoppiai a ridere e quando Timmy tornò con il cocktail glielo rubai di mano.
-Cin.-
Dissi a Diana bevendone un goccio.
-Tuo padre ti è stato lontano per dei motivi. Probabilmente stupidi, probabilmente assurdi ma dal suo punto di vista ti stava solo proteggendo. Ora torna e decide di fare il padre. Che stupido! Ha perso troppo tempo per rientrare in quel ruolo. Continuo a dirglielo che dovete costruire piano piano..-
Sbuffai passandole il bicchiere.
-Odio queste storielle. Me le avresti passate a quattordici anni, ma ora.. Mi è stato lontano per proteggermi? Mi ama? Vuole fare il padre? Quale padre chiede alla propria figlia di stare con un pazzo perché giova agli affari?-
Fu il turno di Diana di scuotere la testa.
-Il tuo. Un padre che pensa che fare bene il proprio lavoro, costruire un futuro per i figli, giovarli economicamente sia l'unico modo di mostrare amore. Paolo è pieno di demoni. È pieno di sbagli. Continua a sbagliare, cieco di fronte alle evidenze. Ma non ti sto mentendo. Nella sua testa, lo fa per te. Perché ti ama. Torna a casa. Vi aiuterò ad aiutarvi perché da soli siete un disastro. Dammi l'occasione.-
Sorrisi e mi alzai in piedi. Dovevo cambiarmi e Ema mi stava aspettando.
-Mila io lo amo davvero. Voglio solo vederlo sereno.-
Le appoggiai una mano sulla spalla.
-E lui ama te. Ma stai attenta, il suo amore è doloroso. È imperativo, fluttuante, scompare all'improvviso e poi ti schiaffeggia il viso. Il suo amore è devozione cieca o rinnegazione. Non permettergli di trattarti così. Sii più forte di lui.-
La sentii trattenere il fiato alle mie parole e poi si voltò a guardarmi.
Non disse nulla.
Anche lei sapeva quanto potesse essere difficile amare Paolo.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top