Capitolo 37
Lennon era conscio che se avesse continuato a guidare spericolatamente sarebbe finito con l'investire qualcuno o avrebbe rischiato di prendere una multa salata, ma trovare Axel era la sua priorità assoluta.
Doveva trovarlo prima di commettere un enorme sbaglio.
«Dove cazzo sei Axel?!». Lanciava occhiate a destra e a sinistra, sperando di riconoscerlo in mezzo ai cittadini che gironzolavano come formiche per Maddison Town.
Si fermò in molti posti durante la sua ricerca. Mostrava foto del suo ragazzo, chiedendo se l'avessero visto e se rispondevano subito di no, ringraziava e passava al posto successivo. Era stato in tre motel, credendo potesse essersi fermato a dormire lì, ma ricevette solamente risposte negative. Cercò persino al parco perché magari si era addormentato su una panchina dopo essersi ubriacato, ma non lo aveva trovato nemmeno lì e nessuno aveva visto il ragazzo nella foto gironzolare per quella zona. Era entrato in alcuni minimarket per chiedere se fosse passato a comprare qualcosa, ma anche in quel caso ricevette solo risposte negative.
Lennon non voleva arrendersi. No, non lo avrebbe fatto perché c'era di mezzo la vita del suo ragazzo e non poteva rischiare di perderlo per sempre. Lo amava con tutto il suo cuore ed era l'amore della sua vita.
Rientrò in macchina. La testa scivolò sul volante, stremato da quella ricerca a cui non aveva portato a niente. Si sentiva soffocare, come se qualcuno l'avesse preso per i capelli e ficcato la testa sott'acqua.
Con quella brutta sensazione addosso gli venne un lampo di genio e accese l'automobile, sicuro del luogo dove Axel si era rifugiato.
Era il Quiet Lake.
Il lago in cui erano andati insieme la prima volta. Axel gli aveva confidato, durante una delle ultime notti passate insieme, che quel luogo era diventato uno dei suoi preferiti perché era stato lui a farglielo conoscere e perché avevano creato bellissimi ricordi di loro due e che li avrebbe sempre conservati nel suo cuore.
Il motore rombò e all'improvviso Lennon si sentì grintoso ma soprattutto fiducioso di trovarlo proprio al Quiet Lake. Fece un'inversione a U per nulla legale, vendendo strombazzato da più auto, ma lui li mandò al diavolo e si diresse a tutta velocità verso la strada sterrata che portava al lago.
I battiti aumentavano, sbattendo contro il petto, ad ogni chilometro che faceva e che lo avvicinava sempre di più alla sua meta.
Fermò la macchina quando raggiunse la piazzola che col tempo era diventata il parcheggio per chi voleva semplicemente passare una giornata al lago.
Spense il motore.
Lennon fece un profondo respiro poi aprì la portiera ed uscì. Osservò il poco cielo che si poteva intravedere dalla fitta chioma degli alberi, i quali avevano già incominciato a cambiare colore e a far cadere le prime foglie e notò che si era fatto scuro, come se da un momento all'altro potesse scoppiare un temporale.
Pregò che non fosse così. Non gli piaceva stare in mezzo alla boscaglia mentre sopra il cielo si preparava a sganciare bombe d'acqua e pericolosi fulmini che avrebbero potuto colpirlo in quanto molto vicino agli alberi.
Si inoltrò nel bosco e iniziò a chiamare il nome del batterista. Sotto ai suoi piedi bastoncini di legno si spezzavano e il rumore secco che emettevano gli faceva venire i brividi perché gli sembrava quasi stesse polverizzando delle ossa sotto alle sue sneakers e perché più entrava nella boscaglia e più l'oscurità lo abbracciava.
«Axel!» gridò, formando un cerchio con le mani davanti alla bocca, volendone amplificare il suono.
Nessuna risposta, solo il fruscio delle foglie che creavano quasi un suono sinistro. Le raffiche di vento erano aumentate e sferzavano come delle frustate contro il viso e il corpo di Lennon che si dovette stringere le braccia intorno allo stomaco per proteggersi dal freddo. Indossava solo una felpa leggera.
«Axel» tuonò ancora, «Amore, ti prego, rispondimi!».
Una prima goccia gli colpì la fronte che colò fino alla punta del suo naso. Alzò gli occhi al cielo e altre piccole gocce d'acqua piovana incominciarono a cadergli addosso.
Si strofinò una manica sul volto poi aumentò il passo, non guardando nemmeno dove metteva i piedi, ma non voleva rischiare di venire fulminato. Sbucò sulla piccola spiaggetta del lago con le scarpe piene di fango e la tuta di un grigio più scuro e zuppo d'acqua. Rischiò di ruzzolare giù dalla collinetta, ma restò in piedi per miracolo o meglio perché all'ultimo secondo si era aggrappato ad un ramo di un albero che gli aveva impedito di cadere.
Esalò un sospiro di sollievo. Poi il suo sguardo venne catturato dalla presenza di Axel in piedi sul piccolo molo e dentro di lui gioì perché lo aveva finalmente trovato.
Il suo cuore tornò a pompare aggressivamente nel petto. I suoi piedi si mossero in automatico verso il suo ragazzo. Corse per raggiungerlo e quando lo chiamò un'ultima volta, Axel si voltò con espressione sorpresa sul volto devastato dalla tristezza e Lennon lo abbracciò con possessione, stringendolo con così tanta forza a lui da impedirgli di respirare.
«Oh Dio, Axel... Ti ho trovato» sussurrò, affondando il viso nei suoi capelli corvini e inspirando il suo profumo di cui aveva sentito la mancanza.
«Lennon...» ad Axel tremò la voce per l'emozione. Si aggrappò con disperazione alle spalle del suo ragazzo. Lennon lo stava abbracciando quindi significava che lo voleva ancora nella sua vita, giusto?
Lennon si staccò piano da lui, ma nonostante ciò le mani di Axel non mollarono la presa, anzi strinse le dita con più forza intorno ai suoi bicipiti per impedirgli di allontanarsi troppo.
Non voleva lasciarlo perché se lo avesse fatto, temeva sarebbe scomparso.
Aveva paura che fosse solamente un'illusione creata dal suo desiderio di vederlo un'ultima volta prima di venire avvolto dall'acqua gelida del lago e finire col raggiungere i fondali, insieme all'immondizia.
Lennon strinse la mani a pugni e le appoggiò contro il petto di Axel, «Sei un'egoista, Lex. Lo sei davvero. Come hai potuto farci una cosa del genere? Come hai potuto usare un finto tradimento per allontanarmi da te? Ti rendi conto che hai fatto soffrire profondamente entrambi?» sputò fuori tutto ciò che stava pensando con voce tremante dalla paura di perderlo mischiata a rabbia per come erano andate le cose tra loro due.
«Come hai potuto fare una scelta così egoistica senza prima parlarne con me? Senza darmi modo di replicare, senza darmi modo di spiegarti che del tuo passato non mi importa niente perché hai scelto me tra tutti loro» la sua voce si era affievolita mentre con una mano risalì fino al viso di Axel, sfiorandogli delicatamente una guancia bagnata dalle lacrime, «Non hai nessuna colpa. Ciò che quel bastardo ha cercato di farti è sbagliato sotto ogni punto di vista e tu sei la vittima di una mente malata. Non sei sbagliato amore, no, non lo sei.»
Il viso di Axel si riempì di lacrime e le sue spalle vennero scosse dai singhiozzi. Lennon appoggiò la sua fronte contro quella del corvino e iniziò a baciargli ogni singola lacrima, riuscendo così a strappargli un piccolo e abbozzato sorriso.
«Mi dispiace... Mi dispiace davvero tanto» pianse sulla spalla del suo ragazzo che tornò ad abbracciarlo con amore, tenendo le braccia ben intrecciate dietro la sua schiena e cullandolo col suo calore mentre la pioggia batteva sulle loro teste.
«Sono un verme. Come puoi voler stare con me? Sono orribile. Sono una persona cattiva. E tu sei così... Così speciale che non voglio rischiare di rovinarti.»
Lennon negò e poi premette le sua bocca tra i capelli di Axel, «Non sei né un verme e tantomeno una persona cattiva perciò smettila di dire che mi rovinerai o che merito qualcuno migliore di te perché sei l'unica persona che voglio al mio fianco per il resto della mia vita, capito?!».
Axel tirò su con il naso e fissò stranito il suo ragazzo.
«Non fare quella faccia» Lennon gli pizzicò il naso, «Evan mi ha detto tutto. So che continuavi a blaterare sul fatto che fossi degno di me, ma chi diavoli pensi io sia? Non sono mica un buon samaritano, Lex. Sono una persona normale con i propri alti e bassi, esattamente come te».
«Ma sono pieno di problemi e non voglio che per ogni mio casino tu debba farmi da psicologo o rischiare di venire travolto dalla mia rabbia com'è già successo e di cui continuerò a scusarmi perché non ti meriti un coglione violento come me.»
«Axel ora ascoltami molto bene: io voglio che tu venga da me se stai male, se hai qualche dubbio, se hai dei ripensamenti, se hai litigato con tua madre o se hai discusso con i tuoi amici perché sono il tuo ragazzo e desidero che tu ti senta al sicuro con me per parlarmi di tutto ciò e che ti senta amato com'è giusto che sia» gli sfiorò le labbra con le sue, ma ancora non lo baciò perché aveva molto altro da dirgli, «Quando mi sono innamorato di te mica mi sono fermato a pensare a quanti problemi ti stavi trascinando dietro da tempo e in cui sarei stato risucchiato perché era consapevole che insieme saremmo riusciti a superare ogni cosa. Ero e sono ancora pronto ad accettare ogni difetto che possiedi ma anche tutti i meravigliosi pregi che hai».
Axel emise una mezza risata ironica, «Di pregi ne ho ben pochi, anzi forse non ne h―»
«Zitto e ascoltami» gli tappò la bocca con una mano.
«Devi ficcarti in quella zucca vuota che ti amo, che sei la mia vita e che nonostante i tuoi sbalzi d'umore, qui dentro» gli indicò il cuore e i battiti aumentarono, «c'è tanto amore e io l'ho vissuto sulla mia pelle quindi finiscila di dire che non vali, che non ti merito e altre stronzate del genere. Tu sei degno di me e io di te, amore».
Axel conficcò il viso nell'incavo del collo di Lennon per nascondersi. In quel momento Lennon vide con la coda dell'occhio che la caviglia del suo ragazzo era legata a una corda, legata a sua volta a un blocco di cemento e il sangue gli si gelò nelle vene immediatamente.
Gli venne da vomitare.
Se fosse arrivato anche solo qualche minuto più tardi avrebbe perso per sempre Axel.
Lennon si abbassò velocemente verso la gamba con la nausea a impastargli la bocca. Il batterista osservò in silenzio ciò che stava facendo e ricominciò a piangere quando lo vide slegargli la corda attorno alla caviglia con le mani che gli tremavano.
La vista di blocco di cemento collegato al piede di Axel gli aveva strappato di dosse il fiato e lo stomaco gli si era chiuso per il terrore.
Se fosse arrivato in ritardo... Se avesse perso altro tempo a cercarlo altrove... Axel sarebbe scomparso nelle acque gelide del lago e lui non se lo sarebbe mai perdonato.
«Mi dispiace» mormorò ancora con voce rotta quando Lennon tornò a fronteggiarlo.
Il ragazzo annuì una sola volta poi aprì le braccia per accoglierlo nuovamente e Axel tornò nel suo caldo abbraccio senza pensarci mezzo secondo.
Tutto ciò che necessitava per stare bene lo stava cullando tra le sue braccia. La sua vita stava tornando a riacquistare i suoi colori naturali ― niente più bianco e nero.
«Se senti il bisogno di piangere, fallo e io piangerò con te. Se senti il bisogno di urlare, fallo e io urlerò ancora più forte. Se senti il bisogno di stare in silenzio, dillo e io smetterò di parlare e mi limiterò a starti accanto. Voglio sapere quando stai bene, quando stai male, quando sei arrabbiato e quando sei felice perché ti amo e prendermi cura di te è un dovere oltre che un piacere in quanto tuo ragazzo.»
Ogni sillaba, ogni lettera e ogni frase che gli stava sussurrando con calma non le stava dicendo tanto per dire, per impedirgli di commettere una cavolata ma perché ci credeva davvero. Perché quando amava qualcuno il suo unico pensiero era rendere quella persona felice. Farla sentire amata. Farla smettere di soffrire ― o almeno ci provava perché non era sempre così semplice.
Voleva far capire a Axel che non lo avrebbe mai abbandonato.
«Starò al tuo fianco fino a quando lo vorrai. Fino a quando non ti stancherai di me.»
Axel gli prese il viso tra le mani e lo baciò, uno sfiorarsi leggero e delicato delle loro labbra bagnate dalla pioggia, «Non mi stancherò mai di te. Mai e poi mai perciò preparati, se mi desideri davvero, perché ho e avrò costantemente bisogno di te, di averti al mio fianco per il resto della mia vita e come ben sai, so essere abbastanza difficile».
«Abbastanza?» ridacchiò Lennon, facendo scontrare i loro nasi, «Direi che sei tanto difficile, ma come ti ho già detto in passato: io amo le sfide e non mi arrenderò facilmente, anzi penso non lo farò mai. Vincerò io contro il tuo caratteraccio».
«Lo spero.»
Si abbracciarono, sigillando così quella promessa silenziosa che si erano appena scambiati con il solo scrutarsi fin dentro l'anima. I loro corpi in quell'abbraccio si fusero e sentirono di essere tornati ad essere un'unica persona.
«Ora è meglio se ti porto a casa prima di prenderci un malanno.»
Axel tremò e scosse con vigore la testa, «No» esclamò categoricamente, puntando i piedi per terra e impedendo a Lennon di trascinarlo via dal pontile.
«Perché?»
«Perché se tu non ci sei, non voglio tornarci.»
Gli angoli della bocca di Lennon si alzarono in un piccolo sorriso poi gli diede un buffetto sulla fronte, «Allora prima passiamo dai miei nonni a prendere la mia roba e Ash, a cui sei mancato tanto e poi torniamo a casa nostra, va bene?»
Axel si tranquillizzò nell'esatto momento in cui udì la parola «nostra» e i battiti tornarono normali dopo essere aumentati per l'ansia.
«Solo ad Ash sono mancato?»
«Mi sei mancato talmente tanto da aver faticato a respirare perché sei il mio ossigeno, Lex.»
«Mi dispiace, è tutta colp―» Lennon lo fece tacere con la sua bocca.
Uno schioccò si liberò nell'aria ma venne soffocato dal rumore scrosciante della pioggia.
«Smettila di dirlo. Non voglio più sentire uscire dalla tua bocca quella parola, capito?»
Axel gli mostrò la linguaccia poi gli diede un leggero spintone e subito dopo prese a correre verso la spiaggia, gridandogli di muoversi.
Lennon lo seguì ridendo, felice che le cose si fossero aggiustate tra loro due e che fosse tornato tutto come prima.
Era conscio che ciò che aveva fatto Axel era sbagliato, ma non riusciva ad andargli contro. Era cresciuto con una madre che non aveva fatto altro che dirgli che non valeva niente, che non lo aveva mai voluto e per quel motivo era giunto alla conclusione di non meritarsi la felicità. Che fosse giusto e normale che venisse abbandonato da chiunque.
Anni orsono l'unico che per un po' di tempo era riuscito a scaldargli il cuore, già martoriato da tutto l'odio ricevuto dalla madre, glielo aveva spezzato come nulla fosse. Quel senso di abbandono e tradimento da parte del suo ex ragazzo aveva contribuito a trasformargli il cuore in pietra e di conseguenza aveva eliminato dalla sua vita chiunque avesse provato ad amarlo sul serio. Non lo aveva fatto solamente per paura di soffrire, ma anche perché era convinto di non meritarsi niente, di non valere nemmeno un penny. E involontariamente aveva allontanato chiunque per evitare a queste persone di finire insieme a qualcuno pieno di problemi come lui, come nel caso di Lennon.
Ma alla fine, Lennon aveva vinto. Era riuscito ad entrargli nel cuore e a fargli capire di valere, di essere una brava persona e che lui lo amava tanto da voler passare la vita insieme.
«Aspettami scemo!»
✴✴✴
Nonna Teresina fu felice di scoprire che suo nipote e Axel erano tornati insieme e che avevano parlato e risolto ogni cosa, ogni malinteso.
Gli dispiacque un po' osservare Lennon mentre ripiegava i suoi vestiti nella valigia perché ciò significava che sarebbe tornato a casa sua e di conseguenza non avrebbe più avuto suo nipote in giro per casa. Ma almeno sapeva che aveva smesso di stare male e che era tornato a sorridere con il fidanzato al suo fianco.
«Mi raccomando venite a trovarci spesso» la donna abbracciò il nipote e la parte superiore del vestito si bagnò in quanto gli abiti di lui erano zuppi d'acqua, «E quando tornate a casa fatevi subito una doccia calda prima di rischiare di ammalarvi per bene».
Lennon ridacchiò, «Sì, nonna, tranquilla».
Axel stava cullando Ash, riempiendoli di baci la testolina e lui in cambio gli stava regalando delle rumorose fusa che lo fecero sorridere dolcemente.
«Ho fatto. Lex, possiamo andare» annunciò, chiudendo la cerniera della valigia.
«Guida piano che con questa pioggia non si sa mai.»
«Ti avviso appena arriviamo a casa e nonna,» Lennon baciò le guance di sua nonna, facendola ridacchiare, «grazie per avermi ospitato. Ti voglio un mondo di bene».
«Ci mancherebbe altro, sei il mio adorato nipote! Casa mia è sempre aperta per te, Leni e anche per Axel, ovviamente.»
«Grazie Teresina» mormorò il batterista, mostrando un sorriso all'anziana che ricambiò volentieri, accarezzandogli persino una guancia arrossata dal freddo.
Non appena aprì la porta del loro appartamento, Axel si sentì nuovamente a casa perché al suo fianco c'era Lennon. Senza di lui, quel posto perdeva completamente ogni colore. E in quei pochi giorni in cui Axel aveva vissuto là dentro da solo, tutto si era scolorito a tal punto che gli era sembrato di vedere in bianco e nero.
Lui stesso era sbiadito come una fotografia lasciata per troppo tempo sotto la pioggia.
Lennon era i suoi colori, la sua vitalità e la sua energia e senza di lui, tutto si trasformava in un vecchio giornale dalle sfumature grigie che gli toglieva la voglia di vivere.
Axe fece intrecciare le loro dita intorpidite dal freddo, strappando un sorriso al suo ragazzo poi lo trascinò fino al bagno nella loro camera da letto, «Ti va di farci una doccia insieme?».
Lennon gli rispose con un bacio a stampo sulle labbra e uno scontro di nasi.
Però prima di lavarsi e scaldarsi le ossa che avevano assorbito abbastanza freddo, il rosso avvisò Evan di aver trovato Axel e gli disse che stava bene e che ora erano insieme. Evan gli rispose di prendersi cura di lui. Cosa che Lennon avrebbe fatto molto volentieri.
Stettero una buona mezz'ora in doccia. E in quel lasso di tempo, il batterista chiese più volte scusa al suo ragazzo per il mondo in cui si era comportato, non pensando alle conseguenze di quella scelta, non pensando a quanto avrebbero sofferto per quella separazione. Ma Lennon gli disse di stare tranquillo, che lo perdonava e di non pensarci più perché erano tornati insieme e quello era l'importante.
«Asciugati bene questi capelli, scemotto» Lennon gli strappò dalle mani l'asciugamano e iniziò a tamponargli la chioma corvina, «Guarda, faccio io che è meglio sennò rischi di ammalarti davvero».
«Sai vero che dobbiamo parlare di come ti ho trovato sul pontile? La corda e il blocco di cemento...» se ne uscì poco dopo e la nausea tornò a impastargli la bocca, ma non riusciva a smettere di pensarci.
Era quel "E se" che continuava a perseguitarlo.
E se fosse arrivato tardi? E se fosse andato da tutt'altra parte? E se avesse scelto di tornare all'appartamento, sperando di vederlo rientrare in casa dopo qualche ora?
Se si fosse fermato, anche solo a pensare per mezzo secondo in più, lo avrebbe perso.
Ma grazie al suo lampo di genio dovuto a quel senso di soffocamento, quasi come se il suo corpo avesse captato i pensieri di Axel e gli avesse fatto percepire sulla sua pelle ciò che stava per succedere, era riuscito a salvarlo.
Axel abbassò la testa e il suo inseparabile senso di colpa lo accoltellò ancora una volta alla schiena.
«Io... Io.. Il giorno dopo che te ne sei andato mi sono svegliato pensando, anzi credendo ciecamente di essere in un incubo, ma quando sono entrato nella tua camera per cercarti, ho capito che te n'eri andato davvero e mi sono sentito morire. Era come se avessi smesso di vivere, respirare. Non aveva senso restare in vita se non eri al mio fianco e lo so,» gli occhi si riempirono di lacrime e la bocca si impastò di saliva, «lo so che tutto ciò non sarebbe successo se non ti avessi mentito, ma per me la parola vivere aveva perso ogni significato in quel momento».
Le mani del batterista si aggrapparono alla felpa di Lennon che aveva smesso di tamponargli i capelli per via di quelle parole che furono come delle coltellate nel cuore poi cercò il suo sguardo e trovò anche i suoi occhi lucidi per il pianto, «C'ho pensato per qualche giorno poi ho scelto il Quiet Lake e l'unico modo per sparire in un lago era legarmi un peso alla caviglia e lanciarmi in acqua, sperando di morir―.»
Lennon gli tappò la bocca con una mano per metterlo a tacere mentre dalle labbra scappò un forte singhiozzo e il suo viso si riempì a sua volta di lacrime, «Ti prego, basta. So di essere stato io a chiederti di parlare, ma non ce la faccio... Se penso che stavi per toglierti la vita, oh, cazzo» tremò stringendo le mani intorno ai polsi di Axel, «mi sento morire. Te lo giuro, amore, mi viene da vomitare perché se non fossi arrivato in tempo, ora non saremmo qui insieme».
«Ma ce l'hai fatta. Mi hai salvato.»
«Per un pelo e nonostante ciò in parte non mi sento sollevato perché avremmo potuto evitare tutto ciò semplicemente parlandoci in modo chiaro. Axel, devi andare in terapia e non lo dico per cattiveria ma dopo quello che hai subìto, voglio che tu vada a parlare con un professionista.»
Axel si tuffò tra le braccia di Lennon che strabuzzando gli occhi per quel gesto improvviso, ricambiò perché sapeva quanto ne avessero bisogno, «Sono un egoista, lo so, ma ti giuro, non farò mai più uno sbaglio, una scelta del genere quindi non mi lasciare. E non ti tradirò mai, questo lo devi sapere. Non potrei mai. E andrò dallo psicologo, te lo prometto».
Lennon gli baciò la testa, accarezzandogli lentamente la schiena, «Non ti lascerò mai perché ti amo tanto e sei la mia vita».
«Ti amo tanto anche io, Neon. E resteremo insieme per sempre, vero?»
«Per sempre.»
«Mi hai cambiato la vita batterista dei Voodoo Doll.»
«E tu la mia, pel di carota. Me l'hai migliorata e mi hai fatto tornare a provare emozioni che avevo soffocato per un'intera vita quindi grazie, grazie davvero amore mio.»
Si scambiarono un'infinità di baci, sigillando una nuova promessa, quella di restare insieme fino alla fine.
Entrambi erano piombati nella vita dell'altro come un temporale improvviso. Si erano portati dietro caos, sofferenze e tanti problemi. Però c'era quel detto, che dopo ogni temporale, tempesta, usciva sempre l'arcobaleno e per i due ragazzi era stato davvero così. Un arcobaleno luminoso aveva cambiato le loro vite in meglio e le aveva rese più colorate e piene di emozioni indimenticabili.
Lennon aveva scoperto di provare attrazione per i ragazzi e anche se non lo aveva ancora detto ad alta voce, aveva capito di essere gay e che l'amore che provava per Axel era molto più grande e profondo di quello che aveva sentito per Tiffany.
Axel invece si era lasciando andare con Lennon. Gli aveva consegnato le chiavi del suo cuore e gli aveva permesso di aprire nuovamente il baule delle sue emozioni, facendolo tornare ad essere un umano che provava profondi sentimenti. Aveva anche capito di meritarsi l'amore, di valere qualcosa, sempre grazie al suo ragazzo.
Il rosso che all'inizio della loro storia aveva rappresentato unicamente la rabbia, soprattutto da parte di Axel, si era trasformato in passione ardente e in un grande e profondo amore, ma anche in tanto coraggio ― coraggio nell'affrontare il loro futuro e le loro scelte insieme, fregandosene degli altri.
L'arancione, la paura dei cambiamenti, del lasciarsi andare si era trasformato in senso di appartenenza ma al contempo di libertà, divertimento e realizzazione. Axel era riuscito a mettere da parte il suo terrore di aprirsi a Lennon e una volta che si era sentito in sintonia con lui, aveva capito di appartenergli e di essere libero di poter esternare tutti i suoi sentimenti perché conscio che non lo avrebbe mai giudicato. Lennon aveva smesso di pensare al giudizio del padre e si era concentrato unicamente nel divertirsi con il ragazzo che amava, senza starsi a fare paranoie inutili o a cercare di tornare ad essere "etero" per fare felice l'uomo e realizzando che la vita di ora gli piaceva molto di più rispetto a quella che si era costruito con Tiffany.
Il giallo rappresentava la gelosia e la felicità e questo non era cambiato. Axel era ancora geloso di Lennon e Lennon di Axel. E anche un piccolo sorriso riusciva a renderli felici. Se uno stava bene, anche per l'altro era così ― inconsapevolmente si sentiva felice, contento.
Il verde aveva simboleggiato la loro crescita da amici ad amanti ― i loro sentimenti si erano fatti sempre più intensi e profondi. La guarigione di Axel per quanto riguardava tutte le sue insicurezze che per tanto tempo gli erano rimaste incollate addosso, facendolo sentire un po' più sicuro di sé, più consapevole di valere qualcosa e che quello che per tutta la vita gli aveva gridato contro sua madre era una bugia a cui non doveva più pensare. E la speranza. La speranza in un futuro migliore per loro due.
Il blu era la tristezza, la quale si era tramutata in pace e tranquillità che solamente nelle braccia dell'altro riuscivano a trovare. A loro bastava percepire l'abbraccio caldo dell'altro circondarlo completamente per stare meglio, per rilassarsi e stare in pace con loro stessi.
L'indaco aveva risvegliato in loro una maggior consapevolezza dei loro sentimenti, della loro grandezza ma dovevano ancora capire come gestirli al meglio.
Il viola per tanto tempo aveva rappresentato la depressione, la paura della morte ma a volte anche il desiderio di mettere una fine a quella sofferenza, la frustrazione di non sapere come controllare i propri sentimenti e in un certo senso era ancora così, ma Lennon e Axel stava cercando di affrontarli, sicuri che insieme li avrebbero superati ― anche se non subito.
Un passo alla volta per cancellare tutte quelle emozioni negative perché dove prima tutto era sempre stato in bianco e nero, ora l'arcobaleno avevano donato un po' di colore. E quei colori, quelle nuove e positive emozioni li stavano aiutando ad aprirsi al futuro, a guardare avanti, con la consapevolezza di poter contare sempre l'uno sull'altro.
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