Capitolo 36
Lennon suonò al campanello della casa dei suoi nonni in uno stato pietoso. Le lacrime gli avevano fatto da compagne per tutto il viaggio e sembrava proprio che non avessero intenzione di fermarsi.
Ad aprirgli la porta fu sua nonna Teresina, il cui sorriso radioso scomparve non appena posò lo sguardo su di lui.
«Leni, tesoro, cosa succede? Perché stai piangendo? Forza, vieni qui» l'anziana spalancò le braccia, invitando il nipote a farsi abbracciare.
Lennon non ci stette a pensare nemmeno per un secondo, si fiondò tra le braccia esili di sua nonna e quando le percepì avvolgersi sulla sua schiena, il suo pianto aumentò di intensità. Singhiozzò fortemente.
«Giacinto!» gridò Teresina per richiamare l'attenzione del marito intento a guardare un programma televisivo.
L'uomo arrivò, muovendosi piano. Aveva problemi all'anca perciò non poteva correre e anche se ci avesse provato, non ci sarebbe riuscito, rischiando solo di farsi del male.
«Porta in casa le valigie di Leni.»
«Attento che nel mio zaino c'è Ash, il mio gattino» annunciò Lennon mentre le guance si alternavano nello scivolargli sulle guance umide e arrossate.
Giacinto tirò giù di poco lo zip dello zaino e la testolina nera sbucò fuori, emettendo un dolcissimo e acuto miagolio. Gliela accarezzò e il piccolo miagolò ancora. Sorrise addolcito poi stando attento a non sballottarlo troppo, lo portò in casa e lo liberò. Solamente dopo averlo visto zampettare per casa, tornò a prendere le altre valigie.
Lennon abbracciò ancora una volta sua nonna poi si staccò da lei, provando a mostrarle un sorriso. Quello che venne fuori fu una smorfia che assomigliava più a quando si soffriva dopo aver calpestato un lego e per evitare di gridare, ti si formava quel mezzo sorriso tremolante che celava tutto il dolore che si stava provando in quel momento.
«C'entra tuo padre? Ti ha fatto del male?»
Teresina aveva avuto una pesante discussione con William dopo aver saputo che aveva cacciato di casa Lennon perché gli piacevano i ragazzi. Con sua figlia Helen, aveva messo in chiaro che non sarebbe più entrata in quella casa fintanto che suo nipote non ne avesse fatto ritorno. Helen non aveva nemmeno provato a farle cambiare idea. Aveva accettato la sua decisione e ogni volta che si erano viste, lo avevano fatto a casa loro con Lennon, Greta, Charlotte e senza la presenza del marito.
«Ho litigato con Axel» le rispose con la voce impastata mentre il groppo in gola tornò a soffocarlo.
Tutta quella situazione lo stava opprimendo. Un altro tradimento non sarebbe riuscito a superarlo. Quando chiudeva gli occhi si immaginava Axel insieme ad un altro ragazzo mentre facevano sesso e lo stomaco gli si chiudeva per il disgusto, per il disprezzo.
Le budella sembravano venir strette in un pugno e un senso di vomito si faceva spazio dentro di lui.
«No! Come? Perché?». La nonna ne rimase veramente scioccata perché quando suo nipote gli aveva raccontato di essersi fidanzato con lui era visibilmente al settimo cielo mentre ora pareva star soffrendo le pene dell'inferno.
Si morse il labbro inferiore. Non era pronto a dirlo ad alta voce. Se l'avesse fatto, tutto gli sarebbe parso ancora più reale di quanto già non fosse. L'avrebbe reso ufficiale e ancora non se la sentiva di ammetterlo a chi gli voleva e nuovamente a lui stesso.
«Non mi va di parlarne. Scusa nonna...»
«Ma ti pare, tesoro?! Quando ti sentirai pronto nel parlarmene, io sarò qui ad ascoltarti.»
Teresina gli accarezzò una guancia e Lennon si sforzò nuovamente di sorridere. Gli angoli della bocca tremarono un po', ma un accenno di sorriso riuscì a regalarlo a sua nonna.
«Posso restare qui per qualche giorno?»
«Puoi stare per tutto il tempo che vuoi, Leni. Sai perfettamente che sei sempre il benvenuto qui.»
«Grazie nonna.»
◊◊◊
Lennon chiuse la porta della sua camera alle sue spalle e si lasciò scivolare contro il legno freddo fino a quando non finì col sedere per terra. Si sedette a gambe incrociate e portò le mani nei capelli perché gli stava scoppiando la testa.
Come regalo il pianto gli aveva lasciato una grande emicrania, gli occhi completamente gonfi e rossi e il viso arrossato e umido. E Axel, come regalino, gli aveva strappato il cuore dal petto e glielo aveva distrutto come se non valesse un penny. Come se non gliel'avesse donato in segno di fiducia e di amore nei suoi confronti.
E lui di tutto ciò se n'era fregato e aveva rovinato ogni cazzo di cosa.
Inspirò profondamente e strizzò gli occhi arrossati e pungenti.
Doveva trattenersi dal piangere ancora e ancora. Gli sarebbe esplosa la testa se avesse ripreso a singhiozzare e a lacrimare a dirotto.
Il cellulare vibrò nella tasca dei pantaloni ma non si azzardò a guardare chi fosse. Poi vibrò ancora. Un altro messaggio. Poi delle vibrazioni più lunghe, segno che qualcuno lo stesse chiamando. Ma anche in quel caso ignorò la chiamata.
Quel gioco di vibrazioni andò avanti per quasi una ventina di minuti poi finalmente cessò di fargli vibrare la gamba. I messaggi si erano fermate e le chiamate sembravano essersi arrese.
Lo estrasse, attivò la schermata di sblocco e subito il suo cuore gli piombò in fondo allo stomaco per l'afflizione. Lo sfondo erano lui e Axel che si baciavano sul loro letto e i messaggi così come le chiamate perse che torreggiavano sullo schermo erano da parte sua.
Centinaia di messaggi che non aveva il coraggio di aprire e leggere e una trentina di chiamate perse che cancellò all'istante.
«Lasciami in pace! Cosa vuoi ancora da me?!» sbraitò, stringendo tra le dita il cellulare mentre ricacciava indietro le lacrime che volevano sgorgare dai suoi occhi.
Il cellulare vibrò un'ultima volta e il suo sguardo cadde sul messaggio che Axel gli aveva appena inviato e una risata isterica esplose nell'aria. I suoi occhi ebbero la meglio su di lui e sui suoi sentimenti, innondandosi nuovamente di lacrime.
Era un falso.
Un bugiardo.
Un bastardo.
Perché doveva continuare a mentirgli? Perché lo stava facendo soffrire? Si meritava davvero di essere trattato come una pezza da piedi?
«"Ti amo", eh? Ma vaffanculo!» gridò contro lo schermo del suo cellulare poi gli rispose. Gli disse di smetterla di tormentarlo, di piantarla di mentirgli e che lo odiava per ciò che gli aveva fatto.
Non lo odiava veramente ma in quel momento non era lucido perciò si sfogò semplicemente con lui perché era stanco di venir trattato come se non valesse niente.
Stava marcando per colpa sua e per la sua scelta di tradirlo.
Dopo quel messaggio, Axel non gli scrisse più nulla.
Lennon si trascinò fino al suo letto. Non stette nemmeno a cambiarsi ― si sentiva spossato e prosciugato dalle sue energie. Si sdraiò sul materasso e si addormentò immediatamente, riuscendo a tenere fuori Axel dai suoi sogni.
✴✴✴
Axel si svegliò stanco, molto stanco. Gli occhi quasi non gli si aprivano per quanto fossero gonfi. Si tirò su e andò in bagno a lavarsi il viso incrostato dalle lacrime che una volta asciutte gli si erano incollate alla pelle.
Mentre si osservava tramite lo specchio, si chiese se tutto ciò non fosse semplicemente un incubo ― gli sarebbe bastato svegliarsi per far tornare ogni cosa al suo posto.
La disperazione riuscì a convincerlo di essere in un incubo.
Si tirò una sberla sul viso per cercare di svegliarsi, ma non accadde niente. Il suo riflesso era ancora lì che lo fissava, quasi a volersi prendere beffe di lui e a ricordargli che non si poteva cancellare ciò che era stato detto e fatto.
Si gettò dell'acqua fredda in faccia, cancellando gli ultimi residui del giorno prima. Si diede una pettinata ai capelli aggrovigliati poi tornò in camera sua a cambiarsi.
Sempre più convinto di essere intrappolato in qualche orribile sogno, si diresse verso la stanza di Lennon sicuro di trovarlo là dentro a studiare per la facoltà di Legge, ma quando aprì la porta la trovò vuota e con vari abiti sparsi sul pavimento e sul letto e il suo cuore si chiuse in una stretta.
In quel frangente la realtà lo colpì in pieno, come se un camion si fosse schiantato contro di lui a tutta velocità. Le ossa si frantumarono. E il suo cuore cessò di battere.
Lui cessò di esistere.
Lennon se n'era andato la sera prima.
Come diavolo aveva fatto a credere che fosse solamente un incubo? Era la fottuta realtà. Gli aveva persino scritto di smetterla di perseguitarlo e che lo odiava.
Era tutto vero.
Reale.
Tangibile.
Come avrebbe fatto a vivere senza di lui?
Forse... Forse l'unica soluzione per smettere di soffrire era farla finita. Solo in quel modo il suo cuore avrebbe smesso di piangere per Lennon. Solo in quel modo lui avrebbe smesso di crogiolarsi nel suo dolore.
Tanto non sarebbe mancato a nessuno...
E poi era la sua unica via d'uscita.
✴✴✴
Erano passati tre giorni. E Lennon aveva smesso di ricevere messaggi da parte di Axel il giorno seguente il litigio e gli mancava moltissimo.
Non poteva fare altrimenti. N'era innamorato. Ma ciò che aveva fatto lo aveva ferito davvero tanto. Sin dal tradimento di Tiffany si era sentito sbagliato, in qualche modo il colpevole, colui che l'aveva portata a cornificarlo perché non era un bravo amante. Axel era riuscito a fargli cambiare idea, ma dopo avergli confessato di averlo fatto anche lui, quei sensi di colpa erano tornati a disturbarlo. A punzecchiarlo dietro la nuda, mettendogli in testa che anche quella volta l'unico da incolpare era lui che non era stato in grado di soddisfare il suo ragazzo e per quel motivo lo aveva portato a trovare piacere altrove.
Fissò di malavoglia l'abbondante colazione che sua nonna gli aveva servito sotto al naso ― per quanto amasse la sua cucina, il suo stomaco si rifiutava di accettare qualsiasi genere di cibo. Non riusciva a mangiare niente.
«Leni, devi mettere qualcosa sotto i denti. Non mi piace vederti rifiutare ciò che ti ho cucinato.»
Lennon scosse piano il capo. Gli dispiaceva per sua nonna essendo che ci aveva messo tutto il suo amore e tempo per preparargli la colazione, ma se avesse provato a buttare giù anche solo un pezzettino di pane, avrebbe vomitato.
«Non ho fame» mormorò fiaccamente.
«Sono tre giorni che non mangi niente! Non mi piace proprio. Non vorrai diventare pelle e ossa, vero?» Teresina si avvicinò al nipote da dietro e gli appoggiò entrambe le mani sulle spalla, facendolo sussultare, «Non puoi provare a fare pace con Axel? Mi sembra un bravo ragazzo e si vede che lo ami».
«Nonna non è così semplice... Lui... Lui mi ha tradito.»
Lo aveva detto ad alta voce. L'aveva fatto davvero. E ora non poteva più fingere che tutto ciò non fosse mai successo e che si trovava dai suoi nonni solo per via di un violento litigio.
«Cosa?» strillò lei, portandosi le mani secche alla bocca, «Non posso crederci... Mi dispiace tantissimo, tesoro».
«A quanto pare non valgo un cazzo» alzò le spalle, emettendo una risata forzata, poi si prese il volto tra le mani e ricominciò a piangere.
Lo fece silenziosamente.
«Non dire queste scemenza. Tu vali e tanto, ragazzo mio. Sono loro che non capiscono quanto tu sia importante.»
Lennon mormorò: «Scusa, sono stanco» e poi tornò nella sua stanza senza aver mangiato niente come nei giorni precedenti.
Una volta sdraiato sul suo letto, i suoi pensieri si riempirono di immagini di Axel e iniziò a chiedersi cosa stesse facendo in quel momento, se fosse insieme ad un altro ragazzo o se stesse male tanto e quanto lui.
Le lacrime si fecero più prepotenti. Conficcò il viso nel cuscino per attutire il pianto. Non voleva far sapere a sua nonna che era tornato a struggersi per Axel. Gli era bastato dirle che lo aveva tradito, non serviva che esprimesse anche che stava soffrendo molto di più di quanto avesse mai fatto per Tiffany.
Prima aveva creduto che la sua ex fosse la donna con cui avrebbe voluto crescere e invecchiare, ora l'unica persona che immaginava al suo fianco per il resto della sua vita era Axel. Era sicuro di quella scelta, ma tutto era andato perduto, sgretolato come un castello di sabbia colpito dal vento.
Un messaggio gli fece spostare il cuscino da sopra la faccia, credendo fosse da parte di Axel, ma quando lo lesse capì che non era lui. Era Evan che gli aveva scritto "SOS" e l'indirizzo dove incontrarsi.
Si domandò cosa stesse succedendo e il suo primo pensiero venne dedicato al suo ragazzo. Iniziò a pensare che gli fosse successo qualcosa, tipo che era finito in ospedale o qualcosa del genere. Perciò si alzò in fretta e furia dal letto, indossò le scarpe e poi corse giù per le scale. Avvisò sua nonna che sarebbe uscito poi prese le chiavi della sua macchina col cuore in che martellava contro le costole e velocemente varcò la soglia di casa.
Stava morendo di preoccupazione per Axel. E se gli fosse successo qualcosa di grave?
Superò qualsiasi limite stradale per raggiungere Evan il prima possibile. Fermò la macchina davanti a un alto e possente cancello che divideva la strada da una villa enorme dalle mura bianche ― era la casa di Carter. Il cantante era appoggiato contro il ferro battuto mentre parlava animatamente al cellulare con qualcuno.
Lennon uscì dalla macchina e gli andò incontro. Ad ogni passo i battiti cardiaci aumentarono per l'ansia.
«È successo qualcosa ad Axel? Dov'è? Come sta?» domandò con nervosismo, grattandosi l'avambraccio da sopra la felpa grigia.
Evan chiuse la chiamata con gli occhi spalancati poi osservò Lennon, «Non sai dov'è Axel? Ti ho chiamato per chiederti per quale diavolo di motivo non si fa sentire da giorni e tantomeno si presenta alle prove».
«Abbiamo litigato e me ne sono andato di casa.»
Il cantante si portò le mani nei capelli, scuotendo la testa e borbottando parolacce, «Ti prego, dimmi che non ti ha detto che ti ha tradito perché non è assolutamente vero».
«Come prego?» strillò incredulo, sbattendo più volte le ciglia.
Non stava connettendo. Axel gli aveva detto di averlo tradito quando non era vero? Che diavolo aveva combinato il suo ragazzo? Perché aveva scelto di far soffrire entrambi con quella bugia?
«Dopo l'ultimo concerto siamo andati a festeggiare. Qualcuno ci ha offerto della roba da bere e noi abbiamo accettato perché alcool gratis, sai... Abbiamo bevuto tutti ma l'unico a stare male è stato Axel perché dentro al drink un bastardo c'ha messo dentro della droga per poterlo stordire e fargli del male.»
«Che cosa?» gridò a gran voce, ma quella volta con rabbia. Qualche pazzo aveva cercato di procurare del dolore al suo ragazzo? Per quale dannato motivo? Che persona malata... Ma cosa c'entrava col tradimento mai avvenuto?
«Lenny, Ax non si reggeva nemmeno in piedi. Non capiva dove si trovava e non riusciva a parlare in modo corretto, farfugliava e basta perciò per sicurezza l'ho accompagnato nella sua stanza e sono tornato dagli altri dopo aver avuto il consenso. Forse avrei fatto meglio a non andarmene...» emise un sospiro, «Qualcuno deve essere entrato in quel lasso di tempo e―»
«L'hanno stuprato?». Lennon sbatté un pugno contro il muro e sentì le nocche scricchiolare dolorosamente, ma non ci badò perché ciò che gli faceva più male era il cuore che batteva e viveva per il suo ragazzo.
Se pensava a ciò che doveva aver provato Axel in quel lasso di tempo in cui il suo corpo non aveva collaborato con lui, gli veniva da piangere e gridare dalla frustrazione allo stesso tempo. Aveva anche un gran voglia di spaccare la faccia a quel bastardo che gli aveva fatto del male.
«Ho chiesto ad Ax se sentiva dolori al fondoschiena, ma mi ha risposto di no quindi credo che in qualche modo sia riuscito a difendersi e a impedirgli di andare fino in fondo. Ho provato a farmi dire altro, ma Ax non mi ha mai risposto, tenendosi tutto dentro di lui» spiegò Evan, sperando vivamente che il suo migliore amico non gli avesse mentito sull'abuso sessuale.
Era così amareggiato per quella storia e si dava la colpa perché se fosse rimasto un po' di più con Axel, quel bastardo che era entrato nella sua stanza non si sarebbe presentato per paura di venir picchiato da lui e invece lo aveva abbandonato a se stesso, lasciando che tutto ciò accadesse.
Lennon si morse il labbro inferiore, «Allora perché mi ha detto di avermi tradito?».
«Perché è un deficiente. Perché è convinto che meriti qualcuno migliore di lui, qualcuno che non avesse il suo tipo di passato.»
Evan alzò gli occhi al cielo perché non poteva credere che il suo amico avesse litigato davvero con il suo ragazzo per una menzogna ― si era comportato esattamente come sua madre nei confronti di Clark, anche se lui era convinto averlo fatto in buona fede.
«Dimmi che non è vero... Che quel cretino non mi ha mentito per qualcosa di così stupido. Io lo amo e me ne sbatto del suo passato da sciupamaschi.»
«Gliel'ho detto ma non mi ha dato ascolto, quel pirla!»
Lennon non aveva più parole da esprimere. Axel aveva fatto quella scelta egoistica pensando che lui sarebbe stato meglio con un'altra persona, che sarebbe corso a cercarsi qualcun altro "migliore" di lui dopo avergli appena detto di averlo tradito. In realtà era riuscito unicamente a far soffrire tantissimo entrambi con quella decisione. Lui non sarebbe mai andato a trovarsi un altro ragazzo perché amava con tutto il suo cuore Axel e Axel sarebbe rimasto solo perché non poteva vivere senza Lennon. Quindi che senso aveva avuto fare quella scelta? Mentendogli in quel modo. E usando come mezzo il tradimento. Gli sarebbe bastato dirgli la verità.
Lui non avrebbe smesso di amarlo, anzi sarebbe andato fino in capo al mondo per cercare il fetente che aveva provato a fargli quel tipo di male e gliel'avrebbe fatta pagare molto salata.
«Ti prego, dobbiamo trovarlo. Ho paura che possa farsi del male o peggio ancora: mettere fine alla sua vita.»
Il cuore di Lennon ebbe un sussulto nel udire quelle parole. Era colpa di ciò che gli aveva scritto quella sera? Gli aveva inviato un "ti odio", ma non era vero. Lo amava ancora e tantissimo. Axel avrà pensato fosse la verità? Era per quel motivo che era scomparso? Voleva scomparire completamente dalle loro vite? No, non poteva permetterglielo. Doveva fermarlo prima che fosse troppo tardi.
«Hai provato a cercare a casa nostra?»
«Ho suonato parecchie volta, ma non mi ha mai risposto.»
«Andiamo a controllare che è meglio.»
Lennon gli fece segno di salire sulla sua macchina poi a tutta velocità raggiunsero il condominio dove abitavano.
Il ragazzo fu sbrigativo. Non stette a prendere l'ascensore. Fece di corsa tutte le rampe di scale mentre il tintinnio delle chiavi rimbombava sulle pareti ad ogni gradino che faceva poi inserì quella giusta nella serratura, la girò e aprì la porta di casa sua.
Una bolla di tristezza lo avvolse entrando nell'appartamento. Lì dentro era nato il loro amore e vederlo vuoto, le luci tutte spente e un silenzio tombale a cullare le pareti, gli fece venire il magone e gli diede la conferma che Axel non trovava in casa.
Ora che sapeva la verità, voleva far tornare tutto come prima o almeno ci avrebbe provato perché prima di ogni altra cosa lo avrebbe preso a parole per avergli detto quella roba orribile e poi lo avrebbe baciato fino a togliergli il fiato perché lo amava tanto.
Il problema ora stava nel fatto che non avesse idea di dove si fosse cacciato e che doveva trovarlo prima di commettere qualcosa da cui non sarebbe più tornato indietro.
«Non c'è. Dividiamoci e il primo che lo trova scrive un messaggio all'altro, okay?»
«Va bene e grazie Lenny.»
Lennon gli diede una leggera pacca sulla schiena, «Grazie a te per avermi detto la verità».
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