Capitolo 27
Era passato qualche giorno dal compleanno di Greta. Lennon fingeva di stare bene e Axel lo sapeva e soffriva con lui.
Lo aveva capito dai sorrisi che si sforzava di mostrare, ma non lo sgridava, non gli urlava di darsi una svegliata e rimettersi in sesto. Non gli diceva niente. Gli stava semplicemente accanto e cercava, provava a farlo sorridere almeno quando era in sua compagnia. A volte riusciva a farlo ridere mentre quando Lennon non dava proprio segni di felicità, restavano abbracciati sul divano a vedere film strappalacrime per ore e ore, anche se lui quei film non li sopportava.
Però gli piaceva il modo in cui Lennon gli chiedeva di essere abbracciato. Gli prendeva un braccio e se lo portava sullo stomaco poi si metteva su un fianco e solo in quel momento, Axel si girava a sua volta e lo abbracciava da dietro. Il classico abbraccio a cucchiaio.
Restavano in quella posizione per un'infinità di tempo. Axel, nella sua stretta confortante, gli regalava carezze e baci sulla testa mentre Lennon giocherellava con le sue dita guardando distrattamente la televisione. La sua testa, spesso, era da tutt'altra parte ma almeno al suo fianco aveva Axel che riusciva a farlo sentire al sicuro.
Nell'aria si udì uno schiocco bagnato e un sospiro pesante.
«Appena arriviamo a Pittsburgh ti chiamo» disse Axel sulle labbra di Lennon dopo l'ennesimo bacio di quella mattina.
Lennon mugugnò con disapprovazione. Non voleva che se ne andasse via per due giorni. «Mi mancherai» quelle due parole sussurrate più a se stesso che ad Axel trasmettevano tutta la sua depressione nel vedere andar via di casa la sua ancora di salvezza. La sua bolla di felicità.
Il batterista lo baciò ancora, intrappolandogli il labbro superiore con le sue. Lo aveva udito il suo mormorio disperato e un dolore pungente lo colpì al petto. Gli dispiaceva da morire lasciarlo a casa da solo per due giorni, ma finalmente avrebbero suonato fuori da Maddison Town o da York. Non potevano perdersi quell'opportunità.
Se avesse potuto dividersi in due, lo avrebbe fatto, almeno una parte di lui sarebbe rimasta con Lennon. Ma purtroppo non aveva quel superpotere quindi aveva dovuto scegliere.
Gli accarezzò una guancia poi gli scostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e lui si sforzò di mostrargli un sorriso, ma parve più una smorfia distorta.
«Anche tu mi mancherai» bisbigliò Axel direttamente nel suo orecchio con voce calda e lo percepì rabbrividire sotto di lui.
«Quello che ti ho detto pochi giorni fa vale ancora, anche se sono a tre ore e mezza da te. Se hai bisogno di me, mi chiami e farò in modo di riuscire a risponderti subito. E se ne dovessi sentire l'esigenza, faremo anche delle videochiamate, va bene? Sarò pur lontano fisicamente da te, ma qui» gli poggiò una mano sul cuore e gli sorrise sincero, «continuerò ad esserci. Ti sarò vicino col cuore e con la mente, Neon».
Lennon portò le sue braccia sulle spalle di Axel e intrecciò le dita dietro la sua nuca poi gli trascinò il viso verso il suo e una volta abbastanza vicini, fece combaciare le loro bocche. Un bacio che sapeva di amore e sconforto. Gli sembrava un bacio d'addio e persino lui si rendeva conto fosse una sciocchezza eppure non averlo al suo fianco per quei due giorni, gli stava lasciando addosso un senso d'abbandono, nonostante poi sarebbe tornato da lui. Era stupido eppure non poteva farci niente.
Gli sarebbe mancato più dell'ossigeno stesso perché ormai era una parte essenziale della sua vita.
Axel era diventato talmente tanto importante per lui da sentire l'esigenza di averlo solo per sé. Sempre. Era un pensiero sbagliato. N'era consapevole. Ma si stava innamorando di lui e desiderava starci insieme per tutto il tempo. A baciarsi. A fare l'amore. A parlare della loro vita. Qualsiasi cosa pur di stare assieme.
«Ora è meglio se vado sennò, come ben sai, Van mi uccide» ridacchiò il batterista, pizzicandogli la punta del naso che naturalmente arricciò come faceva sempre.
«Ti chiamo più tardi ― ciao Neon.»
Non appena Axel si mise in piedi e si lisciò la maglietta dei Nirvana, Lennon gli strinse la stoffa in un pugno e lo tirò nuovamente verso il basso e verso di lui poi lo baciò un'ultima volta, «Fai un buon viaggio, Lex e guida con prudenza che ti voglio a casa tutto intero».
«E non dimenticare le chiavi di casa.»
Axel gli dedicò un ultimo sorriso poi trascinando la sua valigia che gli aveva preparato Lennon per evitare che lasciasse qualcosa di importante a casa, uscì dal loro appartamento. Il sorriso scomparve una volta varcata la soglia. Era davvero contento di suonare, ma allo stesso tempo il suo cuore gridava perché anche a lui sarebbe mancato Lennon come l'ossigeno.
Lennon sospirò pesantemente poi si lasciò cadere all'indietro, portandosi una mano sugli occhi e dicendosi che non doveva piangere. Erano solo due giorni, dannazione. Doveva resistere. Non doveva pensare a suo padre. Non doveva pensare al fatto che Axel sarebbe stato lontano da lui.
Passarono pochi minuti poi il campanello suonò.
Lennon pensò subito ad Axel che aveva, ovviamente, dimenticato le chiavi di casa, nonostante glielo avesse ricordato poco prima di uscire. Del resto chi altri poteva essere? Nessuno, a parte Evan sapevano che abitavano insieme e in quell'appartamento.
«Axel hai dimenticato le chiavi?! Te l'ho detto un attimo fa!» gridò, alzandosi dal divano poi con poche falcate raggiunse la porta e quando l'aprì, strabuzzò gli occhi e sbiancò per lo shock, chiudendola istintivamente subito dopo.
Il campanello suonò nuovamente.
Non poteva essere, vero? Aveva visto male, giusto? Non c'erano i suoi migliori amici fuori casa sua, esatto? Era impossibile. Loro non sapevano di Axel.
Un altro trillo. Lennon si portò le mani nei capelli travolto dal panico.
Si fece il segno della croce poi lentamente aprì la porta e sporse fuori il viso. Il suo sguardo incrociò all'istante quello compiaciuto di Lukas e la realtà lo colpì in pieno. I suoi amici erano davvero davanti alla porta del suo appartamento.
«Ma ciao Lenny, tutto bene? Hai visto un fantasma?» domandò Lukas con un sorrisetto furbo stampato sulle labbra.
Lennon desiderò scomparire, venire inghiottito dal suolo. Era tutto troppo imbarazzante. Come diavolo avevano fatto a scoprire che abitava lì?
«Axel, eh? Quel Axel? Axel Powell?» si intromise Jason.
«Non so di chi tu stia parlando» replicò fulmineo, ma non appena iniziò a grattarsi l'avambraccio, i suoi amici capirono che stava mentendo.
Lennon sapeva mentire, ma una volta messo sotto pressione tendeva ad agitarsi e sfogava la sua ansia con dei tic nervosi.
Lukas lo fissò di sottecchi mentre Jason ingrugnì il volto, «Non mentirci, Lenny. Sappiamo che hai detto a tua madre che stavi da me perché,» mimò le virgolette, «"ho litigato con Lia" che tra l'altro non è vero ― abbiamo solo rischiato di diventare genitori ma alla fine il ciclo l'è arrivato e invece a quanto pare convivi con Axel, giusto? Ma non avevi detto che lo detestavi?».
«Raga, sentite, uhm, è una lunga storia, okay?» Lennon si passò le mani nei capelli per la disperazione. Ormai era fregato. I suoi amici sapevano che aveva mentito a sua madre e ciò significava che anche lei ora conosceva la verità. Cazzo. Stava pregando affinché sua madre non fosse delusa da lui per averle mentito, ma glielo avrebbe presto raccontato.
Jason provò a spingere di lato Lennon ma lui restò immobile e rigido perciò se ne tornò al fianco di Lukas, sentendosi un perfetto cretino per aver cercato di vincere contro il suo migliore amico in uno scontro fisico.
Il biondo alzò gli occhi al cielo, «Abbiamo tempo ― possiamo ascoltarla».
Lennon sospirò ancora e ancora. Era alle strette. Non poteva più mentire. Però era davvero sicuro di voler parlare ai suoi amici che la sua relazione con Axel non era semplice come sembrava e che era andati a letto insieme? Dio, sentiva già nella sua testa tutti i commenti che i suoi amici gli avrebbero fatto. Ah, era spacciato.
Non appena fece entrare i suoi amici in casa, la lavatrice attivata in precedente suonò per avvisarlo che aveva finito il suo ciclo, «Un attimo che devo stendere i panni» annunciò lui, entrando nello stanzino per svuotarla dagli abiti in un cestone.
Gli avrebbe stesi fuori sul balcone. Aveva installato (dopo aver ricevuto il permesso di Paloma) dei bracci di ferro in cui aveva fatto passare dei fili molto tesi e resistenti per stendere i panni fuori, proprio come si faceva in Italia. Non gli piaceva più di tanto l'asciugatrice, soprattutto in estate perché poteva farli asciugare col calore del sole.
«Puoi parlare lo stesso. Vogliamo sapere come sei passato da dirci che detestavi Axel a convivere con lui.»
Lennon sbuffò, uscendo sul balcone mentre veniva seguito dai suoi amici che volevano spettegolare un po'. Adagiò il cestone della biancheria sul tavolino che avevano messo fuori e iniziò a stendere le prime cose.
Si schiarì la voce, per nulla felice di doverne parlare. «Ci siamo incontrati altre volte e durante una delle prime volte come Lukas ben sa, ci siamo baciati, ma avevo pensato sarebbe finita lì. Be', mi sbagliavo perché ci siamo visti ancora al pub in cui lavoro e di proprietà di sua sorella. Passavamo dal litigare, al parlare normalmente, a baciarci e uscire assieme» si passò la lingua sulle labbra per inumidirle mentre pinzava con delle mollette dei jeans di Axel, evitando in ogni modo gli sguardi dei suoi amici, «E una notte mi ha chiamato disperato chiedendomi di aiutarlo ad andare via di casa, così mi è venuto in mente questo appartamento che amo. Non avevo messo in conto di trasferirmi subito ma è successo. Non volevo lasciargli l'appartamento perciò sono rimasto a vivere con lui».
«Vi siete baciati?» strillò Jason, come se di tutto il discorso avesse capito solo quello. Solo che il suo migliore amico aveva pomiciato con il suo batterista preferito.
Lennon esalò un sospiro esasperato ma poi annuì. Jason gridò eccitato, beccandosi una sberla sulla testa da parte del rosso che voleva che tacesse. Lukas invece sembrava sul punto di fare lo stesso ma si trattenne perché aveva molte altre domande da fargli.
«Più di una volta? Quante?»
«Troppe. Non le ho contate.»
Il biondo strabuzzò gli occhi e la bocca con stupore, «Oh mio Dio! E avete fatto altro? Sesso orale? Vi siete masturbati a vicenda? Avete scopato?».
Ora voleva veramente sapere ogni cosa. Lennon era passato dal "non ci andrò a letto nemmeno se fosse l'ultimo uomo sulla terra" a fare sesso con lui.
Il corpo di Lennon si scaldò per l'imbarazzo. Serrò le labbra e tornò a stendere, evitando di rispondere alle domande di Lukas. Non gli avrebbe raccontato un bel niente. Era la sua vita sessuale e la voleva tenere privata.
«Dai, Lenny, ti ha fatto un pompino?»
«O tu l'hai fatto a lui?». Quando Jason fece quella domanda gli altri due lo fissarono con occhi spalancati. Lennon perché lo aveva fatto ma non voleva dirlo. E Lukas perché non aveva messo in considerazione che potesse essere l'amico a ricevere al posto di dare.
«Vogliamo sapere. Lenny!»
«Ragazzi, basta!» gridò rabbioso. Il suo sguardo era torvo. E le mani stringevano con furia una sua maglietta.
I suoi amici si ammutolirono all'istante e in quel momento il campanello suonò quindi Lennon abbandonò i panni nella cesta e si diresse ad aprire la porta.
Dentro di sé sentiva che a suonare era stato Axel.
La spalancò e subito si sentì meglio nel ritrovarsi davanti il batterista che gli mostrava un sorriso imbarazzato, «Ho dimenticato le chiavi, lo so, ma anche gli spartiti che mi aveva chiesto Van».
«Lex, ma dove ce l'hai la testa?» ridacchiò lui, pizzicandogli una guancia.
Si era completamente dimenticato della presenza dei suoi amici.
Axel indicò Lennon che a quel gesto si sciolse per la gioia, «Qui a casa» poi si avvicinò a lui e lo baciò. Il rosso sorrise sulla labbra del batterista poi lo ricambiò, contento di poter assaporare quella bocca ancora una volta.
«Adesso è meglio che prenda la roba e vado, sennò mi uccide sul serio quel rompicoglioni. Mi sta già stressando ― aiutami tu con un altro bacio» gli prese il viso tra le mani e gli riempì il viso di baci, cosa che lo fece ridacchiare, «La mia carica di tranquillità».
Una volta entrato notò la presenza di due ragazzi che lo fissavano sbalorditi e sognanti e Lennon si affrettò a presentarglieli. Per un momento temette si sarebbero messi a gridare come dei pazzi, ma i suoi amici lo sorpresero e si comportarono come persone normali.
«Piacere, Axel.»
«Oh, sanno perfettamente chi sei» commentò Lennon quasi infastidito, portando gli occhi al cielo. Era appena diventato geloso anche dei suoi amici. Complimenti.
Axel ridacchiò poi scusandosi, sparì nel suo studio per qualche minuto, prima di tornare da loro con gli spartiti stretti in una mano.
Nel frattempo Lukas e Jason erano rimasti in completo silenzio, il che era molto strano per loro due. Lennon aveva paura di cosa sarebbe potuto succedere una volta da soli, senza Axel a gironzolare per casa.
«Ci sentiamo più tardi» sussurrò Axel caldamente all'orecchio di Lennon e con la coda dell'occhio notò il modo in cui i suoi amici li stessero guardando con attenzione, come se fossero in attesa di qualcosa. Ma ovviamente non accadde nulla.
Il batterista si allontanò da Lennon senza baciarlo. Si era trattenuto dal farlo per via degli spettatori che sembravano non volersi perdere nemmeno una loro mossa. I loro sguardi erano incollati su loro due ed erano a dir poco inquietanti ma evitò di dirlo ad alta voce per non offenderli.
Poi dopo averli salutati un'ultima volta, uscì nuovamente dall'appartamento.
Lennon non fece in tempo ad aprir bocca che iniziarono a strillare come due matti per l'eccitazione. Si dovette tappare le orecchie con le mani e gridargli di abbassare la voce che disturbavano i vicini.
«Cazzo, è ancora più bello dal vivo e da così vicino» le urla di Lukas parvero quelle di una ragazzina davanti al suo idolo e Lennon non riuscì a trattenere un risolino che scappò dalle sue labbra serrate.
«E tu te lo sei pure scopato!» esclamò Jason, scuotendo le spalle dell'amico con frenesia.
Lennon grugnì, «Dai, smettetela».
Possibile che non potevano comportarsi in modo normale? Lo stavano facendo morire dalla vergogna. Menomale che non avevano detto niente di strano ad Axel.
«Scusa Lenny... Senti, non è che potresti farci avere un suo autografo, per favore?»
«Siete dei rompicoglioni, ma sì, ve lo farò avere.»
«Sei il migliore» lo avvolsero in un abbraccio molto stretto che gli impedì di respirare normalmente, «Comunque com'è farlo con Axel? È bravo a letto?» gli mormorò Lukas in un orecchio, ancora ancorato a lui.
Lennon sbuffò innervosito, provando a staccarsi da loro due che a quanto pare si erano messi d'accordo per non farlo scappare dalle loro grinfie, «Non vi dirò un bel niente» sibilò a denti stretti.
«Dai, Lenny» Jason strascicò la lettera finale sul suo soprannome per infastidirlo.
«No.»
«Antipatico. Ti scopi il batterista della band che adoriamo e hai anche il coraggio di non dirci nemmeno un dettaglio. Sei proprio uno stronzo.»
«Anche se fai così, Lù, non vi dirò niente. Sapete che non mi piace parlare di queste cose.»
«Dicci solo com'è farlo con lui.»
Lennon finse di piangere dall'esasperazione, affondando il viso nel petto di Jason, «È bellissimo, contenti?». Dannatamente bello. Appagante. Non mi sono mai sentito in questo modo con Tiffany.
«Molto!»
Una volta che Jason e Lukas lasciarono la sua casa, Lennon entrò nella rubrica del suo cellulare e chiamò la madre che dopo mezzo squillo rispose.
"Ciao mamma!"
"Lenny, tesoro, come stai?" la voce della donna era carica di preoccupazione.
"Sto meglio... Axel mi ha aiutato tanto."
"Ne sono felice, tesoro. Mi sembra proprio un bravo ragazzo."
Lo è mamma, lo è davvero e sono innamorato di lui.
"Mamma?"
Era pronto per scusarsi con lei e dirle una volta per tutte che era andato a convivere con Axel e che non glielo aveva raccontato per paura di ferirla.
"Sì?"
"Mi dispiace per averti mentito. Lo so che Lukas ti ha detto che tra lui e Lia va tutto bene. Io... Io—"
"Lennon, stai tranquillo. Non sono arrabbiata o delusa, solo che mi mancherà non averti in giro per casa, ecco tutto."
"Avevo paura di ferirti se ti avessi detto che volevo andare via di casa ― per questo ti ho mentito e mi dispiace da morire. Scusami mamma."
"Ferirmi? Oh, no, tesoro... So di averti detto che vorrei che restassi per sempre con me, ma non credere che non sia consapevole del fatto che non sarà così e il fatto che tu abbia sentito il bisogno di mentirmi, mi fa sentire in colpa. Scusa se ti ho messo troppo sotto pressione. Sono felice che tu conviva con quel splendido ragazzo e sono contenta che tu abbia trovato te stesso. Mi raccomando non nasconderti perché noi ti amiamo, lo sai questo?"
Lennon si lasciò scappare una lacrima mentre ascoltava quelle parole piene di dolcezza di sua madre, "Grazie mamma. Grazie davvero. Ti voglio un mondo di bene".
"Anche io, tesoro mio."
Chiuse la chiamata e si strinse il cellulare al petto. Si sentiva molto meglio ora che sapeva di avere tutto il sostegno da parte di sua madre e che non era delusa o arrabbiata con lui per la questione della convivenza.
Con il cuore un po' più leggero, tornò a stendere la biancheria.
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