Capitolo 24
La suoneria per le notifiche avvisò Lennon dell'arrivo di un nuovo messaggio. Smise di tagliare le fragole e si pulì le mani con uno strofinaccio poi prese il cellulare, lo sbloccò e controllò chi gli avesse scritto.
Era Eliza.
Gli aveva chiesto di uscire insieme quella mattina e se poteva farle un enorme favore. Si erano scambiati il numero di cellulare, quando una sera la ragazza si era presentata al pub e glielo aveva chiesto ― «Almeno così possiamo uscire qualche volta a bere qualcosa» fu questo ciò che lei gli disse per ottenerlo. Lennon, ovviamente, aveva accettato molto volentieri e da quella sera si erano messaggiati alcune volte, ma non erano mai finiti con il fare qualcosa insieme. Almeno fino a quel momento.
Le rispose che per lui andava benissimo poi le chiese se fosse stato fattibile incontrarsi al Green Lights. Lei replicò con un cuoricino arancione.
Ripose il cellulare sul bancone di marmo bianco e con un sorriso contento, tornò a tagliare la frutta che avrebbe accompagnato con dei pancakes al cioccolato, la cui pastella stava riposando all'interno del frigo.
Lennon era talmente concentrato nel cucinare che nemmeno si accorse che la persona per cui stava preparando tutto ciò si era svegliata e lo stava osservando allegro. Axel era appoggiato allo stipite della porta della sua camera e sul suo viso pallido vi era stampato un sorriso smagliante.
Il rosso prese a canticchiare una canzone che passavano spesso in radio. La sua mente invasa dai ricordi della sera precedente stava creando uno scompiglio di emozioni nel suo stomaco. Il rossore sulle gote crebbe, quando un momento particolarmente piccante si materiallizzò nella sua testa.
Ridacchiò stupidamente mentre versava il composto dei pancakes su una padella antiaderente. In tutto ciò, Axel si era avvicinato sempre di più a lui e una volta alle sue spalle, gli circondò lo stomaco con le braccia e affondò il viso nella sua schiena, inspirando il suo profumo. Lo percepì sussultare leggermente, colto alla sprovvista, ma un attimo dopo rilassò i muscoli e lo sentì rilasciare un sospiro rilassato.
«Buongiorno Lex.»
Axel gli stampò un bacio sulla schiena, «Buongiorno ― che cucini di buono?» gli domandò con voce ancora assonnata.
«Pancakes con mix di frutta.»
«Gnam.»
«Come stai?». Lennon non sapeva se fosse o meno una domanda appropriata da chiedere dopo la nottata passata tra le coperte, ma voleva conoscere le vere emozioni di Axel.
Nell'aria si udì il ridacchio del batterista, «Sto bene, orsacchiotto gigante. Come puoi vedere riesco a camminare sulle mie gambe quindi non mi ha rotto il c―»
«Axel!» strillò imbarazzato. Era più forte di lui. Gli piaceva il sesso ma non riusciva a parlarne e tantomeno sentirlo fare dargli altri ― era una cosa stupida che non sapeva come controllare.
Perché era così imbranato? Non poteva essere come tutti gli altri che ne parlavano senza sentirsi costantemente in imbarazzo?
«Neon,» schioccò la lingua contro il palato e mosse appena il capo con disappunto, «ti vergogni delle cose belle della vita».
«Sì, be', non posso farci niente. Lo sai che è più forte di me» borbottò lui. Le guance ridotte a un tocco di legno incandescente.
«Puoi apparecchiare la tavola?» cambiò discorso mentre con una paletta voltò il pancake per cucinarlo anche su quel lato.
Axel si staccò di malavoglia da Lennon. Avrebbe tanto voluto vederlo girarsi verso di lui per poterlo baciare, ma era troppo concentrato su quella stupida colazione.
«Vuoi latte o caffè?». Axel gli fece quella domanda perché consapevole di quanto l'altro odiasse il caffè americano ed era sicuro che si sarebbe voltato verso la macchinetta che si trovava proprio dietro le sue spalle per fulminarla con lo sguardo.
Lennon, infatti, si voltò e osservò schifato la macchina del caffè americana. Quell'aggeggio che non creava caffè ma acqua sporca non lo avrebbe mai usato. Doveva ricordarsi di portare da casa sua la sua caffettiera, almeno in quel modo si sarebbe bevuto un buon caffè e non quella sbobba.
«Lat―» Axel non lo fece finire. Le loro bocche si unirono voracemente e le braccia del batterista si avvolsero con vigore intorno al collo di Lennon per impedirgli di allontanarsi da lui.
Lennon gli agguantò le natiche, facendolo ansimare pesantemente e dandogli un perfetto accesso alla sua bocca. La sua lingua si introdusse impetuosa, lappando le pareti di carne per poi intrecciarsi alla gemella. Mugugnò di piacere quando Axel portò le mani nei suoi capelli. Alcune ciocche avvolte intorno alle dita del batterista venne strattonate e a Lennon venne rubato un altro gemito che rimbombò nelle loro bocche ancora unite.
Finalmente Axel aveva ottenuto ciò che bramava da quando si era svegliato e aveva visto Lennon cucinare per entrambi con un enorme sorriso sulle labbra.
Si staccarono lentamente e un rivolo di saliva si fece strada dalle loro bocche. Erano senza fiato ma almeno per il momento erano sazi l'uno dell'altro.
Axel ansimò pesantemente. Sulle labbra gli crebbe un sorriso soddisfatto, «Ora sì che è un buongiorno» ridacchio e Lennon fece lo stesso con le guance arrossate.
«Se volevi un bacio potevi dirmelo» un bacio a fior di labbra e, una mano si staccò dalla natica del batterista e risalì fino al suo viso, dopo poi gli lasciò una carezza, notando come anche le sue gote fossero leggermente arrossate.
«Ma cogliendoti alla sprovvista è più bello». Axel ricambiò il bacio, sorridendo compiaciuto sulle labbra dell'altro.
Dopo quel dolce momento, i due ragazzi finalmente fecero colazione. Lennon stava mangiando tranquillamente i suoi pancakes mentre messaggiava con Eliza che gli aveva chiesto se gli sarebbe piaciuto andare a fare un giro in centro con lei. Lui rispose di sì e che non vedeva l'ora.
Lo sguardo di Axel era serio e lo osservava attentamente. Le labbra erano tese in una linea retta e la mano che teneva la forchetta aveva le nocche bianche per quanto la stesse stringendo dal nervoso.
Con chi diavolo stava messaggiando per farlo sorridere tanto? Sperava vivamente fosse sua sorella o i suoi amici e non una ragazza come il suo sesto senso gli stava dicendo, allarmandolo.
La sua ragione, invece, rideva di lui, lo scherniva per aver lasciato che il suo cuore prendesse il sopravvento su quella situazione con Lennon e adesso si sentiva insicuro come tanto tempo prima.
«Con chi messaggi?» domandò a denti stretti, provando a mascherare la gelosia. Non ci riuscì affatto. La sua voce era chiaramente irritata e le occhiate aggressive che gli dedicò non passarono di certo inosservate.
Lennon smise di mangiare. Inarcò un sopracciglio e le sue labbra smisero di tendersi verso l'alto, facendo sparire il sorriso per sostituirlo con la stessa espressione tesa di Axel.
«Eliza, la figlia della donna delle pulizie. Perché?»
Il viso di Axel si deformò Le sopracciglia si aggrottarono in un'espressione rabbiosa. Le narici si dilatarono come quelle di un toro inferocito. E la sua pelle divenne dello stesso colore delle fragole che Lennon aveva mangiato fino ad un attimo prima.
Si sentiva tradito.
Era consapevole del fatto che non avessero quel tipo di relazione, ma dopo la notte passata insieme non credeva sarebbe andato a cercarsi subito una ragazza. Una figa da scoparsi.
Ecco a cosa serve lasciarsi guidare dal cuore, a venir feriti! Pensò lui, sbattendo con furia i pugni sul tavolo, poi si alzò dalla sedia e osservò furibondo Lennon che non stava capendo il motivo di tutta quell'agitazione.
Sarebbe uscito con un'amica. Che problema c'era?
«La prima cosa che fa dopo averlo fatto con me, è uscire con una ragazza che è chiaro ti voglia scopare?!» sbraitò infine Axel, livido in volto.
Gli faceva male il cuore. Sentiva come una mano che si stringeva con sempre più forza intorno al suo cuore per schiacciarglielo. Dirlo ad alta voce lo aveva fatto stare ancora più male e capire, che, cazzo, era troppo preso da quella stupida e confusionaria relazione con Lennon.
Lennon sbatté più volte le ciglia per lo sgomento, sembrava quasi avesse un tic. Non poteva sul serio pensare che solo perché usciva con Eliza, ci avrebbe fatto sesso insieme. Era solo un'amica. Non era interessato a lei in quel modo ― non la vedeva come una possibile fidanzata, come invece capitava quando guardava lui, Axel.
E poi per la testa aveva un ragazzo chiaramente stupido che urlava di odiare l'amore, ma si comportava come un fidanzato geloso se gli diceva che sarebbe uscito con un ragazza.
«Axel, Eliza è solo una mia amica e mi ha chiesto di uscire perché mi deve chiedere un favore, tutto qui.»
«Sì, di entrarle nelle mutandine!» gridò il batterista istericamente. Nemmeno lui si capacitava delle sue stesse azioni. Era chiaro fosse geloso di Lennon, ma per quale motivo?! Era solo un amico... Eppure non voleva che si allontanasse da lui. Aveva bisogno della sua presenza costante per stare bene. E quella tipa voleva portarglielo via.
Lennon si spalmò una mano sulla fronte e si lasciò scappare un sospiro esasperato. Come poteva dire di non credere più nell'amore se si comportava in quel modo dannatamente geloso? Non erano una coppia.
La loro relazione non aveva un'etichetta. Non sapeva nemmeno come presentarlo a sua sorella. Amico? Conoscente? Convivente? O cos'altro? E nel frattempo, Axel faceva scenate di gelosia inutili.
«Dio, Axel, ma che cazzo dici! E poi si può sapere perché ti comporti così? Non stiamo insieme eppure sembra tu voglia impedirmi di uscire con chi voglio!»
«Non voglio che vedi una ragazza dopo avermi scopato, non una ma ben due volte! Ecco tutto. Cosa sono stato per te? Una prova per capire se sei davvero interessato agli uomini? A quanto pare no, non ti piacciono perché la prima cosa a cui hai pensato questa mattina è stata: "perché non uscire con Eliza e scoparmela?".»
Lennon si alzò velocemente da tavola e quando fece per avvicinarsi ad Axel, quest'ultimo scattò all'indietro, allontanandosi da lui. Ora c'era il divano a dividerli e il rosso non sapeva più cosa dire per fargli capire che non sarebbe andato a letto con Eliza.
«Non sei stato una prova per me, Lex. Come puoi pensare una cosa del genere? Non avevo mai provato niente di simile in vita mia ma non siamo una coppia. Sei tu quello che ha paura di amare e schifi l'amore come se fosse merda! Impedisci a chi ti ama di starti intorno.»
Axel emise una risata isterica, «Giusto, la colpa adesso è mia, non tua che sei già pronto a farti una ragazza dopo quello che abbiamo passato insieme».
«Prima di tutto non andrò a letto con Eliza. Seconda cosa, si può sapere che cazzo vuoi da me? Non posso uscire con chi voglio ora? Non sono tuo. Non sono una tua fottuta proprietà, Axel» Lennon sbraitò con rabbia e delusione.
A Lennon piaceva da morire Axel, ma non quando si comportava in quel modo. Non riusciva a sopportarlo e iniziava a buttar fuori fiumi di parole che in momento di lucidità non avrebbe mai detto. Voleva essere suo, però se la loro relazione doveva prendere vie tossiche, preferiva chiuderla ancor prima di iniziarla.
Gli occhi di Axel erano lucidi e al contempo iniettati di sangue. Il respiro affannoso. E le mani gli prudevano per la rabbia, ma non voleva far del male a Lennon per via della sua gelosia. Non voleva perderlo però al momento era troppo incazzato da non essere nemmeno lucido.
«Fottiti Lennon!»
Lennon batté le mani, quasi a volersi congratulare con l'altro per essere un cretino che sapeva argomentare solo fino ad un certo punto poi quando non sapeva più cosa dire, iniziava con gli insulti e le percosse.
«Io ora me ne vado e quando torno a casa, spero tu ti sia calmato perché così non può continuare, capito?» gli puntò un dito contro e Axel grugnì, trucidandolo con lo sguardo, «Non voglio che il nostro rapporto sia fatto solo di litigi inutili!».
«Seh, ciao. Vattene pure, stronzo.»
Il batterista si chiuse in camera sua e sbatté con forza la porta tant'è che Lennon alzò gli occhi al cielo indispettito e gli gridò di non spaccare la casa.
«Vattene e divertiti con la tua amichetta» urlò da dentro e il suo tono parve amareggiato.
Lennon esalò un sospiro di rassegnazione. Non riusciva a credere che avessero litigato per una sciocchezza, quando ancora dovevano definire la loro relazione. Si passò una mano nei capelli poi andò a recuperare i pancakes, li mise in un frigobox e li lasciò sul bancone della cucina con un post-it attaccato sopra che diceva: "Vedi di mangiare qualcosa e non rovinarti il fegato per una cazzata. Ti voglio bene - Neon".
Andò in camera sua, si cambiò e poi uscì per andare all'appuntamento con Eliza, senza smettere un secondo di pensare ad Axel chiuso nella sua camera a crearsi problemi invisibili.
✴✴✴
Il volto conficcato nel cuscino e il cuore che gli doleva nel petto per ciò che era appena accaduto. Aveva davvero lasciato che le sue emozioni prendessero il sopravvento? E guarda com'era andata a finire... Aveva litigato con Lennon per via della sua gelosia e anche se più volte gli aveva ribadito che non sarebbe successo nulla con quella ragazza, non riusciva a smettere di pensare che in realtà fosse attratto da lei e che Eliza glielo avrebbe portato via.
Era più facile avere una relazione con una donna che con un uomo, soprattutto nel mondo di merda in cui vivevano. E Axel era certo che Lennon, alla fine, avrebbe scelto di stare con una ragazza pur di non deludere il padre.
L'amore portava solo rogne e lui non era pronto a soffrire di nuovo per un ragazzo. Sarebbe rimasto solo come un cane per il resto della sua vita o sarebbe riuscito finalmente a trovare la persona giusta con cui passarla? E se quella persona desiderava fosse Lennon?
Era una contraddizione vivente.
Non voleva amare, ma allo stesso tempo non voleva lasciare andare Lennon.
Lui era solo suo.
Dio, da quando aveva dato spazio al suo cuore, si era complicato l'esistenza da solo. Era finito con il mettere il piede in una zona in cui aveva smesso di credere da tempo e ora era nella merda perché l'amore stava riaffiorando come un brutto ricordo nella sua mente. Lo stava confondendo. Mandando in paranoia. Non poteva permettersi di liberarla del tutto perché avrebbe sofferto e basta, proprio come successo con quel bastardo di Matthew.
Dopo aver donato anima e corpo a quel ragazzo, lui lo aveva rovinato. Per sempre. Sicuramente. Non riusciva a pensare all'amore senza che nella sua mente tornassero i ricordi di quei giorni. Quei giorni in cui aveva persino concepito l'idea di togliersi la vita per com'era stato spezzato da chi avrebbe dovuto amarlo per tanto tempo. E invece lo aveva umiliato davanti a tutti a scuola, usando appellativi per nulla carini sulla sua persona e rendendogli la vita un inferno.
Emise un grido che venne soffocato dal cuscino premuto sul viso. Voleva piangere, ma non lo avrebbe fatto. Lui era più forte di così. Sarebbe riuscito a cancellare nuovamente quelle emozioni dalla sua vita. Avrebbe reso Lennon solo un amico, salvaguardando il suo cuore e la loro convivenza sarebbe andata avanti senza intoppi, senza sentimenti inutili.
Ah, ma chi andava a prendere in giro! Fallirà nell'esatto istante in cui Lennon poserà il suo sguardo su di lui e gli mostrerà quel dolce sorriso che gli rapiva sempre i battiti cardiaci.
«Esci dalla mia testa» strillò con gli occhi lucidi e stremato dalle sue stesse vecchie emozioni che lo avevano portato al limite.
Era un ragazzo molto geloso, ma solo di Monica e a volte di Evan. Le sue conquiste di una notte o più non lo avevano mai portato a provare, nei loro confronti, quel sentimento di possessione. Forse perché nelle notti passate assieme aveva chiuso a chiave ogni sua emozione e si era lasciato trasportare unicamente dall'eccitazione che il sesso gli provocava.
E a quanto pare la sua gelosia era divenuta incontrollabile nei riguardi di Lennon. Il pensiero di saperlo in compagnia di altre persone non aiutava il suo cuore a stare tranquillo, nonostante le sue rassicurazioni. Si agitava moltissimo perché credeva che glielo avrebbero portato via da lui.
Lennon era stato il solo che con la sua compagnia era riuscito a fargli provare serenità. Non ricordava momenti di quiete e pace nella sua vita prima del suo arrivo e prima di averlo conosciuto un po'. Eppure aveva appena rovinato tutto con la sua maledetta gelosia. La sua paura di perderlo.
Gridò ancora, arrabbiato più con se stesso che con Lennon e nello stesso attimo il campanello di casa suonò.
Per un attimo credette potesse trattarsi di lui, ma una volta aperta la porta, la sua speranza scomparve e sul suo viso si fece spazio la confusione.
Perché Evan, Deacon e Carter erano sull'uscio di casa sua con quei sorrisi fastidiosamente allegri? Ma soprattutto come facevano a sapere che abitava lì? Non aveva detto a nessuno che si era trasferito.
«Non ci fai entrare?» Deacon alzò in aria una bottiglia di vino bianco, «Dobbiamo festeggiare il tuo trasferimento».
Axel emise un grugnito, infervorato.
«Come diavolo avete fatto a trovarmi?» si lamentò a gran voce. Non aveva voglia di vedere i suoi amici. Si erano presentati nel momento peggiore. Voleva stare solo con se stesso. Non in compagnia di persone felici ― lui non lo era per niente.
Evan gli mostrò un sorriso sghembo, «Ti ho pedinato per vedere dove sparivi ogni sera dopo i concerti. E poi tua sorella mi ha detto che te ne sei andato di casa di nascosto quindi ho capito che ti sei trasferito e volevo sapere dove».
«Cristo, Evan, hai deciso di diventare uno stalker?»
Se il suo migliore amico lo aveva seguito di notte, voleva dire che aveva visto Lennon entrare nel suo stesso appartamento? O si era semplicemente fermato dall'inseguirlo davanti al condominio? Del resto c'era da mettere un codice per aprire le porte principali della struttura e lui non poteva conoscerle. Però ora era riuscito a farsi aprire da qualcuno e farsi dire dove abitava, dannazione.
Il cantante scrollò le spalle con nonchalance, «No, volevo solo sapere come procede la vita del mio migliore amico, dato che lui sembra non volermi rendere partecipe».
Gli occhi si rivolsero al cielo, seccati. Non poteva credere alle sue orecchie. Va bene, era da un po' di tempo che non raccontava quello che succedeva nella sua vita ad Evan, ma quello che aveva fatto non era certamente il modo migliore per scoprirlo.
«Tu sei un pirla e avresti dovuto rispettare i miei spazi. Quando mi fossi sentito pronto, ti avrei parlato di tutto ciò.»
Sperava che rispondendogli freddamente il gruppo di suoi amici beoti lo avrebbero lasciato da solo. Ma a quanto pare Carter non aveva afferrato il concetto che non aveva alcuna voglia di stare in loro compagnia perché entrò come un uragano nella casa, sorpassandolo nemmeno fosse un fantasma.
«Wow, che casa stupenda!»
Anche Deacon entrò, sussurrando «permesso» e consegnandogli la bottiglia di vino, ignorando l'occhiata torva che gli rifilò. Evan invece stesse ad osservare Axel che a sua volta guardava con attenzione e terrore ad oscurargli gli occhi, i suoi amici , come se avesse paura che potessero scoprire qualche suo segreto.
«Cosa nascondi?» domandò a bruciapelo e notò all'istante come Axel sussultò preso alla sprovvista per poi chiedere velocemente a chiave la seconda porta che dava sulla destra e nasconderla nella tasca dei pantaloni della tuta di Lennon.
Gli stavano decisamente grandi, ma gli piaceva indossare qualcosa di suo.
«Niente.»
«Allora perché hai chiuso a chiave quella stanza?»
«Perché è casa mia e posso fare quel cazzo che mi pare. Se non ti sta bene, quella è la porta.»
Axel si stava innervosendo. Non gli piaceva che i suoi amici curiosassero per casa sua e di Lennon. Era la loro dimora, dove regnava la tranquillità che lui aveva gettato al vento meno di un'ora prima, ma quello era solo un piccolo dettaglio, e non voleva che toccassero le loro cose.
«Non toccate niente. State fermi dove siete e fatevi i cazzi vostri» sbraitò raggiungendo gli amici in salotto, dove Carter stava osservando il tavolo ancora apparecchiato per due con sguardo curioso.
«E dai, Ax, siamo venuti per festeggiare e tu ci tratti in questo modo?» si lamentò Deacon, stravaccandosi sul divano che lui e Lennon avevano scelto con cura per rispettare il loro comfort.
«Togli quelle scarpe sporche dal mio divano». Axel raggiunse il bassista e gli tirò una sberla sulla gambe per fargliele levare dai cuscini. Deacon emise un lamento acuto poi si mise seduto composto e adagiando il capo sullo schienale del divano, sospirò.
«Abiti con qualcuno?» domandò all'improvviso Carter, indicando il tavolo e il viso del batterista sbiancò.
Divenne ancora più pallido del suo colorito normale. I battiti cardiaci aumentarono e la saliva gli impastò la bocca.
Cazzo, aveva dimenticato di sparecchiare. Però, dove diavolo erano finiti i pancakes?
Con un'occhiata veloce verso la cucina, li trovò sul bancone e vide che c'era qualcosa attaccato sopra ad una contenitore. Si avvicinò velocemente e lesse il post-it che Lennon si era premurato di lasciargli e senza rendersene conto abbozzò un sorriso che non passò di certo inosservato ai membri della band, i quali rimasero scioccati nel vederlo mostrare un vero sorriso.
«Sono cazzi miei» esclamò poco dopo con freddezza, ficcandosi il biglietto nei pantaloni e mettendo il frigobox nel frigorifero.
Evan osservò con circospezione ogni movimento, ogni microespressione del migliore amico e capì che stava davvero nascondendo qualcosa. Stava mentendo persino a lui. Perché non voleva far sapere con chi viveva? Si era finalmente trovato un ragazzo fisso? Qualcuno di cui si era innamorato e che a sua volta lo amava? Mentiva perché voleva continuare con la sua facciata da uomo gelido che non provava quel tipo di sentimento? Era così?
«Nel tuo vocabolario esistono solo queste tre parole, Ax?! Non riesci ad esprimerti meglio?». Carter emanava interesse da tutti i pori. Voleva conoscere chi fosse il povero disgraziato finito nelle sue grinfie e congratularsi con lui perché a quanto pare riusciva a sopportarlo.
In risposta si beccò un bel «vaffanculo» poi gridò a tutti di andarsene da casa sua. «Quando vi vorrò a casa mia, ve lo farò sapere, ma ora uscite. Voglio starmene da solo e voi disturbate la mia quiete.»
Era talmente innervosito dalla loro curiosità di sapere tutti i fatti suoi che se non se ne fossero andati via subito, avrebbe finito con il prenderli a pugni.
La sua vita non doveva essere di dominio pubblico.
Evan scosse il capo. Lo afferrò per un polso e lo trascinò proprio nella camera in cui Axel e Lennon avevano consumato il loro primo rapporto la sera precedente poi chiuse la porta. Voleva parlargli seriamente. Magari da soli si sarebbe lasciato andare e gli avrebbe confidato chi fosse il ragazzo e per quale motivo era così incazzato perché era ovvio che ci fosse sotto dell'altro.
«Mi vuoi dire che succede? Quando ieri sei venuto alle prove eri tranquillissimo mentre ora sembri pronto ad uccidere qualcuno.»
Axel fece schioccare la lingua contro il palato che emise un suono secco poi incrociò le braccia al petto e si lasciò scappare un sospiro, «Ho litigato con il ragazzo con cui vivo» ammise infine.
«Come mai?»
Si morse il labbro inferiore. Era davvero sicuro di volerlo raccontare ad Evan? Era pronto per sentire cos'aveva da consigliargli?
«Gli ho fatto una stupida scena di gelosia perché mi ha detto che sarebbe uscito con un ragazza. Mi sono incazzato perché la notte prima siamo stati a letto insieme e quando ho saputo di quella, mi sono sentito tradito.»
La sua voce era ridotta ad un sussurro. Non voleva farsi sentire dagli altri due che era certo stessero origliando fuori dalla porta.
«Sai perché ti sei sentito tradito e provi questa furente gelosia?»
«Perché? Dai — roteò gli occhi — sentiamo la tua supposizione.»
«Ti piace, Ax. Quel ragazzo ti piace. Ti stai innamorando di lui anche se non vuoi ammetterlo ― sei testardo come un mulo.»
Axel scoppiò in una fortissima risata, tant'è che si piegò in due con un braccio avvolto intorno lo stomaco. Evan rimase interdetto.
«È la stronzata più grande che potessi dire» esclamò quasi con isteria.
Lui non era innamorato di Lennon. Non lo era. Ci teneva semplicemente. Tutto qui. L'amore non c'entrava niente. Non esisteva quella parola nel suo vocabolario. Evan poteva dire quello che voleva, ma lui era sicuro che quel sentimento stomachevole non aveva niente a che fare con il suo essersi affezionato a Lennon.
Anche se... Anche se si era sentito tradito quando aveva scoperto che sarebbe uscito con una ragazza dopo aver fatto sesso con lui per ben due volte. Si era sentito usato, il che era divertente dato che quella era la sensazione che lasciava addosso a chi, in passato, aveva portato a letto e poi dimenticato mezzo secondo dopo il rapporto sessuale, nonostante più volte gli avessero detto di continuare la loro relazione anche fuori dalle coperte.
Forse il Karma stava girando verso le sue prede di una notte e ora lo era diventato anche lui.
«No, non è una stronzata, Ax. Sei tu che non vuoi ammettere che sei fatto per amare e non per comportati da coglione come con tutti i ragazzi con cui sei uscito.»
Axel sbuffò, «Se lo dici tu, Van... Ora però potreste andarvene da casa mia? Oggi non sono in vena di festeggiare un bel niente.»
«Ragazzi» gridò Evan e da fuori la camera da letto si sentirono Carter e Deacon fare versi e si poté udire il bassista dire di non fare rumore, «Andiamo via. Festeggeremo un'altra volta».
«Eh? Ma come?!» strillò il chitarrista, spalancando la porta ed entrando all'interno della camera, «Io volevo bere il vino».
«Hai vent'anni ― non puoi.»
«Che stronzata, Van! Ho sempre bevuto» borbottò.
In tutto ciò, Axel osservò la scena con lo sguardo ridotto ad una fessura e le labbra tese, «Ve ne andate o no? Non vi voglio qui, rompicoglioni».
«Antipatico. Io mi riprendo il vino» ululò Deacon dalla cucina. Evan ridacchiò mentre Axel rimase serio come un professore severo e Carter corse fuori dalla stanza.
«Ci vediamo domani, allora. Vedi di risolvere con questo ragazzo che ti preferivo prima, almeno avevi smesso di trattarci come tue valvole di sfogo.»
Il batterista gli mostrò il dito medio.
Una volta rimasto solo, decise di volersi sfogare un po' con la sua batteria. Dietro una porta scorrevole dello stesso colore del muro del salotto, c'era la sua stanza adibita come zona per suonare il suo strumento. Non era insonorizzata ma poco gli importava. Erano le dieci passate del mattino e poteva fare quel che voleva.
Suonò per molto tempo, perdendone persino la cognizione. Si era immerso in quei suoni. Le bacchette che picchiavano con rabbia sui tamburi e rullanti. La testa svuotata da qualsiasi pensiero. Non si accorse nemmeno che Lennon era rientrato in casa e lo stava chiamando a gran voce. Solo quando entrò nella stanza si degnò di smettere di suonare.
«Sei pazzo? Ti sentivo da fuori il condominio!»
Axel digrignò i denti. Era tornato a casa per farlo incazzare ancora? Chissenefrega degli altri!
«E allora?»
«Non voglio essere cacciato da casa nostra.»
Lennon si avvicinò ad Axel, gli prese con forza il viso tra le mani e lo baciò, senza lasciargli il tempo di opporsi. Il batterista provò a divincolarsi, ma le labbra di Lennon sulle sue riuscirono a rasserenarlo.
Se si fosse portato a letto quella tipa, non lo avrebbe baciato, vero?
Con i polpastrelli gli accarezzò il viso, muovendo piano la bocca sulla sua. Non desiderava niente di passionale. Voleva solo fargli capire che era lui che aveva scelto, nonostante sapesse che non avrebbe fatto altrettanto perché aveva ben messo in chiaro che non voleva amare nessuno.
«Vieni di là un secondo? Ho una sorpresa» gli mormorò sulle labbra, sorridendo con affetto.
Axel aggrottò le sopracciglia, fissandolo con confusione. Che sorpresa gli aveva fatto? Ma se la meritava dopo il modo in cui lo aveva trattato?
Lennon fece intrecciare le loro dita poi lo trascinò fuori dalla stanza e una volta in salotto, gli disse di guardare sul divano. Il batterista lo fece. I suoi occhi si spalancarono per lo stupore. E la mascella cadde.
Era un piccolo gattino nero che miagolò dolcemente e con voce acuta.
Lennon aveva portato a casa un batuffolo per farlo felice. Entrambi erano amanti dei gatti perciò quella piccola creatura era un dono meraviglioso.
«Eliza mi ha chiesto di uscire questa mattina per un favore, ricordi?» Axel annuì, arricciando il naso, infastidito da quel nome, «Be', il favore consisteva nel portarmi a casa un gattino. La sua gatta due mesi fa ha partorito, purtroppo però non può tenere tutti i cuccioli quindi mi ha chiesto di sceglierne uno. In realtà avrei voluto prenderli tutti ― erano così carini, mamma mia ― ma alla fine ho scelto questo batuffolo».
«Dobbiamo scegliere il nome». Axel si avvicinò al gattino e lo prese in braccio. Gli stava in una mano talmente era piccino. Il cucciolo prese a miagolare. Un infinito e tenero miagolio che fece ridacchiare i due ragazzi, riuscendo così a smorzare la tensione e a ripristinare la tranquillità nella casa e nei loro cuori.
«Che ne dici di Ash?» propose lui, grattando piano il testolino peloso del micio.
«Come cenere?»
«Sì, una piccola pallina di cenere. All'inizio ho pensato a Hell ma questo cucciolo è tutto tranne che un inferno. È una benedizione.»
Lennon gli donò un abbraccio confortante, stando però attento a non stritolare il gattino e gli premette le labbra sulla fronte, «Sei contento?» gli domandò in un sussurro.
Axel gli appoggiò il mento sulla spalla, baciando poi quel lembo di pelle lasciato scoperto dalla canottiera, «Moltissimo» biascicò e nello stesso istante, Ash miagolò a gran voce, strappando nuovamente una risata ad entrambi.
Il micio volle scendere dalle braccia del batterista e una volta a terra, incominciò ad esplorare la casa mentre i due ragazzi si avvolsero nuovamente in quel abbraccio e ripresero a scambiarsi brevi baci a stampo tra un sorriso e l'altro.
«Lex, ma noi cosa siamo esattamente?»
Axel gli regalò una carezza sul viso lentigginoso ― amava quelle lentiggini. «Di certo non siamo solo conoscenti. Forse amici e coinquilini? Scopamici? No, questo no. Fidanzati?» un brivido indecifrabile gli percorse la schiena poi fece finta di vomitare.
Lennon gli diede un pizzicotto sulla spalla, «Guarda che l'amore non fa schifo come pensi. Se trovi la persona giusta, sono certo che non soffrirai. Io sono stato tradito e ferito dalla mia ex ragazza ma non ripudio l'amore. E comunque non penso che amici sia la definizione più azzeccata per noi due, ma nemmeno scopamici».
Axel finse un altro conato di vomito, nonostante i battiti del suo cuore fossero aumentati appena dopo essere entrati in quel discorso.
«Non voglio che tu esca con altre persone. Voglio che tu sia solo mio. Ma allo stesso tempo non voglio una relazione amorosa né tantomeno metterci in mezzo i sentimenti perché non sono fatto per quella roba.»
Era una bugia. I sentimenti c'erano. Eccome se c'erano, ma non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce. Era meglio tenerli nascosti e provare a vivere senza metterli in mezzo nel suo rapporto con Lennon.
Il volto di Lennon prese colore e gli angoli della sua bocca si incurvarono leggermente verso l'alto in un sorriso poi accarezzò le labbra di Axel con le sue, «Pure io non voglio che tu vada a letto con altre persone. Voglio l'esclusiva su di te, Lex. Non permetterò ad altri di toccarti nello stesso modo in cui lo faccio io».
«Ci stò. Io sono tuo e tu sei mio. Tutti gli altri che vadano a fanculo!»
«Mi vuoi dire, però, perché sei così restio nei confronti dell'amore? Chi ti ha reso così cinico?» gli domandò poco prima di baciargli il labbro superiore.
Axel portò le braccia sulle spalle di Lennon, intrecciò le dita dietro la nuca, poi buttò la testa all'indietro e sospirò.
«È una lunga storia.»
Non era sicuro di voler parlare di Matthew. Le poche volte che si era sfogato con Monica ed Evan, lo avevano fatto stare solo più male e odiare ancora di più il modo in cui era stato fregato da lui. Gli aveva fatto credere nell'amore e poi gli aveva ridotto il cuore a brandelli.
Lennon gli baciò la punta del naso, abbozzando un sorriso. «Ho tutto il tempo per ascoltarla. Non devo andare da nessuna parte. Voglio conoscerti, Lex».
Un sospiro. Un altro. E un altro ancora. Poi si staccò da lui e si sedette sul divano, portandosi le mani nei capelli. Il sorriso beffardo di Matthew riaffiorò nella sua mente e una fitta al cuore gli tolse il fiato. Quel bastardo lo aveva davvero rovinato. Si era fidato di lui perché in quel momento aveva avuto bisogno di qualcuno che lo amasse, dato che a casa valeva meno di zero, ma lui lo aveva usato solo per divertimento.
Axel percepì il cuscino abbassarsi notevolmente sotto di lui. Lennon si era seduto al suo fianco e aveva cercato la sua mano. Una volta trovata, intrecciò le loro dita poi gli baciò la tempia sinistra e lo avvolse con il braccio libero in un abbraccio pieno di affetto.
Il batterista si rilassò immediatamente. Ah, quel ragazzo lo stava davvero cambiando come diceva Evan. Se fosse stato il suo migliore amico ad abbracciarlo in quel modo, si sarebbe beccato un pugno nello stomaco perché in realtà lui era una persona a cui proprio non piaceva il contatto fisico. Ironia della sorte: aveva trovato qualcuno che invece viveva per il contatto fisico, ma non gli dispiaceva affatto, anzi gli piaceva da morire.
Lennon era l'unica eccezione. L'unico che poteva abbracciarlo, baciarlo come voleva e coccolarlo.
Inspirò a pieni polmoni poi esalò un profondo respiro, «In prima superiore sono stato fidanzato» si fermò dopo poche parole perché rammentare il suo passato era sempre come ricevere un pugno nello stomaco che gli toglieva il fiato, «I primi mesi sono andati bene. Mi ero davvero innamorato di lui e più volte gliel'ho anche fatto sapere senza mai ricevere indietro una risposta, ma ai tempi avevo semplicemente pensato che non se la sentisse di dirlo a sua volta. Poi ha incominciato ossessivamente a chiedermi di andare oltre il bacio. Io non me la sentivo. Arriviamo a festeggiare i cinque mesi e ancora nessuno sapeva di noi. Quel giorno, con la scusa di quell'evento, mi convince a farlo con lui.»
Axel si dovette fermare. Aveva il respiro affannoso e i battiti del cuore accellerati. Stava arrivando la parte più dolorosa di tutta quella storia e non sapeva se fosse riuscito a trattenere i singhiozzi. Non piangeva quasi mai, ma quei ricordi erano una tortura per lui.
«Ehi, se vuoi smettere, va bene. Non mi piace vederti così agitato» Lennon glielo sussurrò nell'orecchio con apprensione, stringendolo ancora più forte a sé e le dita di Axel gli stritolarono con forza le sue. Era chiaro fosse tanto nervoso.
«No, ce la faccio» un flebile mormorio.
«Della mia prima volta ricordo solo il dolore lancinante che le sue spinte mi avevano procurato. Era stato rude, violento. Ho odiato tutto di quella notte passata insieme. Non si era nemmeno preso il tempo di chiedermi se stessi bene, se facesse male. No, il mio corpo gli era servito solo per svuotarsi le palle. Non gliene n'era fregato un cazzo del fatto che mi avesse procurato solo del male.»
Tutto il contrario di come mi hai trattato tu, Lennon. Sei stato il primo a non essere violento e a chiedermi se stavo bene o no e ho amato ogni minuto, ogni secondo del nostro rapporto.
«Oh, Axel... Mi dispiace così tanto. Come può una persona che dovrebbe amarti, farti provare tutto quel dolore? Mamma mia, che merda di ragazzo». Lennon gli accarezzò il viso e Axel affondò il viso nell'incavo del suo collo e rilasciò un sospiro mentre una lacrima gli solcò una guancia.
Lennon conosceva ragazzi che avevano usato delle ragazze solo per divertimento e li detestava, ma nessuno di loro si era mai permesso di essere violento nei loro confronti. Sì, purtroppo le avevano adoperate come valvole di sfogo, ma niente paragonabile all'esperienza di Axel. Lui aveva sofferto in quello che sarebbe dovuto essere un momento bello e intimo con il suo fidanzato e invece si era trasformato in un incubo.
«Non è finita qui» Axel emise un risolino, un suono metallico, rotto.
«Il giorno dopo si è presentato a scuola con due ragazze arpionate a lui e alla mia domanda del perché tutto questo, quel bastardo schifoso mi ha risposto che ero stato semplicemente una scommessa. Doveva scoparmi per vincere mille dollari. La mia prima volta mi era stata rubata per mille dollari!» l'ultima parte la gridò con il viso zuppo di lacrime.
Il viso di Lennon divenne livido dalla rabbia. Inspirò bruscamente. Quello che gli aveva appena raccontato gli aveva fatto ribollire il sangue nelle vene. Una scommessa? Come poteva la verginità di qualcuno essere messa in palio per dei soldi? Che persona di merda dovevi essere per fare una cosa così tanto meschina?
«Ho smesso di credere nell'amore dopo quel giorno. Mi sono concentrato nello scopare con chi volevo e sulla band. L'amore l'aveva completamente eliminato. Ero diventato cattivo con tutti e non mi importava. Ferivo gli altri e non mi importava. E ancora adesso è così.»
«Ti prego, dimmi come si chiama quel bastardo che lo vado a cercare per rompergli qualche osso» i denti stretti e i muscoli della mandibola contratti dalla rabbia. Lo sguardo che bruciava più di una fiamma ardente d'odio per quello stronzo.
Axel scosse piano il capo, dissentendo. Non voleva che finisse nei guai per il suo ex ragazzo, «No, Neon, non voglio che tu faccia stronzate per me».
«Il nome.»
«No.»
«Dimmi il nome, Lex.»
Il batterista si rassegnò alla sua insistenza, «Mi prometti che non gli farai niente?».
«Prometto.»
«Matthew Roberts.»
Lennon scoppiò in una risata isterica che scioccò Axel.
«Non ci credo. Il tuo ex è il fratello del bullo di merda della mia scuola. Gli ho spaccato così tante volte la faccia che probabilmente è diventato ancora più idiota di quanto lo fosse già prima. Ti giuro che se li vedo in giro, li tiro sotto con la macchina!»
Axel gli prese il viso tra le mani e lo baciò con dolcezza, «Ti voglio qui con me e non in carcere, scemo».
Lennon ridacchiò poi si impossessò nuovamente delle sue labbra e tornarono a baciarsi.
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