Capitolo 15

Erano passati tre giorni da quando i due ragazzi avevano passato quella meravigliosa giornata al lago e si erano baciati fino allo sfinimento.

E da quel giorno Lennon non aveva più visto Axel.

Purtroppo era dovuto partire con la sua band per dei concerti a New York.

Per non pensare al fatto che quel maledetto ragazzo gli mancava, Lennon aveva lavorato al Blue Heaven Pub come un forsennato, svuotando completamente la mente e concentrandosi unicamente sui clienti e sui cocktail da preparare e servire.

Oggi però era finalmente giunto il suo giorno di riposo (ovvero sabato!!) e lo stava passando in compagnia dei suoi migliori amici. Amici che lo stavano massacrando di domande sulla band ― più che altro su Axel, in quanto erano venuti a conoscenza del fatto che il suo primo giorno di lavoro era stato anche quello in cui i Voodoo Doll si erano esibiti al pub.

Per colpa di tutte quelle domande e grida, gli era persino venuto mal di testa.

Lennon esalò un sospiro stizzito dopo aver ricevuto l'ennesima domanda sul batterista da parte di Jason, «È un gran cazzone! Che altro devo dirti? Vorrei strangolarlo nel sonno» sbraitò infine, mentendo senza pudore.

Più che mettergli le mani al collo e soffocarlo, avrebbe voluto usare la sua bocca, rubandogli anche l'ultimo respiro con i suoi baci, ma quello ovviamente non lo avrebbe ammesso davanti ai suoi amici.

Loro non sapevano nulla della sua avventura con Axel ed era meglio così.

«Crudele!» esclamò Jason contraendo i muscoli facciali in un'espressione sconcertata per poi colpirlo con una forte sberla sul braccio.

Lennon si lamentò per il dolore e poi lo fulminò con un'occhiataccia torva.

Lukas scoppiò in una fragorosa risata, puntando i suoi occhi azzurri su Lennon che trucidò pure lui con lo sguardo.

Perché stava ridendo? Era forse arrivato alla conclusione che ciò che stava dicendo erano bugie? Ma come aveva fatto a capirlo?

«Secondo me finirai col metterti insieme ad Axel.»

«Lukas, per favore...» biascicò in un sussurro.

Il pensiero di diventare il ragazzo di Axel gli causò uno scompiglio all'interno dello stomaco e le sue guance divamparono come una fiamma.

«Perché no? Magari risveglia il gay che c'è in te». Lukas era sempre più convinto che sarebbe finita in quel modo, ovvero con il suo migliore amico infatuato del batterista dei Voodoo Doll.

Peccato che Lennon forse era già in quella situazione, ma con ovvietà non l'avrebbe ammesso ad alta voce.

E poi al momento non se la sentiva di parlare del fatto che forse aveva capito di essere attratto dai ragazzi ― doveva solamente fare pace con se stesso e decidere se gli piacessero ancora le ragazze oppure no. Non voleva dover spiegare che era stato proprio Axel a farlo arrivare a quella conclusione e come aveva fatto. Tremava al solo pensiero di come i suoi amici avrebbero potuto reagire a quella rivelazione.

Probabilmente avrebbero gridato come dei pazzi e poi avrebbero iniziato a tormentarlo per conoscerlo.

No, no, era fuori discussione.

Lennon storse subito il naso, fingendo un conato di vomito. Doveva nascondere le sue vere emozioni ― non poteva far capire ai suoi amici quanto fosse già infatuato di Axel.

«Non ci andrei a letto insieme nemmeno se fosse l'ultimo uomo sulla Terra.»

Mamma mia, quella era la bugia più grande che potesse dire!

Il suo corpo non la pensava decisamente allo stesso modo, anzi lo desiderava con ogni sua fibra. Ma tutto ciò andava con la sua etica. Non amava il sesso occasionale. Non era nella sua indole eppure con Axel voleva fare di tutto, nonostante fosse conscio del fatto che lui era fatto per il sesso di una notte e basta.

«Mai dire mai.»

«Perché non ti fai scopare tu allora?» sbraitò nervoso. Un secondo dopo si pentì di avergli fatto quella domanda. Non voleva conoscere la risposta. Lo avrebbe fatto solamente incazzare.

Lukas emise un ridacchio sommesso, «Se non fossi fidanzato con Lia da anni, forse l'avrei fatto...»

Lennon spalancò gli occhi per lo stupore. Un finto stupore, in quanto quella risposta lo aveva fatto irritare parecchio. L'idea di Lukas a letto con il batterista gli fece prudere le mani dalla rabbia e lo stomaco si chiuse su se stesso, provocandogli un po' di nausea.

Una cosa del genere non dovrà mai accadere. Né Lukas e né Jason si sarebbero dovuti avvicinare troppo ad Axel. Lo avrebbe impedito ad ogni costo.

Era geloso e lo sapeva.

«Sul serio?» il tono di voce che uscì dalla bocca di Lennon era cupo e aveva lo sguardo che bruciava di rabbia. Si poteva notare a chilometri di distanza quanto fosse geloso di lui.

Sia Lukas che Jason annuirono scherzosamente e Lennon contrasse la mandibola dal nervoso perché non gli importava che fossero solo battute, a lui dava fastidio tutto ciò.

«Voi siete fuori!». Lennon si alzò dal tappeto rosso della sua stanza, uscì fuori con la scusa di volersi prendere un bicchiere d'acqua e infine si diresse verso le scale per poter scendere al piano inferiore.

Però al posto di andare in cucina come comunicato agli amici, si diresse verso la porta-finestra che dava sul retro, sul giardino curato da sua madre e uscì a prendere una boccata d'aria poi tirò fuori dalla tasca di bermuda una sigaretta, l'accese e iniziò a fumarla.

Ah, sì, proprio una boccata d'aria pulita.

Fumava raramente, anche perché non andava matto per tutto il fumo che finiva nei suoi polmoni, ma in quel momento era talmente arrabbiato che quello fu l'unico motivo per cui l'accese e fece i primi tiri.

Doveva scaricare il nervoso.

L'immagine di Lukas insieme ad Axel gli aveva fatto percepire uno strano formicolio allo stomaco per poi accartocciarsi su se stesso. Non gli dava fastidio il pensiero del suo migliore amico cotto del batterista (stava con Lia da tantissimo e poi si comportava solo da fan un po' fuori di testa) ma piuttosto l'idea di Axel a letto insieme a Lukas mentre si scambiavano effusioni amorose.

«Cazzo, esci dalla mia testa! Voglio solo non pensarti per qualche ora» sbottò adirato, calpestando con nervoso la cicca della sigaretta finita sotto alla sua ciabatta.

Lennon sentiva un gigantesco peso sul cuore quando pensava al batterista perché gli mancava davvero tanto. E lo sapeva anche lui che tutto ciò era assurdo, soprattutto se si fermava a ricordare a com'era iniziata la loro "amicizia", ma non poteva fare a meno di pensarlo e sentire la sua mancanza.

Voleva riappropriarsi della sua bocca.

Bramava le sue mani sul suo corpo.

Ormai era pazzo di lui e difficilmente sarebbe riuscito a toglierselo dalla testa.

All'improvviso il suo cellulare incominciò a suonare, intonando una canzone degli Sleeping With Sirens e quando vide che a chiamarlo era la sua datrice di lavoro, si domandò cosa fosse successo.

Perché Roselyn lo chiamava alle tre del pomeriggio? Era successo qualcosa di grave al pub?

"Pronto?" Lennon si portò il cellulare all'orecchio poi rientrò in casa.

"Lenny, tesoro, so che oggi è il tuo giorno di riposo, ma ti prometto che ti pagherò come se fosse lavorativo quindi... " la voce di Rose parve molto ansiosa alle orecchie di Lennon che subito si allarmò, pensando al peggio.

E se il locale fosse stato avvolto dalle fiamme? Qualcuno lo aveva vandalizzato? Distrutto?

"Devo venire al pub? È successo qualcosa?"

La donna sospirò pesantemente dall'altra parte del cellulare, "La donna delle pulizie, a quanto pare, ha distrutto due riflettori colorati che stanno puntati sul palco perciò volevo sapere se potresti andare al pub e aspettare l'arrivo dei tecnici".

Lennon deglutì a fatica. L'ansia gli bloccò il respiro in gola.

Fra tutti i dipendenti che lavoravano per lei, perché proprio lui doveva aver il compito di tenere d'occhio il locale? Era un modo per testare le sue competenze? O il suo modo di reagire, per vedere se riusciva a stare calmo in quel genere di situazioni oppure se dava di matto?

Doveva darsi una calmata. Non poteva farsi prendere dal panico. Doveva dimostrare quanto fosse responsabile agli occhi di Rose.

"Come mai io? Non ci sono Timothy, Rosemary o Dimitri?"

Rosemary era la fidanzata di Timothy e faceva la cameriera al locale da ormai una decina di anni. Aveva iniziato a lavorare all'età di sedici anni per poter aiutare la sua famiglia che aveva rischiato di perdere la casa e Rose sentendo la sua storia, l'aveva accolta a braccia aperte nel suo locale.

Poco tempo dopo conobbe il suo attuale ragazzo, il quale fece recapitare, segretamente, dei soldi alla sua famiglia per aiutarla. Quando Mary lo venne a sapere, litigarono pesantemente perché non voleva la sua carità e per un bel po' non si parlarono, però lui continuò lo stesso ad aiutarla economicamente. Dopo qualche mese si misero finalmente insieme e ora erano ben nove anni che erano fidanzati e quasi in procinto di sposarsi.

"Mary e Tim non ci sono perché tornano stasera. So che lavori da me da poco, ma mi fido di te, Lenny. Se potessi venir io, l'avrei già fatto ma sto andando a prendere le mie figlie dai genitori del mio ex e se ritardo, non me le fanno vedere... Sono dei vecchi stronzi" ridacchiò scherzosamente nonostante fosse sul serio delle persone maligne che l'avevano sempre odiata e screditata davanti a chiunque, "Quindi ti prego, vai tu a controllare. Le chiavi sono nascoste dietro l'insegna bassa del locale, quella collegata alla vetrata. Sono certa di averla nascosta dietro la B, ma se non dovessi trovarla, chiamami pure, okay?".

Lennon si strusse all'idea di dover tenere d'occhio il locale da solo sino all'arrivo dei tecnici ma poi alla fine accettò, non potendo fare altrimenti. Non voleva rischiare di perdere il lavoro, dato che gli piaceva parecchio.

"Grazie tesoro. Mi stai proprio salvando la vita" esclamò Rose con entusiasmo.

Lennon corse velocemente sugli scalini, facendone due, persino tre alla volta e quando raggiunse la sua camera da letto, avvisò i suoi amici che doveva andare al locale per un emergenza.

«Vai pure. Non puoi fare brutta figura con la tua futura cognata». Jason gli fece la linguaccia mentre Lukas annuì, ridacchiando per l'uscita dell'amico.

«Siete due stronzi!» avrebbe tanto voluto colpire i suoi amici ma non aveva niente da usare come arma, «Mi raccomando chiudete la porta quando uscite. La chiave sapete dov'è. Ci sentiamo dopo, ciao».

✴✴✴

"Hai ventidue anni e stai ancora a rincorrere quello stupido sogno di diventare un batterista famoso. Non accadrà mai, stupido di un ragazzino inutile!"

Con quelle frasi che gli rimbombavano assiduamente e fastidiosamente nella mente dopo aver litigato ancora una volta con sua madre, Axel entrò in macchina e dopo averla messa in moto, accelerò con rabbia, sgommando sull'asfalto asciutto per poi fuggire da casa sua.

Era tornato in città da qualche ora dopo i concerti a New York e sua madre non aveva perso tempo nel scaraventargli addosso tutto lo schifo che pensava di lui. Tra l'altro capitava spesso che il batterista e la madre litigassero per la questione della band e del fatto che secondo lei, non avesse un lavoro vero perché aveva scelto di seguire la sua passione per la musica. Peccato che guadagnava molti soldi con YouTube, ma quella cosa sua madre non dovrà mai venirlo a sapere sennò finirebbe col spolparlo vivo.

Elaine pretendeva che incominciasse a cercarsi un vero lavoro perché per lei, con i soldi che racimolava con la sua band, non riusciva ad avere una stabilità economica. La verità però era un'altra. Di soldi ne aveva, moltissimo a dirla tutta, però li stava tenendo da parte per potersene andare da quella maledetta casa. E dopo la litigata di quel giorno aveva deciso che l'avrebbe fatto al più presto. Si sarebbe cercato un piccolo appartamento in cui farci stare anche la sua batteria e poi avrebbe mandato al diavolo sua madre e non sarebbe mai più entrato in quella casa.

Il suono squillante di un clacson alle sue spalle lo destò dai suoi pensieri e quando controllò chi fosse dallo specchietto retrovisore, gli mostrò il dito medio perché non lo conosceva, ma continuava a fargli il gesto di muoversi.

«Ho capito che è tornato il verde ma non rompere le palle, testa di cazzo» borbottò, mettendo la prima per poi partire verso una meta ancora da decidere, anche se aveva una mezza idea di dove andare.

Aveva bisogno di sfogarsi con la batteria e dato che la sua, pagata con i suoi soldi, era in garage a casa, avrebbe dovuto accontentarsi di quella che sua sorella teneva al pub. Una vecchia batteria tutta rovinata ― quella fu la prima che comprò con i soldi ricavati dai vari compleanni all'età di dieci anni ― che suonava quando voleva sbollentare gli animi.

Desiderava rivedere Lennon, dannazione. Lui si che sarebbe riuscito a fargli passare l'incazzatura. Non si erano sentiti molto durante il suo viaggio di tre giorni a New York. Forse perché durante il primo giorno avevano messaggiato per un'infinità di tempo, poi un silenzio tombale da entrambe le parti. Forse il tirar fuori la questione "bacio" non era stata una mossa intelligente. Credeva di averlo spaventato perché dopo quel messaggio non si erano più sentiti. Il fatto era che aveva proprio bisogno di stare in sua compagnia, ma era certo che fosse in giro con i suoi amici perciò non gli andava di disturbarlo.

Fece un'inversione a U decisamente irregolare che se ci fosse stata la polizia, lo avrebbero sicuramente fermato e gli avrebbero fatto una multa molto salata e, lo strombazzare furioso di alcuni clacson lo fecero ridere beffardo.

Axel accelerò come un pazzo, neanche stesse partecipando a qualche gara automobilistica e in meno di dieci minuti arrivò davanti al pub di sua sorella e immediatamente l'occhio gli cadde su una moto che non riconosceva parcheggiata nel suo solito posto.

Corrugò la fronte e sul suo viso pallido comparve un'espressione confusa che in un nanosecondo mutò. Ora era furioso. Chi era quello stronzo che aveva occupato il suo posto? Era talmente incazzato con sua madre, da avere una grandissima voglia di prendere a pugni qualcuno.

Quando il corvino varcò la soglia, udì subito il vociare di due voci femminili mescolarsi con una maschile, molto cavernosa che intuì subito a chi appartenesse.

Era Lennon.

Il suo Neon.

Che ci faceva lui al pub e per di più con delle donne?

Grugnì rabbioso. Sembrava quasi che il fato ce l'avesse con lui e che lo stesse testando per monitorare fino a che fosse riuscito a mantenere il suo autocontrollo, la sua quasi (quasi del tutto inesistente) prima di scoppiare completamente.

La cosa che più lo mandò in bestia fu vedere Lennon flirtare con quella ragazza.

Lui rideva, scuoteva la sua chioma rugginosa mentre quella moretta gli diceva qualcosa di divertente e gli toccava le braccia muscolose in un modo fin troppo intimo per i suoi gusti.

Osservandoli provò un pungente formicolio alle mani e una voglia matta di prenderlo a pugni su quel viso lentigginoso, si impadronì del suo corpo. Il solo vederlo sorridere verso quella ragazza gli dava un immenso fastidio alla bocca dello stomaco.

Era semplicemente assurdo.

Axel aveva bisogno di lui. Mentre Lennon non sembrava minimamente sentire la sua mancanza perché si stava divertendo in compagnia di quella mora.

«Neon!» gridò Axel con un tono voce talmente furente che avrebbe fatto scappare a gambe levate chiunque, ma Lennon si voltò semplicemente verso di lui e rimase impassibile.

Lo scrutò alcuni secondi con circospezione poi i suoi occhi verdi si aprirono per la sorpresa.

La ragazza sembrò sussurrare qualcosa al ragazzo che lo fece annuire poi lei e la donna delle pulizie se ne andarono via, uscendo dalla porta sul retro.

Ora erano rimasti soli.

Axel aveva solo voglia di litigare, anche se la persona che voleva prendere a pugni per il nervoso, era la stessa che voleva baciare fino a restare senza più fiato nei polmoni. Ma il solo fatto di averlo visto con quella ragazza, lo aveva reso così tanto geloso da avere lo stomaco sottosopra.

Possibile che pomiciare con lui non gli bastava? Doveva per forza tornare dal genere femminile per stare bene?

«Non sapevo fossi tornato ― perché non mi hai avvisato?» nella voce di Lennon si udì una scintilla di felicità che la si poté notare anche nel suo sguardo.

Era contento che fosse tornato. Gli era mancato troppo.

Il fatto era che Axel si era convinto che Lennon non avesse pensato nemmeno per un secondo a lui, cosa assolutamente non vera e perciò era ancora più arrabbiato di prima.

Axel schioccò la lingua contro il palato indispettito poi lo raggiunse e gli si piazzò davanti, tenendo le braccia tatuate incrociate sul petto. Erano così vicini che i loro respiri si mescolavano tra loro e le punte delle loro scarpe si toccavano.

I loro sguardi si incrociarono e il corvino rimase ammaliato dagli occhi verdi e luminosi di Lennon e pensò a quanto gli fossero mancati. Subito dopo il suo cuore ebbe un sussulto per via di quel pensiero. Poi si ricompose e tornò a osservarlo di sottecchi e con la stizza dipinta sul viso.

«Perché sei qui, Neon?» sibilò con irritazione pungente nella voce, senza rispondere alla sua domanda.

Lennon sembrò capire cosa stesse succedendo ― ovvero che voleva solamente litigare con qualcuno per qualcosa che lo stava affliggendo ― e con un gesto fulmineo di una mano, lo spinse all'indietro.

Alex strabuzzò con sgomento gli occhi, incespicando nei suoi stessi piedi.

«Stammi lontano. Non so che problema tu abbia al momento, ma Lex, per favore, non prendertela con me.»

Axel non lo stette ad ascoltare.

Era accecato dalla rabbia. La gelosia aveva preso il sopravvento e tutta l'incazzatura che sua madre era riuscita a far nascere in lui, la seguì a ruota. L'attimo dopo si scagliò contro Lennon senza stare a pensare alla conseguenze, del resto non c'era Evan a fermarlo e lo scaraventò al suolo, facendolo cozzare malamente col pavimento tant'è che dalla sua labbra sottili provenì un rantolo di dolore.

Si buttò su di lui e dopo avergli afferrato con forza i polsi, li sbatté con irruenza sul pavimento, appena sopra la sua testa rossa. Un altro gemito di dolore scappò dalle sue labbra. Lennon provò a divincolarsi dalla presa energica di Axel ma era piuttosto forzuto e con l'aiuto del suo peso lo stava tenendo incollato al suolo perciò non riuscì a liberarsi.

Non capiva cosa fare per calmarlo. Non gli piaceva quel Axel. Rivoleva indietro quello scherzoso e che non lo prendeva a pugni ma lo baciava senza sosta e per un'infinità di tempo.

«Manco da tre giorni e tu ci provi già con una ragazzetta» gli alitò contro.

Lennon aveva lo sguardo sbarrato e la bocca socchiusa da cui fuoriusciva il suo respiro affannato mentre la schiena gli veniva trafitta da fitte lancinanti.

Axel era geloso di Eliza? Per quale motivo? Non ci aveva provato con lei. Si era semplicemente mostrato gentile con lei, rassicurandola del fatto che la madre non sarebbe stata licenziata. Non aveva spaccato di proposito i riflettori. Era capitato e Rose aveva già chiamato i tecnici per sostituire il danno.

Perciò per quale motivo si stava comportando in quel modo? Ora non poteva più avere amiche che lui faceva tutte quelle stupide scenate di gelosia? Che poi, perché dovrebbe essere geloso se nemmeno stavano insieme? La loro relazione era strana e non aveva idea in che categoria metterla.

«Non ci ho provato con lei» biascicò Lennon.

Le mani del batterista si strinsero con ancora più forza intorno ai suoi polsi che gemette nuovamente. Non gli credeva. Lo aveva visto con i suoi occhi provarci con quella ragazza.

Perché mentirgli?

Quando il suono straziato di Lennon gli arrivò alle orecchie, un senso di colpa lo travolse con tutto il suo peso, come se un macigno di dieci tonnellate gli fosse caduto addosso, schiacciandolo al suolo e rubandogli anche l'ultimo respiro.

Axel adagiò il suo capo sullo stomaco dell'altro poi gli liberò i polsi dalla sua stretta, «Scusami» mormorò con voce spezzata.

Nonostante avesse una gran voglia di litigare, prendersela con Lennon non avrebbe di certo risolto le cose con la sua famiglia, anzi gli avrebbe causato solo altri problemi.

«Scusa Neon» mormorò ancora ― la sua voce ridotta ad un sussurro flebile ― poi si mordicchiò l'interno della guancia in un tic nervoso.

Aveva lo stomaco sottosopra per il rimpianto di avergli fatto del male mentre il suo corpo veniva scosso da fremiti. Aveva paura che Lennon non lo avrebbe perdonato. Il che era un bene per la parte razionale di sé, ma non per il suo cuore che stava già soffrendo all'idea che non avrebbe più passato del tempo con lui per colpa del suo caratteraccio.

Gli era persino passata la voglia di litigare per l'ansia che gli stava mangiando lo stomaco.

Si sarebbe dovuto sfogare unicamente con la sua batteria e invece era finito col ferire una persona a cui stava iniziando a tenere.

Lennon si rimise in piedi, spolverandosi i bermuda verde petrolio poi lo osservò con gentilezza ― non vi era alcun segno di odio nei suoi confronti perché voleva sapere cosa lo stesse tormentando.

«Ti va di dirmi che succede? Se hai così tanto bisogno di picchiare qualcuno, dovresti provare ad iscrivere in palestra e tirare pugni ad un sacco da boxe.»

«Ci ho già provato, ma non funziona. Sono una merda, lo so. A quanto pare sono tutto mio padre» buttò le braccia all'aria col viso deformato dal rammarico.

«Ehi, non dire così, okay? Non sei sempre stronzo. Ti ho conosciuto quando sei scherzoso, sorridente e tranquillo quindi è solo una questione di imparare a controllare la rabbia». Lennon gli mostrò un sorriso premuroso poi legandosi i capelli in una coda disordinata, si sedette sul palco in legno dove le band si esibivano ogni giorno.

Axel seguì ogni sua mossa in silenzio. Non era da lui essere così quieto, ma non sapeva bene come comportarsi in quel momento.

Lennon stava cercando di tranquillizzarlo eppure non riusciva a pensare a se stesso come una brava persona. Per tutta la vita sua madre lo aveva trattato come se fosse il cattivo di ogni storia e per via di ciò, aveva iniziato a credere di esserlo per davvero. Il cattivo che tutti adoravano per la sua bellezza e per la sua vita tormentata ma odiavano per le sue azioni malvagie.

«Okay.»

«Stai bene? Tu che non rispondi a tono è alquanto strano» una sopracciglia rossa e folta si arcuò sospettosa poi dalle labbra di Lennon uscì un ridacchio.

«Neon, se vuoi che ti meno basta che me lo dici eh» replicò giocosamente Axel, sedendosi poi a fianco a Lennon che gli mostrò un caldo sorriso.

«Ti va di parlarmi di cosa ti affligge o non te la senti?»

Il corvino adagiò la sua testa sulla spalla destra di Lennon, il quale gli avvolse un braccia intorno alla vita e quel semplice gesto, riuscì a farlo rilassare e a fargli capire che poteva fidarsi di lui.

«C'entra mia madre» buttò fuori infine.

Voleva parlarne con Lennon, ma allo stesso tempo no. Temeva che se avesse incominciato a parlare di sua madre, avrebbe detto tante, troppe parole poco carine nei suoi confronti ―non che potesse descriverla in modo diverso.

Era un demone che lo aveva privato della sua infanzia.

Lennon, con l'altra mano, prese ad accarezzargli i capelli. Gli spostò alcune ciocche da davanti al viso pallido e lo vide chiudere gli occhi e lasciarsi andare sotto al suo tocco. Lui stesso era rasserenato, contento di essere riuscito ad allentare un po' la tensione che aveva preso possesso del corpo di Axel.

«Ho capito. Non serve che ti sforzi. Se non me ne vuoi parlare, va bene lo stesso. Non voglio obbligarti a fare cose che non vuoi. Mi basta sapere che ora stai un po' meglio.»

Il corvino socchiuse gli occhi e vide il rosso stiracchiarsi le lunghe gambe massicce e pelose. Percepì il suo respiro sfiorargli caldamente una guancia come una carezza sul viso e ciò lo portò ad abbozzare un sorriso beato.

«Perché mi guardi così?» domandò Lennon dopo aver percepito lo sguardo di Axel perforargli la pelle con la sua intensità e quando aveva incrociato i suoi occhi, aveva notato un'espressione pacifica dipingergli il volto aguzzo.

«E come ti guardo?»

Gli lasciò un bacio tra i capelli, «Come se avessi appena ricevuto la grazia».

Axel gli pizzicò il naso tra le dita, «Scemo!».

Lennon si staccò dal corpo dell'altro e si sdraiò. La schiena a contatto con il legno freddo e le gambe a penzoloni, anche se erano talmente lunghe che con la punta delle sneakers toccava il pavimento.

«Comunque per quale motivo sei al pub di sabato? Non è il tuo giorno di riposo?»

«Tua sorella mi ha chiamato per chiedermi se potevo venire qui perché la donna delle pulizie ha spaccato dei riflettori e di aspettare l'arrivo dei tecnici. Tu invece che ci fai qui?»

Axel si sdraiò accanto a Lennon e appoggiò la testa sul suo petto, riuscendo a catturarne i battiti impazziti mentre l'altro tuffò una mano nella sua chioma e iniziò a giocherellare con alcune ciocche. «Volevo solamente suonare la batteria per non pensare a niente.»

«Puoi farlo se vuoi. Io ti ascolto molto volentieri.»

Quelle parole bastarono per accendere in Axel la voglia di buttarsi sulla sua bocca e baciarlo.

Si mise su un fianco, guardò Lennon dritto negli occhi che sembrava non star capendo la situazione poi lentamente avvicinò il suo viso a quello dell'altro. Il respiro caldo e rapido di Lennon gli fece solletico alle labbra. Sorrise con dolcezza poi finalmente unì le loro bocche che gioirono nel ritrovarsi nuovamente una attaccata all'altra.

Erano passati pochi giorni eppure avevano sentito troppo la mancanza l'una dell'altra.

Lennon fece passare le braccia sotto alle ascelle di Axel e si ancorò alle sue spalle, trascinandolo poi sul suo corpo. Il batterista ora si trovava sdraiato sopra di lui mentre si scambiavano saliva e le loro bocche si assaporavano a vicenda, come se non volessero più dimenticarsi l'uno del sapore dell'altro.

Le mani di entrambi iniziarono a vagare sotto alla stoffa leggera delle loro magliette per aver maggior contatto con la pelle. Il rosso passò le unghie sulla schiena nuda di Axel che ansimò nella sua bocca. Le labbra umide del corvino scesero a sfiorargli la cute ancora inviolata del collo poi iniziò a mordere come una belva affamata, lasciandogli già nell'immediato degli evidenti segni rossi, impossibili da non notare.

Continuarono a baciarsi fino a quando i loro polmoni non gridarono in cerca di ossigeno.

Le spalle di Lennon, così come il collo, erano piena di chiazze rosse. Pure la pelle di Axel aveva subito quel tipo di piacevole tortura e non gli dispiaceva affatto avere il collo maculato dai succhiotti di Lennon.

Una volta ripreso fiato, fecero per tornare a baciarsi ma l'arrivo dei tecnici glielo impedì. Si scambiarono un'occhiata complice poi scoppiarono a ridere mentre Lennon indicò il punto in cui era avvenuto il disastro e i tecnici si affrettarono a cambiare i riflettori.

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