Capitolo 14

I due ragazzi avevano deciso di vedersi al Green Lights per le dieci e mezza, ma entrambi si erano presentati all'appuntamento quasi venti minuti prima, come se non fossero più stati nella pelle di incontrarsi. Si erano accomodati ad un tavolino e avevano ordinato due caffè, un piatto di waffles per Lennon e una brioche alla crema per Axel.

Entrambi erano molto stanchi.

Lennon aveva finito il turno alle quattro passate del mattino e prima delle sei non era riuscito ad addormentarsi nonostante il macigno di pesantezza che si era sentito addosso. Tutto ciò per colpa della sua mente che aveva viaggiato per ore, replicando la serata appena passata con Axel e immaginandosi come sarebbe stata la loro prima uscita insieme. Infatti aveva dormito meno di quattro ore e lo si poteva benissimo capire dallo sguardo fiacco e gli occhi spenti, abbracciati da profonde occhiaie.

Anche Axel aveva dormito pochissimo e il motivo era stata sua madre, le sue urla mentre faceva sesso col suo compagno di vent'anni nella stanza accanto. Quelle grida da voltastomaco gli avevano impedito di addormentarsi senza avere incubi su di lei che si faceva scopare. E ora i suoi meravigliosi occhi mostravano tutta la stanchezza dovuta alla mancanza di sonno.

Nonostante non avessero dormito e avessero un grandissimo sonno, non avevano voluto rinunciare a quell'uscita.

Era assurdo com'erano passati dal volersi tenere il più distante possibile l'uno dall'altro a volersi conoscere nell'arco di poche ore.

Che cosa aveva fatto cambiare idea ai due ragazzi? Perché all'improvviso volevano conoscersi? Forse perché passando quel poco tempo insieme in macchina, avevano capito che la presenza dell'altro non era poi così male e che quando non litigavano era bello poter parlare di qualsiasi cosa.

Forse...?

Ma chi li capiva quei due...

Sembrava che entrambi si fossero dimenticati del fatto che avessero già pomiciato due volte. O forse stavano semplicemente facendo finta di non ricordarlo per non aprirci sopra una discussione che poi li avrebbe portati a litigare.

«Quindi, com'è andato il tuo primo giorno di lavoro? Ti è piaciuto?» domandò Axel, spezzando il silenzio che si era creato tra loro.

Si era formato nell'esatto momento in cui una cameriera aveva servito l'ordinazione e gli aveva fatto dei complimenti che Lennon sembrava non aver gradito perché di colpo si era ingrugnito e chiuso in se stesso.

Lennon alzò le spalle e bevve un soriso del suo caffè (disgustoso in confronto a quello italiano). «Bene. Rose mi ha fatto i complimenti. Ha detto che sono stato bravo ad imparare in fretta e che ha notato quanto ai clienti sia piaciuta la mia presenza e gentilezza.»

«Con me non sei stato gentile.»

«Come del resto tu», roteò gli occhi e sbuffò sonoramente.

Axel gli diede un pizzicotto sul naso e abbozzò un sorriso.

Non gli andava di spiegare a Lennon che se l'era presa con lui per via della sua situazione famigliare e del fatto che non riuscisse a controllare la sua rabbia, ma anche perché all'inizio non gli era piaciuto a pelle.

Il suo cuore pensò bene di suggerirgli che in realtà non gli era andato a genio perché in qualche modo aveva percepito sensazioni vecchie e sepolte tornare a galla dopo averci avuto a che fare. Ah, fanculo!

«Hai qualche altra passione oltre il football?» finse un conato di vomito.

Detestava quello sport. Gli ricordava quel bastardo a cui non voleva dedicare nemmeno un secondo dei suoi pensieri, anche se molto spesso tornava a fargli visita, giusto il tempo per farlo soffrire ancora.

Lennon gli schiaffeggiò un braccio, urtato dal gesto che aveva fatto, «Sì, lavorare il legno. Ristrutturare mobile. Costruirli da zero. Cose del genere» spiegò con orgoglio.

«E da dove è nata questa passione?». Era la prima volta che Axel conosceva una persona con quel tipo di interesse quindi voleva saperne qualcosa di più.

«Dai miei nonni materni. Mio nonno è un falegname in pensione che mi ha sempre insegnato ad amare e a prendermi cura del legno. Mi ha sempre detto che potevo creare ciò che volevo se avevo abbastanza immaginazione e così è stato. Mi ha insegnato ad usare gli strumenti per la cura del legno, per la levigazione, per intagliare e tutto il resto. Mia nonna invece mi ha insegnato a dipingere» abbozzò un sorriso, «Scusa, sono noioso».

Axel agitò il capo come a volergli dire che no, non era vero. «Perciò a casa tua ci sono mobili fatti da te?» gli domandò con una scintilla di curiosità nello sguardo e nella voce.

Lennon, improvvisamente, venne travolto dalla felicità.

Finalmente c'era qualcuno a cui interessava ciò che faceva. Certo, con i suoi migliori amici ogni tanto ne faceva un accenno, ma con loro parlava di più di football e altre cose, piuttosto che della sua passione per il legno. Credeva di annoiarli con tutte le sue idee per nuovi progetti.

Forse Axel si sarebbe veramente interessato al suo amore per il restauro e tutto il resto.

«L'armadio in camera mia che ho creato da zero. Il tavolo in salotto su cui ho passato uno spesso strato di resina per proteggere il dipinto che mia sorella ha fatto per me e altre cose per mia nipote, tipo bambole e giocattoli in legno.»

«Neon, ma che figata è!» esclamò con pura sincerità e eccitazione. Lennon aveva un interesse davvero speciale.

Il rosso arricciò le labbra. Non riusciva a capire se stesse mentendo oppure no.

«Lo dici sul serio o mi prendi in giro?»

Axel gli sfiorò una mano con i polpastrelli da cui partirono delle scariche elettriche che percorsero tutto il corpo di Lennon poi gli mostrò un affettuoso sorriso, uno di quelli che dedicava a poche persone. «Dico sul serio. C'è una cosa che voglio sapere, però. Crei anche cose che non c'entrano con i mobili, giusto?»

Lennon ricambiò il sorriso con le guance arrossate per via del tocco gentile dell'altro, «Amo intagliare il legno quindi sì, posso creare un po' di tutto».

«Non è che mi faresti una batteria in legno? Sarebbe troppo figo!»

«La vuoi davvero?»

Lennon era rimasto veramente colpito dalla richiesta di Axel. A parte la sua famiglia, nessuno gliene aveva mai chiesto. Sperava solo fosse sincero.

«Neon, sì, la voglio» replicò con serietà.

Dopo aver parlato della passione di Lennon per un po' di tempo, i due ragazzi si erano spostati su alcuni scherzi che avevano fatto durante il loro periodo scolastico.

Risero come due scemi, quando Lennon raccontò di quella volta in cui lui e Jason avevano disegnato dei mini peni sul viso di Lukas mentre stava dormendo in classe. Per tutta la giornata il povero malcapitato era andato in giro per la scuola con quella roba in faccia, scatenando le risa di tutti i suoi compagni. Lukas aveva riempito di domande i suoi amici sul perché ogni volta che qualcuno lo osservava, scoppiava a ridere, ma entrambi non erano stati in grado di dirgli la verità. Sarebbero scoppiati in delle grosse risate se avessero aperto bocca. Alla fine fu Lia a dirglielo. La sua ragazza si incazzò parecchio con Lennon e Jason mentre Lukas diede loro dei coglioni e la storia finì lì.

Continuarono a ridere a gran voce. Le loro risate erano talmente alte che quelli seduti al tavolo a fianco al loro si lamentarono parecchio perché li stavano disturbando. Axel fulminò la coppia con lo sguardo che si ammutolì e tornò a concentrarsi sulla loro colazione, ma non si lasciò scappare nemmeno una singola parola di ciò che Lennon gli stava raccontando.

«Ho fatto una cosa simile, solo che chi avevo preso è stato il professore di educazione fisica» storse il naso al ricordo di quell'uomo con i baffetti da stupratore, come spesso gli aveva detto direttamente in faccia, «Ce l'ha sempre avuta con me per via del mio fisico asciutto. Pensa che una volta mi ha detto che sembravo una donna perché non mettevo su muscoli» strinse un pugno sul tavolino, «In quell'istante ho deciso di fargliela pagare e mentre ronfava nel suo stanzino, gli ho riempito la faccia di insulti con il pennarello indelebile. Sono stato sospeso per questa cosa, ma n'è valsa la pena» concluse con un'alzata di spalle.

Il volto di Lennon assunse un'espressione cupa. Si rabbuiò nel sentire il racconto di Axel.

Non sopportava i professori che abusavano del loro potere sugli studenti per umiliarli o trattarli male. E proprio per questo, durante il suo terzo anno aveva denunciato una professoressa che aveva preso di mira una sua compagna di classe per via del suo aspetto fisico, secondo lei era in sovrappeso perciò non era bella. Non c'aveva più visto. Era andato dalla preside a denunciare la cosa e una settimana dopo quell'arpia era stata licenziata.

«Hai fatto bene. Che pezzo di stronzo. Ti ricordi come si chiamava il professore?»

Axel piegò il capo verso sinistra, cercando di ricordarne il nome.

Aveva eliminato quasi ogni memoria di quegli anni dalla sua mente perché li aveva odiati con tutto il suo cuore, infatti non sapeva spiegarsi come avesse fatto a ricordarsi di quell'episodio.

«Non mi ricordo. Ho cancellato il suo nome dalla mente.»

Lennon annuì solamente, portandosi alla bocca un pezzetto di waffle da cui colarono alcune gocce di crema al cioccolato. Una gli cadde sul mento e Axel, istintivamente, ci passò sopra un tovagliolo e lo pulì, ridacchiando.

«Che sbrodolone che è il mio bambinone» gli pizzicò nuovamente il naso che l'altro arricciò subito mentre le sue guance si tingevano di rosso per l'imbarazzo.

Nel petto di Lennon si scatenò un tamburellamento sconnesso e velocizzato che gli rimbombò fino alle orecchie ― per un secondo temette potesse schizzargli fuori dalla gabbia toracica.

«Scemo, piantala di prendermi in giro» borbottò, imbronciandosi.

Axel emise un ridacchio poi passò una mano nei capelli di Lennon e li trovò estremamente morbidi poi gli lasciò una carezza, «Sei carino quando sei tutto imbarazzato».

«Stronzo.»

Il batterista non era una persona a cui piaceva più di tanto il contatto fisico eppure non riusciva a farne a meno con quel ragazzone. Gli piaceva avere le mani sull'altro e non in senso cattivo. Forse all'inizio... Ma ora trovava piacevole sfiorargli il viso, regalargli carezze e pizzicargli il naso lentigginoso.

Il suo piano era quello di fare innamorare Lennon di lui e poi farlo soffrire, ma se continuava in quel modo, sarebbe finito nella sua stessa trappola e quello ad innamorarsi sarebbe stato lui.

Doveva andarci più cauto. Sì, doveva metterlo in chiaro col suo cuore prima che fosse troppo tardi.

Lennon invece era il contrario di lui. Adorava il contatto fisico con gli altri perché di per sé era un ragazzo molto affettuoso. Il problema con Axel era che ogni suo gesto e contatto lo mandava in tilt. Gli faceva impazzire il cuore e lo faceva imbarazzare, tanto. E non ne capiva il motivo. Era un ragazzo bellissimo, ma non aveva una cotta per lui.

«Da quanto tempo tu e Evan siete amici?»

«Da undici anni, ma migliori amici da dieci. Si è trasferito in America in prima media ― cioè avrei notato il suo dannato accento britannico, no? Ecco, questo è niente in confronto ai primi anni. A volte nemmeno capivo cosa diceva. Hai presente Yungblud? Be', la sua parlata era così. Per fortuna ora il suo accento si è un po' americanizzato, ma ci sono comunque volte che ancora adesso non capisco cosa dice per la velocità con cui parla.»

«Sono britannici?! Ma Vernon ha l'accento americano.»

«Verni ha preso quasi subito l'accento americano a differenza di tutto il resto della sua famiglia perché era piccolo ed è riuscito ad adattarsi più in fretta in confronto a tutti gli altri.»

«Vai molto d'accordo con Vernon, vero?». Nella voce di Lennon si sentì una punta di gelosia che provò a mascherare emettendo subito dopo un colpo di tosse.

Come se fosse servito a qualcosa!

La sua gelosia arrivò forte e chiara ad Axel, il quale fece nascere un sorriso compiaciuto sulle sue labbra poi bevve un sorso del suo caffè, ormai freddo.

«Sì, molto. Senti, che ti va di fare dopo? Ho del tempo libero.»

Axel stava mentendo. Si sarebbe dovuto vedere con Evan e gli altri. Quella sera avrebbero suonato fuori città quindi doveva fare gli ultimi controlli anche per il motel, ma non ne aveva voglia.

Desiderava solamente passare qualche altra ora con Lennon.

Il suo cuore a quel pensiero richiamò a sé i battiti che poi iniziarono a martellargli violentemente nel petto mentre il suo stomaco fece le capriole.

Attento Axel stai rischiando grosso. Quel pensiero comparve nella sua mente ma lo cacciò via perché passare un'ora in più con Lennon non lo avrebbe ucciso.

«Non so... Andiamo al lago?» provò a proporre Lennon.

Si era appena reso conto che da quando erano finite le scuola e teoricamente iniziate le vacanze, lui non era mai andato al lago ― perciò perché non farlo insieme ad Axel?

«Senza costumi da bagno e asciugamani?»

«Compriamoli.»

Il corvino ridacchiò annuendo, «Ci sto».

✴✴✴

Il Quiet Lake di Maddison Town era un lago di piccole dimensioni nascosto da un'alta boscaglia che ne circondava tutto il perimetro. E come diceva il nome, era un luogo molto tranquillo. Ci andavano poche persone sia quando il campo estivo era attivo perché brulicava di ragazzini e diventava inagibile che quando era chiuso il sabato e la domenica.

Perciò era la meta perfetta per stare da soli e in santa pace. Avrebbero potuto chiacchierare e ridere a voce altissima senza venir infastiditi da altre persone.

«Sai che non ci sono mai venuto?» se n'era uscito Axel seguendo ogni passo di Lennon poco dopo essersi inoltrati tra i boschi.

Lennon afferrò entrambe le mani di Axel per aiutarlo a scendere una discesa di terra senza scivolare in malo modo e una scarica elettrica attraversò i loro corpi.

Quella scossa riaccese in loro la voglia di baciarsi fino a restare senza più fiato nei polmoni.

Entrambi però, cercarono di cacciarla via della loro mente per non rovinare ogni cosa.

«Sul serio?» domandò Lennon con stupore.

Axel affondò gli scarponcini nella sabbia e annuì mentre dava un'occhiata in giro. Non c'era anima viva. Meglio per loro.

«Ti va di entrare in acqua?»

«Prima tu, Neon.»

«Fifone». Lennon gli mostrò la lingua poi si svestì velocemente ― il costume da bagno lo aveva indossato in macchina.

Axel schioccò la lingua contro il palato poi mormorò che anche chiamandolo in quel modo non lo avrebbe seguito, ma alla fine lo fece, saltandogli letteralmente in spalla.

I due ragazzi trasalirono a quel contatto ― la loro pelle calda che si toccava senza esitazione. Fu un'esplosione di calore che attraversò ogni fibra del loro corpo e gli lasciò addosso una sensazione di beatitudine.

Appena Lennon mise un piede nell'acqua gelida del lago, rabbrividì per il freddo ma la pelle bollente di Axel appiccicata alla sua gli stava mandando a fuoco l'intero corpo. Il batterista si era ancorato a lui. Le gambe allacciate sul suo ventre e le braccia incrociate intorno al suo collo per evitare di cadere in acqua. Per via di quella vicinanza si sentiva tanto agitato. Lo stomaco chiuso per il nervoso e il cuore che ormai aveva deciso che i suoi battiti cardiaci avrebbero pompato impazziti tutte le volte in cui si sarebbe avvicinato a Lennon.

La vicinanza di Axel stava mandando in pappa il cervello dell'altro ragazzo. Il suo profumo era buono ― gli si era insinuato nelle narici e non voleva più andarsene. Il suo respiro caldo gli stava accarezzando la pelle del collo e dei brividi di piacere gli percorsero la spina dorsale.

Lennon desiderò baciarlo ancora, assaporare nuovamente le sue labbra.

Era fuori di sé. Pure la sua ragione lo aveva ormai abbandonato. Lo desiderava e basta. Non gli importava che fosse un ragazzo, lo voleva in tutti i sensi.

«Neon, ti sei imbambolato? Neooon». Axel gli morsicò il lobo per risvegliarlo dal suo stato di trance e lo percepì rabbrividire sotto ai suoi denti ancora stretti intorno alla sua carne.

Lennon sussultò sia per la voce calda e profonda del corvino che si infiltrò nei suoi timpani, come se fosse il suono più erotico che avesse mai sentito in vita sua che per il suo respiro caldo che si schiantò nuovamente sul suo collo, solleticandogli la pelle.

Rabbrividì ancora e ancora per via della loro vicinanza.

«Scusa, l'acqua mi ha gelato le gambe» si inventò una scusa banale ma perfetta per la situazione in cui erano.

«Se è troppo fredda, esci, okay?» ogni parola che il corvino gli sussurrava all'orecchio era una carezza per l'udito di Lennon.

La voce di quel ragazzo era come una calda melodia. Ne diventavi ossessionato e volevi ascoltarla in continuazione solo per il piacere di venir appagato da quel suono seducente.

Lennon annuì.

Le sue gambe parevano dei cubetti di ghiaccio e muoveva a fatica dei passi in avanti. Gli sembrava di essersi ficcato in un freezer. Eppure non voleva arrendersi.

Desiderava restare in quella posizione con Axel perché il solo fatto di averlo ancorato a sé, sì, lo faceva agitare parecchio ma lo stava anche riscaldando col suo corpo caldo e quello gli bastava per non volersi staccare da lui. Percepiva i battiti dell'altro picchiettare contro la sua schiena e si domandò se anche lui potesse sentire i suoi che sembravano aver corso una maratona.

«E se ti buttassi dentro?» lo minacciò Lennon sorridendo divertito.

Axel gli tirò una sberla sul petto e lo mandò a cagare. Si aggrappò con ancora più forza al corpo massiccio del rosso, come una tenaglia stretta in una morsa ferrea, pur di non cadere in acqua.

Il suono dei battiti fuori controllo gli rimbombò nelle orecchie. I muscoli delle cosce gli si contraevano ogni qualvolta le stringeva intorno alla vita larga di Lennon. E il suo viso conficcato nell'incavo del collo di Lennon, gli faceva venire voglia di baciargli e succhiargli la pelle in quel punto.

Desiderava lasciargli il suo marchio. Proprio come aveva fatto alla festa.

Voleva fosse solo suo.

I timpani bramavano gli ansiti di Lennon, come il suo corpo necessitava le sue attenzioni, il suo tocco.

Stava incominciando a pensare che l'attrazione che stava provando per Lennon non fosse più solamente dettata dalla sua ragione che gli consiglia di farci sesso insieme e poi mollarlo senza spiegazione, ma anche da quei sentimenti che credeva di aver smesso di provare tanto tempo fa. Che lui stesso aveva rinchiuso dentro di sé per proteggere il suo cuore da altre delusioni. Eppure quel suo comportamento, traboccante di agitazione nel stare vicino a Lennon, non lo aveva mai provato per nessuno delle persone cui le sue uniche intenzioni erano state quelle di finirci a letto insieme e basta.

Una sana scopata.

Perciò ormai era chiaro che non voleva solo del sesso da lui ― tuttavia sapeva di doversi accontetare di quello per non finire col cuore spezzato una seconda volta.

Lennon si lanciò in acqua, cogliendo Axel di sorpresa che si ritrovò sott'acqua nel giro di pochi secondi con il freddo del lago a conficcarsi come aculei nella pelle. Si tenne stretto all'altro con gli occhi chiusi, nonostante gli fosse entrata dell'acqua nella cavità nasale. Sciolse solamente l'intreccio delle gambe per lasciare al ragazzo la possibilità di nuotare.

Tornarono a galla poco dopo.

Lennon scoppiò a ridere, passandosi una mano sul viso per spostare all'indietro i capelli che gli stavano oscurando la vista e tappando le vie respiratorie. Nel mentre Axel tossicchiò, appoggiando il mento sulla spalla dell'altro e riprendendo lentamente fiato.

«Sei un bastardo» biascicò tra un respiro e l'altro.

Lennon continuò a sprigionare la sua grassa risata per tutto il lago poi si voltò di poco verso Axel e gli mostrò un sorriso compiaciuto, «Così impari a starmi aggrappato per tutto il tempo».

Axel gli schizzò dell'acqua in faccia, facendogli chiudere velocemente gli occhi. Cogliendo quell'occasione di vulnerabilità di Lennon, si aggrappò alle sue spalle e con tutta la sua forza, lo spinse sott'acqua.

Rise a sua volta quando lo vide riemergere boccheggiando e con gli occhi spalancati.

«Chi la fa, l'aspetti.»

Andarono avanti a giocare come due bambini felici fino al momento in cui Lennon percepì il suo stomaco brontolare per la fame e annunciò ad Axel fosse ora di pranzare. Il batterista non se lo fece ripetere due volte, anche perché, nonostante si fosse divertito, stava comunque morendo di freddo e le sue labbra blu n'erano la dimostrazione.

Pranzarono con dei tramezzini al prosciutto e due lattine di coca-cola, avvolti da un solo asciugamano da spiaggia che li stava costringendo a stare appiccicati l'uno all'altro. Le loro gambe si sfioravano di continuo. I loro gomiti si scontravano ad ogni mossa che compivano. E i loro bacini si toccavano quando provavano a cambiare di poco le loro posizioni, seduti sul secondo asciugamano che avevano comprato.

Lennon diede un'occhiata al suo cellulare e vide che sua sorella gli aveva lasciato un messaggio quindi lo lesse subito, pensando fosse successo qualcosa, ma alla fine scoprì che gli aveva solamente domandato dove fosse sparito. Le rispose che era in compagnia di un amico e che poco prima di tornare l'avrebbe avvisata.

«Tutto bene? Devi tornare a casa?». Axel sperò vivamente di no. Non aveva alcuna voglia di tornare a casa sua o di andare dai suoi amici. Aveva bisogno di stare con Lennon. Desiderava solo quello.

Si sentiva così tranquillo in sua compagnia che non voleva rovinare tutto ciò che vedendo la faccia di sua madre o quella di Rose.

«No, tranquillo. Mia sorella mi ha chiesto dove fossi, tutto qui. E tu, non ti ha cercato nessuno? Tua madre? Tua sorella?»

Axel si incupì nell'immediato istante in cui sentì Lennon chiedergli della sua famiglia. No, ovvio che quella grandissima stronza non l'avesse cercato. Lo preferiva morto. O vivo, ma in quel caso solo quando le servivano dei soldi per spassarsela col suo fidanzatino.

«Sono cazzi miei» rispose con aggressività, tant'è che l'altro sbarrò gli occhi per lo sconcerto, non aspettandosi quel tipo di risposta dopo la bella mattinata passata insieme.

«Scusa Neon, non volevo» mormorò subito dopo, trafitto dal senso di colpa poi si passò una mano sul viso, pentendosi amaramente di aver appena rovinato l'atmosfera calma che si era creata tra di loro, «Non ho un buon rapporto con loro» spiegò infine, ma più di quello non gli avrebbe detto altro.

Si aspettò che Lennon gli gridasse contro di andarsene a fare in culo o peggio ancora si allontanasse da lui, invece fece una cosa che lo stupì, strappandogli il fiato nei polmoni. Lennon adagiò il capo sulla sua spalle e gli avvolse un braccio intorno alla vita, stringendolo contro di lui. Poi voltò il viso verso il suo e gli sfiorò una guancia con le labbra in un bacio sussurrato.

«È tutto okay ―se non vuoi parlarmene, io non ti costringo» gli sussurrò in un orecchio, facendogli venire i brividi che gli scossero di piacere l'intero corpo.

Axel era contento che non fosse arrabbiato con lui e che gli stesse lasciando i suoi spazi. Non si sentiva pronto a parlare di sua madre o della sua famiglia di merda in generale.

Axel fece scontrare le loro bocche in un bacio delicato. Il rosso spalancò gli occhi per i primi secondi poi li chiuse e assaporò la morbidezza di quelle labbra mentre il cuore gli schizzò fuori dal petto per l'esplosione di piacere che scoppiò dentro di lui.

Lennon portò una mano tra i capelli di Axel e gli tirò alcune ciocche bagnate, facendolo ansimare nella sua bocca che spalancò per dargli completo accesso. La sua lingua andò a cercare all'istante la gemella e quando l'ebbe trovata, non perse tempo e ci giocò insieme.

Il silenzio di quel luogo venendo spezzato solamente dai continui schiocchi di baci e saliva che i due si stavano scambiando senza sosta.

Axel sorrise sulla labbra dell'altro poi lentamente iniziò a succhiargli quello superiore. Le mani di Lennon vagavano sulla sua schiena nuda, tastadone la pelle liscia e fresca. Rabbrividì sotto al suo tocco ma gli piaceva come fosse gentile con le carezze. Subito dopo passò la lingua sul palato di Lennon per poi tornare a giocare col suo muscolo caldo non appena lo sentì ansimare nella sua bocca.

Un rivolo di saliva scivolò dal mento del roso e Axel glielo leccò via.

I loro gemiti stracolmi di eccitazione rimbombarono nelle loro bocche, facendo vibrare in sintonia i loro petti.

Una vampata di caldo attraversò i loro corpi e si sentirono come se stessero andando a fuoco. Una fiamma ardente che bruciava la pelle, soprattutto quando questa finiva a contatto con quella dell'altro.

Sembrava che il tempo si fosse fermato e che in quel momento non esistessero altro che le loro bocche che si bramavano a vicenda, in una continua ricerca del sapore dell'altro.

Pochi attimi dopo si staccarono con un forte schiocco che si liberò nell'aria.

I loro polmoni avevano bisogno di aria mentre loro non desideravano altro che continuare a baciarsi e ad assaporarsi reciprocamente come dei degustatori di vino.

Per via di quel distacco, percepirono il calore di quei baci ardenti scivolare via lentamente dalle loro labbra, lasciando posto ad un senso di vuoto che avevano bisogno di colmare tornando a baciarsi come se la loro vita dipendesse da quello.

Si osservarono per alcuni secondi in silenzio. I loro volti avevano assunto lo stesso colore di un pomodoro maturo. Gli occhi erano lucidi e carichi di bramosia. I loro petti si alzavano e abbassavano con frenesia mentre cercavano di calmare lentamente il loro respiro affannoso.

Alex allungò una mano e sfiorò una guancia rossa e accaldata di Lennon, il quale si rilassò sotto al suo tocco gentile poi la passò dietro al collo e con un gesto veloce, lo tirò nuovamente a sé e tornarono ancora una volta a baciarsi con irruenza e passione.

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