Capitolo 12

No, Lennon non poteva credere ai suoi occhi. Dopo aver iniziato il turno sottotono perché durante la mezz'ora di pratica insieme al bartender aveva fatto più danni che tutto il resto, ora doveva subirsi anche la faccia da schiaffi di Axel?

Sapeva del fatto che i Voodoo Doll si sarebbero esibiti al pub (anzi lo avevano già fatto) ma tra l'ascoltare solo la loro musica e incontrare il batterista, cambiavano le cose, le circostanze perché il solo guardarlo gli faceva provare emozioni contrastanti. Irritazione, nervosismo e attrazione. E averlo lì davanti a sé, gli faceva venir voglia di prenderlo a pugni perché per colpa sua aveva iniziato a dubitare della sua sessualità. Ma non poteva. Ci teneva a quel lavoro.

La sfortuna ce l'aveva per caso con lui? Perché Axel era andato proprio da lui quando c'era Timothy?

Non c'erano altre spiegazioni: qualcuno l'aveva maledetto e ora la sfiga lo perseguitava.

Lennon aggrottò le sopracciglia e corrugò la fronte per il nervoso mentre scrutava con disprezzo il ragazzo davanti a sé, «Quindi la musica di merda di prima era la vostra? Ecco spiegato il perché del mio mal di testa».

Bugia. Immensa bugia.

La loro musica gli stava piacendo e anche tanto, ma provocarlo lo faceva divertire. Vedere come il suo viso prendeva fuoco quando gli toccava la band era appagante. E poi voleva farlo arrabbiare.

Se avessero ripreso a litigare, forse la piccola attrazione che sentiva nei suoi confronti sarebbe svanita.

Axel digrignò i denti infuriato. Percepì la rabbia risalirgli dal suo stomaco sino alle mani che gli formicolarono, desiderose di colpire il viso lentigginoso di Lennon.

Gli occhi argentei del batterista sembrarono bruciare la pelle di Lennon da quanto fosse inteso e furente il suo sguardo, ma con una scrollata di spalla, scacciò via quella sensazione opprimente.

Non poteva permettersi di perdere quella sfida di sguardi.

«Che cazzo ci fai qui?» sibilò nuovamente Axel, reprimendo a fatica la sua voglia di saltargli al collo e prenderlo a pugni o baciarlo fino a togliergli anche l'ultimo respiro ―ma questo desiderio lo stava reprimendo con tutto il suo essere.

Non l'avrebbe data vinta all'attrazione sessuale che aveva per quel ragazzino.

Non poteva permettersi di creare altri casini nel pub di sua sorella, soprattutto se non voleva essere bannato da lì. Se dovesse fare a botte col nuovo barista rischierebbe di rovinare completamente (non che mancasse molto) il rapporto con Rose e toglierebbe la possibilità alla band di continuare ad esibirsi nel pub.

Sua sorella era passata molte volte sopra le sue risse nel locale, ammonendolo con un semplice «non farlo più» perché, come diceva lei, gli voleva bene. Peccato che avesse creato più casini e danni lui al pub di tutti quegli ubriaconi che iniziavano risse persino per degli stuzzichini. Ma che poteva farci? Se gli davano fastidio, lui li metteva al tappeto, magari dopo aver spaccato un tavolino ma quello era solo un piccolo dettaglio in tutta la storia. Ovviamente.

«Rose, la proprietaria, mi ha assunto quindi non rompermi il cazzo e fammi fare il mio lavoro» replicò Lennon con tono sprezzante, incenerendolo con lo sguardo.

Lui fece spallucce, mostrandogli poi il dito medio.

Lennon fu richiamato da Timothy, dopo che quest'ultimo si era accorto della tazzina frantumata ai suoi piedi e del fatto che non stesse già preparando altro caffè. Si sentì subito mortificato per non essere tornato all'istante a lavoro ma di aver preferito un botta e risposta con Axel.

«Sì! Lo faccio subito» gridò nel panico verso il biondo riccioluto.

Axel osservò la scena compiaciuto. Era già stato ripreso. Non sarebbe durato ancora per molto.

Lennon si stava insultando mentalmente. Era un idiota. Non doveva farsi distrarre da quel coglione di Axel. Non poteva e non voleva perdere quel lavoro.

«Che vuoi da bere?» sbottò verso il batterista per poi abbassarsi e radunare in una mano i cocci più grandi di ceramica della tazzina.

Lo udì schioccare la lingua contro il palato con stizza poi iniziò a tamburellare due dita sul bancone, «Una birra».

«Arriva subito, coglione.»

Axel lo irritava da morire per via della sua arroganza e manie di protagonismo, ma non ce la faceva proprio a smettere di pensare a quanto fosse attraente.

Sembrava un Dio. Peccato che il suo carattere fosse più simile a quello di un demone.

«Sei maleducato con tutti i clienti o solo con me?»

Lennon gli appoggiò la bottiglia di birra sotto al naso, trattenendosi dal ridergli in faccia per via di quella domanda veramente stupida, poi roteò gli occhi stizzito.

Dopo ciò che gli aveva fatto giorni prima pensava davvero che lo avrebbe servito come se fosse un Re? Se lo poteva scordare.

«Sono così solo per te, Lexi» gli fece il gestaccio poi tornò a lavorare, servendo altri due clienti che avevano ordinato due caffè e due fette di torta alle nocciole.

«Scommette che con mia sorella ti sei mostrato tutto gentile e carino e invece sei un diavolo sotto mentite spoglie!»

Axel non aveva alcuna voglia di smetterla di infastidirlo e poi voleva anche distrarlo, così da metterlo in cattiva luce davanti a Timothy. Magari così facendo sua sorella lo avrebbe licenziato e assunto qualcun'altro.

Qualcuno che non turbasse la sua quiete interiore, ove la legge più importante era quella di non provare amore per nessuno.

Lennon strabuzzò gli occhi per l'incredulità.

Roselyn era la sorella maggiore di Axel? Ma se non si assomigliavano nemmeno, a parte il colore degli occhi e il viso aguzzo e magro.

«L'unico demone qui sei tu!»

Il rosso voltò le spalle al batterista e tagliò due fette di torta e dopo aver spostate su due piattini, li adagiò sul bancone sotto al naso di due uomini, «I caffè arrivano immediatamente» annunciò con gentilezza, mostrando anche un sorriso di circostanza.

«Grazie ragazzo.»

Axel assistette allo scambio di sorriso tra i due uomini, sulla cinquantina, dalla folta barba e lunghi capelli castani e Lennon percependo un certo formicolio alla bocca dello stomaco.

Provò gelosia. Non gli piaceva che dedicasse sorrisi agli altri. Doveva provocarlo per avere la sua attenzione. Sì, era l'unico modo.

«Sai, stavo pensando ma il tuo nome non è tipo un cognome? I tuoi non sapevano come chiamarti e ti hanno battezzato come "Lennon" spacciandolo per nome? Da questo momento ti chiamerò Neon, dato che il tuo nome fa cagare» lo provocò Axel.

Stava mentendo spudoratamente perché in realtà trovava il suo nome particolare, ma quello non lo avrebbe di certo ammesso. E poi almeno aveva avuto la possibilità di affibbiargli un soprannome che solo lui poteva usare per chiamarlo.

Lennon grugnì infastidito. Non gli piaceva quando la gente si faceva beffe del suo nome. «Fottiti! Il mio nome è decisamente migliore del tuo!» gli strappò brutalmente di mano la bottiglia di birra poi gli puntò un dito contro, «Se vuoi continuare a berla mi devi pagare. Dieci dollari, grazie. E non me ne fotte se sei il fratello della proprietaria ― paghi come tutti gli altri».

«Scorbutico» borbottò Axel, strisciando una banconota da dieci dollari sul bancone, «Scordati la mancia, idiota».

«Posso vivere anche senza». Dito medio alzato davanti al suo viso e sorriso strafottente sulle labbra sottili.

Nonostante fosse la prima sera per Lennon, alcune ragazze gli avevano già dato il loro numero di cellulare ― scritti su dei tovaglioli di carta ― e in qualche modo nella sua mente frullò un'idea. Voleva usare quel fatto per provocare Axel e fargli capire che non gliene fregava niente di quello che pensava lui. E anche che non provava alcun interesse per lui.

«Alcune ragazze mi hanno dato il loro numero quindi non hanno assolutamente pensato fossi scorbutico, anzi mi hanno detto che sono parecchio sexy.»

Ed era vero. Una mora con un taglio a caschetto ci aveva provato spudoratamente con lui nemmeno una ventina di minuti prima. Si era leccata le labbra in modo sensuale e lo aveva osservato mentre finiva di prepararle il cocktail che aveva ordinato con malizia.

Aveva omesso un grande particolare però. Non capiva che problemi lo stessero affliggendo. Non aveva provato niente nel ricevere quel tipo di attenzioni da tutte quelle ragazze mentre ora che Axel lo calcolava, si sentiva agitato, anche se non voleva darlo a vedere.

I pugni del batterista si strinsero involontariamente nell'udire di tutte le attenzioni che l'altro aveva ricevuto. Voleva togliergli quel sorrisetto compiaciuto dalle labbra, strappandogliele a morsi.

«Probabilmente lo hanno detto per cortesia o perché sono cieche. In ogni caso appena scopriranno che sei un bambino, ti lasceranno perdere» ribatté repentino con acidità e con un ghigno perfido stampato sulle labbra.

«O forse preferiscono provarci con me, piuttosto che con un irascibile come te.»

Axel alzò il mento in segno di superiorità poi portò la bottiglia della birra alla bocca squadrata e ne tracannò la metà, senza mai distogliere lo sguardo da Lennon che venne richiamato più volte da una cliente ― era rimasto ipnotizzato dagli occhi grigi dell'altro.

Lo sguardo di Axel era così enigmatico da riuscire a catturare tutta la sua attenzione, facendo sparire tutto il resto. I suoi occhi gli ricordavano il metallo fuso ed erano dannatamente penetranti. Se li fissava per troppo tempo rischiava di venirne risucchiato fino a finire nelle sue profondità più oscure.

«Sì, mi scusi, ora vengo da lei» farfugliò il ragazzo, risvegliandosi da quel trance e distogliendo l'attenzione dal batterista per poi portarla sulla persona che lo aveva chiamato e subito roteò gli occhi stizzito. Era l'amica di Axel, quella con i capelli di un rosso visibilmente finto.

«Cosa desideri?» le chiese, cercando di mostrarsi il più neutrale possibile, ma quando vide il corvino schioccarle un bacio sulla guancia, emise un verso disgustato.

Il suo stomaco però non la pensò nello stesso e si chiuse per la gelosia.

Lennon notò all'istante come la ragazza, ridacchiando, adagiò la testa sulla spalla del batterista e gli stampò un bacio sul collo. E Axel, le cinse la vita e la strinse contro il suo fianco destro, sorridendo trionfante.

Si incupì alla vista di quei due in atteggiamenti tanto intimi.

«Te, ma so già che mi rifiuteresti quindi mi faccio bastare un Bloody Mary

Quella risposta fece storcere il naso a Lennon, che si chiese per quale motivo ci stesse provando con lui quando stava appiccicata al corpo di Axel, ma poi annuì. «Il Bloody Mary arriva subito.»

«Moni, lascialo perdere. Il bambino avrà già la fidanzatina o almeno, di solito è così all'asilo». Axel si stava divertendo un mondo a provocarlo perché ad ogni sua battuta lo vedeva mordersi le labbra per evitare di sbraitargli addosso insulti più pesanti e stringere i pugni con forza per non sferrargli qualche cazzotto in faccia.

Lennon era consapevole di dover sopprimere la sua voglia di prenderlo a pugni, soprattutto se voleva evitare di ritrovarsi senza un lavoro dopo appena un giorno, ma Axel stava davvero testando la sua pazienza con tutte quelle provocazioni.

E lui si stava sforzando talmente tanto dal non reagire in modo esagerato che aveva appena consegnato un Bloody Mary senza Vodka a Monica.

La ragazza contrasse i muscoli facciali per la repulsione quando la sua bocca venne invasa dal sapore del pomodoro poi rovesciò sul bancone tutto il contenuto del bicchiere. «Vuoi per caso avvelenarmi?» strillò istericamente con voce stridula.

Nel mentre, Axel rise sotto ai baffi, non per cattiveria ma semplicemente perché tutto ciò era divertente.

Lennon si affrettò a pulire il disastro creato da Monica per evitare che Timothy si accorgesse del fatto che avesse sbagliato ancora, «È succo di pomodoro, eh. Ingrediente principale di questo cocktail se non lo sapessi» commentò sprezzante.

«Tu, piccolo stronzetto, mi prendi per il culo?»

Il corvino continuava a ridacchiare per via di quanto fosse assurda quella scena. Monica era bravissima a comportarsi da Drama Queen, doveva ammetterlo.

«No, ci mancherebbe altro. Ti ho solamente detto qual è uno degli ingredienti del cocktail che mi hai ordinato. Tutti qui.»

«Lennon, prenditi una pausa che qui finisco io». Rose fece la sua entrata, passandosi per la porta saloon che dava sulla cucina e lanciò un'occhiata sbieca a suo fratello che smise subito di ridere.

Axel sbuffò sonoramente e senza dire nulla, si alzò dallo sgabello poi si allontanò dal bancone. Monica, invece, la salutò con due affettuosi baci sulle guance.

Lennon si domandò se i due fratelli non avessero un buon rapporto. Aveva notato immediatamente come il volto di Axel fosse tornato serio nell'esatto momento in cui aveva visto entrare sua sorella e lo sguardo aveva iniziato a bruciare di rabbia. E non ci aveva pensato due volte ad andarsene via dal bancone, come se non volesse nemmeno scambiare due parole con Roselyn.

Be', ma col caratteraccio che si trovava, era ovvio che anche sua sorella riusciva a stento a sopportarlo...

«Sono davvero in pausa?»

«Certo. Prenditi una boccata d'aria che qui ormai si è fatta pesante» replicò lei, facendo riferimento a quella strana situazione che si era creata.

Monica sembrava felice di vederla e chiacchierare con lei mentre Axel era completamente sparito nel nulla.

«Grazie.»

Detto ciò, Lennon passò per la cucina e dopo aver salutato Dominick, il cuoco, uscì sul retro del pub per prendere una boccata d'aria fresca come suggerito da Rose.

Il venticello caldo si infranse sul corpo di Lennon. Era notte eppure gli sembrava di essere appena finito all'interno di un vulcano attivo. Il caldo aveva riscaldato l'asfalto e l'aria che lo circondava era bollente. L'afa era talmente pesante che la si poteva tagliare con un coltello. Gli sembrava di star respirando acqua. Era assurdo come ormai le temperature fossero fuori controllo.

La maglietta umida di sudore gli si era incollata alla pelle. Ne tirò la stoffa dal colletto e iniziò a muoverla avanti e indietro per farsi aria. I capelli alla nuca erano zuppi ― si erano leggermente ondulati.

Si moriva di caldo sia dentro che fuori dal pub, nonostante all'interno del locale ci fosse l'aria condizionata accesa.

Si sentiva esausto ―più mentalmente che fisicamente. Per essere il suo primo giorno di lavoro era andato abbastanza bene. Ah, ma chi andava prendere in giro!

A parte due cose fatte bene, era andato tutto per il verso storto.

Aveva combinato casini durante le prove con le miscele per i caffè e la preparazione di alcuno cocktail ― però cavolo, era pur sempre il suo primo lavoro. Timothy non gli aveva detto niente, ma dal suo sguardo aveva capito che lo stava giudicando e tenendo d'occhio.

E poi temeva di aver fatto brutta figura con Roselyn.

Era sicuro che quando era uscita dalla cucina, lo aveva visto battibeccare con Monica e Axel al posto di lavorare, ma aveva taciuto.

La parte peggiore di tutto ciò era per l'appunto la presenza fastidiosa di Axel.

Lo stava mandando in confusione. Il suo cuore reagiva con esagerazione quando ce l'aveva vicino e quella cosa non gli piaceva per niente.

Sarebbero state sempre così le sue serate lavorative al pub? Con Axel che non la smetteva di punzecchiarlo? Sperava proprio di no...

«Merda» mormorò a bassa voce.

Scalciò un sassolino, sentendosi particolarmente irrequieto. Si stava struggendo per un ragazzo. Un qualcuno per cui non valeva la pena tormentarsi. E non sapeva come smettere di farlo.

Non riusciva a cessare i suoi pensieri per Axel.

Era stato l'unico bacio scambiato con qualcuno del suo stesso sesso che gli aveva lasciato un enorme confusione nella mente.

«Neon.»

Lennon riconobbe in un batter di ciglia quella voce profonda. Il suo corpo a quel suono venne scosso da dei brividi che gli fecero venire la pelle d'oca.

Non ora. Non tu. Pensò, contraendo i muscoli del viso in una smorfia di tensione.

Il corvino, con una sigaretta tra le labbra, si avvicinò pericolosamente a lui e gli sfiorò un braccio che lo fece agitare leggermente mentre si appoggiava al muro con le schiena.

«Il gatto ti ha mangiato la lingua?» lo prese in giro, conscio del fatto che la sua presenza lo rendeva nervoso.

Lennon voltò il viso dall'altra parte.

Non voleva incontrare i suoi occhi. Non voleva vedere il suo sorrisetto compiaciuto.

Si mise a fissare un punto indefinito nel cielo stellato e di colpo si sentì come suo nonno quando si metteva a osservare senza sosta qualcosa che lo attirava particolarmente.

Peccato che chi lo attirava fosse anche la persona che voleva a tutti i costi ignorare.

Le pulsazioni violente del suo cuore gli rimbombarono nelle orecchie, come dei tamburi.

«Che c'è? Mia sorella ti ha già lasciato a casa?»

Dalle labbra sottili di Lennon sfiatò un grugnito infastidito, «No, sono in pausa quindi vedi di sloggiare da qui che mi stai rompendo il cazzo».

Axel fece spallucce, «Non c'è scritto il tuo nome su questo muro quindi posso fare quel cazzo che voglio».

«Sei un bambino, per caso?»

«Taci, pel di carota» mormorò a denti stretti.

«Ma se hai iniziato tu a rompermi le palle!»

Il corvino fece un tiro di sigaretta e buttò fuori il fumo. La nuvoletta di miasma si infranse sul viso di Lennon ― dopo che una folata di vento caldo la spostò nella sua direzione. Il ragazzo iniziò a tossicchiare e finalmente si degnò di guardarlo, dedicandogli un'occhiataccia torva che non gli fece né caldo e né freddo.

Gli aveva appena invaso i polmoni di fumo per attirare la sua attenzione. Mamma mia, quanto era noioso quel batterista!

«Stronzo.»

«Io non ho fatto niente. Incazzati col vento.»

«Faccia da cazzo.»

«Ma se ho un viso perfetto!» esclamò indignato, indicandosi poi il viso su cui era nato un sorriso borioso.

Lennon finse un conato di vomito.

Stava mentendo al batterista e a se stesso. Il suo viso era veramente da lasciar senza fiato. Peccato per tutto il resto...

«Se lo dici tu.»

D'un tratto, Axel poggiò la sua bocca sulla testa dell'altro ragazzo e gli avvolse i fianchi con un braccio.

Il calore che sentì attraverso quel semplice contatto fu sufficiente per far impazzire Lennon. Aveva persino dimenticato il caldo bestiale che li circondava, cullato da quella dolce morsa che non lasciava spazio ad altri pensieri se non a quelli su quanto si sentisse agitato e al contempo appagato in quell'abbraccio.

Anche il cuore del corvino sembrava sul punto di esplodergli dal petto. Non aveva idea del perché si fosse comportato in quel modo. Semplicemente aveva percepito il desiderio di farlo scorrergli nelle vene. Sia per se stesso che per vedere il viso di Lennon prendere colore e impanicarsi per lui.

«Che diavolo fai?» strillò Lennon mentre il suo volto roseo divenne bordeaux per l'imbarazzo. I battiti del cuore tornarono a velocizzarsi per quella vicinanza.

Non sapeva come comportarsi. E non capiva perché Axel stesse facendo tutto ciò.

Cosa ci guadagnava? Vederlo imbarazzato era tanto divertente per lui? Forse doveva trovarsi un hobby migliore e smettere di punzecchiarlo.

«Ti sei ricordato della nostra serata insieme?»

Axel gli prese il viso tra le mani e ghignò nel notare quanto fossero rosse le sue guance e il suo sguardo tanto imbarazzato. Sotto alle sue dita percepì l'ardente calore che emanava il suo viso in cui torreggiava la vergogna.

«Vaffanculo!»

Il batterista fece passare delicatamente le braccia dietro la schiena di Lennon, facendole sbucare dietro le spalle e aggrappandosi ad esse. Lo tirò verso di sé e i loro petti si scontrarono, combaciando quasi alla perfezione. Non riuscivano nemmeno a distinguere di chi fossere i battiti ― si sovrapponevano tra loro in armonia.

Lennon non capiva cosa stesse succedendo. Fece per chiedergli ma quando vide il viso di Axel avvicinarsi lentamente al suo, chiuse d'istinto gli occhi e si morse il labbro inferiore per il nervoso.

Poco dopo, il corvino annullò le distanze tra le loro bocche.

Il bacio fu gentile.

Si cercavano dolcemente solo con le labbra.

Axel staccò la sua bocca da quella dell'altro che si lamentò con un mugugno ― non voleva che finisse così presto quel bacio. Lennon gli arpionò i capelli con una mano e fece combaciare nuovamente le loro labbra. Il corvino gli passò la lingua su quello inferiore in cerca di un accesso che non tardò ad arrivare. Glielo concesse subito.

Le loro lingue si intrecciarono tra loro disperate, come se avessero aspettato una vita per ritrovarsi.

Il rosso annaspò in cerca d'aria mentre si faceva divorare la bocca da Axel.

Lennon gli tirò nuovamente i capelli e per questo, Axel gemette nella sua bocca, sentendone rimbombare il piacevole suono nella gola. Gli morse il labbro inferiore. Lo succhiò con veemenza, passandoci sopra anche la lingua e godendo lui stesso in quel bacio ardente.

Si sentiva travolto dalla passione.

Axel si aggrappò con più forza alle spalle di Lennon mentre quest'ultimo gli portò un ginocchio in mezzo alle gambe. Non appena gli sfiorò le parti intime, Axel emise un roco e profondo gemito poi ansimò senza pudore.

Il suono che aveva appena rubato al batterista, riportò alla realtà Lennon, come se qualcuno gli avesse tirato addosso una secchiata d'acqua gelida. Una volta resosi conto di ciò che stava facendo, si staccò fulmineo dal corpo dell'altro. Si passò le mani nei capelli, fissando Axel riprendere fiato con ancora l'enorme eccitazione in circolo nel suo corpo.

Notò subito le guance arrossate di Axel e le labbra gonfie. La sua chioma corvina era stata scompigliata dalle sue stesse mani e i suoi occhi erano liquidi e pieni di libidine mentre lo fissava a sua volta.

Pensò fosse dannatamente arrapante e sensuale in quel momento.

«Cazzo, non può essere» ululò disperato con ancora il cuore che martellava fuori controllo e il sapore di Axel sulle sue labbra.

Non poteva essere successo ancora. Non aveva pomiciato con Axel, vero? Se l'era semplicemente immaginato, giusto? Cazzo.

«Cosa, Neon?» ansimò il batterista a corto di fiato, ma nonostante ciò non si risparmiò dal passarsi la lingua sulle labbra mentre l'altro lo fissava, strappandogli un battito per l'eccitazione.

«Niente e lasciami stare, stronzo!»

Lennon, arrabbiato con se stesso per ciò che era appena accaduto e arrabbiato con Axel perché era bravo a manipolare le sue emozioni, tornò all'interno del pub. Sbatté con violenza la porta alle sue spalle, maledicendo l'altro nei peggiori dei modi.

Axel sogghignò, sfiorandosi le labbra turgide poi portò lo sguardo in mezzo alle sue gambe e alla vista del suo membro semi-eretto, si passò una mano nei capelli e scosse il capo, stupito da se stesso.

Si era eccitato per il tocco di quel ragazzino, quando continuava a ripetersi che doveva tenerlo lontano da sé per evitare i coinvolgimenti emotivi.

Era proprio una contraddizione vivente. Ma lo desiderava ancora. Aveva bisogno di giocare con lui un altro po'.

«Ci si vede, Neon» mormorò, consapevole che l'altro non lo avrebbe mai sentito. Poi anche lui tornò nel pub con l'intenzione di trovarsi una preda con cui sfogarsi, dato che Lennon lo aveva lasciato a bocca asciutta.

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