Capitolo 06
Lennon contrasse i muscoli del viso. «Voglio che tu te ne vada da qui. La tua sola presenza mi disturba» lo provocò lui, rispondendo allo spintone appena ricevuto con anche un sorrisetto compiaciuto sulle labbra.
Axel barcollò all'indietro per mezzo secondo con gli occhi spalancati. Era rimasto stupito dalla sfacciataggine di Lennon.
Nel frattempo arrivò anche il resto della band, i cui membri gli si misero subito accanto per impedire che tutto finisse in tragedia. Deacon gli afferrò entrambe le braccia e gliele strinse dietro la schiena per evitare che si avventasse sul ragazzo. Evan invece, dopo aver mormorato un «ci risiamo», si piazzò davanti a Lennon e gli porse delle scuse, così da evitare altri casini.
«Perdona Axel ma è un po' costipato in questo momento» Van abbozzò un sorriso amichevole a Lennon, sperando che con quella battuta lasciasse passare lo screzio avuto con Axel.
Il ragazzo come risposta schioccò la lingua contro il palato e scrutò con ostilità anche il cantante dei Voodoo Doll. Non gliene importava niente se era inviperito per fatti suoi ― doveva semplicemente abbassare la cresta perché non era nessuno.
Con tipi come quel Axel, Lennon aveva perso il conto di quante volte era arrivato alle mani. E a parte qualche ammaccatura, aveva sempre vinto lui tutti gli scontri. Con e senza l'aiuto dei suoi compagni di squadra ― perché i suoi migliori amici sarebbero finiti al tappeto in mezzo secondo.
Quindi ora non aveva di certo paura di sganciare qualche cazzotto contro quel coglione, anche perché aveva un conto in sospeso con lui da prima del ballo.
«Costipato, un cazzo! Mollate la presa, bastardi, così gli faccio vedere chi è il più forte» sbraitò il batterista dimenandosi come un'anguilla sotto alla presa salda di Deacon.
Quando finalmente riuscì a liberarsi ― il povero Deacon si era beccato un calcio negli stinchi che lo aveva piegato in due senza più fiato nei polmoni ―, puntò un dito contro il petto di Lennon che non si fece intimidire dallo sguardo inceneritore che gli dedicò, «Si può sapere che minchia vuoi da me?» gli sibilò contro.
Era simpatico come una gomma da masticare appiccicata alla suola delle scarpe. O come una merda di cane. In ogni caso una persona con cui non voleva avere a che fare, pensò Lennon.
Però sei tu che hai incominciato in questo momento! Ti sarebbe bastato lasciarlo in pace, gli urlò contro la sua mente, mettendolo a tacere.
«Niente. La tua faccia mi irrita, tutto qui.»
Lennon estrasse dalla tasca dei pantaloni gessati neri un pacchetto di sigarette (fumava raramente e infatti quelle erano di Jason), ne intrappolò una tra le labbra e poi l'accese, buttando il fumo in faccia al batterista che iniziò a tossicchiare. Sorrise vittorioso.
«Sai che fai pena a suonare la batteria? Sicuro di esserne davvero capace?» lo provocò ancora, osservandone la reazione con compiacimento. Il viso pallido di Axel si incendiò all'istante, sfumando verso un rosso purpureo e una vena sul collo affusolato prese a pulsare per la rabbia.
Era una bugia. Suonava benissimo ma era divertente vederlo arrabbiarsi in quel modo dopo avergli toccato qualcosa a cui teneva moltissimo.
Axel digrignò i denti come un cane con la rabbia mentre avvicinava pericolosamente il proprio viso purpureo a quello dell'altro ricoperto di lentiggini, sembrava gli fosse scoppiata della vernice in faccia. Pochi attimi dopo, il batterista sferrò un gancio destro nello stomaco di Lennon che si sentì il fiato morire in gola poi si piegò in due dal dolore, accasciandosi poco dopo sulle sue stesse ginocchia che cozzarono malamente sull'asfalto.
La sigaretta gli si sfilò dalle dita e scivolò al suolo in muto silenzio.
Il secondo pugno gli colpì in pieno uno zigomo. Gli occhi di Lennon lacrimarono all'istante mentre il dolore lancinante che stava provando, gli attraversò tutto il volto come una scossa elettrica. La vista gli si fece sfocata e tempestata da macchie verdi e bluastre per alcuni secondi, prima di tornare a vedere in modo chiaro.
«Axel, ma che cazzo fai!» strillò Evan disperato, passandosi le mani nei capelli per lo shock. Deacon e Carter gli si piazzarono davanti per impedirgli di fare altro male a quel ragazzo.
Axel era proprio fuori di sé in quel momento.
Lennon, con un braccio ad avvolgersi il ventre ancora dolorante, si rimise in piedi. Barcollò per qualche istante ma poi quando ebbe riacquistato l'equilibrio, spintonò di lato i due membri della band che lo fissarono scioccati e si tuffò letteralmente addosso al batterista, colpendolo in pieno viso con un fortissimo gancio destro.
Il pugno andò a cozzare brutalmente il naso di Axel tant'è che Lennon lo percepì scricchiolare a contatto con le sue nocche.
Quel violento colpo gli procurò un dolore straziante in tutto il volto e dalla sua bocca scoppiò un grido sofferente. Subito dopo dei rivoli di sangue gli colarono giù dalle narici. Axel portò all'istante le mani al naso per controllare che non fosse rotto e per fortuna non lo era.
I suoi occhi lucidi erano furenti di collera mentre guardava il ragazzo dai capelli color ruggine fare lo stesso.
«Ora ti ammazzo» esclamò rabbioso.
Lennon schioccò la lingua contro il palato, gesto che gli provocò una fitta al viso ma che finse di non percepire per non darla vinta all'altro, «Ti sto aspettando. Forza, batterista dei miei stivali».
«No, ora noi ce ne andiamo». Evan afferrò Axel per il retro della canottiera e lo strattonò fino a farlo finire dietro di lui poi lo inchiodò all'asfalto con un semplice sguardo penetrante ma traboccante di delusione. Sguardo che gli dedicava solo quando era ormai arrivato al limite della sopportazione quindi anche se di malavoglia, ingoiò il rospo e rimase immobile nel punto in cui lo aveva piantonato.
«Mi dispiace per tutto questo. Senti, ti facciamo un autografo e ci dimentichiamo di quello che è appena successo, va bene?»
Monica passò il pennarello ad Evan e nel frattempo mostrò un sorrisetto malizioso al giovane ragazzo che in risposta storse il naso con disgusto.
«A me della vostra band del cazzo non me ne frega niente, ma l'autografo lo accetto perché purtroppo i miei amici sono vostri fan.»
«Sei molto bello, sai» mormorò Monica lasciva, sfiorandogli un braccio coi polpastrelli e tracciando poi una linea immaginaria sino a fermarsi sul suo petto muscoloso e in quel momento si leccò sensualmente le labbra per provocarlo, ma non ricevette indietro la reazione da lei aspettata.
Lennon rimase impassibile a osservarla con fastidiosa indifferenza.
«Moni, non vedi che non ti caga? Lascialo perdere» Deacon sghignazzò passivamente dinanzi l'espressione scioccata della ragazza che era appena stata rifiutata col del silenzio a dir poco imbarazzante da parte di Lennon.
Solo allora lasciò perdere le sue avances non andate a buon fine e tornò a sedersi su un sedile del furgoncino mentre borbottava insulti rivolti verso Lennon e il bassista.
Dopo aver fatto firmare il volantino a Deacon e Carter, Evan lo passò ad Axel che glielo strappò di mano con furia poi fece uno scarabocchio illeggibile sul foglio con l'indelebile e subito dopo lo spiaccicò contro il petto del suo migliore amico.
Non gliene fregava niente del fatto che la firma fosse venuta uno schifo. Era troppo incazzato per stare a firmare in modo decente e poi era per gli amici di quel pel di carota quindi non gli importò dello scempio venuto fuori.
Lennon osservò la scena senza stare a nascondere il sorrisetto compiaciuto fiorito sulle sue labbra, soprattutto ora che era riuscito a metterlo a tacere, rovinandogli anche il bel viso di cui tanto si vantava.
«Ora però vattene o torna dentro, fa' quello che vuoi e noi faremo lo stesso» il cantante gli premette il volantino firmato contro il petto poi col capo gli fece cenno di andarsene via. Mentre Axel, alle sue spalle, gli mostrò il dito medio e ringhiò furiosamente, non potendo fare altro poiché conscio della sfuriata che da lì a poco si sarebbe scatenata su di lui.
«Non me lo faccio ripetere due volte. Addio band da quattro soldi. Spero di non rivedervi mai più.»
Lennon se n'era andato via. Evan lo aveva visto entrare nella propria macchina e partire a tutto gas dal parcheggio della scuola. Quindi ora che era sicuro che quel ragazzino non si sarebbe più presentato per litigare con Axel, poteva iniziare a fargli la ramanzina.
«Come hai potuto prendere a pugni un ragazzo senza motivo? E per di più con amici che sono nostri fan! Come pensi reagiranno nello scoprire che il batterista dei Voodoo Doll è violento e picchia ragazzi a caso? Ma pensi mai prima di fare 'ste cazzate? Dio, Ax... Non puoi rischiare di rovinare la band in questo modo». Evan era livido in volto. Era furibondo. L'idea che l'immagine della band potesse venir distrutta da Axel e dalle sue pessime scelte, lo mandava in bestia, ma lo spaventava anche perché i Voodoo Doll erano il suo sogno e non voleva vederlo svanire nel nulla.
Axel si passò una mano nei capelli umidicci. Il naso continuava a pulsare come un pompa e aveva assunto un colorito rossastro che l'indomani sarebbe diventato bluastro e molto più sensibile al tatto. Poi posò il suo sguardo strafottente su Evan che ben presto perse tutta la sua sicurezza e si mostrò rammaricato, «Ha iniziato lui... Io mi sono solo difeso» biascicò, ma dal suo tono di voce fin troppo serio si capì che era solo una scusa campata per aria.
«Non me ne frega un cazzo se ha iniziato o meno, anche se ne dubito. Mi basta pensare a com'era tutto soddisfatto dopo essere tornato dal tuo giretto per capire che quel ragazzo è stato il tuo sacco da boxe per scaricare la rabbia e che quindi te la sei cercata.»
Era assurdo come Evan riuscisse a capire tutte le azioni che compiva anche quando non erano insieme. Anzi, non era affatto assurdo. Si conoscevano da troppo tempo per non sapere com'era fatto il carattere dell'altro. Quindi dopo quell'affermazione, Axel serrò le labbra e stette zitto, incassando la sconfitta.
«Scusa» mormorò a bassa voce, così da farsi sentire solo dal suo migliore amico. Non voleva che pincopallo e pancopillo lo sentissero scusarsi per un suo sbaglio. Era troppo orgoglioso per vedersi prendere per i fondelli da quei due rincoglioniti.
Il cantante scosse il capo e sospirò rassegnato poi appoggiò una mano sulla spalla di Axel e strinse le dita intorno alla sua carne, «Cerca di darti una calmata, okay? La band è importante. Non possiamo permetterci piccoli scandali prima ancora di avere una casa discografica».
«Lo so. Lo so. Ci proverò. Ci proverò davvero.»
Evan abbozzò un sorriso che l'amico faticò a ricambiare, «Bene, allora possiamo tornarcene a casa. Verni va a dormire da un amico quindi non dobbiamo stare ad aspettarlo».
Il pensiero di tornare a casa fece irrigidire Axel. Non aveva alcuna intenzione di vedere sua madre. E allo stesso tempo non voleva andare da Evan dopo la ramanzina appena ricevuta. Voleva svagarsi. E chi poteva farlo divertire se non la sua migliore amica?
«Moni, posso dormire da te?»
«Certo, tesoro mio.»
✴✴✴
Lennon non fece in tempo a mettere i piedi sul pavimento di casa che sua madre comparve dal salotto e gli domandò come mai fosse già a casa.
Quella domanda e la sua presenza improvvisa lo fecero sobbalzare dallo spavento. Si portò una mano al cuore, dove i battiti cardiaci si rincorrevano impazziti.
«Mamma» esclamò.
«È successo qualcosa al ballo?» domandò al figlio dopo che quest'ultimo fu entrato in casa e con passo fin troppo veloce si era diretto verso le rampe delle scale.
Quello era l'unico modo per non far vedere a sua madre il livido che pian piano si stava formando sul suo viso. Ovvero scappare in camera sua.
Helen Keifer indossava una tuta color cipria. I capelli rossi raccolti in una treccia da cui sfuggivano i ciuffetti più corti. I suoi grandi occhi verdi giada erano contornati da profonde occhiaie e mostravano tutta la sua stanchezza. E in una mano teneva una tazza contenente l'ennesimo caffè del giorno, nonostante fosse quasi mezzanotte. Non riusciva, ma soprattutto non voleva, mai mettersi a dormire fin quando non sapeva che i suoi figli e suo marito stessero bene, magari vedendoli direttamente fare ritorno a casa dopo il lavoro o dopo essersi fatti un giro per la città oppure sentendoli al cellulare. Ma in ogni caso per dormire serenamente doveva sapere che la loro giornata era andata bene.
La sua famiglia era il suo mondo.
«Non è successo nulla, mamma. Ho solo un po' di mal di testa, tutto qui.»
Aveva davvero una forte emicrania che pulsava nel suo cranio. Gli era tornata dopo la botta ricevuta da quel batterista. Avrebbe tanto desiderato mettersi del ghiaccio sul viso per smorzare il gonfiore, ma se fosse entrato in cucina e poi uscito con un sacchetto di piselli appoggiato sulla faccia, sua madre avrebbe incominciato a fare troppo domande. E lui non aveva alcuna voglia di spiegarle cos'era successo realmente al ballo.
«Mi dispiace, tesoro. Hai già preso qualcosa?»
Lennon mise il piede sul primo gradino, pronto per darsi lo slancio e salire più velocemente ― come sempre ne faceva tre alla volta ―, «No, ma adesso vado in camera a dormire. A domani. Buonanotte mamma» detto quello, allungò le gambe e in meno di dieci secondi fu al piano di sopra.
«A domani, tesoro» la sentì gridare dal piano di sotto con la sua adorabile voce gentile.
Lennon sorrise dolcemente.
Sua madre era la persona più dolce del mondo ― chiunque lo diceva quando la incontravano per strada e si fermavano a chiacchierare con lei ― ma quando gli toccavano i figli diventava una belva, come una leonessa che proteggeva i suoi cuccioli attaccando chiunque provasse a far loro del male.
Se dovesse venire a sapere di tutte le risse in cui Lennon era stato coinvolto, Helen farebbe una strage di ragazzini, nonostante lui ne fosse sempre uscito vittorioso.
I figli, per lei, erano una cosa sacra e chiunque faceva del male ai suoi era da ritenersi un uomo morto.
Lennon aveva decisamente preso il suo carattere. La sola differenza stava nel fatto che oltre difendere la sorella e la madre, difendeva e proteggeva anche gli indifesi.
Il ragazzo si buttò a peso morto sul letto e le molle cigolarono sotto al suo peso. Prima o poi si sarebbe ritrovato col culo per terra e il letto spezzato a metà, come spesso le ripeteva sua sorella.
Prese una pillola per l'emicrania e la ingoiò. Nel farlo, bevve metà del contenuto della bottiglia che teneva vicino al suo letto. Faceva sempre una fatica assurda a buttare giù quella roba. Non capiva come nei film facessero vedere che la ingoiavano senza l'aiuto di un goccio d'acqua. Se lui provasse a fare una cosa del genere, gli rimarrebbe incastrata in gola e rischierebbe di soffocare.
Il suo cellulare vibrò nella tasca dei pantaloni che non vedeva l'ora di togliere, ma per il momento era troppo stanco per fare qualsiasi cosa.
Esalò un profondo respiro poi lo tirò fuori e sbloccò lo schermo. Era Lukas che gli stava inviando un resoconto della serata. Ma il secondo messaggio che gli arrivò fu da parte di Dennis.
Cazzo, Dennis! Pensò, sentendosi subito uno stronzo per averlo abbandonato.
Se n'era andato via senza avvisarlo. Probabilmente gli aveva dato l'idea di non essersi divertito in sua compagnia, dannazione. Non era stato così. Passare del tempo con lui era stato piacevole e un po' gli dispiaceva aver concluso malamente la loro serata, ma proprio non ce l'aveva fatta a restare, sapendo di dover ballare con Tiffany e farci delle foto insieme come se fossero ancora una coppia felice.
➤ Scusa se ti ho messo a disagio.
Gli aveva scritto Dennis. Con tante faccine dispiaciute. Tante.
➤ Non mi hai messo a disagio, Denny. Scusa se me ne sono andato via, ma l'idea di stare sullo stesso palco di Tiffany mi ha mandato in tilt il cervello. Mi sono divertito tanto con te quindi non darti nessuna colpa perché l'unico da incolpare sono io che non ti ho avvisato che me ne sarei andato dal ballo. Qualcuno ti ha dato fastidio?
➤ Sei tanto dolce! Ma no, tranquillo, nessuno mi ha rotto le palle. Sono stato sempre in compagnia dei tuoi amici e Lia. Mi sono divertito molto.
➤ Haha, grazie. Bene, mi fa piacere che almeno non sei stato solo. Scusa ancora.
➤ Stai tranquillo e grazie ancora per aver accettato di essere il mio accompagnatore!
Quel messaggio fu pieno di cuoricini rossi che fecero sorridere Lennon.
➤ Grazie a te per avermelo chiesto. Buonanotte Denny.
➤ Buonanotte Lenny!!
E anche qui un'altra sfilza di cuoricini.
Uscito dalla chat di Dennis, entrò in quella di Lukas e dopo aver letto che Tiffany si era portata sul palco il suo accompagnatore e che lo avesse baciato davanti a tutti, si sentì stranamente contento. Era certo che sulla testa di Jensen erano già comparse un bel paio di corna che ben presto sarebbero diventate talmente grosse e pesanti che il peso dei tradimenti di Tiffany lo avrebbero schiacciato.
Ah, quanto era felice di questo. Chi la fa, l'aspetti.
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