Capitolo 01

Il suono squillante della campanella di fine giornata rieccheggiò per i corridoi, rimbalzando tra una parete e l'altra avvisando in questo modo ogni singolo studente.

Una calca di ragazzi straripò come un fiume in piena dalla porta principale della scuola, tra spintoni e gridare che avrebbero potuto disintegrare i timpani a chiunque.

La scuola in sé non era ancora del tutto finita, ma si respirava già la tanto desiderata e quasi raggiunta libertà. Per mettere un punto a quell'anno scolastico dovevano aspettare il ballo di fine anno, ovvero l'indomani. E per molti ragazzi era il momento più atteso di tutto l'anno - per i Seniors era il loro ultimo ballo e naturalmente volevano goderselo appieno.

Lennon Keifer e i suoi migliori amici Lukas e Jason stavano per l'appunto discutendo di questo. Del ballo. E del fatto che mancava meno di un giorno al Prom e Lennon non aveva ancora trovato con chi andarci. La verità è che non voleva proprio partecipare a quel dannato ballo, non dopo essersi mollato con la sua ragazza storica. Una perfida traditrice che aveva rovinato la famiglia della sorella di Lennon, iniziando una relazione clandestina con suo marito.

Tiffany, la ex ragazza di Lennon, era riuscito ad abbindolarlo, così tanto, da convincerlo a farla partecipare a una delle consuete cena della sua famiglia (avvenivano due volte al mese, dove tutti si riunivano per mangiare e parlare di ciò che capitava nelle loro vite) e durante quella serata di sei mesi prima era stata capace di trascinare Jensen, l'adesso ex marito di sua sorella, in bagno per pomiciare. La sua ossessione per suo cognato era iniziata da una scemenza: lo aveva semplicemente visto al supermercato e si erano scambiati un sorriso. Da quel sorriso era nato il suo piano per conquistarlo. Aveva scoperto fosse suo cognato e da quel momento non aveva fatto altro che supplicarlo affinché anche lei potesse cenare insieme a tutta la sua famiglia fino a quando poi non aveva raggiunto il suo obiettivo.

Aveva rovinato la famiglia di Greta, sua sorella, e fatto incrinare il loro rapporto poiché si era incolpato di avergliela fatta conoscere e per un paio di mesi non era nemmeno riuscito a guardarla in faccia senza sentirsi uno schifo.

«Ho detto che non lo so. Il ballo è domani e io non sono sicuro di volerci andare» si lamentò Lennon, legandosi i capelli rossi in una coda bassa da cui sfuggirono alcune ciocche che gli accarezzarono il viso roseo e lentigginoso.

Lukas emise un sospiro snervato, «Non vuoi andarci perché sei senza accompagnatrice? Guarda quel pirla di Jason―» indicò l'amico che si stava grattando la testa da poco rasata a spazzola, «Ehi!», strillò offeso, interrompendo ciò che stava dicendo.

«Ti pare che abbia l'accompagnatrice? No, eppure al ballo ci viene lo stesso» continuò il biondo, sicuro che prima o poi Lennon avrebbe ceduto alla sua insistenza. Non riusciva a dire di no agli amici.

Il rosso roteò gli occhi tondeggianti e verdi, «Per lui è diverso. Non deve vedere la propria ex entrare con un altro ragazzo o peggio ancora col proprio cognato».

Non era stato facile per Lennon. Dopo averla lasciata, aveva cercato in ogni modo di incrociarla il meno possibile. Non c'era riuscito come avrebbe voluto. Tiffany era pur sempre la capo cheerleader e lui il quarterback principale della scuola quindi era stato impossibile non vedersi, soprattutto durante gli allenamenti e le partite. E poi, purtroppo per lui, avevano frequentato gli stessi corsi quindi l'aveva inevitabilmente incontrata. Che non le avesse rivolto nemmeno una parola era un altro conto, anche quando lei aveva provato a parlargli, lui l'aveva ignorata pesantemente scaturendo lo stupore generale nella classe.

Cosa si aspettava da lui? Che l'avrebbe perdonata dopo ciò che aveva fatto? Dopo aver buttato al vento quasi tre anni e mezzo di relazione per un ossessione? Dopo aver distrutto il matrimonio di sua sorella e aver rovinato i sogni di sua nipote? Non lo avrebbe mai fatto.

Provava un enorme odio per Tiffany, ma se si fermava a pensare a Jensen, il risentimento e il disgusto triplicavano fino a fargli ribollire il sangue nelle vene dalla rabbia. Lei aveva davvero fatto una merdata tradendolo, ma suo cognato non era di meno. Anzi lui era peggio. Non era riuscito a tenerselo nelle mutande e aveva osato tradire sua sorella con una ragazzina di diciassette anni in meno di lui. Ragazza che tra l'altro, Lennon l'aveva presentata come la propria fidanzata durante quella precisa cena, ma lui se n'era fregato e c'era andato a letto insieme comunque..

«Dai, Lenny, fallo per noi» Lukas, dopo essersi messo in punta di piedi, gli avvolse un braccio intorno alle spalle larghe e muscolose e lo strinse contro il proprio petto.

Lennon era mastodontico in confronto a lui. Era pieno di muscoli, altissimo, massiccio mentre Lukas arrivava a malapena al metro e settanta ed era molto mingherlino, senza alcuna traccia di tartaruga. Non si poteva dire che Lennon non era un tipo atletico a differenza sua che preferiva guardarlo giocare dagli spalti, divorando pacchetti su pacchetti di patatine di ogni gusto e tipo.

«Tu hai Lia.»

Lia era la ragazza di Lukas. E nonostante lo fosse, a stento di scambiavano più di qualche parola quando si trovavano nella stessa stanza. Non aveva niente contro di lei, semplicemente non sapeva di cosa parlare. L'unica cosa in comune era per l'appunto Lukas, però non gli sembrava il caso di raccontarle ciò che facevano quando uscivano insieme. Erano cose private. Quindi a parte il classico "come stai?", non chiacchieravano mai.

«E tu potresti avere qualsiasi ragazza eppure ti stai autosabotando per una stronza come Tiffany che è già passata ad altro.»

Era vero. Stava impedendo a se stesso di essere felice per via di Tiffany e di ciò che per molto tempo aveva provato per lei e per com'era finita. Anche se non voleva ammetterlo ad alta voce e alla propria persona, alcuni sentimenti per lei esistevano ancora dentro di lui e non era facile eliminarli con uno schiocco di dita o dimenticarli del tutto, soprattutto perché l'aveva amata tanto e a lungo.

Ogni volta che gli si piazzava davanti un'opportunità - ovvero una ragazza gli faceva delle avances -, lui rifiutava perché il suo cervello gli ricordava che se si fosse innamorato di nuovo, avrebbe sofferto ancora. E lui era conscio che soffrire per la rottura di una relazione fosse un passaggio naturale della vita (se non trovavi il tuo per sempre), ma il modo in cui era finita con Tiffany era la cosa che più lo faceva stare male e gli impediva di andare avanti.

Non esisteva cosa peggiore di un tradimento per Lennon. Non poteva perdonare una persona che lo tradiva sia in amicizia che in amore. Per lui una relazione era una cosa sacra, qualcosa a cui dedicava tutto il suo tempo, amore e l'anima.

Il tradimento era l'atto più vile e codardo da usare per spezzargli il cuore.

«Lo so...», sussurrò.

Il trio aveva da poco raggiunto l'auto di Lennon, quando quest'ultimo si sentì chiamare da qualcuno. Una volta voltato verso quella voce squillante, vide Dennis Hale correre nella loro direzione con lo zaino che gli sbatteva contro la schiena ad ogni passo e una mano verso il cielo che veniva sventolata.

«Ehi, Den, tutto okay?» sul volto lentigginoso di Lennon comparve un gran sorriso. Gli angoli delle sue labbra sottili e rosee si tesero verso l'altro, mettendo in mostra un accenno di denti bianchi.

Dennis era uno dei pochi ragazzi gay dichiarati nella loro scuola. Più di una volta, Lennon, si era trovato a doverlo difendere dai classici bulletti idioti e nonostante non fosse un tipo amante delle risse, finiva spesso col ritrovarcisi in mezzo per proteggere gli altri da soprusi derivati dalla loro misoginia e omofobia.

«Sì, Lenny, tutto bene. Senti, uhm, volevo chiederti,» si schiarì la gola dopo aver recuperato il respiro, «per caso ha già qualcuno con cui andare al ballo? So che manca letteralmente un giorno, ma se non hai un'accompagnatrice, mi piacerebbe molto andarci insieme».

Le gote di Dennis presero colore mentre si mordicchiava il labbro inferiore in attesa di una risposta.

Gli occhi verdi di Lennon si spalancarono di colpo e un'espressione di sbalordimento comparve sul suo volto poi prese a grattarsi l'avambraccio sinistro, cosa che capitava facesse quando diventava nervoso. Prima di ogni partita quel braccio assumeva lo stesso colore dei suoi capelli per quanto si sfogasse sulla sua stessa pelle.

«Uhm, uh, eh ― un'altra grattata al braccio, dove la pelle lentigginosa si era già arrossata ―, in realtà vorrei non partecipare affatto a questo ballo quindi non so, mi dispiace.»

«Eddai, amico, accetta», borbottò lamentoso Jason. Quando Lennon lanciò un'occhiata in cerca d'aiuto a Lukas, quest'ultimo mosse una volta il capo in modo positivo. Gli stava dicendo di accettare.

Esalò un sospiro. «Va bene, verrò al ballo con te» emise un ridacchio imbarazzato mentre a Dennis si illuminò il volto dalla felicità. Lo ringraziò una miriade di volte.

«Voglio solo che tu sappia però―»

«Lenny, so che non sei gay ma ti ringrazio comunque per aver accettato il mio invito. Grazie davvero.»

«Ci vediamo domani, allora. Ciao-ciao». Dennis salutò con entrambe le mani poi scappò via perché un suo amico lo aveva chiamato, incitandolo a muoversi.

«Ciao Den!»

Lennon si voltò verso gli amici e scrollò le spalle, «Siete felici ora? Ho un accompagnatore per questo stupido ballo!».

Non aveva alcun problema ad aiutare gli altri se glielo chiedevano con gentilezza. Non gli importava del fatto che i suoi compagni di classe avrebbero iniziato a sparlare di lui per aver accompagnato al ballo un ragazzo gay. Era felice di aver aiutato Dennis e poi era quasi certo che si sarebbe divertito con lui, anche se detestava i balli e ballare in generale, in più magari stando in sua compagnia non avrebbe pensato minimamente a Tiffany.

Lennon era una persona che non stava ad ascoltare ciò che gli altri avevano da dire su di lui. Dopo appena una settimana dalla sua rottura con Tiffany, aveva persino smesso di fare caso ai bisbiglii che si creavano quando entrava in una classe o passava per i corridoi senza essere fiancheggiato dalla sua ex.

Il suo motto era: "Vivi e lascia vivere".

Purtroppo a scuola non tutti la pensavano come lui. I bulli giudicavano, facevano bullismo a coloro che non rispettavano i loro canoni in bellezza, ma anche in orientamento sessuale. Era uno schifo.

«Potresti farci un ultimo favore?» le mani di Jason si unirono in segno di preghiera, i suoi occhietti color nocciola si aprirono e il labbro inferiore venne sporto in fuori come facevano i bambini quando volevano ottenere qualcosa a tutti i costi.

«Dimmi.»

«Potresti chiedere a Vernon Claybourne se domani sera la band che suonerà al ballo sono i Voodoo Doll?»

«E perché lui dovrebbe saperlo?»

E poi chi diavolo erano questi Voodoo Doll?

«Vernon è il fratello minore di Evan» rispose Lukas, indicando poi un ragazzo dalla chioma castano scuro che stava attraversando il parcheggio della scuola a qualche metro di distanza da loro.

Zaino in spalla e cuffie nelle orecchie. Non dava l'idea di una persona che voleva compagnia in quel momento.

E poi potevano andare avanti a pronunciare tutti i nomi che volevano, ma Lennon continuava a non aver idea di chi fossero e che faccia avessero questi tizi.

«E perché non può andare uno di voi due?»

Domanda più che lecita.

Lennon arcuò un sopracciglio rossiccio e la sua espressione divenne perplessa. Non era una cosa così difficile da fare quindi perché non potevano semplicemente muovere i loro piedi e andare da lui e chiederglielo da soli?

«No, perché Jay l'ha tormentato così tanto per l'autografo della band che Vernon l'ha bloccato su tutti i social e a me non risponde perché vede che sono suo amico». Lukas tirò un forte schiaffo sulla testa rasata dell'amico che schizzò in avanti, emettendo un gemito di dolore.

Lennon emise un ridacchio. Tipico di Jason. Tormentava le persone sui social fino a quando alla fine veniva bloccato ovunque. Gli aveva più volte ripetuto di non assillare in quel modo gli altri perché prima o poi lo avrebbe mandato a fare in culo, ma ogni sua raccomandazione gli entrava in un orecchio e gli usciva dall'altro.

«Se magari la smettessi di comportarti come uno stalker, le persone ti prenderebbero più sul serio. Sei letteralmente un'enorme Red Flag per tutti. Questo è il motivo per cui nessuno ti calcola.»

«Ma non lo faccio con cattiveria. Vorrei solo avere indietro una risposta.»

Dalle labbra del rosso sfuggì un altro sospiro e, per l'ennesima volta dall'inizio della loro conversazione, scosse il capo, «Ho capito, ma non più comportarti lo stesso in questo modo. È sbagliato».

«Devi darti una calmata, amico» si intromise Lukas, dando una leggera pacca sulla schiena dell'amico. Avevano entrambi più o meno lo stesso fisico, ma il biondo restava lo stesso il più basso del gruppo.

Poi indicò Lennon che lo fissò di sottecchi, «E tu, per favore, aiuta i tuoi amici disperati».

Lennon alzò gli occhi al cielo, esasperato dai suoi amici mentre Lukas gli rispose con la linguaccia.

«Vado, vado» borbottò, raggiungendo con poche e veloci falcate il ragazzo in questione.

«Vernon» lo chiamò a gran voce, quasi del tutto sicuro che con le cuffie nelle orecchie non lo avrebbe sentito, ma il ragazzo sussultò leggermente. La voce di Lennon era cavernosa, così profonda e cupa da far venire i brividi.

Il moro si girò, togliendosi le cuffie che gli ricaddero sul petto. Dovette inclinare il capo all'indietro per poter raggiungere lo sguardo di Lennon perché molto più basso di lui.

«Sì?» domandò con un filo di voce, fissandolo con i suoi occhioni blu.

Era la prima volta che si scambiavano qualche parola quindi il suono angelico che uscì dalle sue labbra piene e screpolate, scioccò Lennon. Ed era anche la prima volta che veniva a conoscenza della sua persona. Nonostante avessero la stessa età, Vernon dimostrava meno anni. Aveva un aspetto bambinesco con il volto ovale e le guance leggermente paffute. Lo sguardo timido e dolce.

Lennon pensò fosse molto carino.

Ma benché avesse l'aria di essere in tutto e per tutto un angelo, poteva tranquillamente sbagliarsi sul suo carattere. Poteva pure avere quel bel visino, ma non voleva dire che dietro a quella facciata non si nascondesse una personalità per nulla amichevole.

In ogni caso sperava vivamente che il suo aspetto rispecchiasse il suo carattere.

«Perdonami se ti disturbo, ma riguarda la band di tuo fratello, credo... Uhm,» abbozzò un sorriso con la speranza di venir ricambiato, «suoneranno al ballo domani?» domandò infine pacato.

Vernon arricciò il naso a patata ed emise un ridacchio leggero, «Dì ai tuoi amici che sì, domani suoneranno e di smetterla di tormentarmi, per favore. Non ho problemi ad accettare i fan di mio fratello su instagram, ma il tuo amico, quel Jason, è assillante».

Lennon si stupì del fatto che oltre il suo aspetto dolce, pure la sua voce era calma, serena.

Annuì mentre sul suo viso comparve un'espressione di dispiacere. Gli angoli della bocca leggermente incurvati verso il basso e le sopracciglia aggrottate. «Grazie Vernon. E tranquillo, glielo riferirò. Scusami ancora per il suo comportamento - non ha mezze misure» si scusò per l'amico e i suoi modi di fare noiosi. Più volte sia lui che Lukas si erano ritrovati a doversi scusare per conto di Jason perché non capiva la gravità delle sue azioni.

«Grazie Keifer! Ci si vede in giro» detto quello, Vernon lo salutò sventolando una mano per aria poi corse verso una macchina che aveva appena suonato il clacson, come a volergli dire di muoversi.

Lennon rimase sconcertato dal fatto che sapesse chi fosse poi però si diede mentalmente dell'idiota. Era quasi del tutto impossibile che non lo conoscesse. La sua fotografia, con targhetta placcata in oro su cui era inciso il suo nome, stava appesa vicino alla bacheca dei trofei che lui e la sua squadra avevano portato a casa nel corso degli anni. Tutti gli studenti ci passavano davanti un'infinità di volte durante la giornata quindi era improbabile che non l'avesse mai vista o che non avesse letto il suo nome.

Ricambiò velocemente il saluto poi tornò dai suoi amici. Li trovò con la bocca e gli occhi spalancati, come se avessero appena visto un fantasma e una domanda gli venne spontanea: che diavolo succede ora?

Lennon seguì il loro sguardo scioccato e al contempo eccitato e finì col ritrovarsi a fissare la macchina su cui era appena salito Vernon. I suoi amici sembravano concentrati nello scrutare il ragazzo che stava al posto di guida.

«State bene? Chi è quel tizio?» domandò. Era preoccupato per la sanità mentale dei suoi amici, ma anche per la sua in quanto quei due cretini lo condizionavano troppo.

«È Axel Powell. Quello in macchina con Vernon è quel figo assurdo di Axel, il batterista dei Voodoo Doll» strillò Lukas, ricordando particolarmente una ragazzina davanti al suo cantante preferito.

«Tu sei scemo.»

Nonostante credesse fermamente che fossero due rincoglioniti a comportarsi in quel modo per un batterista di seconda, terza categoria, non staccò il suo sguardo da quel ragazzo. Quando i loro sguardi si incontrarono, seppur per pochi secondi, percepì dei brividi scorrergli lungo la schiena. Gli occhi di quel tipo erano intensi e accattivanti. Non erano tanto distanti dal punto in cui aveva parcheggiato quindi lo vide chiaramente mimare, direttamente a lui, la frase: «Si può sapere che cazzo vuoi?» che gli fece contrarre i muscoli del viso, indispettito.

Lennon in risposta, portò un braccio davanti a sé, quasi allineato al suo petto muscoloso e gli mostrò il dito medio con tanto di sorriso sbeffeggiante.

«Fottiti» mimò a sua volta.

Non stette nemmeno a vedere la sua reazione, tanto era solo un coglione che si era montato la testa perché un centinaio di persone gli morivano dietro per il suo aspetto. Infatti salì direttamente sulla sua macchina e dopo aver obbligato i suoi amici a fare altrettanto ― erano rimasti scioccati da ciò che era appena accaduto davanti ai loro occhi ―, uscì dal parcheggio della scuola, dirigendosi verso la casa di Lukas.

«Len, tu sei pazzo!» esclamò con indignazione Jason con gli occhi stralunati, il viso modificato dallo shock, «Perché hai fatto così? Perché hai mandato a fare in culo Axel? Lui è un grande della batteria. Il batterista dei Voodoo Doll».

A Lennon venne spontaneo pensare: e chissenefrega se è il batterista di quella band? Se è un coglione, è un coglione, punto.

«Ha incominciato lui. L'ho solo guardato per mezzo secondo e ha avuto l'audacia di chiedermi che cazzo volessi» svoltò a destra uscendo dai cancelli della scuola mentre una macchina alle loro spalle strombazzò, non tanto a loro ma ad un cretino che voleva sorpassarlo, «Ma chi diavolo si crede di essere? Dite al vostro idoletto di tirarsela di meno».

Lukas borbottò qualcosa, ma Lennon non riuscì a capire cos'avesse detto. Probabilmente lo aveva mandato a fare in culo per aver offeso il loro batterista da quattro soldi. Non che gliene importasse qualcosa.

«Lui è un grande» ripetè Jason.

Lennon emise un verso di disappunto. Su quello aveva molto da ridire, anche se non aveva idea di come suonasse. Probabilmente suonava in modo impeccabile come dicevano i suoi amici, ma in quel momento non riusciva a pensare ad altro se non la sua attitudine fastidiosa.

«Lo hai già detto.»

«Abbiamo perso la nostra possibilità di farceli amici per colpa tua.»

Il petto di Lennon cominciò a vibrare mentre dalle sue labbra sottili scoppiò una grassa risata che lasciò gli amici attoniti. «Oh sì, certo, è proprio colpa mia. Non tua per aver tormentato il fratello minore del cantante fino a quando, stanco dei tuoi continui messaggi, ti ha bloccato ovunque. E poi pensate davvero che quel tipo potrebbe mai calcolarvi?».

«Perché non dovrebbe?»

«Perché per uno che se la tira come lui, voi siete solo due sfigati.»

«Ma se vi siete guardati solo per mezzo secondo! Come fai a dire che se la tira? Non lo conosci nemmeno» sbraitò Jason, sbattendo una mano sul sedile mentre fissava di sottecchi l'amico dallo specchietto retrovisore.

«Se per questo nemmeno voi» esalò un sospiro snervato, «Sentite, chiudiamola qui che non mi va di continuare a discutere su un cretino».

Jason alzò le braccia all'aria in segno di rassegnazione e poi si accasciò contro il sedile, borbottando a bassa voce che Axel non era un cretino e che Lennon non lo conosceva affatto. Lukas, invece, scosse leggermente il capo, consapevole che non aveva senso litigare per una persona ignara della loro esistenza.

Il tragitto scuola-casa di Lukas durò una decina di minuti. Minuti che il trio aveva passato a battibeccare per la scelta della canzone da ascoltare. Alla fine, Lennon, prosciugato dalle sue forze, aveva scelto di accendere la radio e di mettere una stazione qualsiasi e gli altri due avevano serrato le labbra sconfitti.

«Ci vediamo domani mattina alle nove al Green Lights, va bene?» il biondo prese il suo zaino e scese dalla macchina di Lennon. Jason era già fuori che aspettava l'amico.

I suoi migliori amici abitavano a due case di distanza una dall'altra mentre Lennon viveva in un altro quartiere. In ogni caso ci doveva passare davanti per arrivare alla sua quindi per lui non era un problema scorrazzarli in giro.

«Alle nove, okay.»

Il ragazzo salutò gli amici. Pugno contro pugno come facevano da quando erano bambini. Poi mise in moto la macchina e partì.

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