Capitolo 38: Welcome babe

Il fastidiosissimo rumore delle lancette che si spostavano, scandendo i minuti, per quanto flebile echeggiava in quel corridoio, rendendomi maledettamente nervosa.  Eravamo arrivati in tempo per vedere portare Chloe in sala parto, era stata ben sei ore in travaglio prima di poter essere pronta. La condizione in cui l'avevamo trovata era tutto fuorché riconoscibile, era sudata ed incredibilmente pallida, le sue labbra erano state torturate al tal punto che le aveva spaccate, i suoi capelli erano attaccati sul suo viso e la sua espressione era il dolore puro. James era entrato con lei, nonostante alcuni medici fossero contrari, ma lui non volle sentire ragioni. Mio fratello era pallido quanto Chloe e forse era la consapevolezza di star diventando padre a renderlo così, quel pensiero fece nascere un sorriso sulle mie labbra, fino a otto, quasi nove,  mesi fa, tutto sembrava perduto mentre in quella notte, in cui ormai si faceva strada l'alba, eravamo tutti in quel corridoio dinanzi la porta che conduceva in sala parto, vivi e ansiosi. Spostai l'attenzione dall'orologio alla finestra, vedendo la luce solare penetrare da essa illuminando la stanza, un'ora ormai che erano là dentro. Presi a mordicchiare il mio labbro inferiore, alzandomi dalla sedia e osservando la porta. Incrociai le braccia al petto, passeggiando. Mio padre, Christian e Richard erano andati a prendere un caffè. Mia madre si passava ogni due secondi una mano davanti il viso, mentre Jennifer sospirava e guardava ogni punto della stanza. Zia Katherine sbuffava ogni  tre secondi. Kendall torturava la manica della felpa di Aaron mentre quest'ultimo si limitava a osservarla, Chanel era appoggiata accanto la finestra che parlava sottovoce con Brandon, mentre Colton pareva più nervoso di me. Era di fronte la porta e osservava attraverso le piccole finestre poste su entrambe le porte, osservava per poi sbuffare, passarsi una mano tra i capelli e ricominciare. Era un loop senza fine.

«C'è James». Esclamò felice Colton, attirando l'attenzione di tutti e proprio in quel momento arrivarono anche i papà, con due bicchierini in cui intuii ci fosse caffè in mano. La porta si spalancò facendo alzare gli altri e avvicinare me a James.

«James». Sorrideva come un ebete, barcollava come se fosse ubriaco e i suoi brillavano come se ci fossero le stelle dentro quello pupille, mi rilassai perché avevo capito che fosse andato tutto bene. Indossava la divisa che gli avevano ordinato di indossare prima di entrare in sala parto.

«Ragazzi, sono diventato papà». Sussurrò ancora incredulo, poi spalancò gli occhi, e si fermò di colpo, passandosi una mano fra i capelli. «Oh cazzo, sono papà». E cadde a terra privo di sensi.

«Chiamate un infermiere». Sussurrai, sconvolta dalla sua reazione, Aaron e Brandon lo presero di peso mentre un infermiere giungeva da noi con una barella. A me venne quasi da ridere per la reazione a dir poco esilarante di James. Di lì a poco le porte si spalancarono e ne uscì un'infermiera che spinse una culla, provammo a fermarla ma corse verso l'ascensore annunciando che dovevano fare degli accertamenti, neanche riuscii a vedere il viso. E a seguito ne uscirono alcuni infermieri che spingevano il letto su cui c'era distesa Chloe, per ordine suo, si fermarono. Stava riprendendo colore e sorrideva mentre alcune lacrime le solcavano le guance, vagò con lo sguardo alla ricerca di qualcuno e sapevo già chi fosse. Prima di entrare non era arrivata a vedere Colton, ma solo me. 

«Sorellina». Sussurrò Colton, prendendole la sua esile mano. Aveva gli occhi lucidi e potevo capirlo.

«Se avessi un minimo di forze, ti mollerei un ceffone ma sei fortunato che io non ne abbia». Sussurrò velocemente, non mostrava nessun tipo di emozione, pareva senza energia. «Ora dov'è finito quella testa vuota del mio ragazzo?». Stavolta un piccolo sorriso prese forma sul suo viso. «Non ditemi che ha perso i sensi». Annuii e lei roteò gli occhi, sbadigliando.

«Bene, è ora di andare in camera, signorina». Chloe non rispose all'infermiere, chiuse gli occhi e si allontanarono.

                                       ***

«Non vedo l'ora di vederlo o vederla, chissà qual è il sesso». Sussurrò mia madre, strofinandosi le mani, eccitata. Eravamo davanti la stanza di Chloe, era passata un'altra ora prima che potessimo davvero vedere James, Chloe e il nuovo arrivato, non vedevano l'ora, e dicevo sul serio. Ero cosi affamata e assonata che vedevo doppio.

«Pure io». Annunciò Kendall, sorridendo. James aprì la porta e sorrideva, aveva chiesto di avere una stanza solo per Chloe affinché potesse avere la sua privacy e l'aveva avuta. Ci fece accomodare e la prima cosa che vidi fu Chloe, con la schiena appoggiata al cuscino che sorrideva al piccolino/a che teneva fra le mani, James si avvicinò a lei, prendendole l'altra manzo. Entrambi ci guardarono, sorridendo e commossi.

«Vi presentiamo Cassandra Hernandez». Annunciarono all'unisono, il sorriso mi morì sulle labbra nell'udire il nome e non mi resi conto delle lacrime che solcavano le mie guance, se non quando Colton, silenziosamente, ne asciugò una. Ero commossa quanto le altre ragazze, James mi guardò e mi chiese, attraverso gli occhi, se andasse tutto bene, annuii riuscendo a fare un sorriso.

«Abbiamo scelto questo nome perché quella ragazza è stata un'eroina, ha salvato tutti quanti e ha permesso di essere riuniti oggi, tutti quanti. Le siamo infinitamente grati per ciò che fatto, e vogliamo che ciò che è successo serva da lezione a tutti. Il passato non va dimenticato ma va affrontato, vero fratellino?». Chiese Chloe, nonostante il sorriso sapevo che stava architettando qualcosa.  Colton deglutì e annuí. «Volete tenerla?». Mia madre non la fece nemmeno finire di parlare che corse accanto a lei e, commossa, prese la bambina. La sorrideva e giocava, non ebbi la possibilità di avvicinarsi che ci fu una specie di attentato, peggio di quello delle api, da parte delle donne adulte che si avvicinarono.

«Colton, vieni qua». Annunciò Chloe, facendo segno di avvicinarsi, il mio ragazzo avanzò lentamente e una volta fu davanti il letto, Chloe lo fece sedere. Pareva gentile, sorrideva e parlava tranquillamente. «Ti perdono. Non è colpa tua se sei stupido. Abbracciami». Allargò le braccia, e Colton fece come gli aveva chiesto e quando si allontanò ricevetti un ceffone abbastanza forte da fagli voltare la testa. «Scusami, la mia mano ha agito da sola». Annunciò Chloe, sorridendo. Scoppiammo tutti a ridere mentre Colton accarezzava la guancia, fingendosi ferito.

«Per avere la mano piccola, è più forte di quello che pensavo». Confessò, scuotendo la testa. Quando arrivò anche il mio turno di prendere la bambina, mi parve di sentire il sangue gelarsi. Non era la prima volta che ne tenevo una ma era mia nipote, sangue del mio sangue, era un'emozione bellissima. La tenni stretta a me come avrebbe fatto una vera zia, i suoi lineamenti era quasi angelici, non aveva aperto gli occhi neanche per un secondo e Chloe mi disse che era normale, non aveva pianto e rideva pure mentre le toccavo delicatamente il nasino.

«Benvenuta piccolina». Sussurrai, baciandole la testa, dandola a Chloe dando che aveva fame e Iniziava ad essere irrequieta. Inoltre, l'ora delle visite era terminato, ciò significava che dovevamo andare via.

«Aspettate». Disse James, facendoci fermare, tutti noi ci voltammo eppure lui non ci guardava, lui guardava Chloe.

«Una notte fui svegliato da una chiamata, quando risposi e sentii Chloe in lacrime, non ci pensai due volte ad andare da lei, la trovai in lacrime seduta a terra  davanti il water e un test di gravidanza fra le mani, inizialmente ero rimasto paralizzato e mi ero chiesto che tipo di lacrime fossero le sue, purtroppo, avere una bambina a diciotto anni è uno shock per tutti inizialmente, eppure non mi interessava. Mi ero seduto accanto a lei e l'avevo abbracciata. Era il risultato del nostro amore, non potevo ricevere gioia più bella. Tuttavia avevo paura, avevo paura di tutto, di diventare padre,  di affrontare i miei genitori, di crescerla, di affrontare la realtà. Eppure quando l'avevo guardata negli occhi, avevo messo da parte la mia insicurezza perché in quel momento Chloe era distrutta, si sentiva una delusione, non solo era scappata da casa ma si era ritrovata pure in gravidanza. Non c'era da meravigliarsi se dopo quel piccolo crollo avevamo litigato, mi aveva urlato di tutto e di più e mi aveva mandato a quel paese un numero imbarazzante di volte, aveva provato a cacciarmi di casa ma io ero il padre e mi sarei preso le mie responsabilità. E farlo entrare in questa testolina rossa è stato più difficile di quanto pensassi. Avevamo deciso di non dire nulla, di tenercelo per noi finché non avremo trovato le parole giuste, poi successe tutto quel casino. Insomma, una batosta. Andare via era stata l'opportunità che aspettavo, mi dispiace davvero dirlo ma è la verità, crudele ma vero. Avevo bisogno di andare via con Chloe. Passarono i mesi e vidi che questa bellissima ragazza, aveva finalmente  deciso di essere forte, ciò che è sempre stata, accettando sua figlia e il nostro amore. La bambina crebbe e giorno dopo giorno mi innamoravo semplicemente guardandole. L'ho amata il doppio durante i suoi momenti di bipolarità, durante le sue incredibili voglie, i suoi pianti per la morte di un uccellino, oppure quando non riusciva a cucinare, i suoi ricatti con la cucchiai, la sua risata e la sua voglia di strapparmi i capelli. Oggi è un giorno speciale, oggi siamo diventati una vera e propria famiglia e tutto questo grazie a te, a te, a voi che siete l'amore della mia vita e le mie gioie, a Chloe che è rimasta nonostante i problemi, alla piccola che è arrivata quando meno ce l'aspettavamo. Mi avete cambiato la vita in meglio, e ora tocca a me. Oggi ho capito che è arrivato il momento, è arrivato il momento che tutti e dico tutti sappiano cosa siamo. Quindi Chloe-». Si fermò per estrarre un cofanetto dalla tasca dei jeans e si inginocchiò. «Vuoi continuare a cambiarmi la vita, amore mio?». Chloe era in lacrime, la bambina pareva tranquilla e non si era mossa di un millimetro. Brava piccolina. Chloe annuí sorridendo, così James si alzò con un sorriso che illuminò la stanza e, mettendo una mano sotto la testa della bambina, baciò Chloe. Colton, Aaron e Brandon probabilmente si dimenticarono di essere in un fottuto ospedale perché iniziarono a battere le mani e fischiare, alternandosi con frasi del tipo: «Dacci dentro, amico».

Io, Kendall e Chanel prendemmo i nostri rispettivi ragazzi per l'orecchio e, prima di uscire, facemmo gli auguri a James e Chloe scusandomi per il comportamento di quei tre idioti.

«Siete incorreggibili». Annunciai, furiosa. Avevamo rovinato un bellissimo momento, Colton scrollò le spalle, Aaron sorrise malizioso e Brandon si grattò la nuca imbarazzato.

«Vi va di venire a casa mia?». Propose Kendall, una volta usciti dall'ospedale, annuii sapendo che la mia migliore amica possedesse la più bella riserva di Oreo mai vista, li teneva sotto il letto e li aveva di tutti i gusti.

«Si, ti prego, sto morendo dalla fame». Non appena finii la frase, il mio stomaco brontolò. «Ecco, santa campana».

«Emh si già, Kendall, non è che potresti prestarmi la lavatrice?». Il mio sguardo saettò su Colton, aggrottando le sopracciglia, lo colse immediatamente e mi guardò mortificato. Non potevo crederci.

«Certo, tranquillo». Rispose Kendall, solare come sempre. Se sapesse cosa deve lavare. Andò verso l'auto di Aaron con mio fratello stesso, mentre io e gli altri verso l'auto di Brandon.

«Ma, Cristo Santo, c'era bisogno di portare le lenzuola? Ti avevo detto di non farlo». Sussurrai, avvicinandomi abbastanza da farlo sentire solo a lui.

«Be' non potevo mica lasciarle a casa». Rispose, scrollando le spalle. Roteai gli occhi, comprendendo una cosa: io e Colton eravamo tremendamente testardi.

                                    ***

I ragazzi erano andati via e io e Chanel avevamo deciso di dormire da Kendall, non appena andarono via, le ragazze iniziarono l'interrogatorio, portandomi nella stanza di Kendall, facendomi sedere e con la luce spenta ma solo una lampada puntata in faccia.

«Racconta, sospettata». Brontolò Chanel, dato che l'unica cosa che avevano ottenuto da me fu una risata, sonora incessabile risata.

«L'avete fatto, è palese». Replicò Kendall, quel commentò mi fece tornare improvvisamente seria. «Ecco, l'avevo detto». Annunciò, soddisfatta.

«Ma cosa vi interessa della mia vita sessuale». Obiettai, alzandomi e chiudendo le palpebre essendo diventata cieca. Li aprii quasi subito.

«Aspetta, allora è vero?». Per poco non urlò Kendall, coprendosi la bocca. Feci un mezzo sorriso, tra l'altro, imbarazzato.

«Ma quando avevi intenzione di dircelo?». Sbottarono all'unisono, mettendosi le mani sui fianchi.

«Ma dove dovevo dirvelo? In ospedale?». Chiesi, scioccata, si guardarono negli occhi per poi rispondere all'unisono:

«Ovvio». Parevano davvero convinte, tanto che mi fecero ridere.

«Non siete serie». Annunciai, divertita ma vedendo le loro espressioni cambiai idea. «Oh cazzo, lo siete davvero. Ma state male o cosa?». Sbottai, roteando gli occhi. Scrollarono le spalle e i loro continui gesti fottutamente uguali mi fecero rabbrividire. «Smettetela sembrate robot».

«Okay». Risposero all'unisono, facendomi strabuzzare gli occhi e scuotere la testa.

«Allora, ha fatto male?». Dovevo essere sincera, e  lo sarei stata con loro, avevo provato tanto dolore eppure non l'avevo fermato nonostante mi guardasse ogni secondo per avere conferma.

«Si,». Risposi, sciogliendo la crocchia e facendone un'altra. «ma penso che lo rifarei altre mille volte». Mi parve che i loro occhi prendessero la forma dei cuori di Cupido.

«Ora non sei più l'unica vergine del gruppo!». Urlarono all'unisono. Okay, questa storia doveva finire.

«Smettetela di essere così simili!». Mi davano davvero i brividi, mi sembrava di essere in un film horror. «Non rispondete». Le minacciai con il dito, assottigliando lo sguardo e loro cosa fecero? Scrollarono le spalle nello stesso momento. Alla fine, smisero veramente.

Decidemmo di fare un gioco proposto da Chanel così ci ritrovammo sedute sul piumone rosa che copriva il letto da una piazza e mezzo, ci guardavamo in faccia provando a non ridere dato che Chanel aveva lanciato la sfida, per non guardare le facce delle mie migliori amiche, che riportavano nella mia mente le brutte figure e di conseguenza sarei scoppiata a ridere, osservai le pareti bianche della stanza, la finestra posta di fronte a me,  la scrivania sotto essa pregnante di fogli, foto e riviste di moda, la parete di fronte a me su cui c'era un collage con tutte le foto che ritraevano me, Chanel, Aaron, Brandon... Krystal e Noah.

Il respiro mi si spezzò, il cuore mi si strinse in una morsa letale, i miei occhi ardevano e i ricordi riaffiorarono.

Non mi interessò molto del gioco, per me era una grande fesseria. Mi alzai dirigendomi verso le foto, c'era una in particolare che aveva attirato la mia attenzione. Eravamo io e Noah, lui che mi teneva in braccio come se fossi una sposa, io avevo buttato indietro la testa e avevo uscito la lingua, con gli occhi chiusi e allungato il braccio e la gamba sinistra, Noah invece aveva una faccia della seria: chi me l'ha fatto fare?

Volli sorridere perché la foto doveva portare semplicemente ricordi felici ma tutto ciò che mi riuscii, fu portare la mano sulla tasca destra ed estrarre la lettera di Krystal che avrei dovuto dare a Noah, ovviamente avevo pure la mia. Avevo riletto più volte la lettera durante il volo e sapevo dove potevo trovarlo, il problema era arrivarci. Accarezzai il viso di Noah, chiudendo gli occhi e immaginando di potere davvero sentire la sua pelle sotto il tocco.

«Char». sussultai, udendo il mio nome e la mano sulla spalla.

«Che succede?». Sussurrò sempre Chanel, mettendosi di fronte a me, le diedi la lettera che mi aveva scritto Krystal e dovette sedersi dopo aver letto semplicemente il nome del mittente, la lesse con Kendall. Io mi limitai ad accarezzare ogni foto come se avessi potuto rivivere il momento e cacciando indietro le lacrime, sentii i singhiozzi delle ragazze ma ero troppo impegnata ad osservare il viso felice di Krystal. Serrai la mascella e la mia visuale della foto venne sostituita da una mano, Kendall tolse la foto che ritraeva me e Noah attaccata con una puntina e me la mise in mano.

«Questa devi tenerla tu». Disse, tirando su con il naso, le sorrisi e abbracciai le mie migliori amiche.

«Voi avete detto addio a Krystal?». Chiesi, curiosa, ritornando a osservare le foto.

«No». Rispose Chanel, abbassando la testa.  «Non ci siamo arrivate, abbiamo parlato con lei. E, sinceramente, non credo di essere pronta».

Il passato non va dimenticato, va affrontato.

In quel momento le parole di Chloe mi tornarono in mente e non potei non darle ragione. Presi la mano di Chanel e Kendall, portandole di fronte il collage. Sapevo come avremo passato la serata.

«Prendete una foto con Krystal che più vi piace». Dissi, prendendo una foto che ritraeva me e quella che era stata la mia migliore amica,  che facevamo facce buffe, era il ritratto della felicità e della spensieratezza quella foto. Kendall prese una foto in cui lei si trovava sulla schiena di Krystal entrambe vestite da Babbo Natale, Chanel ne presa una in cui loro due mangiavano un panino abbastanza grande da sfamare una trentina di persone, e non scherzavo, era una sfida che aveva lanciato il proprietario del ristorante. Krystal e Chanel avevano perso, peccato che io mi trovassi fuori città in quel periodo.

Infine, le presi per mano e andammo fuori, ma prima di ciò presi un accendino, andammo con l'auto di Brandon dato che l'aveva lasciata qui per permettermi di tornare a casa e le portai nel luogo che avevo sempre odiato e che metteva i brividi semplicemente il cancello: il cimitero. Luogo in cui le anime dovrebbero riposare in pace, dovemmo scavalcare il muretto per poter entrare eppure non dovetti dire nulla, le ragazze avevano capito chi stessi cercando. Sapevo che l'avessero sepolta qui ma nessuno c'era mai andata, eravamo state codarde, forse davvero troppo ma, in fin dei conti, dov'era stato il tempo.

Arrivammo davanti la sua lapide, leggere quelle lettere che formavano il suo nome, uguale come tutte le altre ma ognuno di noi attribuiva un aggettivo diverso al suo nome, la sua foto in cui si mostrava sorridente era l'opposto rispetto quella che era stata negli ultimi tempi, era senza pensieri: Krystal Brown.

Scossi la testa per cacciare indietro le lacrime, inginocchiandomi davanti la sua lapide, seguita dalle ragazze, in quel posto, c'era più freddo del dovuto ed era normale considerato cosa si trovasse in quel luogo, presi la foto e l'accendino per poi accenderlo, avvicinarlo alla punta della foto e lasciare che prendesse fuoco, la gettai sul terreno guardandola consumare. Era un modo per affrontare il passato e Krystal, ormai, ne faceva parte. Kendall e Chanel mi seguirono poco dopo, nessuno disse una sola parola, non potevano esserci parole per descrivere nulla, non avevamo solo bruciato una semplice foto, avevamo bruciato un ricordo con Krystal, avevamo appena voltato una pagina della nostra vita, spostando anche il segnalibro. Krystal era stata la nostra migliore amica e avrebbe desiderato la nostra felicità, e l'unica che poteva farcela era propio quella strada di affrontare il passato.

Noah ha raggiunto la sua libertà.

Solo quelle parole ronzavano nella mia mente, ora mi rimaneva un'ultima missione:

Salvare Noah.

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