Capitolo 8 - Ammettilo
«Tesoro? Tutto bene?» chiese Claudia al di là dell'uscio, preoccupata.
Melany, dopo essere rientrata a casa, aveva attraversato come una furia il corridoio e si era diretta nella sua stanza; aveva chiuso la porta con violenza e non accennava a venir fuori di lì.
«Non ti preoccupare... Dammi un minuto e arrivo a preparare la cena» rispose con voce ovattata, stesa prona sul letto. Non aveva neanche sfilato il giubbotto, solo buttato lo zaino sul pavimento.
«Preparo io se vuo...»
«No! Grazie... faccio io» esclamò, interrompendola. Si rigirò sul materasso e abbracciò il cuscino, sconsolata. "Che cavolo gli sarà preso? L'ha fatto apposta per ferirmi? Però, non mi sembrava che gli stessi dando tanto fastidio..." rimuginò, cercando di capire dove avesse sbagliato.
Pensare a Ren era diventata una piacevole compagnia, e allo stesso tempo un'abissale tortura. Non aveva bisogno di tormentarsi per lui, aveva tante altre cose a cui pensare; ciononostante, il suo viso non accennava a sparire dalla mente.
Pochi minuti dopo uscì fuori dalla stanza e si diresse, con il suo solito ciondolare, verso la cucina. Quella sera, insieme all'insalata, avrebbe dovuto servire delle gustose zucchine ripiene al forno, che in genere adorava preparare, ma in quel momento era tutto fuorché contenta di vestire i panni della cuoca: ogni suo movimento, affettare, sminuzzare, era brusco e nervoso.
Sua madre, intenta ad apparecchiare la tavola, l'osservò senza proferire parola, turbata dal suo strano comportamento; considerò che, qualunque cosa le desse pensiero, sarebbe riuscita a risolverlo, essendo una ragazza razionale e posata. Tuttavia, quando si sedettero al loro posto e abbassò gli occhi sul cadavere ingiustamente martoriato delle zucchine, capì di dover intervenire, in qualche modo.
«Beh, domani è sabato. Cosa ne pensi di prenderti un giorno dalla scuola e passare il fine settimana da Becca?» propose, allontanando il piatto che le aveva servito per concentrarsi sull'insalata.
«Da Becca? Ma anche lei ha scuola domani» rispose Melany alzando lo sguardo su di lei, fisso sulle pietanze fino a un momento prima.
«Non c'è nessun problema. Il treno impiegherà quattro ore e mezza ad arrivare in paese, così Becca non perderà la giornata scolastica e manterrà la sua media di pochissime assenze l'anno. Sono un genio, no?» Claudia batté le mani, compiaciuta dalla sua idea.
D'improvviso lo sguardo di Melany s'illuminò e i suoi tristi pensieri sembrarono sparire per un po' di tempo.
Rebecca, felicissima di rivedere la sua cara amica, le aveva promesso che si sarebbe fatta trovare alla stazione per accoglierla. Tuttavia, non vedendola da nessuna parte, Melany si avviò da sola verso casa sua, dal momento che conosceva perfettamente tutte le strade. Approfittò di quel momento per rispondere a un messaggio che le aveva mandato Risa. Incredibilmente, Ren si era presentato nella sua classe quando le lezioni erano terminate e aveva chiesto di lei. L'amica, di certo intimorita dalle dicerie su di lui, gli aveva spifferato tutto nonostante fossero rimaste d'accordo sulla versione ufficiosa da raccontare.
«E perché dovrei dirgli che avevi da fare? Pensi davvero che verrà a cercarti?» aveva risposto Risa quando le aveva chiesto di collaborare.
"Perfetto. Adesso penserà che sono scappata come una bambina... Che palle!" lamentò fra sé e sé, ma non ebbe il tempo di deprimersi oltre.
«Meellyy! Scusa il ritardoo!» gridò Rebecca, agitando una mano in segno di saluto mentre le correva incontro.
Le due ragazze si abbracciarono calorosamente, poi si scambiarono dolci effusioni e frasi sdolcinate: "Mi sei mancata", "Ti penso sempre", attirando lo sguardo imbarazzato dei compaesani. Ma loro ci erano abituate.
Rebecca, dall'ultima volta che l'aveva vista, era dimagrita e mostrava un look diverso dai soliti vestiti di due taglie più grandi: ancora un po' rotondetta, sfoggiava un paio di leggings attillati, un vestitino in maglina e portava le lenti a contatto. Di sicuro c'era un motivo ben preciso che l'avesse spinta a tale cambiamento, del quale Melany non era ancora al corrente.
«Facciamo due passi. Tanto casa è vicina, lo sai» disse Becca, caricandosi uno dei suoi zaini, e camminarono mano nella mano.
A differenza del passato, gli occhi di Melany osservavano ogni cosa con meraviglia, come se stesse esplorando un posto nuovo e sconosciuto; tuttavia, in realtà, era la nostalgia a velarle lo sguardo e a riempirle la mente di ricordi. Nonostante il magone che le crebbe in gola, imboccarono la via che le avrebbe condotto verso il suo vecchio appartamento, poco distante da casa di Becca; intravedendolo, si fermò sul posto per guardarlo da lontano senza emetter fiato.
«Non vuoi avvicinarti?» chiese l'amica, rammaricata dal suo triste sguardo. «La settimana scorsa è stata occupata da una famiglia. Pare abbiano fatto dei lavori all'interno».
Melany scosse la testa e continuò a fissarla per un altro po'. Tutto le piaceva di quella casa: il giardinetto dove a sette anni aveva sotterrato il suo pesciolino Penny, il soggiorno tappezzato di disegni fatti con i pennarelli sul muro, la sua stanza esageratamente rosa e con le stelle fluorescenti sul soffitto, che da piccola la faceva sentire una principessa; l'armadio della mamma in cui s'infilava quando non voleva prendere la medicina per la tosse e lo studio del papà dove sceglieva il libro che le avrebbe letto la sera. E poi c'era la campanellina d'argento attaccata alla porta d'ingresso: l'aveva comprata suo padre perché annunciasse la gioia del rientro e il calore famigliare.
"Sono a casa" diceva sempre lui.
"Papà è tornato!" esclamava poi lei.
Quella campanellina, però, non c'era più. Era stata lei stessa a buttarla per strada quando aveva realizzato che non sarebbe più servita a nulla.
Melany si lasciò andare ai ricordi per qualche minuto, immaginandosi ancora in quella casa, con la sua famiglia riunita. Poi, all'improvviso iniziò ad avvertire una strana sensazione. Sentì un brivido di freddo e l'impressione che qualcuno la stesse osservando, ma guardandosi intorno non notò nulla di strano.
"Mi sarò sbagliata? Forse, non sono più abituata agli sguardi della gente di paese" pensò, concludendo che la ragione fosse proprio quella.
Quando furono a casa di Rebecca vennero letteralmente assalite dalle grida di sua madre, Sabrina, una donna alta e robusta con i capelli biondo platino che subito abbracciò Melany con vigore.
«Melly-Melly, tesoro! Prima eri sempre qui e ora non ci vediamo più!» piagnucolò dispiaciuta.
«Hai ragione, Saby. Mi dispiace» rispose lei, felice di vederla nonostante la sua incredibile stretta che la stava quasi soffocando.
«Mamma! Sei sempre esagerata. Io e Melly andiamo in camera. Ci chiami quando è pronto?» disse Becca, aiutando l'amica a liberarsi della madre e spingendola verso la sua stanza.
«Vi preparerò una cenetta con i fiocchi! Tutto vegetale!» dichiarò Sabrina con un gran sorriso, avviandosi verso la cucina.
«Quando ci sei tu mia madre dimentica sempre che sua figlia è onnivora, ma in fondo le verdure non mi dispiacciono» commentò l'amica, chiudendo dietro di sé la porta della sua camera.
Melany poggiò i borsoni vicino al letto a castello e si diresse verso la scrivania, su cui troneggiava una foto di lei e Rebecca durante l'ultima gita scolastica. Aprì la zip del giubbotto, si levò la sciarpa adagiandola sullo schienale della sedia e prese in mano la cornice. Fissò gli occhi su quel ricordo: una montagna, un cottage, una rovinosa caduta dagli scii e quella foto scattata con le piste alle loro spalle. Bei ricordi. Davvero molto belli.
«Allora? Cosa devi dirmi?» chiese Becca, sedendosi sul letto e battendo la mano sul materasso per invitarla ad accomodarsi accanto a lei.
«Niente. Perché?» mormorò Melany, riposizionando la fotografia sul tavolo con un nostalgico sospiro. Poi si avvicinò all'amica.
«Macché niente! Ci sarà un motivo se sei corsa qui. Ti conosco troppo bene».
Melany alzò le spalle. «Niente di che. A scuola non ho stretto amicizia con nessuno, tranne con quella ragazza di cui ti ho parlato. Anche se non so se posso considerarla amica o no...» Buttò il giubbotto sulla sedia e si stese di schiena sul letto. «Ah, e c'è mia madre che, ultimamente, rimane fuori più tempo del solito: se prima non c'era quasi mai a cena, adesso manca anche a pranzo. Sospetto abbia un uomo e, sinceramente, lo spero» disse fissando la base del letto superiore, dando voce ai primi pensieri balenati in testa.
«Claudia non cambierà mai. Ormai ci hai fatto il callo, no?» commentò Becca scuotendo la testa, rassegnata. Tuttavia, lo sguardo perso nel vuoto di Melany le fece subito capire che ci fosse dell'altro. «E poi? Non credo sia solo questo che ti assilla. A cosa stai pensando?» Si posizionò su un fianco, stendendosi accanto a lei.
Melany in silenzio, poi sospirò e voltò il capo incontrando i caldi occhi color cioccolato di Rebecca, che la stavano osservando perplessi.
«Beh, e poi...» Sosporò e decise, infine, di raccontarle l'accaduto del giorno precedente, a casa di Ren. Prima di quel momento, non aveva avuto voglia di parlarne con nessuno, neanche con lei.
«Quindi sei arrabbiata perché non ti è stato riconoscente» concluse Rebecca alla fine del racconto.
«Ma no! Non l'ho fatto perché mi dicesse grazie, ma perché... perché era solo, malato e non aveva nessuno che lo aiutasse» si difese drizzandosi a sedere sul letto, indispettita.
«Allora ha ragione: sei una crocerossina!» sentenziò l'amica.
«Non ho l'innata voglia di aiutare chiunque a tutti i costi» brontolò Melany infastidita. Si alzò dal letto e raggiunse la sua borsa per prendere il cellulare.
«Perché fai finta di essere ottusa? Cosa ci perdi a dire che ti piace?» domandò Rebecca senza altri giri di parole, dopo essersi drizzata a sedere.
Melany le rivolse uno sguardo furente. «Ancora con questa storia? Ti ho già detto di no! Detesto i tipi come lui: lunatici, taciturni... e poi non fa altro che ignorarmi, e cacciarmi. Non ho alcun interesse di quel tipo, nei suoi confronti» sbottò agitata.
«Ah, sì? Ma almeno è carino? Non me l'hai mai descritto» chiese Rebecca incuriosita.
Melany fece una smorfia, poi la sua espressione si rilassò e alzò gli occhi al cielo. «Carino? Bah... è più alto di me, spalle larghe, petto asciutto... Ehm, fisico discreto, direi. Ha i capelli neri, un po' lunghi. È fissato con le felpe e i jeans neri e porta spesso le Converse. Potrei dire che ha un bel viso, questo sì, non c'è dubbio, e... Ah, i suoi occhi sono chiari, azzurri, molto luminosi. Come pietre di luna baciate dall'arcobaleno» mormorò fissando il soffitto, come se stesse visualizzando la sua figura in quel preciso istante. A conti fatti, se l'osservava con oggettività, Ren era un bel ragazzo, non poteva negarlo.
«E quindi... non ti piace, eh?» sussurrò Becca, maliziosa.
Melany scacciò l'immagine del ragazzo dalla mente e spostò lo sguardo su di lei, stufa dell'insistenza verso qualcosa a cui non aveva voglia di pensare. Tanto sarebbe stato inutile. Era pronta per risponderle a tono, ma fu interrotta da Sabrina che si precipitò nella. stanza. La vicina, una tenera vecchina diabetica a cui prestavano aiuto da anni, aveva avuto un malore e non c'era nessun altro che potesse accompagnarla al pronto soccorso.
«Perdonami, Melany, non ho fatto in tempo a finire di preparare la cena. Potete andare a prendervi una pizza, se vi va. Lascio i soldi sul tavolo in cucina e ordinatene una anche per papà» disse di fretta la donna, sistemando il cappotto che aveva già indosso, poi corse via. A Melany dispiacque molto per la povera anziana, che conosceva da tempo, ma sapeva che quelle scappate all'ospedale erano frequenti e, spesso, falsi allarmi causati dall'ipocondria della signora.
Alle ragazze era sempre piaciuto passeggiare e si diressero subito verso la pizzeria vicina, dove avevano mangiato tante volte di ritorno da scuola. Si sedettero accanto a una grande finestra, il loro solito posto, e consumarono il pasto senza che Rebecca potesse ricevere una degna risposta alla domanda che le aveva posto nella sua stanza, poco prima di uscire. Melany non era intenzionata a riaprire il discorso e lei smise d'insistere.
Giunte alla cassa per pagare il conto, Melany venne nuovamente pervasa dalla strana sensazione che l'aveva già colpita quando si trovava di fronte al suo vecchio appartamento. Questa volta era sicura che qualcuno la stava osservando e subito si precipitò fuori dal locale per vedere se la sua impressione fosse veritiera. Tuttavia, non trovò nessuno nelle vicinanze. Ciononostante, non riusciva a scrollarsi di dosso una brutta sensazione.
«Cosa c'è?» domandò Rebecca, giunta sull'uscio.
«Giurerei che qualcuno mi stesse seguendo» rispose la ragazza continuando a guardarsi intorno, circospetta.
«Manie di persecuzione?» ridacchiò l'amica, posandole una mano compassionevole sulla spalla. Melany la guardò con sufficienza, socchiudendo gli occhi.
«Ma smettila!» esclamò falsamente indispettita e si avviarono verso casa, con la pizza d'asporto per il padre di Rebecca il quale, come sempre, rientrava tardi da lavoro.
«Vado a farmi una doccia veloce» disse Becca quando furono a casa. «Ma chi è che ti tartassa di messaggi?» aggiunse vedendo l'amica intenta a scrivere sul telefono.
«Indovina? Mia madre. Stranamente stasera non è uscita e mi sta rompendo» rispose Melany con stizza, digitando sul dispositivo.
«Si sentirà sola» commentò Becca, prendendo l'accappatoio appeso dietro alla porta.
«Perché io non mi sento sola tutti i giorni a stare in casa?» sentenziò aspramente. Si alzò di fretta dalla sedia e portò il cellulare vicino alla bocca. «Adesso basta con queste paranoie! Stiamo andando a letto. Buonanotte!» sbottò registrando un messaggio vocale, poi buttò lo smartphone sul letto con stizza. Sua madre aveva avuto il coraggio di lamentare il senso di angoscia nel rimanere sola in quella grande città e per poco lei non l'aveva mandata a quel paese!
«Non essere prepotente. Ricordale che domani tornerai e vedrai che si calmerà» l'ammonì Becca e si avviò verso il bagno.
Melany iniziò a spogliarsi per mettersi il pigiama, irritata dalle parole di sua madre e dal pensiero di Ren che non abbandonava la sua mente. Ancora una volta sentì il telefono suonare, annunciando l'arrivo di un messaggio e, a quel punto, non riuscì più a trattenersi.
«Adesso sta esagerando!» sbraitò prendendo il cellulare, ma rimase sconcertata quando si accorse che il messaggio non proveniva da sua madre, bensì da un numero sconosciuto.
Domandò perplessa, sedendosi sul letto.
Melany sussultò e si tappò la bocca con una mano per soffocare un grido di sorpresa. Non se lo aspettava e non riusciva a crederci. Ma soprattutto: come gli avrebbe dovuto rispondere? Arrabbiata? Accondiscendente?
Scrisse infine e aspettò invano che lui le scrivesse altro.
Chiese, nella speranza di prolungare la conversazione.
Ribatté senza aggiungere altro.
"Certo che potevo fargli una domanda aperta, del tipo: Che hai fatto a scuola oggi? Hai mangiato qualcosa di decente in mia assenza?" lamentò fra sé e sé, scuotendo la testa. Poi, un altro suono riportò la sua attenzione sullo smartphone.
Melany spalancò gli occhi, incredula. Non l'aveva mai ringraziata prima di allora, neanche quando gli portava qualcosa da mangiare. Che avesse letto male? No, l'aveva scritto davvero.
Rispose, dopodiché non si dissero altro.
Non appena Becca tornò nella stanza, Melany le raccontò della sua breve ma emozionante conversazione con Ren, tanto che anche l'amica si fece sfuggire un urlo improvviso.
«Dici che non ti piace e poi impazzisci per dei banali messaggi. Fossi in te, ci penserei sul serio. Quando mai ti sei comportata così? Neanche con Nick...» commentò Becca, salendo le scalette per infilarsi nel letto superiore.
Rebecca aveva ragione: non le era mai capitato di sentirsi tanto eccitata al solo pensiero di un ragazzo. Senza rendersene conto, aveva iniziato a provare sentimenti che voleva negare a se stessa, perché sapeva che inseguire una persona come Ren le avrebbe creato non poche difficoltà. Tuttavia, soffocare i suoi desideri non sarebbe stato meno faticoso.
«Beh, forse hai ragione. Credo che un po' mi piaccia... ma solo un po'» ammise Melany, riguardando con un grosso sorriso quello scambio di messaggi.
Forse non significavano niente, ma la felicità che avvertì nel cuore esprimeva tutto.
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