Capitolo 6 - Ogni giorno

«Cosa vuoi?»

«Sembra un déjà-vu, no? Tu che calci la macchinetta, io che ti ringrazio per avermi aiutata con quello lì...» ribatté Melany, scandendo la frase con il movimento della testa.

Ren ancora una volta decise d'ignorarla, prese il suo spuntino e si addentrò nella scuola.

«Ehi, aspettami!» gli gridò dietro, seguendolo. «Ho detto aspettami, Ren!» sbottò, seccata di non ricevere la minima considerazione. Ren si voltò a guardarla, infastidito dalla sua arbitraria confidenza. «Sì, esatto, conosco il tuo nome. Ma ancora non mi spiego come tu conoscessi il mio» continuò, prima che lui potesse dire qualcosa.

Il ragazzo sbuffò irritato. «Fortuna». Aprì il pacchetto di patatine appena comprato e riprese a camminare verso la porta di servizio.

«Oh, andiamo! Quante ragazze ci potranno essere in questa scuola con il mio stesso nome?» commentò sarcastica l'evidente frottola che le aveva appena rifilato. Tuttavia, lui non sembrava intenzionato ad ascoltarla e uscì superando la porta d'emergenza, lasciando che si richiudesse prima che anche lei potesse superare la soglia.

«Ok, mea culpa. Non ti piace parlare e me l'hai fatto capire abbastanza bene. Puoi almeno rispondermi sinceramente?» domandò Melany con tono gentile, dopo che fu fuori anche lei.

Ren si era appoggiato con il fondoschiena alla ringhiera di fronte a lei. Era del tutto vestito di nero, fatta eccezione per il cerchietto bianco delle Converse; portava sempre il cappuccio sulla testa, che assieme ai capelli neri mostravano ben poco di lui. Tuttavia, i raggi del sole le permisero di osservare il suo viso.

Ren chiuse gli occhi, di certo irritato dalla sua insistenza, e sospirò. Poi li riaprì, puntandoli su di lei. «Il primo giorno di scuola...», mormorò tirando fuori dalla tasca dei jeans un pacchetto di Marlboro, «... tua madre è venuta qui, no?» proseguì, incastrando una sigaretta fra le labbra.

Al suono di quelle parole, al rumore più che altro, Melany rabbrividì. Era tutto chiaro e avrebbe dovuto capirlo da sé. Conoscendola, non si sarebbe stupita se Claudia avesse recitato una pietosa scenetta teatrale, sbandierando in pubblico il nome della povera figlia che aveva bisogno d'integrarsi nella nuova scuola. Prese un lungo respiro dal naso nel tentativo di trattenere le urla, pensando di conservarle e scaricarle una volta rientrata a casa.

«Sì... capisco...» sibilò con dolore, portandosi la mano destra alla fronte per mascherare l'imbarazzo. Chissà che idea si era fatto di lei. Non certo buona, conosciuta la sua discendenza.

«Abbiamo finito? Quella è la porta» disse Ren, indicandole con un cenno del capo la soglia alle sue spalle. Poi spezzò e buttò la sigaretta intera e spenta giù dalle scale d'emergenza su cui si trovavano.

«Mmh... no, ne ho un'altra» replicò Melany, osservando la caduta libera dell'oggetto. «Perché t'incontro sempre nell'area distributori? Cioè, è come se aspettassi l'uscita di tutti per andarci, e litigare con il macchinario» disse tornando a osservarlo.

I suoi occhi azzurri erano fissi su di lei e subito avvertì il cuore accelerare i battiti a causa della freddezza con cui la guardava. Com'era possibile che riuscisse a trasmetterle così tanta soggezione? E perché lei, nonostante tutto, insisteva nel volerlo conoscere? Per quanto ne sapeva, doveva essere un ragazzo problematico dal quale tenersi alla larga. Tuttavia, sentiva che quelle voci non corrispondevano al vero e che in lui ci fosse molto di più di quanto non mostrasse.

«Sei davvero un'impicciona, te l'hanno mai detto?» ridacchiò, incrociando le braccia al petto.

«In realtà no. Non credo di essermi mai comportata così...» ragionò a voce alta, man mano che pronunciava le parole. Eccolo uno dei motivi per cui non riusciva a stargli lontana: quel sorriso timido, semplice, eppure così affascinante che non riusciva a levarsi dalla mente.

«E dovrei ritenermi fortunato?» rise scuotendo la testa, poi prese un'altra sigaretta dal pacchetto e la tenne sempre spenta fra le labbra.

Melany non replicò perché non aveva una risposta da dargli: il suo atteggiamento curioso e anche un po' invadente era diverso dal solito, non poteva negarlo, ma non riusciva a darci alcuna spiegazione razionale. Sapeva solo che avrebbe voluto fargli tante altre domande per sapere di più su di lui, ma forse le sarebbe bastato anche restare lì. Così, semplicemente a osservarlo.

L'improvviso squillo del proprio cellulare la ridestò dal mondo dei pensieri. Estrasse subito il dispositivo dalla tasca posteriore dei pantaloni e disse: «Oh, che palle. È mia madre... devo andare» lamentò rispondendo al messaggio che le aveva inviato. Quando tornò a fissare Ren si rese conto che lui la stava come sempre ignorando e non poté fare a meno di sospirare, infastidita. «Beh... ciao» salutò, pur sapendo che non avrebbe ricevuto alcuna risposta. Poi si voltò e rientrò nella scuola.

«Ciao» rispose Ren poco prima che la porta di emergenza si richiudesse.

Ogni giorno, senza esclusione di colpi, Melany venne convocata nell'aula di scienze per soddisfare le strane esigenze degli Skinners. La situazione, però, si rivelò diversa da quella che aveva immaginato: a quanto pareva non sembravano intenzionati a molestarla, almeno non in modo aggressivo, e la cercavano soltanto per futili motivi o imbarazzanti richieste. I ragazzi, a differenza della sua prima impressione, erano molto giocosi e infantili e celavano il vero carattere con atteggiamenti arroganti e distaccati. Inoltre, lontano dagli sguardi degli altri, si confidavano con lei per ricevere consigli su argomenti per loro imbarazzanti.

Il ragazzo bassetto, che spesso portava una maglia a scacchi rossa e nera, di nome Enrico  -soprannominato Rick - e fissato con i furtarelli, le chiese un parere sul tatuaggio più adatto per far colpo sulle ragazze; il giovane capellone metallaro di nome Mirko, addetto alla confisca del denaro dai poveri malcapitati, le ordinò di procurargli uno smalto nero per unghie, perché non sapeva come prenderlo da solo; l'arrogante artista, di nome Bruno, alto e robusto, amante dei graffiti, che la stuzzicava in continuazione pur ribadendo che lei non era il suo tipo, pretese che gli consegnasse il suo profumo, richiesta che declinata all'istante. E poi c'era Ren che, in quei momenti, non sembrava per nulla interessato a lei. A volte si scambiavano degli sguardi e qualche parola, ma lui restava sempre  ad ascoltare la musica in disparte. Melany si chiese più volte cosa ci facesse in quel gruppo di disagiati, perché più che un bullo le sembrava un semplice ragazzo che preferiva restare da solo. E spesso si ritrovava a fissarlo senza motivo.

Passati i primi giorni di tensione, Melany iniziò ad abituarsi a quella situazione, lasciandosi alle spalle l'ostilità e il timore che provava nei confronti di quei ragazzi. Soprattutto perché, per sua fortuna, Ren interveniva ogniqualvolta i suoi compagni si spingevano oltre i limiti consentiti dalla decenza, e questo, forse, anche grazie al tempo che avevano incominciato a passare insieme.

Dopo la fine delle lezioni, Melany aveva preso l'abitudine di passare vicino all'area dei distributori. Voleva conoscerlo di più e forse aveva trovato il giusto metodo.

«Di nuovo tu? Anche oggi hai una qualche strana cosa da fare dopo le lezioni?» lamentò Ren, non appena la vide sopraggiungere.

«Sai, stavo pensando... non sarà che queste schifezze prese al distributore sono il tuo pranzo?» chiese Melany, ignorando la sua domanda molesta.

«E se anche fosse?» ribatté, sgranocchiando una barretta proteica.

«Beh, non sono salutari per niente».

Inizialmente Ren si era mostrato restio a quegli incontri che lei gli imponeva. Più volte aveva provato a mandarla via, chiedendole di lasciarlo solo, ma lei continuava a seguirlo ovunque si rifugiasse.

Stanco delle sue insistenze, un giorno la rinchiuse nel ripostiglio della scuola affinché smettesse di dargli il tormento. Tuttavia, poco dopo, ascoltando le sue suppliche, la liberò dispiaciuto e divertito al tempo stesso per quello scherzo.

«Non l'ho trovato affatto divertente» sbottò Melany, incrociando le braccia al petto quando riaprì la porta.

Ren ridacchiò alla vista della sua espressione contrariata, poi s'incamminò verso l'area di scienze. «Se tu la smettessi di starmi addosso...» In realtà aveva iniziato a piacergli quello strano rapporto che si era instaurato fra loro e trovato persino ammirevole la sua decisione di non arrendersi, pur non capendo il motivo.

«Non ti sto affatto addosso!» esclamò Melany, seguendolo. Pensò che, forse, avesse esagerando con tutte quelle scuse assurde e che le serviva qualcosa di più concreto per restare in sua compagnia o avrebbe finito per farsi odiare.

Ren si fermò, voltandosi a guardarla e il suo sguardo divertito mutò in una smorfia riflessiva. Più tempo passava con lei e meno capiva perché non riusciva a scacciarla con decisione.

«Vero. Se mi fossi addosso di certo sarebbe più divertente» disse malizioso, poi rise divertito alla vista del viso arrossato della ragazza.

«M-Ma che...?» farfugliò imbarazzata.

Forse osava troppo, tuttavia Melany cominciò a pensare che la sua presenza non fosse più tanto sgradita e che, alla fine, quei momenti erano diventati una routine per entrambi.

«Cos'è questo?» domandò Ren quando Melany gli porse un fagotto di carta.

«Un panino. Anche se sono vegetariana e non posso neanche sentire l'odore della carne, te ne ho preso uno al prosciutto» rispose, poggiandolo sul banco su cui era seduto.

«Adesso vuoi provvedere tu a quello che mangio?» ridacchiò, annusando il fagotto.

«Dovresti fare un pranzo come si deve, quelle cose che mangi fanno male. Non che un panino si possa dire un pasto soddisfacente, però è sempre meglio...» farfugliò imbarazzata dal suo sguardo pungente e si concentrò sul mandarino che stava sbucciando.

Ren sbuffò. «Cosa sei, mia madre?» Nonostante le finte proteste, addentando il sandwich senza fare complimenti.

Sua madre? Non erano esattamente quelle le sue intenzioni, tuttavia anche se la proposta di occuparsi del suo pranzo era un'evidente dichiarazione sarcastica, Melany la trasformò nella giustificazione adatta per i loro incontri.

«Perché non torni a casa per pranzo?» chiese Melany. Era davvero strano vederlo restare tutti i giorni a scuola. Almeno lei aveva la scusa di avere una madre vagabonda.

«Non so cucinare. Il massimo che posso fare e scaldarmi il latte al microonde» rispose Ren, sorridendo alla sua stessa affermazione pietosa.

«Vivi da solo?» incalzò incuriosita, approfittando di quel momento in cui sembrava più propenso a rispondere alle sue domande. Di norma doveva faticare perché le rispondesse in modo esaustivo.

«Già. Vuoi venire a tenermi compagnia?» disse malizioso, con un sorriso di sfida.

Melany avvampò e spalancò gli occhi, presa alla sprovvista. «Che?! N-No! Assolutamente!» esclamò imbarazzata, rischiando di cadere dalla sedia mentre Ren rideva divertito. A quanto pareva, gli piaceva molto prenderla in giro e a lei non dava poi tanto fastidio. Anzi, per niente.

«Come mai ti sei trasferita?» chiese Ren, addentando il rustico che Melany gli aveva portato.

«Mia madre aveva bisogno di cambiare aria... diciamo così» mormorò lei, alzando le spalle. Non aveva voglia di spiegargli l'assurda realtà in cui si trovava.

«Avevi amici lì?» domandò, notando la sua espressione rammaricata.

«Sì. Una sola, in realtà: la mia migliore amica, Rebecca. È sempre riuscita a capirmi al volo. Siamo molto unite, cioè, lo eravamo... non lo so più». Sospirò e gli rivolse un timido sorriso. «Tu perché frequenti quelli lì?» si affrettò a dire, decisa a cambiare argomento.

«Non sono cattivi ragazzi, dai» ridacchiò Ren.

«Cattivi no, ma schizzati sì. Per non parlare di quello lì... quel...» borbottò indispettita, stringendo le labbra per soffocare le parole.

«Mh? Per "quello" intendi Bruno?» chiese, cercando di centrare con la carta del rustico il cestino a pochi metri.

«Per me rimane "quello". Ha cercato di annusarmi i capelli per ben tre volte! Non è normale... E poi la storia del profumo... Mah!» Melany si abbracciò per placare i brividi di disgusto, cosa che fece ridacchiare Ren ancora di più e beare lei del suono della sua risata.

Farlo sorridere era diventato uno dei suoi passatempi preferiti e non le importava di doversi comportare in modo sciocco. Vedere quell'espressione sul suo viso le provocava una forte sensazione di calore nel petto. Così intensa che si era ritrovata spesso a sorridere senza alcun motivo.

«Posso farti una domanda?» chiese Melany, osservando la sigaretta che Ren teneva fra le labbra.

«Non mi pare ti sia mai fatta problemi a farne» rispose, rigirando la cicca fra indice e pollice.

«Perché tieni la sigaretta fra le labbra e poi la butti?» domandò, fissando con attenzione il passaggio dell'oggetto sul dorso delle sue dita.

«Perché mi piace fumare». Ren spezzò la cicca e la buttò giù dalle scale di emergenza.

«Certo, ma per fumarla dovresti accenderla. Invece la butti sempre così, intera» commentò Melany. Puntò gli occhi nei suoi e attese una risposta che, però, non arrivò.

«Rientriamo?» disse Ren, avvicinandosi alla porta.

«Ok. Ah, cavolo!» esclamò d'improvviso, dopo aver guardato l'orario sul telefono. «Devo ritirare urgentemente una cosa per mia madre entro le tre e mezza e mancano quindici minuti» aggiunse, affrettando il passo verso l'aula di scienze per recuperare cartella e giubbotto. «Ehm... c-ci vediamo domani». Si pentì subito delle sue parole, preoccupata che potessero appesantire quegli incontri più del dovuto.

La sartoria dove Claudia aveva lasciato l'abito da far accorciare era abbastanza vicina all'istituto di Melany. Corse a perdifiato, sperando di raggiungerla prima della chiusura, ma rimase delusa quando sulla saracinesca abbassata lesse il cartello "Chiuso".

«E dai! Mancano ancora cinque minuti alle tre e mezza, però! Chi le sente le lamentele di quella, adesso?», borbottò. "E pensare che ho anche dovuto salutare Ren prima del solito... Non potrebbe andare peggio di così" pensò sconsolata e s'incamminò verso casa. «Mh?» mugugnò quando sentì qualcosa batterle in testa. Volse gli occhi al cielo notando solo in quel momento quanto fosse nero e minaccioso. «Ma io scherzavo...»

Se questo capitolo ti è piaciuto, lasciami un commento :)

Seguimi su Instagram: trovi il link nella colonna a sinistra del profilo!


Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top