Capitolo 41 - Tranquillità
«Quindi, mi perdoni?» chiese Becca a mani giunte.
Non appena Ren aveva lasciato la sua casa, a cena conclusa, Melany aveva inscenato una sfuriata da premio Oscar; l'amica era sempre stata una gran chiacchierona, e forse era per quello che andavano tanto d'accordo, ma non si sarebbe mai aspettata che potesse sfuggirle un argomento del genere.
«Solo perché sono riuscita a tranquillizzarlo» replicò, guardando sul cartellone degli avvisi il tempo rimasto prima dell'arrivo del convoglio che stavano aspettando. Erano arrivate in stazione in orario, ma il treno portava alcuni minuti di ritardo.
«E perché ti è rimasto appiccicato tutta la sera» commentò Becca con malizia e Melany, arrossendo, la guardò di sfuggita.
«Sì, beh, anche per quello...» sussurrò, distogliendo lo sguardo e ripensando a come Ren aveva sempre cercato la sua mano. «C-Comunque, se vuoi che metta da parte l'accaduto, dovrai parlarmi di lui» aggiunse, accomodandosi su una panchina.
«Lui?» ripeté confusa l'amica, ma lo sguardo di sufficienza che la compagna le rivolse non ammetteva fraintendimenti. Si sedette accanto a lei, sospirò e chiuse gli occhi. «Si chiama Simone e ha ventisei anni» disse, concludendo subito la brevissima presentazione.
«E...?» incalzò Melany, curiosa e smaniosa di poter conoscere altri dettagli.
Becca riaprì gli occhi e si volse a guardarla. «Ed è il professore tirocinante della nostra classe» confessò, scatenando nell'amica un'espressione sbigottita e incredula.
«Stai scherzando?! Ma come...? Cioè, un professore! Becca!» schiamazzò in preda al panico. Aveva compreso che la situazione fosse delicata, ma non così tanto!
Becca aveva avuto altri fidanzati e, considerando il suo carattere calcolatore e precisino, esigeva il controllo di ogni relazione; perciò, venire a conoscenza di una notizia del genere la disorientò del tutto. Se fossero stati scoperti i rischi sarebbero stati alti per entrambi.
«Beh, tu ti sei fidanzata con un teppista ...» mormorò Becca, distogliendo lo sguardo.
«Che cavolo c'entra? E poi non è un teppista... e comunque: un professore?! Per questo non mi dicevi niente» considerò, scivolando sulla panchina per avvicinarsi all'amica.
«All'inizio non sapevo come sarebbe andata a finire e non volevo dirlo a nessuno per non essere condizionata dai giudizi» spiegò a disagio, perdendo lo sguardo nei binari davanti a sé.
«E secondo te io ti avrei giudicata?» domandò Melany indispettita, incrociando le braccia al petto.
L'amica si volse a guardarla con una smorfia di sufficienza. «Forse non hai fatto caso alla reazione che hai appena avuto».
«E allora? Lo sai che io schiamazzo sempre come una ragazzina, ma quello che m'interessa davvero è la tua serenità. Avrei voluto esserti vicina nel periodo in cui ti sei sentita insicura; indubbiamente parlarne con qualcuno ti avrebbe aiutata, invece di affrontare la situazione da sola. A questo punto mi fai sentire in difetto perché io di Ren ti ho parlato, anche quando temevo che potesse diventare mio fratello, ma non ho pensato neanche per un secondo che mi avresti giudicata» confessò, lasciandosi distrarre dal fischio che annunciava l'arrivo del treno.
Le ragazze si alzarono e subito Becca l'abbracciò. «Hai ragione, Melly, mi dispiace! Mi sono sentita molto felice quando hai deciso di parlarmi dei tuoi sentimenti perché temevo che la distanza avrebbe rovinato il nostro rapporto. Ti prometto che, tornata a casa, ti telefonerò e ti racconterò tutto quanto» disse stringendola a sé.
Melany ricambiò il suo abbraccio e le rivolse un sorriso, accompagnandola verso il treno.
«E adesso va' dal tuo Ren» ridacchiò l'amica ammiccando, salendo gli scalini.
«In teoria dovrebbe essere a scuola, ma ne dubito. Approfitterò di questa mattinata per studiare un po' sulla tesi. Fra i miei compagni c'è già chi è pronto alla discussione, invece io...» spiegò a disagio. Poi si mosse per seguire l'amica con lo sguardo mentre passeggiava nel corridoio, entrava nella cabina e apriva il finestrino per parlarle.
«Se ti fa piacere saperlo, anche io sono in alto mare con lo studio» affermò, posando i gomiti sul telaio per adagiare il viso sui palmi delle mani. «Tu, però, cerca di non farti distrarre troppo dal tuo ragazzo, per quanto capisca che sia difficile. È davvero carino, sai?» aggiunse ammiccando e subito dopo fu costretta a chiudere il finestrino, poiché il treno era pronto a partire.
Melany le rivolse un sorriso e la salutò finché vide sparire il convoglio in fondo ai binari, poi si voltò per tornare a casa. Prese il telefono dalla tasca per avvisare sua madre, ma questo squillò prima che potesse digitare qualcosa, e guardando il display sorrise.
«Buongiorno» rispose, camminando fuori dalla stazione.
«Buongiorno. Hai accompagnato Rebecca a prendere il treno?» domandò Ren.
«Sì, è partita in questo momento e sto tornando a casa. Sei a scuola?»
«No, a casa. Passi da me?»
Melany rise scuotendo la testa, ben conoscendo la sua reticenza verso la scuola, ma, per quanto desiderasse andare da lui, doveva far prevalere la parte razionale sul cuore.
«Non posso, mi dispiace. Devo studiare per gli esami. Sono un po' indietro».
«Allora ti porto il portatile» dichiarò Ren e la ragazza si arrestò sul posto. Pensò che, se fosse stato per il bene del suo studio, allora potevano anche vedersi.
Sorrise. «Ti aspetto» rispose, accelerando il passo verso casa.
Appena entrò nel piccolo appartamento si accertò che sua madre non fosse in casa, essendo uscita per svolgere dei servizi. Per non sembrare troppo impaziente per l'arrivo di Ren, decise di concentrarsi sullo studio e si diresse subito nella sua stanza per prendere il libro e il quaderno di matematica, poi si sistemò in cucina. Le materie scientifiche erano il suo tallone d'Achille e, negli ultimi tempi, non faceva altro che ripeterle, tuttavia era come se la mente si rifiutasse di comprenderle. Aprì il quaderno e tentò di risolvere qualche funzione riuscendo a ricavarne solo un fastidioso mal di testa.
Il suono improvviso del citofono la indusse a drizzarsi in piedi con un balzo per poi correre verso l'ingresso; spinse il pulsante per aprire il portone e spalancò la porta affacciandosi nell'atrio. A pochi metri da lei, Ren richiuse l'ingresso cigolante e si diresse verso di lei rivolgendole un sorriso.
«Il pc» disse quando, arrivato sulla soglia, sollevò il notebook che reggeva in mano, per mostrarglielo.
«Che gentile» rispose Melany sorridendo, sapendo bene che la sua fosse soltanto una scusa per poterla vedere.
Chiuse la porta e si accomodarono in cucina, seduti l'uno di fronte all'altro. Ren poggiò il computer sul tavolo, accendendolo, mentre lei tornò svogliatamente a svolgere i suoi esercizi.
«Cosa stavi facendo?» domandò Ren, allungando un braccio sul tavolo per prendere il libro di testo e girarlo verso di sé.
«Matematica. Odio la matematica, non ci capisco niente!» confessò, scarabocchiando l'ultimo esercizio irrisolto.
«Se vuoi ti do una mano» propose, risistemando il libro di fronte a lei, alla quale sfuggì un sorriso di superiorità.
«E come potresti? Ti ricordo che fai ancora il quarto anno» replicò con sufficienza, inarcando un sopracciglio.
«Hai ragione, ma sono bravo in matematica» affermò, guadagnandosi uno sguardo incredulo da parte della ragazza.
«Ma se stai sempre nell'aula di scienze! Anzi dovresti darti una regolata e studiare di più» disse con aria da maestrina, ammonendolo bonariamente con un movimento del dito.
Questa volta fu lui a sorridere. «Vuoi vedere i miei voti?» propose appoggiando gli avambracci sul tavolo, fissandola con sguardo di sfida.
«Ovviamente sì!» rispose, convinta che la stesse solo provocando.
Ren sbuffò divertito e prendendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni visualizzò l'applicazione della scuola, in cui erano racchiuse tutte le informazioni degli studenti; cercò la pagella del primo quadrimestre e lo passò a Melany, che lo prese con sufficienza. La ragazza sfoggiava un lieve sorriso sarcastico che si spense un secondo dopo: scorse più volte la pagina per controllare tutte le materie, poi tornò alla Home page per verificare il nome dello studente e, incredula, sbatté le palpebre più volte.
«Ma-Ma non è possibile! Come cavolo fai ad avere tutti otto e nove se non segui mai le lezioni?!» esclamò esterrefatta, spostando lo sguardo dal ragazzo al cellulare.
Ren rise divertito per quella reazione esagerata. «Non ho bisogno delle spiegazioni, mi basta leggere il libro» spiegò, guadagnandosi uno sguardo irritato da parte di Melany.
«Questa cosa è inaccettabile, impossibile! Sei come quelle ragazze che mangiano da far schifo e non ingrassano mai!» sbottò posando con stizza lo smartphone sul tavolo e il ragazzo scoppiò ancora in una risata. «Non ridere! Sono arrabbiatissima!» aggiunse, tuttavia vederlo divertirsi così di gusto la fece arrossire e addolcire in un secondo.
Imbarazzata, prese il libro e scelse un altro esercizio da svolgere, ma la sua concentrazione era pressoché nulla.
«Quindi, ti posso aiutare?» sussurrò Ren con un sorriso.
Melany lo guardò di sfuggita per poi tornare a fissare il quaderno. «Non ne ho bisogno, grazie» rispose, cercando di mantenere un atteggiamento di superiorità.
«Allora posso farti vedere come funziona il pc?» mormorò, alzandosi dalla sedia per avvicinarsi a lei.
La ragazza indietreggiò con la schiena distogliendo lo sguardo dai suoi occhi, che la fissavano imperterriti. «G-Giusto, il computer! Potresti...» balbettò a disagio.
«Oppure potremmo andare nella tua stanza e potrei accarezzarti, baciarti...» bisbigliò avvicinando il viso a quello della fidanzata, che si alzò di scatto dalla sedia indietreggiando di un passo con le mani all'altezza del petto, in segno di difesa.
«Ren, d-devo studiare. O mi spieghi come f-funziona il pc o te ne vai a casa...» farfugliò con tono poco convincente, finché non sbatté con la schiena contro il muro, sussultando.
«Certo che te lo spiego. Prima di tutto: il tasto di accensione» incominciò annullando la distanza fra loro. Posò le mani sui fianchi della ragazza per avvicinarla a sé e le posò un bacio vicino all'orecchio. «Poi devi attendere che si carichi il sistema operativo e il gioco è fatto» aggiunse, infilando le mani sotto la maglietta e lasciandole scivolare sulla schiena.
Melany chiuse gli occhi, sui quali posò una mano, e ispirò profondamente: dentro di sé infuriava una battaglia all'ultimo sangue.
«R-Ren... per favore» mormorò, ponendo una mano sul petto del ragazzo con l'intenzione di allontanarlo. Tuttavia, strinse la sua maglia nel pugno per soffocare i brividi che gli stava facendo provare, accarezzandole la pelle e baciandole il collo.
«Non mi vuoi, Mel?» sussurrò sulle sue labbra, fissandola negli occhi.
La ragazza smise di pensare razionalmente: lo baciò facendo unire perfettamente i loro corpi, avvolgendo le braccia intorno al suo collo, mentre lui la stringeva a sé con una mano dietro la schiena.
I baci di Ren erano profondi e sensuali; le mani, delicate sulla sua pelle, salirono fino al reggiseno per sganciarlo, poi fece scivolare la destra sul suo seno provocandole un suono di cui si vergognò, ma che in lui scatenò un sorriso. Spingendola nuovamente contro il muro, le alzò la maglia pronto a sfilarla, nonostante Melany gli stesse rivolgendo uno sguardo di disappunto.
«Ti prometto che dopo ti lascerò studiare... forse» mormorò sorridendo. La baciò sullo sterno, sotto il bordo del reggiseno, ma l'improvviso rumore della serratura della porta lo fece desistere.
«Melly! Sei in casa?» schiamazzò Claudia, entrando nell'appartamento.
Melany andò nel panico: si abbassò subito la maglietta e portò le mani dietro alla schiena per allacciare il reggiseno.
«Salvata dalla mamma» commentò Ren malizioso, aiutandola a ricomporsi.
Un attimo dopo la donna fu in cucina. «Oh, Gioren. Come mai qui?» domandò perplessa, spostando più volte lo sguardo dal ragazzo alla figlia, la quale le si presentò con il viso visibilmente arrossato.
«Buongiorno, Claudia. Ho portato il notebook a Melany per farle scrivere la tesi con calma» spiegò il ragazzo con tono serio, mentre la fidanzata alzava gli occhi al cielo, soffocando un sorriso.
«Però, adesso stava andando via. Non è vero, Gioren?» disse Melany guadagnandosi uno sguardo contrariato da parte sua, che non gradiva essere chiamato da lei con il nome completo.
«Se hai capito come funziona il computer posso andare via, altrimenti potrei rispiegartelo con piacere» alluse con un sorriso di superiorità.
La ragazza arrossì. «S-So usarlo benissimo, grazie!» rispose un po' isterica, posando le mani sulla sua schiena per spingerlo verso l'ingresso.
Ren salutò Claudia e si fermò sulla soglia. «Sei sicura di volere che me ne vada?» sussurrò dopo averle dato un bacio.
«Ovviamente no, ma devo studiare» replicò e lo guardò allontanarsi nell'atrio, per poi sparire oltre il portone.
Melany sospirò augurandosi di riuscire a ritrovare la concentrazione e di superare quei maledetti esami il prima possibile.
Nei giorni successivi i due ragazzi non riuscirono a incontrarsi spesso: Melany era stata impegnata tutti i pomeriggi con lo studio, fra la stesura degli argomenti scelti per la tesi e la preparazione delle ultime interrogazioni per il secondo quadrimestre, ed erano riusciti a vedersi soltanto durante la ricreazione e all'uscita da scuola. Ren era visibilmente insofferente per quella situazione, ma aveva fatto del suo meglio per mettere da parte il desiderio di passare del tempo con lei, così da poterle dare il giusto spazio affinché si concentrasse sugli studi.
Quando suonò la campanella che annunciava l'inizio della ricreazione, il ragazzo rimase seduto in classe a fissare con espressione contrariata le notifiche dello smartphone.
«Capo, resti qui oggi?» domandò Bruno, alzandosi dal posto accanto al suo.
«Non ho motivo di uscire» rispose Ren seccato, infilando il telefono in tasca, poi volse il capo verso la finestra, pensieroso.
«Che strano. La bionda non vuole vederti?» ironizzò Erika, spingendo Bruno lontano dal suo posto per sedersi accanto a Ren, incurante dello sguardo irritato che le stava rivolgendo.
«Sei sempre qui, tu?» domandò con stizza.
«Certo. Allora? Non vi sarete lasciati? Perché sarebbe una splendida noti...»
«Non dire stronzate, Erika, o mi farai incazzare!» ringhiò interrompendola, poi riprese lo smartphone dalla tasca. «Semplicemente non l'ho ancora sentita e non credo sia venuta a scuola» aggiunse, cercando di mascherare la sua preoccupazione.
Melany non mancava mai di scrivergli il messaggio del "Buongiorno" o della "Buonanotte" e non ricevere sue notizie era una situazione insolita.
«Non credevo che fossi un tipo del genere» commentò sottovoce la giovane, poggiando la spalla sullo schienale della sedia e giocherellando con il cellulare.
Il ragazzo l'osservò perplesso. «Cosa vuoi dire?» chiese, inarcando un sopracciglio.
«Noiosamente appiccicoso. Quando stavamo insieme non eri così» spiegò con un sorriso beffardo.
Ren sbarrò gli occhi. «Noi non siamo mai stati insieme» specificò infastidito.
«Se lo dici tu... In ogni caso dovresti darti una calmata. Alle ragazze non piace sentirsi di continuo le mani addosso. Magari non ti ha scritto perché ti sta evitando» incalzò con l'intento d'innervosirlo ancor di più.
Erika non nascondeva la sua profonda gelosia nei confronti di Melany: credeva che fra loro non potesse durare e si era convinta che le sarebbe bastato aspettare perché lui tornasse da lei; tuttavia, quando aveva compreso i reali sentimenti di Ren era diventata intrattabile e non mancava d'insinuare dubbi sul loro rapporto.
La ragazza si voltò verso di lui, pronta a ricevere qualche imprecazione carica di rabbia, ma questi sembrò ignorarla, concentrato a fissare il cellulare: la sua fidanzata gli aveva finalmente scritto un messaggio.
Ren si lasciò sfuggre un sorriso, ma subito dopo s'incupì: Claudia e suo padre si trovavano all'estero per un viaggio di piacere e Melany era sola in casa. Preoccupandosi per la sua salute, attese con impazienza la fine delle lezioni deciso a recarsi da lei; se fosse dipeso da lui avrebbe abbandonato l'istituto in quello stesso momento, ma sapeva che Melany si sarebbe arrabbiata se avesse saltato ancora altre lezioni e non voleva fornirle ulteriori preoccupazioni
Non appena la campanella di fine giornata suonò si affrettò a prendere la cartella per uscire dall'aula.
«Dicevo sul serio prima: se continui così si stuferà di te!» gli gridò dietro Erika, ma Ren non ci diede peso, almeno in apparenza.
Melany era tutto quello che desiderava in una ragazza e non voleva perderla a causa di un comportamento sbagliato.
Il suono del citofono destò Melany dallo stato di dormiveglia in cui vegetava dalla mattina presto. Ciondolò verso la porta d'ingresso e rispondendo alla chiamata si svegliò immediatamente. Confusa, sorpresa e in pigiama, accolse Ren in casa mentre cercava di sistemarsi in fretta i capelli con le dita delle mani. "Cavolo, devo avere un pessimo aspetto!" pensò allarmata.
«C-Come mai sei qui?» domandò quando furono in cucina.
«Quant'è la febbre?» chiese lui, guardando gli analgesici sul tavolo.
«Non lo so. Stamattina era trent'otto» rispose un po' a disagio. Ren le sembrava arrabbiato e lei si sentiva troppo spossata per affrontare quella parte di lui.
«Cosa? Hai preso almeno la medicina?» incalzò irritato.
«Certo che l'ho presa!» rispose d'istinto, ma lo sguardo indagatore con cui la stava fissando la fece sentire ancor più in difficoltà. «... n-no, non l'ho presa» rettificò sottovoce. Dopo aver misurato la temperatura e deciso di saltare la scuola si era riaddormentata e al risveglio, sentendosi meglio, aveva pensato di non averne bisogno.
«Sei una scema! Va' a letto e...» disse andandole incontro, ma quando tentò di afferrarle la mano per trascinarla nella sua stanza si fermò, perseguitato dalle parole di Erika che gli rimbombavano in testa. «V-Volevo dire: stenditi sul letto e misurala» aggiunse, scostandosi di qualche passo da lei.
Melany rimase perplessa e si diresse nella sua stanza. Seduta sul letto, prese il termometro e lo sistemò sotto al braccio, attendendo. In Ren c'era qualcosa di strano, ma non riusciva a capire cosa fosse. Quando il dispositivo suonò si drizzò in piedi per tornare verso la cucina.
«Si è alzata di poco. È trent'otto e... ma che stai facendo?» esclamò sconcertata, stringendo gli occhi a fessura.
Ren aveva sistemato una pentola sul fuoco e stava leggendo qualcosa sul retro della confezione del riso.
«Scommetto che non hai mangiato nulla» commentò rivolgendole uno sguardo di sufficienza, che divenne subito irritato quando scorse il suo sorriso divertito. «Perché ridi?» chiese seccato, inarcando un sopracciglio.
«Non sto ridendo» rispose lei, cercando di mascherare la sua espressione beffarda. «Ma, per caso, stai tentando di prepararmi qualcosa?» domandò, memore del fatto che a stento sapeva riscaldarsi il latte nel microonde.
Ren percepì l'ironia nella sua domanda e si voltò a controllare il tegame sul piano cottura. «Non posso?» sussurrò a disagio.
«Ma certo!» esclamò felice, sedendosi al tavolo.
Il ragazzo le rivolse uno sguardo di sfuggita, posò la confezione di riso sul ripiano della cucina e si avvicinò a lei, sbattendo le mani sul tavolo.
«Ti sei messa comoda per goderti lo spettacolo, eh?» ironizzò seccato, ma si addolcì osservando il sorriso gentile che gli rivolse. «Hai misurato la febbre?» domandò, drizzando la schiena e incrociando le braccia al petto.
«Sì, capo! È trentotto e sette!» dichiarò, posando una mano sulla tempia a mo' di saluto militare e Ren sorrise. Adorava il suo carattere frizzante e divertente, con lei non si annoiava mai.
«Allora mangia e poi prendi l'analgesico» disse avvicinando una mano al suo viso per accarezzarle la guancia, ma subito la ritrasse e si voltò verso il piano cottura.
Melany non rimase solo perplessa ma anche ferita da quel gesto, domandandosi il motivo del suo comportamento: forse era arrabbiato per qualcosa, magari aveva commesso un errore senza accorgersene, o, nella peggiore delle ipotesi, si era stancato di lei e della sua goffaggine. Si grattò la testa a disagio e un pensiero le balzò in mente: forse, semplicemente, non voleva che gli mischiasse l'influenza. Forte di quel pensiero si tranquillizzò, accontentandosi di poterlo osservare in quello che non era per nulla il suo ambiente.
Il riso si presentò inaspettatamente cotto e salato al punto giusto e, dopo averglielo servito, Ren si sedette di fronte a lei consumando l'insalata trovata nel frigo, osservandola gustare il pasto con un ebete sorriso stampato sul viso.
«Si poteva mangiare?» chiese il ragazzo quando appoggiò la posata nel piatto vuoto.
Melany si alzò prendendo le stoviglie per poterle lasciare nel lavandino e gli andò vicino. «Era squisito. Grazie» disse dolcemente piegandosi per dargli un bacio, ma a pochi centimetri dal suo viso si fermò, per poi voltarsi verso il lavabo.
Ren spalancò gli occhi sconcertato da quel gesto, osservando in silenzio i suoi movimenti. Il dubbio che si era insinuato in lui affiorò più vivo che mai. Doveva sapere.
«Mel, c'è qualcosa che non va?» chiese preoccupato.
«A parte la febbre, no» rispose lei alzando le spalle, sentendosi a disagio per quella situazione.
«Non è vero» sussurrò lui, drizzandosi in piedi per andarle vicino. «Tu non...» continuò tacendo non appena tentò di prenderle la mano, fermandosi un attimo prima nel timore che lei non volesse essere toccata.
Melany lo guardò in silenzio, poi abbassò lo sguardo, intristendosi. «Forse è meglio se torni a casa» mormorò avvilita. Ren la guardò spaventato, preoccupato che lo stesse cacciando. «Così non ti mischierò l'influenza» aggiunse con un sorriso finto, sperando che fosse quella la motivazione del suo comportamento. Poi s'incamminò verso la sua stanza.
Istintivamente Ren le afferrò il polso per voltarla verso di sé. «Aspetta! È per questo che non mi hai baciato? Hai paura di mischiarmi la febbre?» domandò con foga e la ragazza lo guardò confusa.
«Pensavo che fossi tu il primo a non volermi toccare per questo motivo e mi sembra giusto».
Un attimo dopo Ren l'attirò a sé per stringerla forte fra le sue braccia, liberando un sospiro di sollievo. «Ma chi se ne frega della febbre! Io avevo solo paura che...» sbottò, interrompendosi all'improvviso.
«Cosa?» chiese Melany perplessa, cercando di liberarsi dalla sua stretta per poterlo guardare negli occhi, ma lui glielo impedì.
«Pensavo che fossi infastidita perché cerco sempre di avere un contatto con te» confessò sottovoce, a disagio.
«Ma che...?» mormorò lei incredula, tentando nuovamente di svincolarsi dalla sua presa, ma lui la strinse ancor di più.
«No! Non t'azzardare a guardarmi!» esclamò.
La ragazza sorrise abbracciandolo forte. «Quanto sei stupido. Cosa ti salta in mente! Non potrei mai stancarmi delle tue carezze perché le desidero troppo» confessò stringendosi a lui, il quale mugugnò qualcosa in risposta. «Adesso ti posso baciare?» mormorò con un sorriso.
«Solo se chiudi gli occhi»
«Ok» replicò Melany divertita, chiudendo le palpebre e alzando il capo.
Ren posò una mano dietro alla sua nuca e la baciò. «Apri gli occhi» sussurrò, giocando con le sue labbra. «Ho bisogno di guardarli». Subito lei li aprì, sorridendo. «Non ridere...»
«Non ti avevo mai visto imbarazzato» disse senza smettere di sorridere, avvolgendo le braccia intorno al suo collo.
«Ti ho detto di non ridere» ripeté, baciandola ancora.
Ren si sentì davvero stupido perché, in fondo, sapeva bene che anche lei, come lui, lo desiderava più di ogni altra cosa.
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