Capitolo 37 - Se torna da te sarà tua per sempre

Melany prese l'ascensore per il terzo piano e quando uscì sul pianerottolo avrebbe dovuto svoltare a destra per raggiungere la sua stanza, ma mossa da un impeto audace girò a sinistra, camminando verso il corridoio dov'erano stati sistemati i ragazzi di tutte le classi.

Si fermò davanti alla stanza numero "74", come diceva il portachiavi, ma il rumore assordante del suo cuore, che batteva impazzito, non le permetteva di ragionare con lucidità. Si grattò la testa per la confusione, poi pettinò i capelli con le mani, distese le pieghe della maglia con i palmi e, guardandosi intorno circospetta, si fece coraggio, bussando alla porta. Con le spalle strette, gli occhi chiusi e il viso contratto, piano piano si rilassò quando non ricevette risposta; tirò un lungo sospiro di sollievo, ma si sentì subito delusa. Guardò la chiave nella mano chiedendosi se usarla, domanda che trovò ben presto risposta: dal corridoio a fianco sentì delle voci maschili e, per la paura che fossero i professori, presa dal panico, aprì la porta ed entrò nella stanza.

Richiuse l'ingresso dietro di sé, appoggiandosi con la schiena sul legno, e, se era possibile, avvertì il cuore accelerare ancor di più; aveva la gola secca e i brividi freddi in tutto il corpo perché sapeva che non aver ricevuto risposta quando aveva bussato non escludeva che Ren fosse lì, tuttavia la camera le si presentò vuota. Mosse qualche passo verso il centro e voltandosi in direzione dei letti notò il cellulare del ragazzo sul comodino e le sue Converse rosse buttate ai piedi, sulla moquette fumé. La stanza era evidentemente per due, pur essendo molto più spaziosa della sua, e si perse a osservarla alla ricerca di qualcos'altro di suo. Ricordò quando, a Natale, l'accusò di essere una maniaca ed era esattamente così che si sentiva in quel momento: una maniaca che desiderava possedere tutto ciò che gli apparteneva.

All'improvviso sentì il rumore di una serratura alle sue spalle che la pietrificò sul posto, gelando persino il sangue.

«Bruno, sei tu?» La voce di Ren arrivò alle orecchie di Melany come un suono da brividi, che percorse ogni centimetro della sua pelle.

Lentamente si voltò verso di lui osservandolo uscire dal bagno a petto nudo e con un asciugamano dietro al collo. Quando alzò lo sguardo su di lei i suoi occhi di luna si spalancarono, increduli, e sembrò non riuscire più a muovere un passo. Terribilmente imbarazzata, Melany abbassò subito lo sguardo, rimproverando se stessa per quell'azione audace.

«Ah, no... ecco, io... V-Vado via» farfugliò, voltandosi di fretta verso l'ingresso. Riuscì a schiuderlo, ma Ren, sbattendoci contro una mano, lo richiuse bruscamente.

«Aspetta! Perché sei qui?» le domandò  deciso.

Melany continuava a mantenere lo sguardo basso, fisso sulle sue scarpe. Il ragazzo era così vicino che riusciva a percepire il calore del suo corpo e quel pensiero la fece arrossire.

«Ehm, io...» sussurrò nel pallone. Non ricordava più cosa dovesse dire, cosa avrebbe dovuto fare. Quello era l'effetto che lui le aveva sempre fatto.

Ren avvicinò una mano al suo viso, ponendo le dita sotto il mento per alzarlo, e i loro occhi, muti in un tenero silenzio, si riempirono solo del reciproco riflesso.

«Ti ho chiesto: perché sei qui?» ripeté dolcemente.

Melany schiuse le labbra pronta a dire qualcosa, ma poi le richiuse catturando solo un po'd'aria. I suoi occhi, come la prima volta e come sempre, l'avevano imprigionata impedendole di continuare a mentire.

«Io... l'ho fatto per te» bisbigliò, mostrando un'espressione triste.

«Di cosa parli?» chiese, senza smettere di osservarla.

Gli occhi di Melany iniziarono a luccicare e abbassò il capo per guardare le sue mani stringersi nervosamente fra loro.

«Da quando mi conosci ti sono capitate solo cose terribili: l'espulsione, la denuncia, il litigio con tuo padre e poi... poi...» La sua voce tremò e dopo un breve silenzio tornò a fissare lo sguardo nel suo. «Dio, Ren... a-a causa mia sei quasi morto...» aggiunse, cercando di trattenere le lacrime.

Ren sgranò gli occhi e si sentì profondamente triste leggendo sul suo viso tutto il dolore che portava dentro.

«Ma che diavolo dici? Cosa ti passa per la testa, Melany!» sbottò arrabbiato.

«È così, Ren! Questa è la verità! Quel giorno sono stata io a chiederti di uscire e quando ti ho visto disteso a terra io...» gli occhi di Melany si spalancarono, come se stesse rivivendo la scena in quell'istante, riempiendosi di terrore.

Ren, vedendola così addolorata, sentì una forte fitta al petto e subito l'abbracciò, stringendola forte a sé per la paura che potesse scappare ancora via.

«Basta! Non voglio più sentirti dire queste cose!» gridò, aumentando l'energia della presa.

La ragazza si lasciò avvolgere dalla sua stretta, inerme, come fosse una bambola senza vita che non può reagire.

«Tu non... puoi capire. Non puoi neanche immaginare cosa...» mormorò sofferente, interrompendosi a causa del magone che le bruciava in gola. «Se fossi morto...» continuò con dolore, chiudendo gli occhi e lasciando che una lacrima le rigasse il volto.

Ren si scostò appena e le prese il viso fra le mani. «Ma io sono qui! Sono qui...» bisbigliò le ultime parole guardando le sue labbra, desiderando più che mai di tronare a sentirla, ma quando provò a baciarla lei lo spinse via.

Il ragazzo la guardò stringersi le braccia e abbassare lo sguardo, mentre il respiro si faceva affannoso. Stava soffrendo, era evidente, e sentì una furia incontrollata nascergli nel petto nei confronti di chi aveva permesso che si sentisse così per tutto quel tempo.

«È stata mia sorella, non è vero? Ti ha incolpata lei dell'accaduto!» gridò arrabbiato.

«N-No, lei...» tentò di dire, poiché non voleva accusare nessuno delle sue scelte.

«Lei ti maltratta e tu la difendi? Quella maledetta stronza...» inveì interrompendola, facendo scivolare le mani dai capelli alla nuca.

«No, Ren! Cecile ha ragione. Io...» esclamò, avvicinandosi a lui. Lo sfiorò quasi, ma si fermò vedendo il suo sguardo colmo di rabbia.

«Tu, cosa?» la interruppe ancora una volta, fissando gli occhi nei suoi. Melany restò immobile con lo sguardo perso nel suo e il volto del ragazzo si sciolse in un lieve sorriso «È vero, di qualcosa sei responsabile, ma non è di questo». Le prese una mano e spostò la sua attenzione sul quel tenero contatto. «Prima che t'incontrassi ero sempre solo. Non avevo voglia di parlare con nessuno perché trovavo le persone irritanti e non riuscivo a credere nel loro affetto. Ho sempre pensato che quel modo di vivere mi andasse bene ed ero deciso a proseguire così, ma poi sei arrivata tu» mormorò, alzando lo sguardo su di lei. Sorrise. «Prepotente, ficcanaso, chiacchierona...», osservò divertito la sua espressione indispettita, poi le accarezzò una guancia, «... ma anche premurosa, dolce e divertente. A causa tua ho incominciato a sentire la necessità di fare cose che prima non consideravo minimamente, come andare a scuola, uscire per un appuntamento, messaggiare come un ragazzino ed entrare in un negozio per comprare un regalo di Natale. Solo per te e per poter vedere il tuo sorriso» confessò asciugando con il pollice una lacrima che cadde dagli occhi, fissi su di lui e carichi d'emozione. Poi le baciò la fronte, gesto per cui lei socchiuse le palpebre che lasciarono cadere un'altra lacrima. «Da quando ti ho conosciuta la mia vita è cambiata e non voglio che torni com'era prima. Voglio stare con te, Melany. Non ignorarmi più, ti prego, e torna a essere la mia ragazza» sussurrò.

Melany, pietrificata dalla molteplicità di sensazioni che le sue parole stavano scatenando, non sapeva cosa dire, come parlare.

Lo fissò in silenzio per qualche secondo, poi si avvicinò colmando la poca distanza fra loro, poggiò una mano alla base del viso e, alzandosi sulle punte, lo baciò delicatamente sulle labbra. Ren la strinse subito a sé con una mano dietro la schiena e l'altra sulla testa, ricambiando subito quel tenero bacio con bramosia, come fosse ossigeno vitale nel mare di tristezza in cui era sprofondato. Il suo dolce sapore, che non aveva dimenticato, spazzò via in un attimo il buio che si era insinuato nel suo cuore.

Melany assaporò le sue labbra, che aveva sognato e desiderato ogni giorno trascorso lontano da lui, lasciandosi inebriare dal suo profumo e dal calore del suo corpo, senza provare vergogna per le mani che accarezzavano la sua schiena nuda e fredda.

«Dovresti indossare qualcosa» sussurrò, separando leggermente le labbra dalle sue.

Ren la guardò, fissando i suoi splendidi occhi di giada, più luminosi che mai. Non sentiva freddo, ma un dolce desiderio che pulsava incessante nelle sue vene.

«Non ne ho bisogno» bisbigliò scostandosi, poi la prese per mano e si sedette sul letto alle sue spalle.

Melany rimase immobile per qualche secondo, poi, cercando d'ignorare l'imbarazzo, salì a cavalcioni sulle sue gambe, prese il viso del ragazzo fra le mani e lo baciò ancora. Ren fece scivolare le mani sotto la maglietta della ragazza accarezzandone la pelle nuda, liscia e sensuale, poi si stese sul letto tirandola verso di sé.

Melany appoggiò le mani sul materasso e lo guardò imbarazzata. «C-Che cosa vuoi fare?» mormorò incerta, fissando il cielo nei suoi occhi.

«Non lo immagini?» bisbigliò con un sorriso che la mandò in confusione.

«M-Ma non possiamo... E-E se dovesse rientrare Bruno?» disse, ricordandosi di essere in gita scolastica e in una stanza d'albergo.

«Non tornerà» sussurrò Ren baciandole il ventre, poi afferrò la maglia per sfilarla.

«A-Aspetta...» farfugliò, ma le sue mani non si fermarono.

«Toglila» disse e Melany non oppose resistenza, restando in reggiseno. Ren l'abbracciò e invertì le loro posizioni, adagiandola con la schiena sul materasso.

Appesa al collo vide la collanina con la farfalla e, sorridendo, si piegò per toccarne il pendente con le labbra, poi la baciò sul petto salendo fin sotto l'orecchio.

«Vederti e non poterti toccare mi stava facendo impazzire» mormorò, senza smettere di assaggiare la sua pelle.

«M-Mi dispiace...» replicò lei, del tutto rapita dal suo essere così dolce e seducente. Sentiva la testa vuota e i brividi in tutto il corpo. Sapeva che non era il momento giusto, ma come poteva fermarlo? Non avrebbe mai potuto farlo.

«Dovrai farti perdonare» disse lui, baciandole il ventre.

Le mani di Ren scivolarono giù fino all'apertura dei jeans e quando sganciò il bottone Melany nascose il volto con le mani per l'imbarazzo. Osservandola così a disagio si sentì in colpa, ma non voleva più aspettare. La desiderava, e lei era lì, sotto di lui, sotto le sue mani. Aveva quasi perso le speranze, giocandosi il tutto per tutto aprendole completamente il cuore confidando di far breccia nel suo, e ci era riuscito. Era vero che l'amava, l'aveva capito già da un po', e in quel momento desiderò dimostrarglielo non solo con le parole.

Avvicinò il viso al suo per baciarla, mentre una mano scivolava dentro i suoi slip. Melany sussultò e la vide arrossire. Era così bella con quel colore sul viso, che si tinse ancor si più quando fiorò con le dita la sua intimità. La baciò di nuovo e lei soffocò un dolce suono contro le sue labbra, accarezzando dolcemente la sua schiena. Il cuore le batteva prepotente e la pelle iniziava a bruciare. Nonostante la paura si sentiva pronta e voleva che fosse con lui.

Dei forti colpi improvvisi alla porta li interruppero e subito si guardarono.

«Controllo coprifuoco!» esclamò il professore al di là della soglia, provocando loro un sussulto che li fece voltare di scatto.

«Merda!» dissero all'unisono.

Melany si coprì subito la bocca per essersi lasciata sfuggire quell'imprecazione, mentre Ren, guardandola, rise divertito, un sorriso dolce, sincero e abbagliante.

«Va' nel bagno» sussurrò il ragazzo drizzandosi in piedi, dopo averle dato un bacio sulla fronte, e lei, raccogliendo la maglia da terra, seguì il suo consiglio.

Un momento dopo Ren aprì la porta.

«Perché ci hai messo tanto?» domandò il professore, cercando di guardare all'interno della stanza.

«Mi stavo cambiando» rispose il ragazzo, visibilmente seccato.

«Dov'è il tuo compagno?» incalzò l'uomo, sospettoso.

«È appena entrato nel bagno» dichiarò, poi si volse verso l'altra porta. «Bruno! se hai finito fatti vedere dal prof». Un attimo dopo si sentì scrosciare l'acqua della doccia. «Non ha finito» concluse, tornando a guardare il docente.

L'uomo annuì poco convinto, ma avendo altre stanze da controllare andò via subito. Poco dopo, di soppiatto, Melany uscì dal bagno muovendo qualche passo verso Ren, terribilmente imbarazzata per quel che stavano per fare, ma ancor di più per essere stati quasi scoperti.

«Penso che adesso dovrei andare» mormorò avvicinandosi alla porta, incapace di guardarlo, ma lui la fermò spingendola con la schiena contro il muro.

«Non vai da nessuna parte finché non prometti che non mi lascerai mai più» sussurrò con sguardo serio a pochi centimetri da lei, mentre le accarezzava le labbra con le dita.

Non se la sarebbe fatta sfuggire un'altra volta e avvertiva il bisogno di sentirle dire che non l'avrebbe più abbandonato. Perché era così che si era sentito per tutto il tempo: solo e dimenticato.

Melany chiuse gli occhi per assaporare le sue carezze, poi riaprendoli sorrise e posò un delicato bacio sulle sue labbra.

«Te lo prometto» rispose con dolcezza.

Ren le aprì la porta e,dopo aver guardato nel corridoio, le loro mani scivolarono fino alla punta delle dita separandosi, cosicché Melany potesse tornare nella sua stanza, ma non prima di voltarsi indietro per guardarlo ancora una volta e verificare che non stava affatto sognando.

Ren, fermo sulla soglia, la vide allontanarsi e quando sparì in lontananza rientrò nella sua camera. Si mise le mani dietro alla nuca e camminò per la stanza: non poteva credere a quanto era appena successo, e se non stesse ancora sentendo il calore della sua pelle sotto le mani avrebbe potuto pensare che fosse stato solo uno scherzo della sua mente. E invece era riuscito a sconfiggere le sue difese lasciandola libera di dirgli la verità, di confidargli le sue paure e permettergli di dissiparle. Non pensava che riaverla fra le braccia lo avrebbe reso così felice: quella ragazza aveva da tempo rubato il suo cuore senza che se ne fosse accorto, ma a lui andava bene così perché sentiva che non l'avrebbe permesso a nessun'altra. Ripensò ai suoi occhi, al suo profumo, alla sua voce quando l'aveva toccata e sorrise. Non vedeva l'ora di rivederla.

Quando Melany rientrò in camera, vedendo le sue compagne fissarla in modo strano, si chiuse subito nel bagno e scivolando con la schiena lungo la parete si accovacciò su se stessa; senza controllo iniziò a ridere e si mise le mani sul volto, scuotendo la testa. I suoi occhi, puntati sul soffitto, risplendevano come il mare illuminato dall'alba mentre ripensava a quanto le era appena successo: Ren l'aveva stretta fra le sue braccia dicendole che non aveva alcuna colpa se non di averlo fatto innamorare di lei. Quest'ultimo pensiero la fece sogghignare dalla felicità come una sciocca, e involontariamente lacrime di gioia le rigarono il viso. Non si sentiva così da tanto tempo e il suo cuore non smetteva di battere all'impazzata. Finalmente poteva smettere di soffrire e ricominciare ad amarlo senza più nessuna esitazione.

La mattina dopo Melany si svegliò, o meglio si alzò di buonora: non era riuscita a dormire a causa dell'adrenalina che continuava a fluire nel suo corpo, ma non si sentiva stanca, bensì carica di energie e positività. Prima di scendere dal letto prese il cellulare e visualizzò la chat di Ren: non aveva mai letto i messaggi che gli aveva mandato dopo l'incidente, ma non voleva cancellarli per rispetto nei confronti dei suoi sentimenti. Subito gli scrisse: 

E attese per un po' guardando lo schermo, poi poggiò il dispositivo sul materasso e si avviò nel bagno prima che le coinquiline lo monopolizzassero. Quella mattina avrebbero visitato gli ultimi posti rimasti in elenco, per poi ripartire verso casa nel pomeriggio presto. Melany si lavò e si vestì pronta a scendere per la colazione, con la speranza d'incontrare Ren nella sala da pranzo. Le sue amiche avevano appena iniziato a riprendersi dal sonno quando lei prese in mano il cellulare capendo, dal led luminoso, che le era arrivato un messaggio: 

Semplicissime parole che subito la resero la persona più felice del mondo.

Aspettò controvoglia che le compagne si preparassero e, quando s'infilarono nell'ascensore, Melany parve non riuscire a star ferma sul posto per la troppa impazienza: le altre, ancora intontite, la guardavano stralunate mentre lei sorrideva e ghignava avvolta da un'aura di pace e amore.

«Ti prego, smettila, Melany! Mi fai impressione» commentò Risa, pur avendo intuito qualcosa, ma in quel momento si sentiva troppo destabilizzata dai suoi raggi di positività per chiederle spiegazioni.

«Uhuhuh! Impossibile, non posso!» canticchiò.

Appena le porte dell'elevatore si aprirono uscì subito nel corridoio, dirigendosi nella sala da pranzo. All'interno c'erano tanti studenti, ma di Ren neanche l'ombra. Piantandosi sul posto osservò la stanza con più attenzione, poggiando indice e pollice sul mento, tuttavia neanche quell'attenta analisi cambiò la realtà dei fatti. Poco dopo Risa, stufa di vederla imbambolata, la spinse dalle spalle verso un tavolo vuoto.

«Quasi quasi ti preferivo depressa» borbottò l'amica.

«Non c'è» concluse Melany.

«Cosa?» domandò Risa, confusa, ma non ricevette alcuna risposta.

Infilando una mano nella tasca dei pantaloni della salopette di tela, Melany prese il suo cellulare visualizzandola chat di Ren.

Gli domandò sedendosi sulla sedia lasciata libera. A conti fatti, manca l'intera sezione e non solo lui.

Quando lesse la risposta la delusione cadde su Melany come un macigno da cento chili.

Si limitò a una breve replica perché non comprendesse il suo stato d'animo.

La spiegazione che le diede si tramutò in un secondo macigno di egual peso.

Melany si accasciò sul tavolo nascondendo la testa fra le braccia. Cielo, che frustrazione!

«Tu non stai bene» ridacchiò Risa, spettatrice del suo repentino cambio d'umore.

«Infatti sto malissimo» mormorò lei, afflitta.

«Vuoi che chiamiamo un professore?»

«Non credo che qualcuno possa curare una come lei. È un caso irrecuperabile!» commentò Risa e Melany, per nulla risentita delle sue solite parole pungenti, si sistemò dritta sulla sedia.

Facendo rigirare il cucchiaino da Tè sul tavolo, pensò che, forse, sarebbe riuscita a incontrare Ren quando si fossero riuniti tutti nello spiazzo vicino all'Hotel, dove avrebbero ripreso i pullman, e attese con ansia quel momento. Tuttavia riuscirono a stento a scambiarsi uno sguardo da lontano perché le classi quinte vennero subito incitate a prendere posto sul mezzo di trasporto.

Melany si sedette di nuovo in seconda fila e, poggiando il gomito sul finestrino e la guancia sul palmo della mano, sbuffò indispettita: dopo tutto quel tempo passato distante da lui, si sentiva impaziente e desiderosa di essergli vicino.

Due ore dopo la partenza il pullman fece una sosta in autogrill e subito la ragazza scese dal veicolo. Non era sicura che anche l'autobus di Ren si fosse fermato nello stesso posto, ma iniziò ugualmente a cercarlo nella folla con frenesia, come se avesse perso qualcosa d'importante, vitale, sentendo il cuore bussare intenso e la pelle formicolare di speranza. Voleva vederlo, doveva vederlo! E, inaspettatamente, i loro occhi s'incontrarono, riscoprendosi a tentare la medesima ricerca. Con un sorriso carico di gioia gli si avvicinò e subito lui le prese la mano.

«Per un attimo ho creduto che non ti saresti voltata verso di me» sussurrò con espressione amareggiata.

Melany s'intristì pensando a quanto dolore gli avesse provocato la loro lontananza.

«I miei occhi non hanno mai smesso di guardarti, Ren» confessò un po' imbarazzata, poi alzò una mano per accarezzare la cicatrice vicino alla tempia. «Ti fa ancora male?» chiese, dispiaciuta di non essergli stata vicino in un momento così importante. Avrebbe dovuto essere al suo fianco e invece l'aveva lasciato solo. A quel pensiero una fitta le ferì il cuore.

«Ogni tanto mi da un po' fastidio, ma non è niente di che» rispose di fretta, notando lo sguardo della ragazza farsi addolorato.

«Ti ho visto, sai, con tutti quei tubi. In ospedale» confessò con sguardo basso, cercando di cacciar via quell'immagine di lui, così fragile e indifeso.

«Sei passata a trovarmi, allora» replicò lui, sorpreso, accarezzandole dolcemente una guancia.

Melany, immergendo gli occhi nei suoi, sorrise. «Te l'ho detto che non ho mai smesso di osservarti» disse, scrutando lo sguardo del ragazzo farsi serio, troppo serio, come se stesse lottando contro un pensiero. «C-Che c'è?» domandò a disagio.

Ren abbassò lo sguardo sulle loro mani, intrecciando le dita con le sue. «Niente...» mormorò, poi tornò a guardarla. «Anzi rettifico: voglio un bacio» disse con un sorriso, che si allargò ancor di più sul viso quando la vide arrossire.

«Q-Qui?» bisbigliò, osservando gli studenti attorno a loro.

«Sì. Qui» ribadì. Senza attendere, avvicinò il volto al suo e la baciò, dolce, gentile, concentrando ogni fibra di sé su quel tenero contatto che gli faceva vibrare il cuore.

Rientrati in città, i pullman lasciarono gli alunni nello spiazzo della scuola. Claudia era come sempre in ritardo e Ren si offrì subito di accompagnare Melany a casa, che accettò con enfasi. Era ritornata la ragazza allegra ed esuberante di sempre, forse anche di più.

Il ragazzo l'accompagnò fin sotto al portone, dove lasciò la sua valigia che aveva deciso lui stesso di portare, e, dopo averle dato un bacio intenso e profondo, sussurrò: «Ci vediamo domani» per poi incamminarsi verso casa.

Melany rimase immobile a osservarlo, rendendosi conto quanto avesse atteso di sentirgli pronunciare quelle semplici parole. Ci vediamo domani. Avevano un suono così... splendido e felice. Sapeva che il senso di colpa per l'incidente non era del tutto sparito dal suo cuore, ma non avrebbe più permesso che ne prendesse il controllo. Ormai non aveva più potere e giaceva relegato in un angolino buio, schiacciato dalla calda luce che solo Ren avrebbe potuto donarle.

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