Capitolo 29 - Tutta colpa tua

ATTENZIONE: Il sound track scelto per questo capitolo accompagna la lettura solo dopo aver letto "Per raggiungere il luogo", che troverete in corsivo

***

La mattina dopo, Melany e sua madre presero il treno che le avrebbe condotte al loro paese intorno alle nove, arrivando a destinazione verso le tre del pomeriggio; come concordato, Melany si sistemò a casa di Becca mentre sua madre si fece ospitare da una vecchia cara amica. La decisione di separarsi rendeva palese l'intenzione della donna di ritardare il confronto quanto più possibile, ma a Melany non importava perché, in cuor suo, era determinata a portare avanti la sua relazione a prescindere da tutto.

Becca si dimostrò molto felice di averla in casa, solo che, a differenza delle altre volte, usciva spesso per incontrare una persona, sulla quale aveva deciso di riservare il massimo silenzio. Si erano sempre confidate fra loro, ma Melany preferì rispettare la sua scelta sapendo che, qual ora ne avesse avuto bisogno, lei sarebbe sempre stata pronta ad ascoltarla.

Nei pomeriggi in cui restava sola si dedicava allo studio e al ripasso delle materie scolastiche che le creavano difficoltà. Il suo punto forte erano le discipline umanistiche, adorava la storia e la letteratura, ma concentrarsi solo su di esse non le avrebbe consentito accesso sicuro al corso di laurea in Scienze della Formazione, a cui aveva deciso d'iscriversi: a riguardo, iniziava a sentirsi un po' titubante perché, se prima non vedeva l'ora di lasciare la città preferendo un'università lontana, in quel momento non aveva più alcuna intenzione di spostarsi. Tuttavia, basare il proprio futuro sulla sua relazione non era un discorso molto maturo, soprattutto da chi aspirava al ruolo d'insegnante.

Inoltre, non conosceva neanche quali fossero le intenzioni di Ren sull'avvenire; osservando la sua "grande voglia" di frequentare la scuola, si era convinta che non fosse interessato a proseguire gli studi dopo il diploma, ma, infondo, non lo conosceva ancora bene per esserne sicura. Pensò che, rientrata in città, avrebbe avuto tante cose da chiedergli e tutto il tempo che voleva per farlo.

I giorni passarono abbastanza in fretta: Claudia si era presentata più volte a casa di Becca per ringraziare Sabrina della sua ospitalità e chiacchierare con lei, come spesso facevano prima del trasloco, dal momento che si erano sempre trovate sulla stessa lunghezza d'onda; Melany e Becca parlarono molto, fino a notte fonda come ai vecchi tempi, raccontandosi aneddoti di scuola, famigliari o anche semplici notizie di gossip paesano.

Melany, per l'imbarazzo, non era riuscita a raccontarle cos'era accaduto in montagna nella stanza di Ren, e Becca, sentendo quel tardo resoconto, aveva dato di matto, soprattutto perché non era riuscita a comprendere perché lei si fosse sentita tanto tesa. Era palese che quel ragazzo fosse speciale, e allora perché continuava a sentirsi insicura?

Melany le confessò che in quel momento, nonostante il comportamento del ragazzo nei suoi confronti fosse cambiato, non era riuscita a lasciarsi andare, benché desiderasse un rapporto più intimo con lui, tuttavia la sera prima della partenza ogni cosa era cambiata. Le sue parole, quel "mi piaci", e quell'atteggiamento gentile l'avevano davvero fatta sentire desiderata, amata. Arrossendo, aveva confessato a Becca che, di sicuro, quando sarebbe tornata in città si sarebbe sentita pronta a compiere quel passo.

Ciò che, però, aveva continuato a farle battere forte il cuore per tutta la durata di quella forzata permanenza era stato il dolce rituale che si era venuto spontaneamente a creare: ogni sera, poco prima di andare a letto, Melany inviava un messaggio a Ren e lui le telefonava. A volte si scambiavano solo la buona notte, altre si fermavano a parlare.

Qualche giorno dopo il suo arrivo, il ragazzo le aveva confessato di aver avuto una discussione con Giorgio, dopo che questi si era presentato nel suo appartamento: per quanto inizialmente gli era sembravo che non avesse intenzioni bellicose, l'uomo gli aveva posto troppe domande sulla loro relazione, maturando un tono accusatorio parola dopo parola. Irrimediabilmente nervoso, Ren non era riuscito a contenere il suo carattere aggressivo concludendo quell'incontro con l'ennesimo litigio.

Più sentiva la sua voce e più si rendeva conto di quanto gli mancasse. Non vedeva l'ora di rivederlo.

Ben presto arrivò il 2 gennaio, giorno di rientro a casa.

Dopo essere state accompagna in stazione da Becca e Sabrina, e aver rivolto loro calorosi saluti, Melany e sua madre salirono sul treno di ritorno. La ragazza non stava più nella pelle e voleva arrivare a casa il prima possibile. Quella mattina Ren le aveva inviato un messaggio con su scritto: "Stasera ti porto al cinema", illuminandole il cuore e la giornata. Finalmente avrebbe potuto vivere un vero rapporto di coppia.

Canticchiando, ripose la valigia nel portabagagli sopra ai sedili e si sedette accanto al finestrino, incapace di restar ferma.

«Sei più allegra del solito» commentò sua madre, accomodandosi accanto a lei.

«Ho voglia di tornare a casa» mormorò salutando dal finestrino Becca e Sabrina, ferme sulla banchina.

«Chi l'avrebbe mai detto che avresti rimpianto così poco il tuo paese natale» ridacchiò la donna.

«Non ho mai rimpianto questa cittadina, ma la mia amicizia con Becca. Per fortuna non è cambiato quasi nulla» spiegò, prendendo il cellulare dalla tasca del giubbotto. Aveva promesso a Ren di avvisarlo non appena il treno fosse partito.

«E poi, adesso, c'è chi ti aspetta» sussurrò sua madre e Melany si voltò a guardarla.

«Esatto. In questi giorni non ti ho chiesto nulla, ti ho lasciata in pace come volevi tu, ma spero che l'aria di paese ti abbia aiutato a trovare la risposta che cercavi» disse tornando a guardare il telefono. «E so anche che hai parlato con Giorgio. Sai che Sabrina non sa trattenere i pettegolezzi per sé» aggiunse, digitando un messaggio.

«Non perdi tempo tu, eh?» mormorò, distogliendo lo sguardo.

«No, mi conosci, e te ne ho concesso fin troppo. Ah, cavolo!» esclamò all'improvviso, guardando una notifica appena giunta sul telefono.

«È Gioren?» chiese la madre, curiosa.

«N-No...» rispose assumendo un'aria seria.

Irvine le aveva inviato un messaggio. Nei giorni passati a casa di Becca, il ragazzo si era fatto sentire rivolgendole parole di circostanza e Melany non era riuscita a trovare il momento adatto per dirgli di essere tornata insieme a Ren, sebbene immaginasse che lo avesse capito da sé. Nel messaggio le chiedeva se, dopo il suo rientro, potevano incontrarsi perché avrebbe voluto darle un piccolo souvenir che le aveva preso durante la sua vacanza all'estero.

Tuttavia, Melany non sarebbe ricaduta nell'errore commesso tempo prima, non avrebbe più sbagliato, e gli rispose che non sarebbe stato possibile vedersi. Nonostante ciò, sapeva di dover parlare con lui, non poteva lasciare le cose in sospeso né voleva risolvere la questione tramite messaggio: era necessario mettere in chiaro le cose, soprattutto perché, finite le vacanze, sarebbero tornati a essere compagni di banco.

Quando arrivarono a casa, Melany andò dritta nella sua stanza per posare la valigia e, mentre stava sbottonando il cappotto, sentì suonare il campanello di casa; subito Claudia andò ad aprire la porta e, udendo i suoi schiamazzi in festa, intuì che fosse arrivata una sua amica.

Prese il bagaglio, lo mise sul letto, l'aprì e nel momento in cui stava riponendo un maglione nella cassettiera accanto al letto si pietrificò sul posto, poi, lentamente, voltò il capo verso la porta per meglio osservare Cecile ferma sull'uscio. Senza distogliere lo sguardo, posò l'indumento senza prestare particolare attenzione perché preoccupata a fissare la donna che, entrata senza permesso nella sua stanza, richiuse la porta dietro di sé.

«Dobbiamo parlare» mormorò decisa.

Melany non aveva alcuna voglia di intrattenere nessuna conversazione con quella vipera ma, data la situazione, comprese che non poteva rifiutare. Incrociando le braccia al petto con stizza, le fece un cenno d'assenso con il capo, a cui Cecile rispose con un finto sorriso.

«Non ci giro intorno, vado subito al sodo: devi lasciare mio fratello» dichiarò.

Melany scoppiò a ridere, infilando le mani nelle tasche dei jeans. «Sei incredibile, Cecile. E immagino lui non sappia che tu sia qui, adesso» ribatté con stizza, per nulla intimorita dal suo tono saccente.

«Non ho bisogno del suo permesso per preoccuparmi per lui. Se ci tieni davvero a Gioren, devi lasciarlo» incalzò con veemenza.

Melany non capiva: Cecile era sicuramente una rompi scatole, ma perché insistere tanto?

«Premettendo che non farò mai quel che mi chiedi, non mi spiego per quale motivo ti stai accanendo tanto su di noi. Perché la nostra relazione ti sembra tanto sbagliata?» sbottò arrabbiata.

Cecile soffiò indispettita, distogliendo lo sguardo. «Non ti rendi proprio conto di quanto stai danneggiando mio fratello, vero?» affermò tornando a guardarla, lasciando Melany confusa da quelle parole. «Da quando ti ha conosciuto gli sono capitate solo brutte cose: a causa tua è stato espulso da scuola, si è beccato una denuncia e proprio quando mio padre gli aveva chiesto di tornare a casa hanno litigato pesantemente. Cos'altro vuoi che gli capiti per colpa del tuo egoismo?! Devi lasciarlo in pace!» sbottò con rabbia.

Melany non replicò.

Non sapeva che Giorgio gli avesse chiesto di tornare a vivere con loro e quella notizia la fece sentire a disagio. Per quanto Ren insistesse nel dire di non aver bisogno di suo padre, sapeva quanto sarebbe stato importante per lui ristabilire il contatto con la sua famiglia, invece di continuare a vivere da solo in quell'appartamento. Per l'espulsione da scuola e la denuncia, poi, non aveva mai smesso di sentirsi in colpa, quasi fosse realmente lei la causa dell'accaduto.

Melany guardò Cecile restando in silenzio. Non sapeva cosa dire. Quelle parole le avevano trafitto il petto facendola sentire una persona orribile.

«È per questo che ti chiedo di farti da parte. Lo sapevi che Gioren erediterà l'azienda di famiglia? E l'espulsione è una bella macchia sul suo curriculum. Vuoi rovinare il suo futuro? È questo che vuoi?!» incalzò con arroganza, intuendo quanto ciò che le stava dicendo la stesse ferendo.

Ren non aveva mai accennato a un argomento simile e il discorso di Cecile la fece sentire del tutto inutile: che razza di fidanzata non conosce una cosa così importante? E perché mai lui non si era sentito di parlargliene? Forse le cose fra loro non erano realmente cambiate? Lui non la riteneva meritevole di conoscere fatti così personali?

Vedendo Melany ammutolita, Cecile si voltò aprendo la porta e prima di andare via le rivolse un ultimo sguardo.

«Spero tu abbia capito, adesso. Comportati da adulta» concluse, avviandosi nel corridoio.

Melany restò immobile con lo sguardo fisso davanti a sé; quella visita l'aveva turbata nel profondo e le parole di Cecile continuavano a ronzarle in testa senza darle tregua.

Quando Ren le inviò un messaggio per comunicarle l'orario in cui sarebbe passato a prenderla, la ragazza percepiva ancora quelle severe accuse gravare sulle sue spalle come un pesante macigno, tanto da decidere di inventare una scusa per disdire il loro appuntamento. Si rese conto di non conoscerlo affatto. Troppo presa dai suoi sentimenti d'amore, non gli aveva mai chiesto cose importanti come le sue speranze per il futuro e se davvero l'espulsione o la denuncia fossero diventate un problema per la sua carriera la colpa sarebbe stata soltanto sua.

Con che coraggio sarebbe riuscita a guardarlo ancora in faccia?

Per due giorni Melany evitò Ren, il quale, accortosi del suo strano atteggiamento, le aveva chiesto di confidarsi con lui, ma lei continuava a sentirsi in imbarazzo e aveva insistito nel dirgli che non doveva preoccuparsi. "Se ci tieni davvero a Gioren, dovresti lasciarlo" questo le aveva detto Cecile, ma non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere, piuttosto si sarebbe impegnata per non commettere altri errori e non essere più un peso per lui.

Al terzo giorno, Melany smise di rimuginarci su: era giunta alla conclusione che la soluzione migliore sarebbe stata quella di parlarne con Ren, omettendo chi fosse stato a darle quelle informazioni, e magari sarebbe riuscita anche a convincerlo affinché tornasse a casa da suo padre. Sicura di sé, si sedette sul letto della sua stanza,incrociando le gambe sul materasso, prese il telefono e scrisse un messaggio a Ren.

Non sapeva se avrebbe acconsentito, se si fosse rifiutato di vederla sarebbe stata la giusta punizione per il suo strano comportamento. Attese speranzosa guardando lo schermo, sentendo il cuore incalzare ogni battito. Desiderava tanto vederlo.

Leggendo il suo messaggio si sentì in colpa e gli rispose avvilita.

In un attimo il cuore sembrò traboccarle di gioia. Aveva percepito il suo disappunto, ma non si era negato al loro incontro e il pensiero che anche lui volesse vederla la caricò di energia.

Decise di recarsi all'appuntamento in anticipo perché non riusciva più a rimanere in casa aspettando l'orario prefissato. Indossò abiti molto casual, un jeans a vita alta e una camicetta inserita all'interno, poi prese il suo giubbotto colorato preferito e si avviò verso l'ingresso di casa.

«Dove vai, Melly?» le domandò sua madre. Seppur preoccupata, aveva deciso di approfittare del momento di confusione della figlia per rimandare ancora una volta il discorso sulla sua relazione, cosa che a Melany fece comodo in quel particolare momento.

«Sto uscendo con Ren, mamma. Fattene una ragione» affermò con sguardo truce, poi aprì e richiuse la porta alle sue spalle.

Per raggiungere il luogo concordato le sarebbe convenuto prendere il bus, ma, essendo molto in anticipo, decise di avviarsi a piedi; dopo due giorni di pensieri logoranti, improvvisamente si sentiva libera e spensierata, tanto da non aver calcolato quanta strada avesse dovuto fare con le scarpe alte che aveva deciso d'indossare.

Arrivata lì, quasi in ritardo per la troppa lentezza, superò il palazzo in costruzione, il negozio di giochi e si appoggiò a una transenna pedonale per massaggiarsi un piede dolorante. Non era esattamente il modo migliore per iniziare un appuntamento, ma sarebbe bastato non camminare troppo, magari andando al cinema o in un pub.

All'improvviso le balzò il pensiero di che cosa sarebbe potuto succedere se fossero andati a casa del ragazzo e, arrossendo, ammise a se stessa di nutrire una certa speranza a riguardo. Imbarazzata, si voltò lentamente nella direzione da cui era venuta scorgendo Ren in lontananza. Si risistemò la scarpa, che aveva sfilato, e gli andrò incontro.

Melany sorrideva felice e quando Ren alzò il viso accorgendosi di lei, il sorriso della ragazza si fece ancora più grande, ma, all'improvviso, un terribile boato e un lampo di luce precedettero una violenta onda d'urto che spinse via ogni cosa.

In seguito, per pochi e brevi istanti, il silenzio e la calma dominarono quel luogo, come fossero precipitati nell'occhio di un ciclone.

Quando Melany riaprì gli occhi dovette sbattere le palpebre più volte per cercare di mettere a fuoco l'immagine davanti a sé; era distesa a terra, per strada, e lentamente si mise a sedere reggendosi la testa con una mano, poi strizzò gli occhi a causa del forte fischio nelle orecchie che la stava stordendo. In lontananza riusciva a sentire delle voci ovattate, confuse. Riaprì gli occhi e di fronte a sé vide una grande coltre di fumo grigio invadere la strada a perdita d'occhio.

Le persone gridavano e si trascinavano, per terra era sparso di tutto: cartacce, vetri, pezzi d'intonaco... Melany si resse la testa con entrambe le mani cercando di far pressione sui punti che le dolevano, poi si guardò il palmo della mano destra spaventandosi perché sporco di sangue. Era confusa, non capiva cosa fosse successo: un attimo prima stava camminando e... un brivido di terrore le attraversò il cuore.

"Dov'è Ren?"

Si levò istintivamente le scarpe, poi poggiando mani e ginocchia a terra cercò di rialzarsi, nonostante i forti giramenti di testa; barcollante, si guardò intorno avanzando verso il centro della strada, sgombra dalle auto. Guardando alla sua sinistra capì che il fumo proveniva dal palazzo in costruzione: forse qualcosa era andato storto durante i lavori.

Continuava a camminare osservando la gente muoversi freneticamente intorno a lei, ma all'improvviso si bloccò: poco prima che accadesse quel disastro, Ren era molto vicino al palazzo e se era stata colpita lei, che si trovava a metri di distanza, a lui che cos'era successo? Terrorizzata, si diresse verso la palazzina; un uomo la fermò dicendole di non avvicinarsi perché, probabilmente, c'era stata una fuga di gas che aveva innescato l'esplosione, ma Melany non sentiva ragioni, doveva trovare Ren e assicurarsi che stesse bene. Si avvicinò il più possibile, ma calcolando l'incredibile spostamento d'aria generato dallo scoppio, il ragazzo non poteva trovarsi vicino al punto di origine, semmai per strada. Si voltò in quella direzione e strizzando gli occhi sperò di individuare il suo giubbotto di pelle, ma nessuna delle persone in piedi ne indossava uno.

All'improvviso il suo cuore sembrò mancare un battito: in lontananza disteso sull'asfalto c'era qualcuno. Brividi di terrore attraversarono tutto il suo corpo. Subito iniziò a correre, incurante dei piedi doloranti che calpestavano ogni sorta di oggetti, sperando che la distanza e il fumo le avessero offuscato la vista, ma più si avvicinava e più capiva di non aver fatto alcun errore di valutazione.

Melany si accasciò accanto al corpo di Ren gridando il suo nome, scuotendolo dalle spalle, ma il ragazzo non diede alcun segno di coscienza: i suoi vestiti erano strappati, insanguinati, le mani ferite e il volto graffiato.

Il panico l'avvolse: gli occhi si riempirono di lacrime, il respiro divenne veloce e affannoso e i brividi di terrore invasero ogni cellula del suo corpo, eppure l'adrenalina scatenata da quel momento di profonda paura le concesse un barlume di lucidità. Nel suo vecchio paese aveva partecipato a un corso di rianimazione e istintivamente pose due dita sul collo di Ren, sotto la mascella, trovando la carotide per sentire il battito del cuore, ma non riusciva a percepire niente, solo la fredda temperatura della sua pelle; convinta che stesse sbagliando qualcosa, avvicinò l'orecchio alla sua bocca e non sentendo neanche un lieve sibilo iniziò ad annaspare aria.

Subito gli aprì il giubbotto e incominciò a praticare il massaggio cardiaco: esercitò trenta pressioni, poi soffiò per due volte l'aria nei polmoni, alzando leggermente il mento, e di nuovo trenta pressioni...

Un uomo le si avvicinò chiedendole se avesse bisogno di aiuto, ma Melany era troppo concentrata sull'esecuzione e sulla conta per dargli retta.

«... venticinque, ventisei, ventisette...» sussurrava a ogni affondo. «Avanti, maledizione, forza! ...ti prego! Ti scongiuro!» borbottava a denti stretti.

Le mani sul petto di Ren spingevano con forza la sua cassa toracica affinché il cuore ricevesse la giusta pressione per pompare il sangue al resto del corpo, a differenza dei capelli di Melany che, accompagnando i movimenti frenetici del corpo, accarezzavano il petto del ragazzo con delicatezza. La ragazza non si fermò un attimo, neanche quando le sembrava di non sentir più le braccia, continuò imperterrita senza mollare neanche un secondo. Perché se avesse esitato un solo momento, Ren sarebbe morto sotto i suoi occhi.

Quando arrivarono i soccorsi gli infermieri corsero subito verso i ragazzi e rivolgendosi a Melany le dissero di interrompere il suo intervento, ma la ragazza non sentiva ragioni, non sentiva niente, e proseguiva imperterrita.

«No! No!» gridava terrorizzata quando, di forza, la presero dalle braccia per allontanarla da Ren.

«Ci pensiamo noi, tranquilla. Sei stata molto brava» le disse il paramedico che voleva visitarla, ma Melany si rifiutò di essere toccata e osservava da lontano gli operatori chini sul ragazzo. Poco dopo, lo spostarono sulla barella e lei si precipitò subito al suo fianco.

Normalmente non è consentito seguire un ferito sull'ambulanza, ma gli infermieri la fecero salire sul retro dopo che lei li pregò disperata; si sedette accanto a Ren a cui avevano tagliato la maglietta e attaccato sul petto gli elettrodi dell'elettrocardiogramma, dopo che il suo cuore era ripartito grazie all'intervento del defibrillatore. A mani giunte, la ragazza osservava l'infermiere stringere e rilasciare la pompa d'ossigeno manuale che aiutava Ren a respirare. Era tutto così surreale, così finto, così impossibile.

Un incubo.

Un attimo prima si stavano guardando pronti a trascorrere la serata insieme, un bel film al cinema, una simpatica cenetta in qualche pub e una romantica conclusione a casa del ragazzo, dove lei gli avrebbe dimostrato ciò che sentiva per lui, mentre in quel momento il sole della loro serenità sembrava essersi eclissato.

Un infermiere attirò l'attenzione di Melany per chiedere le sue generalità e il numero di telefono dei genitori di Ren, ma lei era così sconvolta che sembrava non riuscisse a parlare, poi prese il telefono dalla tasca della giacca, notando lo schermo rotto, e chiamò sua madre.

«Pronto, tesoro?» rispose la donna confusa.

«Mamma... c-chiama Giorgio e digli di correre in ospedale. C'è... c'è stato un incidente... u-un terribile incidente» riuscì a sussurrare, mentre l'ambulanza entrava nel cortile del pronto soccorso.

Subito si spalancarono le portiere e Ren venne trasportato dentro alla struttura; la ragazza lo seguì, ma dovette fermarsi ad attendere nella sala d'aspetto.

«Mi spiace, ma non sei una parente e devi attendere qui» le disse l'infermiere e lei rimase in piedi, immobile a osservare le porte chiudersi e Ren sparire nel corridoio oltre la soglia.

«Non ti rendi proprio conto di quanto stai danneggiando mio fratello, vero? Da quando ti ha conosciuto gli sono capitate solo brutte cose. Cos'altro vuoi che gli capiti per colpa del tuo egoismo?! Devi lasciarlo in pace!»

Le parole di Cecile riapparvero vive più che mai nella sua mente, risuonando come un'atroce verità che l'avvolse nell'oscurità.

Era tutta colpa sua.    

Angolo Autrice

Allora, te lo aspettavi? Per un po' i toni comici verranno messi da parte. La situazione è abbastanza tragica.
Vi aspetto fra i commenti con una vostra impressione ;)

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