Capitolo 27 - Nel peggiore dei modi

Un forte grido ridestò bruscamente Melany dal sonno: aprendo gli occhi, si alzò subito a mezzo busto vedendo Giorgio buttare Ren giù dal letto con un pugno sul viso.

«Che cosa diavolo ti salta in testa?! Cosa le volevi fare?» gridò l'uomo contro il figlio, alzando il pugno stretto all'altezza del volto. La madre di Melany era immobile sulla soglia con le mani sulla bocca e gli occhi spalancati, mentre Cecile scuoteva la testa disgustata da quella scena.

«Ti stai sbagliando, è un errore! Non è successo nulla!» strillò Melany, scendendo di fretta dal letto. Si frappose tra i due alzando le mani all'altezza del petto, sperando di fermare la furia di Giorgio. Era sconvolta per quanto erano stati stupidi.

«Stai dicendo che non ha tentato di...»

«No, no! Non è come pensi!» replicò subito, interrompendolo. «I-Io... io volevo solo un po' di compagnia perché non mi sentivo bene» aggiunse, inginocchiandosi accanto a Ren e prendendogli il viso fra le mani per controllare il labbro spaccato dall'urto.

«E per te "compagnia" significa dormire insieme abbracciati?» blaterò Cecile.

Melany si volse a guardarla riservandole uno sguardo pieno d'odio che avrebbe potuto incenerire il loft, anzi l'intero villaggio. Perché diavolo doveva essere così stronza?

«O-Ora calmiamoci. Forse sarà meglio andare di là e parlarne con tranquillità» disse Claudia cercando di mantenere un tono pacato, ma si percepiva tutta la sua tensione.

Melany l'osservò e dopo un cenno di assenso si girò nuovamente verso Ren. «Fa' vedere» sussurrò, avvicinando un dito al labbro del ragazzo.

«Sta' ferma!» replicò lui rabbioso, afferrandole la mano.

Giorgio rimase immobile a guardarli, poi, a pugni stretti, uscì dalla stanza seguito da Cecile e Claudia, la quale rivolse prima un ultimo sguardo ai due ragazzi.

Melany rimase inginocchiata accanto a Ren, fissando i suoi occhi di cristallo pervasi da fulmini rossi di rabbia, persi nel vuoto.

«Merda!» gridò, scagliando un pugno contro il pavimento. «Sono stato un vero imbecille!» aggiunse furioso, a denti stretti. Melany, per consolarlo, tentò di accarezzargli i capelli, ma lui rifiutò bruscamente il suo gesto. Si voltò a guardarla e, dispiaciuto, le prese la mano fra le sue. «Scusami, non volevo...»

«Ren, siamo in due a esserci comportati da veri stupidi, non devi colpevolizzarti così» mormorò Melany, rivolgendogli un sorriso che lui non vide.

«No, è colpa mia. Tu ti sei addormentata per prima e io ti stavo guardando tenendo d'occhio l'orario sul telefono...» confessò a disagio, passandosi una mano fra i capelli.

Melany drizzò la schiena. "Mi stava guardando?" ripeté nella mente e si sentì improvvisamente felice, ma quello non era il momento di pensare a cose del genere.

Subito si drizzò in piedi e tese una mano verso Ren. «Ci stanno aspettando. Penso che, ora come ora, la mia strategia di spiegare le cose con calma sia quella migliore, no?» dichiarò con tono deciso.

Ormai il danno era fatto e non rimaneva altro da fare che porvi rimedio. Ren alzò il capo per guardarla, la vide sicura di sé e abbozzò un sorriso; prese la sua mano, si sollevò in piedi e, tirandola a sé, le lasciò un casto bacio sulle labbra.

«Ok, andiamo» sussurrò risoluto, mentre Melany dovette ritrovare la giusta concentrazione che il gesto del ragazzo aveva mandato in fumo.

Tenendosi per mano uscirono dalla stanza e si avviarono nel soggiorno dove li attendeva il resto della famiglia: Cecile e Claudia erano sedute sul divano, la prima con braccia e gambe incrociate e sguardo furente, la seconda composta e un'espressione indecifrabile, mentre Giorgio sostava in piedi, spalle al muro, con una mano sul volto, come se stesse cercando di far pressione sulle tempie per mitigare il mal di testa.

«Allora? Nulla da dire?» sbottò Cecile, alzandosi di scatto.

«Buona, Cecile. Adesso ci spiegano tutto per bene» intervenne Claudia, afferrando il polso della ragazza e tirandola verso di sé affinché si risedesse.

Melany ne aveva fin sopra i capelli del suo insulso comportamento da giudice e la fulminò con lo sguardo stringendo, inavvertitamente, la mano di Ren che, percependo il suo stato d'animo, si voltò a guardarla. «È ovvio che ci sia stato un equivoco» aggiunse la donna cercando lo sguardo di Giorgio che osservava rabbioso il figlio, perché convinto che la colpa fosse soltanto sua.

Giorgio e Ren avevano interrotto i loro rapporti un anno dopo la scomparsa di Renata. All'inizio l'uomo si era mostrato molto freddo nei confronti del figlio, quasi pensasse anche lui che il ragazzo fosse la causa della morte di sua moglie.

Ren, dal canto suo, nei primi periodi si chiuse in se stesso, non parlava con nessuno e non usciva mai, restando chiuso nella sua stanza; poi aveva incominciato a manifestare comportamenti irriverenti, pericolosi, complici anche i suoi compagni di scuola, tanto che il padre, stufo di essere chiamato dal preside, dopo l'ennesimo ultimatum, decise di cacciarlo di casa sistemandolo nel loro vecchio appartamento. Avevano lasciato quel posto poco dopo la tragedia, con grande disappunto di Ren, ma Giorgio non aveva mai smesso di pagare l'affitto perché ancora non si era sentito pronto a disfarsene.

Anche se il ragazzo sembrava essersi calmato nell'ultimo periodo, Giorgio temeva che, pur di fargli torto, avesse cercato di sedurre Melany, così da rovinare il suo fidanzamento e se così fosse stato non gliel'avrebbe mai perdonato.

«Mamma» disse Melany all'improvviso, muovendo un passo verso la donna. «Un equivoco c'è, ma non è quello che pensi tu» aggiunse fissandola dritto negli occhi con sguardo deciso, nonostante stesse tremando per l'agitazione.

«Ci avete trovato a dormire insieme, e allora? Non abbiamo fatto quello che pensate, per quanto non siano affari vostri» intervenne Ren con voce sprezzante. Subito Melany si voltò a guardarlo spalancando gli occhi, conscia che la sua frase avrebbe alzato subito i toni della conversazione.

«Non sono affari nostri? Stiamo per diventare una famiglia, santo cielo! Ma ci pensate a noi prima di mettere in atto gli ormoni?!» gridò Giorgio avanzando di un passo verso i ragazzi, furioso.

Melany, per quanto l'avesse incontrato in poche occasioni, era la prima volta che lo vedeva così arrabbiato e per un attimo gli fece paura, ricordandole quanto può essere violenta la furia di un uomo. Inconsciamente strinse la mano di Ren.

«E voi ci avete pensato a noi?» chiese il ragazzo con tono accusatorio, rivolgendogli uno sguardo di sfida.

L'uomo sembrò soffocare un impeto di rabbia, stringendo con forza i pugni. «Che cosa vuoi dire?» sibilò fra i denti, osservando il figlio scuotere la testa.

«Quando siamo tornati dalla stazione ti sei meravigliato sapendo che conoscessi i gusti di Melany, pur avendola vista poche volte». Volse lo sguardo altrove, sbuffò amareggiato e tornò a guardarlo. «Ma tu lo sai che noi andiamo a scuola insieme?» inveì con rabbia.

«Certo che lo so» rispose e nei suoi occhi apparve confusione.

«No, non lo sai. Non sai che io e lei ci siamo conosciuti il secondo giorno di scuola, non sai che è stata lei a preoccuparsi di quello che mangiavo, che mi ha portato le medicine quando stavo male, così come non sai che quando mi sentivo solo lei era sempre con me» dichiarò Ren con tono duro.

Melany l'osservò pronunciare quelle parole con emozione: tutte quelle cose che lei aveva pensato fossero solo un peso per lui, in realtà le aveva considerate importanti. Lei era importante. "No, non è questo il momento di gongolare" pensò scuotendo di poco la testa. Nella stanza ci fu un religioso silenzio.

«Cosa stai cercando di dirmi...?» sussurrò Giorgio a disagio.

«Io e Melany stiamo insieme» dichiarò, sentendo Melany stringergli la mano.

Per un istante nessuno ebbe il coraggio di dir nulla, poi Giorgio si mosse a passo svelto verso il figlio, spingendolo contro il muro e acchiappando con entrambe le mani lo scollo della maglietta.

«Che cazzo stai dicendo?! Diventerà tua sorella! Che diavolo hai nella testa?» inveì carico di rabbia.

Melany, bruscamente separata da Ren si agitò così tanto da avvertire brividi di terrore in tutto il corpo, spaventata dall'ira dell'uomo. Non sapeva cosa fare, come calmarlo perché non riversasse tutta la sua furia sul ragazzo.

«Proprio non capisci? Pensi che troviamo divertente questa situazione? Che l'abbiamo fatto apposta?! Quanto sei egocentrico» gridò Ren con disprezzo. Giorgio sembrò sul punto di colpirlo ancora, ma si voltò verso Melany distratto dalla mano che aveva posato sulla sua spalla.

«Abbiamo provato a stare lontani, davvero... però...» riuscì a mormorare la ragazza, nonostante dentro di sé stesse tremando. Poi la sua attenzione venne catturata da Claudia che si era alza di fretta dal divano e la stava fissando con occhi spalancati.

«Il ragazzo che ti ha lasciata e per cui sei stata così male, era lui?» le domandò.

Melany si sentì a disagio nel far sentire a Ren quelle parole, non voleva che sapesse cosa avesse passato, tuttavia annuì con un cenno del capo.

Giorgio, lentamente, lasciò la presa sul figlio e, dopo aver guardato Melany, volse lo sguardo verso la compagna.

«Bene. Allora adesso ci diamo tutti una calmata dormendoci su e ne riparleremo domani» dichiarò Claudia, avvicinandosi ala figlia. «Voi due, ovviamente, non dormirete qui insieme» aggiunse guardando la ragazza, poi si volse verso Giorgio. «Per favore, chiameresti il responsabile chiedendogli se ha una doppia disponibile stanotte per me e mia figlia?»

L'uomo fece un cenno con il capo e, prendendo il telefonino dalla tasca, si allontanò per cercare un punto in cui potesse funzionare.

Claudia prese per mano la figlia e la costrinse a seguirla nella sua stanza. «Prepara la valigia, poi verrai con me nel mio loft e farò lo stesso con la mia» ordinò, prendendo il trolley posato ai piedi del letto per coricarlo sul letto e aprirne la cerniera.

«Mamma...» sussurrò Melany, ma la donna alzò subito una mano affinché si zittisse.

«Non adesso, Melly. Per favore. Ne parliamo dopo» disse e la ragazza non decise di non replicare, limitandosi a sistemare la valigia.

Era raro vedere sua madre così autoritaria e decisa e sapeva che non preannunciava nulla di buono. Nonostante si mostrasse poco sensibile e profonda, era una donna fragile che tendeva a rinchiudere dentro di sé le situazioni complicate, per poi cercare da sola la giusta risposta; era molto insicura, avversa ad accettare alcuni aspetti della vita, perché costretta a crescere in fretta a causa di un'infanzia turbolenta, e quando capitavano cose che non riusciva a gestire si sentiva molto confusa, spaesata, reagendo nel peggiore dei modi: scappando.

Finito di preparare il bagaglio Melany ritornò insieme a sua madre nel soggiorno e le parve di vedere fulmini scarlatti falciare l'aria a causa dell'atmosfera carica di tensione.

«Claudia, purtroppo non ci sono altri alloggi disponibili al villaggio, ma ho prenotato una stanza giù in paese» mormorò Giorgio avvicinandosi di un passo, visibilmente avvilito.

«Grazie, tesoro» ribatté la donna dandogli un bacio sulla guancia, poi si volse verso la figlia. «Melany, metti il cappotto. Aspetteremo fuori che passi una carrozza» aggiunse, infilando il cappotto che aveva adagiato sul divano.

Melany prese il soprabito dall'attaccapanni vicino alla porta e rivolse uno sguardo a Ren che la stava già guardando; sentì un'intensa fitta allo stomaco e desiderò poter trovare le giuste parole che risolvessero ogni cosa, così da tornare fra le braccia del ragazzo che in quell'istante la stava fissando con sguardo addolorato, ma sapeva bene che la cosa migliore da fare sarebbe stata concedere loro del tempo per riflettere sull'accaduto.

«Andiamo» sussurrò Claudia, aprendo la porta.

Senza dire una parola, con il cuore stretto dal rammarico, la ragazza la seguì richiudendo l'ingresso alle sue spalle.

Dentro casa ci fu silenzio. Ren era rimasto immobile al centro della stanza con sguardo perso nel vuoto, deluso e frustrato, Giorgio a pochi metri dalla soglia si reggeva il capo con entrambe le mani, incapace di pensare, e Cecile in piedi accanto al divano guardava il fratello con occhio accusatorio, scuotendo la testa seccata. All'improvviso Giorgio si mosse verso il figlio puntandogli il dito contro pronto a inveirgli contro, ma soffocando quell'impeto di rabbia prese il giubbotto e uscì fuori, sbattendo la porta.

Ren si volse camminando in direzione della sua stanza, ma venne subito assalito dalle dure parole di Cecile.

«Che cosa diavolo vi è saltato in mente? Siete forse impazziti? Ma avete pensato solo un po' al casino che avreste combinato? Siete degli egoisti!» gridò con rabbia andando dietro al fratello, ma quando gli tocco una spalla affinché si voltasse a guardarla, Ren scacciò la sua mano con rabbia e la guardò con disprezzo.

«Fottiti, Cecile!» esclamò, poi si chiuse nella sua stanza.

Non voleva che le cose finissero a quel modo, si era ripromesso che avrebbe lottato con tutto se stesso pur d'impedire che allontanassero Melany da lui, ora che aveva capito quanto fosse diventata importante, e invece aveva sbagliato ogni cosa. Era colpa sua. Soltanto sua.

Quando Melany e sua madre arrivarono in paese vennero accolte alla stazione da un uomo, alto e robusto, mandato da Giorgio affinché le conducesse presso l'albergo in cui era stata effettuata la prenotazione. L'individuo, che si presentò con il nome di Fulvio, caricò le valigie sulla sua berlina bianca e le accompagnò dove gli era stato indicato.

Entrando nella camera d'albergo, Claudia poggiò subito il suo bagaglio sul letto, l'aprì, ne estrasse il pigiama e corse di fretta nella toilette, chiudendo la porta a chiave. Melany, che aveva osservato la scena senza proferire parola, sospirando si levò il cappotto, lo appese e si avvicinò alla porta del bagno bussando con delicatezza.

«Ehi... non credi che dovremmo parlarne?» sussurrò la ragazza, appoggiando la fronte sul freddo legno.

«A-Adesso no. Ho bisogno di pensare» rispose titubante sua madre, che subito dopo aprì l'acqua della doccia per concludere quella brevissima conversazione.

"Pensare? Stiamo freschi, allora..." mormorò la ragazza nella sua mente. Si voltò verso il letto dove ai piedi era stata poggiata la sua valigia, cercò il pigiama buttato a caso insieme al resto dei vestiti e lo indossò; prima di infilarsi nel letto volse un ultimo sguardo in direzione del bagno, poi si sistemò sotto le coperte.

Fra le mani stringeva il telefono mentre visualizzava la chat di Ren: che cosa avrebbe dovuto fare? Quale sarebbe stata la mossa migliore? Non voleva passare altro tempo lontano da lui. Finalmente era riuscita a comprendere quanto i suoi sentimenti per lei fossero forti e desiderava rivederlo subito perché il desiderio di riabbracciarlo le batteva incontrollato nel cuore.

Poco dopo Claudia uscì dal bagno per sistemarsi velocemente nel letto matrimoniale accanto a lei.

«Buonanotte» sussurrò.

«Buonanotte, mamma» mormorò Melany.

Solo poco tempo prima si sentiva al sicuro fra le braccia di Ren, avvolta dal suo calore e dalle loro emozioni; in quel freddo letto non faceva che ripensare a quanto era stata stupida e incauta, troppo presa dalla felicità di riaverlo al suo fianco. Il giorno dopo avrebbe fatto di tutto affinché sua madre l'ascoltasse e comprendesse che quel che c'era fra loro era autentico, puro, sincero.

Rigirò il pendente a forma di farfalla fra le dita, lo baciò e lo ripose all'interno del pigiama. Ripensare a quanto Ren era stato dolce con lei accelerò i battiti del suo cuore e, cullata da quei teneri ricordi, si addormentò in breve tempo.

La luce del mattino filtrava attraverso la fessura delle due tende purpuree che coprivano la finestra. Un tiepido raggio illuminava il viso di Melany che non impiegò molto a risvegliarsi, a causa dell'eccessiva sensibilità al bagliore. Alzandosi a mezzo busto si accorse subito dell'assenza della madre; scuotendo la testa, ancora intontita per la notte dai sogni agitati, prese il cellulare dal comodino e si diresse ciondolante verso il bagno. Aveva rimuginato sull'accaduto fino all'alba concludendo che fosse giusto concedere a Claudia del tempo per riflettere, ma aveva la vaga impressione che lei avesse deciso solamente di evitare il problema, come se si potesse risolvere anche senza di lei.

Sbloccò la schermata del telefono e, notando che anche lì non c'era segnale, passeggiò per la stanza tenendo lo smartphone in alto, come se quel gesto potesse aumentare la probabilità di ricezione. Con lo spazzolino fra i denti osservava il cellulare che le rimandava l'immagine della chat di Ren; voleva scrivergli qualcosa, anche un semplice "Buongiorno", e quando all'improvviso il dispositivo si agganciò a un ripetitore Melany lo alzò al cielo con entrambe le mani, sentendosi un po' come Rafiki nel film d'animazione de Il Re Leone.

Giocherellando con lo spazzolino in bocca, iniziò a digitare un messaggio, ma subito la schermata cambiò avvisandola di una chiamata in corso: Ren. Presa dall'emozione e da un'inspiegabile sensazione di panico, sputò il dentifricio nel lavandino, posò lo spazzolino e rispose.

«P-Pronto?» sussurrò con un timido sorriso.

«Buongiorno» disse Ren con voce roca, un suono così profondo che Melany si sentì sciogliere come neve al sole.

«B-Buongiorno» replicò, imbarazzata da quanto gli era sembrato sensuale quel semplice saluto.

«Tutto bene? Siete ancora in albergo?»

«Sì, siamo ancora qui, ma mia madre non c'è. E a te come va?» domandò, passeggiando da una parte all'altra del bagno mentre si arricciava una ciocca di capelli con le dita.

«Non sono ancora uscito dalla mia stanza. Cecile mi ha comunicato che Giorgio vuole rientrare a casa» spiegò e il suo tono di voce le parve freddo e duro. Doveva essere ancora molto arrabbiato.

«Capisco. È probabile che faremo la stessa cosa anche noi» commentò e subito dopo ci fu silenzio.

Melany sentiva i respiri di Ren attraverso il telefono e arrossì visibilmente ripensando a quanto successo la sera prima. "Datti una calmata!" si rimproverò.

«Ascolta, io...» tentò di dire il ragazzo, ma s'interruppe quando qualcuno bussò alla porta della sua stanza. «Niente, ne parliamo dopo. Fammi sapere quando rientrate, ok?» aggiunse seccato.

«Ok...» rispose lei, poi la telefonata si concluse.

Melany rimase nel bagno, appoggiata al lavandino, pensosa: Ren le era parso strano e quella frase spezzata continuava a ronzarle in testa. Che cosa stava cercando di dirle? Ancora la tristezza l'avvolse: era stata felice di ricevere una sua telefonata, prima non capitava quasi mai, eppure sapeva che non c'era nulla di cui gioire. Il loro rapporto sarebbe dipeso dalla decisione di qualcun altro e le sembrò tanto ingiusto.

Improvvisamente sentì dei rumori provenire dalla stanza. Subito uscì dal bagno e vide sua madre in compagnia di un facchino intento a portar fuori le sue valigie.

«Ancora in pigiama sei? Preparati, ce ne andiamo» disse la donna, rivolgendole uno sguardo di sfuggita.

«E dove, scusa?» ribatté lei, avvicinandosi a sua madre che non sembrava intenzionata a guardarla negli occhi.

«A casa, è ovvio» affermò avvicinandosi di fretta al letto, su cui posò il bagaglio della figlia.

«Aspetta, mamma. Non potremmo parlarne, prima?» domandò lei bloccandole le mani che, freneticamente, stavano ordinando la sua valigia.

La donna rimase un attimo in silenzio, poi sospirò. «Non è il momento, parleremo dopo» borbottò, riprendendo a sistemare la roba.

Melany inspirò rabbia e chiuse bruscamente la valigia, mancando di poco le sue mani. «No! Noi adesso parliamo!» sbottò, poi si volse verso il facchino. «Per favore, riporti qui i bagagli della signora. Per ora non ci muoveremo da questa stanza» aggiunse e si sedette sul letto. L'uomo assecondare la sua richiesta, poi andar via.

Claudia rimase ferma di fronte alla finestra, fingendo di osservare interessata il panorama; quando Melany capì che non si sarebbe voltata per affrontarla decise di parlare per prima.

«Ricordi quando provai ad aiutare un ragazzo e venni infastidita da dei bulli, no?» domandò e vide sua madre annuire con un cenno del capo. «E che uno di loro mi aveva difeso?» Ancora una volta la donna assentì. «Bene. Era Ren, o Gioren come lo conosci tu». Claudia si voltò a guardarla, sbigottita. «Poi sono stata presa di mira dagli altri del gruppo che si divertivano a chiedermi favori» raccontò, ma accortasi dello sguardo preoccupato della madre aggiunse: «Non quel genere di favori! Cose come prendere da bere» la tranquillizzò.

«Ed è per questo che rincasavi molto tempo dopo la fine delle lezioni?» le chiese.

«No. Tornavo a casa tardi perché restavo a scuola con Ren» spiegò, alzandosi dal letto e affiancando la madre. «Ogni giorno, finita la scuola, lui prendeva qualcosa dalle macchinette per pranzare e io gli tenevo compagnia. All'inizio non era per niente contento e si arrabbiava quando mi vedeva» sbuffò divertita a quel ricordo. «Poi, però, stare insieme è diventato così naturale... O almeno lo era per me, perché lui non mi dava modo di capire cosa pensasse. Adottava spesso uno strano comportamento che non riuscivo a comprendere: a volte sembrava stare bene in mia compagnia, mentre un attimo dopo non voleva più vedermi. Persino quando mi ha baciata la prima volta mi ha scacciata via» continuò guardando fuori dalla finestra, poi si voltò verso sua madre rimasta in silenzio. «È strano, sai? Ma credo di essermi innamorata di lui non appena ho incrociato il suo sguardo, anche se non volevo ammetterlo» confessò con un sorriso, ma subito tornò seria. «Mamma, ti prego, dimmi qualcosa... parliamone»

Claudia si voltò e si diresse verso i suoi bagagli. «Parleremo, te lo prometto. Adesso, però, vestiti e andiamo. Voglio tornare a casa» replicò lei e prendendo le sue valige uscì dalla stanza.

Melany sospirò e ancora una volta acconsentì al suo volere. Cos'altro avrebbe potuto fare?

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